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Moni Ovadia

Sincronicità di Ottobre

La cadenza settimanale del mio contributo a questo giornale mi consente di cogliere, nel farsi impetuoso degli eventi quotidiani e delle ricorrenze storiche che addensano il nostro calendario, singolari relazioni fra fatti grandi e piccoli. Detti fatti non hanno apparentemente un rapporto di causa ed effetto pur tuttavia sono collegabili fra di loro se si esce dal piano di quella logica formale consuetudinaria che a torto riteniamo essere l'unica sensata. Il grande psicoanalista Carl Gustav Jung in un suo memorabile saggio dal titolo “Sincronicità” segnalava una modalità di relazione tre fatti che non hanno relazione diretta e logica basata su flussi di pensiero, emozioni e sentimenti che rendono quella relazione significativa sul piano delle risonanze inconsce e preconsce. Le nostre vite sono costellate di sincronicità, solo che non è immediatamente schematizzabile, di regola preferisce attribuire l'inesplicabile al caso e per la fattispecie delle personalità deboli e suggestionabili ad imputare al metalogico la grave responsabilità di alimentare il marasma del magico per gonzi che arricchisce guru e veggenti specializzati nell'arte di spennare i polli con conseguenze talora tragiche per il portafogli e per la psiche.

Essendo immune dalla tentazione di ricorrere all'astrologo per divinare il futuro e da ogni forma di negromanzia per evocare trapassati e potenze oscure, mi sento tuttavia di riconoscere fatti scollegati fra loro come un segno di sincronicità. Questa settimana, nel giorno 16 ottobre ricorreva il cinquantanovesimo anniversario della grande retata di ebrei romani ad opera dei nazisti di intesa con il regime fascista. Mille in un sol colpo, uomini, donne, vecchi e bambini sotto lo sguardo vuoi sgomento, vuoi indifferente di una Roma occupata, venivano caricati su camion per poi essere smistati su vagoni merci piombati con destinazione camere a gas di Auschwitz. Pochissimi tornarono vivi. Il TG1 ha ricordato quei fatti tragici con un breve servizio, appropriatamente scarno, che si concludeva con la memoria di un sopravvissuto. Il volto composto e la voce pacata, commossa e impercettibilmente rotta di quell'uomo per me dicevano tutto quello che c'era da dire: la sofferenza di uomini tormentati dalla crudeltà di altri uomini per puro odio.

Qualche giorno prima nella trasmissione della domenica pomeriggio della stessa Rai, la bella e celebre conduttrice Mara Venier ospitava la parlamentare di Alleanza Nazionale Alessandra Mussolini molto gettonata in televisione perché decisamente “buca lo schermo”, ha un piglio aggressivo e sa farsi valere. L'argomento trattato non era quello politico, bensì quello familiare e in particolare lo stato di dolce attesa in cui si trova la Mussolini ai primi mesi di una gravidanza. E all'improvviso...sorpresa. Del tutto inatteso arriva il papà di Alessandra, il bravo jazzista Romano e il quadretto è completo. Il giusto contesto per tessere un elogio del Duce come papà buono, affettuoso e uomo dotato di grande senso dell'umorismo. L'amore filiale è un gran bel sentimento non c'è che dire, ma in certi casi andrebbe tenuto nel proprio intimo. Quel papà buono è un criminale di guerra, ha prima infangato e poi mandato a morire ottomila cittadini del suo paese, fra cui bimbi in fasce e donne incinta per la sola colpa di esistere e quell'uomo dotato di senso dell'umorismo considerava o peggio ancora fingeva di considerare il jazz una musica antinazionale e degenerata. Naturalmente è anche possibile che fra i due accadimenti da me riferiti non vi sia alcuna relazione e che io sia affetto da quella strana patologia che si chiama sincronicità.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 19/10/2002


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