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Moni Ovadia

Israele ha bisogno di veri amici


La questione ebraica, in particolare, in Italia, si sta rimpicciolendo sempre più, si sta appiattendo sul conflitto israelo-palestinese non misurandosi responsabilmente con la complessa tragicità di quello scontro doloroso e apparentemente senza vie d'uscita ma, piuttosto reiterando una sterile contrapposizione polemica di stile mediatico fra opposte ed acritiche lealtà che traggono origine da visioni difettose vuoi per miopia, vuoi per presbiopia, vuoi per astigmatismo. Uno dei risultati infausti di quello che appare oramai un dialogo tra sordi, è il pericoloso sclerotizzarsi della crepa che il dramma mediorentale ha aperto fra una consistente parte del mondo arabo e la sinistra. Questa divaricazione provoca conseguenze gravi nel tessuto politico culturale del nostro paese anche se gli ebrei rappresentano un'esigua minoranza e per di più in via di diminuzione. La lotta di Resistenza contro la barbarie nazifascista aveva cementato un rapporto di intima solidarietà fra ebrei e organizzazioni della sinistra protagoniste di quella gloriosa epopea di liberazione. Quel cemento si sta sfaldando a causa di una serie di concause e colpe fra le quali gioca un ruolo primario la rigidità ideologica di entrambe le parti. Di questo approfitta surrentiziamente la destra post-fascista ergendosi a nuovo difensore degli ebrei per il tramite di un rapporto acritico e strumentale con l'attuale dirigenza israeliana. Il governo israeliano, in difficoltà nel proseguire l'attuale politica, ha grande bisogno di amici e dunque è tentato di non guardare troppo per il sottile. La destra di una volta sdoganata dalla sua posizione filo israeliana, avrà facile gioco a mettere in sinergia il revisionismo con il nuovo maquillage “filosemita” per confinare l'antifascismo nel quadro angusto di un'ideologia veterocomunista, mentre qualsiasi democratico di buon senso sa quanto proprio in questo momento nel nostro Paese ci sia vitale urgenza di una profonda consapevolezza dei valori espressi dall'antifascismo. La sinistra democratica, a mio parere, deve saper coniugare in ogni momento, il sostegno ai diritti negati del popolo palestinese e la solidarietà per le sue sofferenze, con un contestuale riconoscimento dell'urgenza manifestata dal popolo di Israele ad avere una pace che garantisca la sua esistenza nella sicurezza e senza la sanguinosa spada di Damocle del terrorismo. Deve accuratamente astenersi dalle sciagure equazioni sionismo=razzismo o, peggio ancora, Genin=Auschwitz che minano le basi del fronte pacifista in Israele e finiscono per danneggiare la causa palestinese trasferendola dal piano della dura ed autentica realtà, a quello dell'iperbole retorica. La complessità dei fenomeni richiede fermezza morale e pazienza e queste qualità richiedono la costante rimessa in questione di se stessi e del proprio cammino. Agli amici di Israele, ebrei e non ebrei, è richiesto di sapere distinguere fra le critiche. Se questo non avviene, se ogni critica diventa immediatamente antisemitismo e, se critico diviene sinonimo di infame, allora Israele diventa idolo e un Israele idolo non è più Israele. Agli ebrei è chiesto di non dimenticare anche per sapere distinguere i veri amici dagli amici di comodo. L'isteria della fazione prevarica l'uso del pensiero e, quando questo accade, la grande questione ebraica diventa una questioncina rabbiosa.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 08/02/2003


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