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Moni Ovadia

Giubbotto verde


Il presidente degli Stati Uniti George W.Bush ha smesso l'abito borghese ed ha indossato il giubbotto verde di comandante supremo. Come scenario per quello che appare il suo primo discorso di guerra ha scelto una portaerei e sulla sua tolda ha infiammato i militari con promesse di gloria, di danaro e di trionfo sul male in nome della libertà secondo l'unico modello a lui noto: quello stelle e strisce. Con il piglio un po' mussoliniano (quello di: “trasformerò il parlamento in un bivacco per le mie camicie nere”) ha promesso di riportare il consesso delle Nazioni Unite alla virilità dei fatti, per redimerlo dalla corruzione dei dibattiti che definisce sprezzantemente chiacchiere. Il suo fedelissimo alleato Tony Blair ha immediatamente trovato l'inequivocabile casus belli in un missile di gittata superiore a quella consentita e malgrado la 1441 non prevedeva l'automatico uso della forza, il leader britannico è pronto a chiedere al Consiglio di Sicurezza l'autorizzazione a fare la guerra verso cui l'alleanza anglo americana è spasmodicamente protesa. Tutto ciò mentre si pratica una cauta moderazione nei confronti della Corea del Nord che è armata fino ai denti di missili a lunga gittata e di armi atomiche. Questa guerra che comincia a convincere poco anche i cittadini statunitensi, i tele notiziari di ieri riferivano che novanta municipalità degli Stati Uniti fra le quali Chicago manifesteranno la loro opposizione al conflitto armato contro l'Iraq, incontra il netto rifiuto della stragrande maggioranza dei cittadini europei, sia di quelli dell'attuale Unione, sia di quelli dei paesi candidati al prossimo ingresso che di coloro che appartengono alle nazioni esterne all'Unione. A livello politico istituzionale le ragioni del no al conflitto sono rappresentate in piena intesa dal Presidente francese e dal Cancelliere tedesco con grande autorevolezza.

L'amministrazione Bush invece di misurarsi democraticamente con quelle ragioni sostenute anche dai russi preferisce ricorrere alla formula spregiativa: asse franco-tedesco. Questa guerra al di là delle apparenze non è tanto contro l'Iraq e contro il terrorismo che verosimilmente ne trarrà nuova e potente linfa, ma vuole sanzionare definitivamente un assetto geopolitico ed egemonia statunitense con un modello di sviluppo omologato per tutto il pianeta. I paralleli con la Germania nazista, il riferimento agli slogan e alle pratiche terroristiche criminali dell'integralismo islamico rivelano facilmente il loro uso strumentale. Come non vedere quale potente strumento di mobilitazione e di reclutamento per quel nemico sarebbe un Iraq ridotto in macerie con migliaia e migliaia di vittime civili di una popolazione prostrata per anni da u durissimo embargo. E per coloro che fremono per l'esistenza e la sicurezza di Israele, quale spaventoso effetto destabilizzante avrebbe la inevitabile devastazione di un paese mediorientale su un paese già malvisto e mal tollerato, il cui futuro deve prima o poi trovare il suo assetto stabile nel contesto del mondo arabo. E quale margine politico di manovra rimarrebbe alle forze laiche e moderate dell'Islam dopo un conflitto così impari condotto dalla detestata superpotenza contro un fratello così più debole?

Fra le molte e reiterate immagini trasmesse dalle televisioni in questi ultimi giorni, la mia attenzione si è soffermata sulla visita del rabbino capo di Roma al Papa. Il sommo pontefice è mobilitato sul fronte della pace con le sue parole e con le iniziative della diplomazia vaticana. E i rappresentanti delle comunità ebraiche a rispondere alla propria coscienza e ai principi fondanti dell'ebraismo: giustizia, fratellanza, pace, uguaglianza, libertà, centralità della vita. Personalmente ritengo che gli interessi profondi degli ebrei in quanto minoranza portatrice di una storia gravata da odi e violenze siano in contrasto con questa guerra, che non sconfiggerebbe il nemico dichiarato, ma aprirebbe solo più vasti bacini di coltura per nuovi odii, nuove violenze, nuove e più devastanti guerre.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 15/02/2003


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