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L'amministrazione Bush invece di misurarsi democraticamente con quelle ragioni sostenute anche dai russi preferisce ricorrere alla formula spregiativa: asse franco-tedesco. Questa guerra al di là delle apparenze non è tanto contro l'Iraq e contro il terrorismo che verosimilmente ne trarrà nuova e potente linfa, ma vuole sanzionare definitivamente un assetto geopolitico ed egemonia statunitense con un modello di sviluppo omologato per tutto il pianeta. I paralleli con la Germania nazista, il riferimento agli slogan e alle pratiche terroristiche criminali dell'integralismo islamico rivelano facilmente il loro uso strumentale. Come non vedere quale potente strumento di mobilitazione e di reclutamento per quel nemico sarebbe un Iraq ridotto in macerie con migliaia e migliaia di vittime civili di una popolazione prostrata per anni da u durissimo embargo. E per coloro che fremono per l'esistenza e la sicurezza di Israele, quale spaventoso effetto destabilizzante avrebbe la inevitabile devastazione di un paese mediorientale su un paese già malvisto e mal tollerato, il cui futuro deve prima o poi trovare il suo assetto stabile nel contesto del mondo arabo. E quale margine politico di manovra rimarrebbe alle forze laiche e moderate dell'Islam dopo un conflitto così impari condotto dalla detestata superpotenza contro un fratello così più debole? Fra le molte e reiterate immagini trasmesse dalle televisioni in questi ultimi giorni, la mia attenzione si è soffermata sulla visita del rabbino capo di Roma al Papa. Il sommo pontefice è mobilitato sul fronte della pace con le sue parole e con le iniziative della diplomazia vaticana. E i rappresentanti delle comunità ebraiche a rispondere alla propria coscienza e ai principi fondanti dell'ebraismo: giustizia, fratellanza, pace, uguaglianza, libertà, centralità della vita. Personalmente ritengo che gli interessi profondi degli ebrei in quanto minoranza portatrice di una storia gravata da odi e violenze siano in contrasto con questa guerra, che non sconfiggerebbe il nemico dichiarato, ma aprirebbe solo più vasti bacini di coltura per nuovi odii, nuove violenze, nuove e più devastanti guerre. Moni Ovadia L'UNITA' 15/02/2003 |
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