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One man Show |
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Il grande drammaturgo Bertolt Brecht era solito dire: Beato il popolo che non ha bisogno di eroi. Pensava evidentemente ad una collettività che avesse in sé un livello di coscienza e di consapevolezza politica e culturale tali da non avere bisogno di esempi eccezionali per essere guidata nella pratica dei valori fondamentali dell'uomo che dovrebbero ispirare ogni momento della vita di una società degna e giusta. Come ci siamo allontanati da questa prospettiva! Di eroi ne abbiamo oggi una spasmodica necessità soprattutto perché le giovani generazioni non vangano trascinate definitivamente nel gorgo di quel vuoto di senso frutto del micidiale cocktail di qualunquismo, arrivismo sfrenato, economia di rapina, cinismo e menzogna eletta a verità che domina la nostra epoca. Per fortuna gli eroi ci sono ancora, sono grandi e piccoli, noti ed anonimi. Hanno perso l'aura titanica del condottiero invincibile che scatena il delirio delle folle e ci sono vicini con la loro normale misura umana che tuttavia rifulge per l'intensità dell'impegno a favore dei deboli, dei vessati e degli abbonati. Ma se di eroi abbiamo ancora bisogno, quale assenza ci renderebbe beati? Nei nostri giorni paurosamente regressivi e mediocri, potremmo utilmente parafrasare il celebre adagio brecthiano così: Beato il popolo che non ha bisogno di showman al governo. L'intera vita pubblica, e in grande misura anche quella privata del nostro Paese, sono immerse in quella melassa mediatica e collosa che è l'interminabile performance spettacolore di un solo uomo. L'intero parlamento, la vita istituzionale, le scelte economiche, il sistema educativo, quello dell'informazione, le strutture giuridiche, la Costituzione, le relazioni internazionali, le istanze culturali, l'assetto paesaggistico e patrimoniale, l'ecosistema della natura e dei pensieri sono dominati dall'one man show del nostro presidente del Consiglio. I suoi comprimari sono meno che pallide comparse come egli stesso ricorda loro da copocomico totale qual'è: Senza di me andrebbero al suicidio politico. Si badi bene, non viene data loro l'alternativa di un'altra e magari meno celebre compagnia di giro, neppure una filodrammatica, solo la definitiva eclissi. Il grande mattatore ha probabilmente ragione visto che gli altri interpreti hanno dedicato tutti i propri talenti a lustrare lo splendore dell'unica vera star, alla cui luce attingere poi qualche riverbero. In questo allarmante quadro, le relazioni di senso si pervertono, i vizi privati diventano pubbliche virtù, il bene collettivo corrisponde alla dilatazione dell'ego di un solo individuo che si dichiara unto e pertanto capace di incarnare l'intero corpo nazionale in ciascuno dei suoi aspetti: imprenditore, operaio, santo, diplomatico, taumaturgo, uomo del destino, buon padre di famiglia, seduttore, demiurgo. L'ultimo ruolo che ha interpretato per il nostro bene è quello del più americano degli americani. Lo ha fatto con una tale appassionata intensità interiore da non avere bisogno di dire quasi nulla. La sua arte non conosce confini spazia dal drammatico al melodrammatico per passare al comico. A mio parere la sua battuta umoristica di più grande successo è non mi lasciano lavorare. Milioni di suoi fan l'hanno ripetuta in ogni angolo del Belpaese. Ma come non lo lasciano lavorare? Da oltre dieci anni ha lavorato indefessamente per trasformare l'Italia intera nel proprio esclusivo palcoscenico, per questo ha travolto regole, consuetudini, comune sentire, ha fatto della società dello spettacolo, la società del suo spettacolo e ha contagiato con il suo esibizionismo milioni di cittadini tramutandoli in telefeticisti, ha fatto del ridere pecoreccio una virtù cardinale e del sorriso una paralisi facciale. Persino molti dell'opposizione si sono adeguati, al punto che, per protagonismo personale, sono pronti a sacrificare la più sensata delle proposte politiche. Il danno più grave prodotto dalla mistica dello show berlusconiano è la perdita della idea stessa di interesse pubblico che è fondamento e garanzia di ogni sistema democratico. Sarebbe ora che le forze di opposizione cominciassero a riportare quell'idea al centro della propria azione politica, se non vogliamo passare dell'one man show di centro destra all'one man show di centro sinistra. Moni Ovadia L'UNITA' 26/07/2003 |
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