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Moni Ovadia
– L'UNITA' – 24/03/2002

La sindrome di Cogne


Il vile assassinio di Marco Biagi da parte di terroristi di una nuova sedicente colonna delle Br ha di colpo spostato il tiro dei network televisivi e degli organi di stampa dall'ossessiva e maniacale focalizzazione sull'uccisione del piccolo di Cogne. Dal giorno del crimine fino a Martedì 19 marzo ho visto ripetere fino al delirio, nel corso di telegiornali e trasmissioni di aggiornamento e dibattito i più piccoli dettagli di quello che mi pare si stia avvicinando a rientrare nella fattispecie del'infanticidio.

E' sconfortante pensare che ci sia voluta un'altra morte drammatica dolorosamente privata e insieme di rilevanza nazionale per fare uscire il sistema di informazione dal gorgo mediatico di Cogne. Io non so molto di quel delitto perché confesso di non potere trattenere la ripugnanza per lo sconcio sfruttamento del dolore altrui. Ritengo che una simile notizia andrebbe comunicata il giorno stesso del fatto e non fra le prime notizie. Dopodiché le indagini dovrebbero seguire il loro corso, portare al processo e quindi ad una sentenza giusta sul piano giuridico ed umano. Il carattere drammatico dell'uccisione di un bimbo rimane un fatto privato e se, come spesso accade, è commesso nello stretto ambito familiare, rientra nei casi di psicopatologia individuale assai noti in ambito specialistico. Perché dunque siamo stati letteralmente bombardati da questa notizia, perché essa è stata al centro dell'informazione con l'accanimento di una ridondanza che non mi sembra di ricondurre in altri episodi consimili. Il povero corpicino straziato, il travaglio di una madre, innocente o colpevole che sia, non sono stati consegnati alla pietà del silenzio per ragioni consapevoli di sfruttamento commerciale della pubblica morbosità e per ragioni “culturali” di uso perverso della comunicazione.

I fenomeni di uccisione a sfondo maniacale o innescati da patologie della sfera psichica sono evidentemente casi rarissimi se si considera l'insieme degli abitanti di un'intera nazione. Imporre una tragica anomalia come companatico quotidiano alle famiglie, significa verosimilmente volere istillare un tarlo in un numero più vasto possibile di madri, padri, figli, nonni. Molti esseri umani hanno nella propria psiche aree oscure che creano stati d'ansia o d'angoscia, sollecitarle con l'orrore di un gesto terribile così lontano nell'efferatezza, ma così vicino nella sfera affettiva mira a mio parere a provocare ripiegamenti emotivi e viscerali all'interno del proprio microcosmo domestico. E mentre il paese di Cogne diventa l'ombelico del mondo e la sua piccola vittima assurge a simbolo di colpa kafkiana per tutte le mamme e di rimando per tutti i papà, i milioni di vittime adulte e bambine del grande mondo vengono ricacciate a tarda nottata quando su Rai 3, veniamo a sapere dalla ricca e articolata esposizione di un professore universitario che è in atto sulle acque dell'intero pianeta una gigantesca speculazione privata che porterà nuovi lutti ai dannati della terra e ai loro figli.

Moni Ovadia – L'UNITA' – 24/03/2002


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