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Forum
Sociale Mondiale, il movimento lancia le sue sfide: |
Porto
Alegre - Il movimento no-global apre il suo gigantesco raduno a
Porto Alegre con una "spallata": entra con tutta la sua
forza nell'arena della grande politica internazionale. Ospite non
invitato, forse non troppo gradito. Cioè compie un passo molto
importante, che finora non aveva compiuto. Decide un proprio
mutamento, che possiamo spiegare così: da grande forza
giovanile - combattiva, intelligente, ma ai margini della battaglia
politica generale che scuote il pianeta - si candida a diventare una
delle forze fondamentali in campo. Una forza "generale".
Uno dei poli della battaglia che investe i popoli, gli Stati, le
dottrine politiche. Vuole contare, vuole sedersi al tavolo dei
grandi, vuole disfare i giochi. E lo fa con tre gesti. Il primo è
quello di assumere come temi fondamentali del meeting di Porto Alegre
la questione Argentina e la questione Mediorientale, cioè le
due grandi questioni di attualità nella politica
internazionale.
Il secondo - davvero clamoroso - è quello
di indire un forum mondiale straordinario (cioè un seguito di
Porto Alegre) nella città di Gerusalemme. Il che significa
portare migliaia e migliaia di giovani, pacifisti, nel cuore e nel
fuoco della guerra tra palestinesi e israeliani. Con l'obiettivo di
cambiare i termini e i punti di riferimento di quel conflitto. E di
avviare una specie di iniziativa diplomatica di massa, che colmi il
vuoto dell'iniziativa diplomatica dei governi.
Il terzo gesto è
rivolto a se stesso, è un gesto di «identità»:
quello di fissare alcune linee generali che rappresentano i confini
del movimento. Invalicabili. Dentro questi confini si sviluppa il
pluralismo, che è connaturato a un movimento costruito sulla
varietà delle migliaia di movimenti che lo compongono. Ma
fuori di questi confini non si esce. Chi sta fuori può essere
un interlocutore importante, un amico, ci si può dialogare, ma
è altra cosa dal movimento.
Quali sono queste linee di
confine? Due sole: opposizione al liberismo e opposizione alla
guerra. Che poi alcuni dicono sia un'unica linea, perché
considerano liberismo e guerra due espressioni della stessa idea
politico-sociale. Ieri Vittorio Agnoletto, che è il leader
della delegazione italiana al social forum, ha riferito sulle
discussioni e sulle decisioni prese nelle ultime 48 ore dal Consiglio
internazionale (tra cui quelle che abbiamo appena detto). Il
Consiglio è un organismo di circa ottanta persone, le quali
rappresentano tutti i movimenti sociali che partecipano al Forum, e
costituisce il centro di organizzazione e di decisione politica. Una
specie di «Comitato centrale», per usare il vecchio gergo
dei socialisti e dei comunisti. Nel Consiglio sono rappresentate
tutte le nazioni e tutte le correnti di pensiero. I più forti
sono i brasiliani, i francesi e gli italiani, sul piano nazionale,
mentre sul piano delle organizzazioni hanno un grande peso Attac e la
Caritas. La componente cristiana resta fortissima, sia come
partecipazione di massa sia come elaborazione di idee.
Agnoletto
ha spiegato che al Forum partecipano circa 14 mila delegati, e poi ci
sono migliaia e migliaia di invitati e osservatori, ma tra i delegati
e gli altri c'è una distinzione. Gli uomini politici, cioè
i rappresentati dei partiti - ha detto Agnoletto - sono qui come
osservatori, non fanno parte del Forum. Ci fa piacere che ci siano,
ma la discussione del Forum è nostra e resta nostra: non è
aperta a loro.
Agnoletto ha citato i molti rappresentati della
sinistra italiana e francese, i sei ministri del governo francese
presenti a Porto Alegre e il primo ministro belga (non ci sono altri
uomini di governo, anche perché i partiti della sinistra
tedesca e inglese non sono a Porto Alegre, e tutti gli altri partiti,
spagnoli, italiani, portoghesi, brasiliani, sono all'opposizione nei
loro paesi). Agnoletto ha detto: «benvenuti a tutti, ma restano
distinti i ruoli». E ha detto che il forum mondiale delle
autorità locali, che si è svolto in questi giorni a
Porto Alegre, su invito del sindaco, non ha niente a che fare col
Forum sociale, però è un fatto importante per due
motivi.
Il primo è che diventa evidente come ormai per
schierarsi fuori dalla «scuderia liberista dei banchieri e dei
finanzieri» si debba venire dai no-global. O New York (dove
inizia il convegno economico che fino all'anno scorso si teneva a
Davos, una specie di summit del capitalismo occidentale) o a Porto
Alegre.
Il secondo motivo è che molti uomini politici
della sinistra che ancora qualche mese non avevano mai pronunciato la
formula «contro-il-liberismo», ora iniziano a farlo. Quel
che conta - ha detto Agnoletto - è che ripetano queste formule
anche in patria, e non le considerino una licenza da viaggio
all'estero. Agnoletto ha polemizzato con Veltroni sulla sua proposta
di aprire il G8 ad Africa e America Latina («Il G8 va abolito e
basta»), ma poi ha accolto le aperture del sindaco di Roma e
gli ha lanciato una sfida: realizzi a Roma il bilancio partecipativo,
cioè la nuova forma di democrazia diretta inventata dai
brasiliani e che è stata l'argomento principale del Forum
delle autorità locali. Agnoletto poi ha illustrato il prossimo
programma del forum. Tema dell'anno sarà la Fao, e cioè
la fame nel mondo. Appuntamento a Roma in giugno, non contro la Fao
(«che a differenza del G8 è un organismo legittimo»)
ma contro la sua politica, seguendo la quale occorrerebbero 60 anni
per dimezzare il numero (un miliardo) delle persone che rischiano la
morte per fame. Poi forum continentali o regionali fino al nuovo
forum mondiale, che si terrà anche nel 2003 a Porto
Alegre.
Ieri sera, mentre i no-global si preparavano alla grande
giornata di apertura - che sarà oggi, con un corteo in città
- all'Hotel Plaza si è concluso il forum delle autorità
locali. Il momento più importante della giornata è
stato il discorso tenuto dall'ospite d'onore, e cioè dal
giudice Garzon, il «capo di mani-pulite in Spagna», che è
diventato un po' il simbolo, nel mondo, della lotta tra giudici e
potere politico. Garzon diventò famoso qualche anno fa con il
mandato di cattura contro il dittatore cileno Augusto Pinochet, e poi
con varie inchieste su Telecinco e Berlusconi. Anche ieri Garzon ha
polemizzato con Berlusconi e ha preso un grande applauso dalla sala.
Garzon ha detto che oggi c'è una «triade» che
minaccia la democrazia, cioè l'attacca e la corrode come un
cancro: la corruzione politica, la malavita organizzata e la
liberalizzazione finanziaria, che è un portato della
globalizzazione e rende impossibile la trasparenza dell'economia e
dei suoi intrecci con la politica. Garzon sostiene che per uccidere
questo cancro la medicina è quella di Montesquieu, e cioè
la separazione dei poteri. Garzon ha aggiornato Montesquieu (che
parlava di potere legislativo, esecutivo e giudiziario): ha unificato
legislativo ed esecutivo nel potere politico, e ha aggiunto il nuovo
potere forte, e cioè il potere economico. Per avere la
separazione dei poteri - ha detto - occorre l'indipendenza di ogni
potere, mentre oggi non c'è indipendenza della magistratura.
La magistratura è sottoposta all'attacco, al ricatto, talvolta
alla subalternità verso il potere politico, che a sua volta è
subalterno verso il potere economico.
Infine una nota - diciamo
così - di colore: nelle vie di Porto Alegre, tra i ragazzi
no-global, ieri rimbalzava una voce che ha portato una polemichetta
(magari un po' qualunquista ma non del tutto insignificante): dicono
che Jose Bove sia arrivato in Brasile viaggiando in business class,
mangiando aragosta e bevendo Johnny Walker etichetta nera. Se è
vero, questo non toglie nulla alla sua sacrosanta battaglia politica
contro le multinazionali. Solo lo rende un pochino meno simpatico.
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