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Porto Alegre, il Forum riparte da Carlo Giuliani |
Porto Alegre - «Non
chiedete mai a una mamma: com'è tuo figlio? Vi risponderà:
è meraviglioso. Voi ora mi chiedete di parlarvi di mio figlio.
Va bene. Cosa posso dirvi? Sì, Carlo era meraviglioso».
È una signora piccola piccola, minuta, veste con una t-shirt
bianca, una gonna a fiori lunga, porta gli occhiali, parla con un
filo di voce, sembra una maestrina, anzi è una maestrina.
Bisogna tendere l'orecchio per ascoltare. Si sente appena. Deve
essere timidissima. Ogni tanto sorride, pensando a suo figlio, quasi
allegra, ogni tanto si commuove, le viene da piangere. Anche a noi,
sentendola, viene un po' da piangere. È Heidy Giuliani, è
la mamma di Carlo, è toccato a lei di aprire ufficialmente
questo secondo Forum sociale mondiale che si tiene a Porto Alegre e
che durerà sei giorni. Ha parlato ieri sera sotto il tendone
enorme che è stato innalzato al centro del grande campeggio
realizzato in un parco di Porto Alegre, e destinato a ospitare alcune
decine di migliaia di giovani no-global. Sotto il tendone c'era una
gran folla, soprattutto di italiani e di brasiliani che hanno
ascoltato in totale silenzio, quasi stupiti, il dolore sobrio e
pulito di questa signora, e l'amore sconfinato per il suo ragazzo,
che ha perso ventenne, ma anche per le idee che il suo ragazzo aveva
portato in famiglia. Heidy Giuliani ha parlato da mamma, ha parlato
col cuore, certo, però - se vogliamo riassumere il suo
discorso - ha disegnato nette le linee fondamentali - i pensieri, i
valori il senso comune: diciamo l'anima - di questo movimento che è
nato appena due anni fa, e dopo Genova è entrato nella sua
fase matura. Heidy ha detto che lei ha passato la vita a cercare di
insegnare al figlio le cose buone, le idee giuste, i comportamenti da
tenere, e che soffriva quando lo vedeva «spiantato», che
non voleva più studiare, che non gli interessava lo stipendio,
la casa, la sicurezza, il futuro; e gli diceva: «Figlio, ma che
fai della tua vita?». Poi Heidy si è fermata un momento,
ha abbassato ancora il tono della voce e ha appena sussurrato: «Dopo
Genova io penso in modo diverso: penso sempre a quei milioni di
persone che non hanno una casa, non hanno un tetto, non hanno un
pezzo di pane, né un bicchier d'acqua. Prima non mi succedeva
mai. E allora io quasi mi vergogno di avere da mangiare, da bere, di
avere una mia casa, di avere una mia pace. Come si vergognava Carlo,
adesso lo capisco. Carlo mi ha dato una grande lezione di vita».
Dopo
la cerimonia di apertura, alle cinque del pomeriggio, c'è
stato il corteo. Un grande corteo, anche se il cielo non sembra amico
dei no-global, perché proprio ieri ha rovesciato su Porto
Alegre una pioggia a diluvio, del tutto imprevista perché qui
è estate piena, è come se fosse agosto. Il corteo
comunque era molto grande. Era aperto dai brasiliani, che
naturalmente sono la grande maggioranza. Moltissimi anche gli
argentini, gli italiani, gli spagnoli e i francesi. Gli italiani
hanno sfilato insieme, dietro uno striscione che diceva: «Da
Genova a Porto Alegre contro la guerra sociale, politica e militare».
Nel corteo c'era anche un gruppetto di «black bloc»,
quasi tutti brasiliani più qualche tedesco e qualche ragazzo
degli Stati Uniti. Non molti, ma fanno sempre una certa impressione,
tutti vestiti di nero, con i fazzoletti sulla bocca o addirittura i
passamontagna di lana, che a 37 gradi non sono proprio naturali.
Ieri
mattina, prima ancora dell'apertura del Forum (che da oggi entra nel
suo pieno svolgimento con circa 200 riunioni al giorno e con la
partecipazione di grandi intellettuali che vengono da tutto il mondo:
oggi sarà la volta di Chomsky), si è riunito il forum
italiano, in un palazzo del centro della città. Alla
presidenza tutti i leader del movimento, Da Agnoletto, a Casarini, a
Bernocchi, a Raffaella Bolini. Ci sono anche moltissimi dirigenti di
Rifondazione, che praticamente è l'unico partito politico al
quale è riconosciuto il diritto di far parte del Forum, perché
gli è riconosciuta la partecipazione sin dal primo momento
alle lotte sociali e alle linee politiche dei no-global. Per la
verità, ieri Agnoletto ha chiesto che non si dica più
no-global, dal momento che ormai ritiene che sia stato abbastanza
chiarito che la lotta del movimento non è affatto contro la
dimensione internazionale della politica e delle relazioni sociali ed
economiche, ma è contro il liberismo, lo strapotere del
mercato e delle multinazionali, la prevaricazione dell'economia sulla
politica e sulla cultura. L'appello però probabilmente cadrà
nel vuoto, perché ormai i no-global si chiamano no-global e
non sempre i nomi sono «conseguenza delle cose» come
dicevano i saggi latini.
Al forum italiano sono emersi due temi.
Uno è stato quello - diciamo così - dell'orgoglio,
quasi nazionalista. L'altro è stato la polemica con la
sinistra tradizionale e anche col movimento dei sindaci. Sul
nazionalismo ha scherzato Giorgio Cremaschi, segretario della Fiom (
il sindacato dei metalmeccanici è presente ufficialmente, cioè
fa parte del forum), il quale ha fatto notare che sicuramente il
movimento in Italia è molto forte, però nel mondo siamo
più famosi - purtroppo - per il nome di Berlusconi che non per
quello di Agnoletto. Detto ciò, quasi tutti gli interventi
hanno preso atto con soddisfazione che la delegazione italiana è
l'unica unitaria - tutti gli altri paesi si presentano divisi in
gruppi, spesso abbastanza lontani politicamente l'uno dall'altro -
anche se al suo interno convivono posizioni, ideologie, pensieri, e
persino fedi, molto diverse. Dai cristiani agli anarchici, dai
sindacati confederali ai Cobas, dai pacifisti ai marxisti. Nel corso
della riunione ci sono state anche frizioni e piccole polemiche tra i
leader dei vari gruppi, ma tutte dentro confini assolutamente sereni
e con spirito, sembrerebbe, piuttosto unitario. Per esempio polemica
sulla sede del prossimo Forum, che Agnoletto dice tornerà a
Porto Alegre, mentre Bernocchi, dei Cobas, vorrebbe in occidente. O
sui toni polemici da tenere verso il movimento dei sindaci. Al di là
dei toni, però, la linea del Forum è stata piuttosto
chiara su questo: felici dei passi in avanti di questa aggregazione,
ma si resta convinti che sia una cosa diversa dal forum e si tornano
a porre le due discriminanti di fondo: contro il liberismo e contro
la guerra.
Il Forum delle autorità locali - cioè
questo nuovo movimento internazionale di sindaci e governatori, che
ormai sta crescendo e si sta unificando - l'altra sera si era
concluso approvando un documento politico, molto interessante, sul
tema della cosiddetta «non inclusione». Cioè sulla
lotta all'emarginazione, alla povertà e alla concentrazione
del potere. È un documento piuttosto netto nella presa di
posizione non-liberista (un anno fa questo tema non era nemmeno
presente nella sinistra ufficiale, europea e americana), e un po' più
vago, ma comunque molto avanzato, anche sul tema della guerra. Il
documento parla di «lotta per far prevalere la pace contro le
logiche belliciste». Non c'è la parola guerra, e questo
non è piaciuto al Forum sociale, però è anche
vero che il documento è stato firmato da rappresentanti di
partiti di sinistra che, quasi tutti, appena due mesi fa avevano
votato per l'intervento in guerra al fianco dell'America. C'è
uno spostamento, tanto è vero che tra gli italiani, per la
prima vota dopo anni, dirigenti dei Ds come Burlando e Folena hanno
votato un documento politico insieme a Rifondazione.
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