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Riccardo Gianola L'Unità 28 Gennaio 2002 |
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...intanto al Word Economic Forum di New York |
Gita
a New York, questanno, per i globalizzatori. Lasciano le
candide nevi di Davos, dove da trentanni il professor Klaus
Schwab raccoglie nel suo World Economic Forum miliardari planetari,
capi di stato e di governo, visionari più o meno credibili,
professori di ogni qualifica e varietà, per planare a
Manhattan, cuorepulsante di unAmerica offesa dalle stragi
dell11 settembre. La trasferta verso Occidente è
motivata dalla solidarietà che i promotori del Forum vogliono
esprimere alla capitale delleconomia.
La manifestazione
mobilita qualche milione di dollari e New York può dimostrare,
in unoccasione mediatica internazionale, di essere tornata la
città aperta ed efficiente di sempre.
Tutto perfetto, ma
per la verità, già ben prima dellattacco alle
Torri gemelle, a Davos avevano pensato di trasferire da qualche altra
parte il circo economico e politico che ogni fine gennaio si ripete
nella piccola cittadina svizzera.
Il problema, infatti, è
che lanno scorso si erano presentati, non invitati, anche i
no-global, che non casualmente si ritrovano in settimana al caldo di
Porte Alegre negli stessi giorni del World Economic Forum, e cerano
stati incidenti, vetrine spaccate, auto ammaccate. Così Davos,
che per decenni aveva prosperato su questo appuntamento
internazionale, si era svegliata dal dorato torpore, sorpresa e
arrabbiata.
Per evitare guai e tensioni si era pensato di
organizzare il Forum altrove, così la famigliola che voleva
godersi una tranquilla settimana bianca non rischiava di incontrare
cortei o malintenzionati black bloc sulle piste di sci. Ma lanno
prossimo il circo dei globalizzatori dovrebbe tornare a casa: il
governo di Berna ha promesso i miliardi necessari alla tutela
dellordine pubblico.
Da giovedì, dunque, tutti a New
York, nel vecchio hotel Waldorf Astoria, per loccasione
presidiato da una sicurezza comprensibilmente ingombrante, a parlare
di leadership mondiale in questi «tempi fragili», di
recessione e di petrolio, di Medio Oriente e della politica estera
degli Stati Uniti, di tecnologia e di design, ovviamente della crisi
in Argentina, tra un brunch con il monopolista del software Bill
Gates, un saluto delluomo dellanno Rudolph Giuliani e una
festa - tutti in nero, please - sul sacro parterre di Wall Street.
Era atteso George Bush, ma ha fatto sapere che deve concentrarsi
sul discorso sullo Stato dellUnione.
Forse lo sostituirà
il vicepresidente Dick Cheney, se lo scandalo Enron non farà
troppi passi avanti in questi giorni. A volte, si sa, la cronaca
rischia di travolgere la storia.
Insomma, al Forum cè
di tutto, un gran calderone per accontentare ogni palato, come al
solito. Anche questanno cè un lungo elenco di
interventi con personalità della politica, delleconomia
e della cultura di grandissimo interesse. La formula del fondatore
Schwab, che rivendica sempre la piena indipendenza del Forum
nonostante i miliardari in circolazione, era inizialmente di creare
un punto di incontro annuale per persone che, nei propri campi,
potessero analizzare e prevedere, testimoniare e immaginare. Un
seminario con raffinati cervelli, politici prestigiosi, abili
imprenditori e finanzieri. Poi, anno dopo anno, il Forum è
diventato un appuntamento di livello mondiale, con qualche eccesso,
di analisi del capitalismo nella sua evoluzione, nella sua
globalizzazione fino alla dimensione dellImpero direbbe Toni
Negri che, di questi tempi, gode di una certa fama in America.
Un
giorno arrivò a Davos il gelido presidente della Bundesbeank,
allora Hans Tietmeyer, a decretare che «la politica è
sotto il controllo dei mercati finanziari», il segno che il
capitale nella sua irrefrenabile
estensione aveva battuto la
politica, ancora alla ricerca della rivincita. I movimenti
anti-globalizzazione hanno sempre criticato e contestato, anche da
lontano, il Forum, con grande dispiacere di Klaus Schwab che dichiara
la sua apertura alle organizzazioni non governative e ai pensatori
indipendenti.
Greepeace gli ha risposto che questanno non
partecipa.
Per sabato prossimo, nei pressi di Central Park, la
coalizione no-global Another world is possible (Un altro
mondo è possibile) ha annunciato una manifestazione di
protesta.
Alcuni gruppi ambientalisti, però, hanno
avvertito che parteciperanno solo se ci sarà unesplicita
dichiarazione contro la violenza.
Altri no-global hanno osservato
che un tale impegno è possibile se la polizia di New York
rinuncerà ai lacrimogeni, ai proiettili di gomma e a eventuali
fermi preventivi.
La dialettica nel movimento è sempre
vivace e piacevole, ma difficilmente la polizia, vista laria
che tira, accoglierà le richieste.
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