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Lidia Ravera

70 clandestini in meno

Ancora corpi in mare, questa volta li ha avvistati un peschereccio tunisino. Gonfi d'acqua, i lineamenti quasi cancellati, brandelli di stracci su pelli scure. E' l'ennesima carretta affondata, nel canale di Sicilia, a 50 miglia dalla bella Lampedusa che presto ospiterà le vacanze dei vip più intelligenti, dei ricchi più sportivi, degli amanti del subacqueo e dell'estetico. I dispersi sono una settantina. Si dice dispersi per non dire morti.

Era pare il 14 di giugno. Quanto resiste a mollo la “peggio gioventù”? Quella che tutti gli anni, sul far dell'estate (rischiando minimo calci in faccia, massimo la vita), come un esercito della fatica, si appresta a raccogliere i nostri pomodori, a piegare la schiena per pochi euro, senza alloggio né garanzia, senza protezione né diritti? Quanto può resistere? Un giorno? Un giorno e una notte? Per settimane si spigoleranno, fra le onde, come per un sinistro raccolto, cadaveri di gente di vent'anni.

I sopravvissuti, quelli che riescono a sbarcare, ce li mostrano i telegiornali, ammucchiati nei centri di raccolta, a ricevere grati una bottiglia di minerale sotto il sole. Sono i più fortunati, sono quelli che torneranno a casa, dopo aver perso ciò che avevano investito per raggiungere il nostro Paese di ex emigranti, benestante da non più di 30 anni, ma già aspirante al ruolo di Paese Carogna. Un paese dove le regole dell'ospitalità le detta un personaggio come Umberto Bossi. Il ministro delle cannonate, quello che vorrebbe impiegare la Guardia di finanza, la Marina e l'Aviazione per respingere chi chiede lavoro, qualche soldo, una permanenza a termine oppure, soltanto, il diritto di passaggio per muovere verso parti meno ruvide di Europa. Il popolo delle valli bergamasche che, per Bossi, incarna i più alti valori civili e solidali, così si rivolge a chi, ancora, nonostante la legge Bossi-Fini, non ha aperto il fuoco: “ma va a scopare il mare”. Ho letto la gustosa formula sul Corriere della Sera del 16 giugno, in un'intervista al leader leghista, l'ho interpretata come commento paradossale dell'inefficienza dei politici, forse, invece, andava interpretata alla lettera: andare a scopare il mare, cioè salpare, gettare le reti, pescate, scoprirete che un destino provvido si è prestato a rendere efficace la Bossi-Fini. Se le cannonate scontano i nostri soliti ritardi organizzativi, c'è sempre Nettuno, con le sue collere, che vede e provvede.

Sparati o affogati, basta che non arrivino al porto, che non risalgano verso nord, inquinando la rude razza padana con il sudore della loro fronte. A la guerre comme à la guerre. La cannonata è più rapida e, quindi, più umanitaria, ma anche agonizzare nel canale di Sicilia ha un bel potenziale di dissuasione. Si tratta di comunicare ai porti di provenienza il bel risultato. La smetteranno di sperare, senza che di noi si debba sparare. Forse. O forse no. A vivere in un Paese ricco ed educato all'egoismo si perde la percezione del dolore altrui, delle condizioni di vita negli altri due mondi, il terzo (povero) e il secondo (povero ed ex comunista). Ci si chiede: ma chi glielo fa fare a questi di affrontare viaggi pericolosi in cambio di una coperta e un foglio di via, nella migliore delle ipotesi di un lavoro massacrante e quattro soldi? La miseria, glielo fa fare. E lo sanno bene i piccoli proprietari terrieri, i padroncini del nordest, che traggono beneficio economico dalla forza di questi lavoratori dalla fame atavica, inquadrati come nel medioevo, gente che nessun articolo diciotto, né allargato né ristretto, emanciperà mai dallo statuto di carne da cannone.

Eppure sono gente utile, sono loro che consentono a noi di rifiutare certi eccessi di umiliazione: badano ai nostri vecchi, soddisfano le fregole dei nostri uomini, allevano i nostri figli mentre noi facciamo altro, raccolgono i frutti della terra, che è bassa e che non molti italiani hanno voglia di dissodare, si preferisce giocarci a pallone sopra. Se fate un pellegrinaggio verso sud, nei campi, fra il rosso dei pomodori maturi e il verde delle foglie, vedrete soltanto schiene nere. E allora, caro ministro Bossi, perché non accoglierli come truppe di rincalzo al nostro smilzo esercito di vecchi e di viziati, perché non aiutarli, non inserirli, non dare loro casa e pane, assistenza e libertà? Che senso ha armare una guerra? Per difendere che cosa? Gli interessi di chi? Lo so, la compassione non è alla portata di chiunque. E' un sentimento importante e complesso, che non consola chi lo prova, anzi, lo fa sentire inadeguato e in colpa, pieno di dubbi. Essere compassionevoli vuol dire, innanzitutto, avere immaginazione, conoscere l'empatia, riuscire a mettersi nei panni degli altri. Non credo che lei, Ministro, così conscio dei diritti della sua gente e così poco interessato a quelli di tutti gli altri, sia in grado di attingere alle difficili soddisfazioni dei pietosi. La legge che porta il suo nome accanto a quello dell'onorevole Fini, è un fulgido esempio di Organizzazione Legale dell'Egoismo Occidentale. Del resto, sia lei che il suo socio titolare della proposta, fate parte dell'anima, per così dire, laica della coalizione di Governo. Lei onora soltanto le sorgenti del Po, il suo sodale viene da una tradizione poco incline a vedersela con Dio. Ma gli altri? Gli ex democristiani, i ciellini, i papa boys, i cattolici del consenso...come li fanno i conti con l'invito a cacciare i poveri dal banchetto, ad allontanarli dalle nostre grasse tavole, a ributtarli a mare? L'onorevole Casini, l'onorevole Buttiglione...come si sentono di fronte al cadavere di un annegato, che è un ragazzo e che era venuto soltanto a chiedere lavoro?

Lidia Ravera – L'UNITA' – 18/06/2003

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