Il
capitano non riusciva a dormire. Gli incubi invadevano la notte e
solo l'alcool riusciva a sollevarlo dal terrore. Il sogno
ricorrente era sempre lo stesso, cadeva da un aereo in volo
insieme ad altri corpi nudi in mezzo all'oceano. Ieri è
cominciato in Spagna il processo contro Adolfo Scilingo, militare
argentino che nel 1995 ha confessato al giornalista Horacio
Verbitsky come furono uccisi migliaia di desaparecidos. Scilingo
sceglie di confessare ma non è un militare pentito, non ha
rimorsi, solo che non riusciva più dormire, gli incubi lo
assillavano. Scilingo confessa di aver partecipato durante la
dittatura militare 1976-83 ai voli della morte in cui
i sovversivi erano gettati vivi in mare. Dall'Escuela
de Mecanica de la Armada (Esma) ogni mercoledì partiva
un aereo carico di persone che erano state sequestrate e
torturate in ciò che fu il principale campo di
concentramento della dittatura. Scilingo racconta che i voli
si susseguirono per due anni, a volte due voli la settimana.
Il
volo della morte
Sono andato in cantina, dove
c'erano quelli che avrebbero volato. Giù non restava
nessuno. Fu loro detto che sarebbero stati trasferiti al sud e
che per questa ragione sarebbero stati vaccinati. Furono così
vaccinati...cioè fu loro somministrata una dose per
intontirli, un sedativo. E così li si addormentava (...)
Dopo sono stati messi su un camion della Marina, un camion verde
con un telone. Siamo andati all'aeroporto militare, siamo entrati
dalla parte posteriore, e lì ho saputo che l'aereo sul
quale avremmo fatto il volo non sarebbe stato un Electra della
Marina ma uno Skyvan della Prefettura (...) Ci sono quattro cose
che mi fanno star male: i due voli che ho fatto, la persona che
ho visto torturare e il ricordo del rumore delle catene e dei
ceppi che venivano messi ai piedi dei prigionieri. Li ho visti
appena un paio di volte, però non posso dimenticare quel
rumore (...) Una volta che avevano perso i sensi venivano
spogliati e, quando il comandante, a seconda di dove si trovava
l'aereo, dava l'ordine, si apriva lo sportello e venivano gettati
di sotto nudi, a uno a uno. Questa è la storia. Macabra ma
reale e che nessuno può smentire. Non riesco a dimenticare
l'immagine dei corpi nudi sistemati uno sopra l'altro nel
corridoio dell'aereo come in un film sul nazismo. Nello Skyvan
venivano gettati dallo sportello posteriore, che si apre verso il
basso. È uno sportellone molto grande, ma senza posizioni
intermedie, o è chiuso o è aperto. Il sottufficiale
teneva giù con il piede una specie di porta oscillante,
per lasciare uno spazio di 40 centimetri verso il vuoto. Da lì
cominciavano subito dopo a scaricare i sovversivi. Data la
situazione, nervoso com'ero, per poco con cado e vengo
risucchiato dal vuoto. Sono scivolato e loro mi hanno ripreso.
Questo è uno stralcio della confessione di Adolfo Scilingo
(Horacio Verbitsky, Il volo Feltrinelli 1996), questo è
il suo incubo, anche se non racconta tutta la verità. Il
militare dice che una volta narcotizzati i prigionieri erano
gettati in mare, ma poi racconterà anche che qualcuno si
svegliava e riusciva a resistere e che proprio uno di loro è
stato la causa del suo scivolone.
La settimana scorsa, a
Buenos Aires ho incontrato Horacio Verbisky, tra i principali
testimoni dell'accusa nella causa contro Scilingo, che mi ha
detto che ora il militare vuole ritrattare completamente la sua
confessione. Sette anni fa, quando Scilingo è stato
invitato dal giudice spagnolo Baltasar Garzón a
testimoniare nella causa contro i militari argentini per crimini
contro l'umanità, ha ingenuamente creduto che la sua
collaborazione con il processo lo avrebbe risparmiato
dall'accusa.
Ora davanti alla Audiencia Nacional
spagnola Scilingo è incriminato di genocidio per
concorso in 30 assassinati, 93 lesioni, 225 atti di terrorismo e
286 casi di tortura per i quali l'accusa chiede 6.626 anni di
carcere. «Questo è un processo storico perché
sarà la prima volta che un militare argentino dovrà
rendere conto personalmente e davanti ad un tribunale straniero.
Negli altri casi, i repressori sono stati condannati in assenza
da tribunali di Francia e Italia. Se verrà condannato,
Scilingo dovrà scontare la pena in Spagna» ha
dichiarato ieri al giornale argentino Clarin l'avocato di
parte dell'accusa Carlos Slepoy.
Lunedì 17 gennaio
sarà il turno di Scilingo e il 19 cominceranno a sfilare i
testimoni dell'accusa, oltre a Verbitsky, ci saranno circa 150
testimonianze, tra cui 21 sopravvissuti al campo di
concentramento dell'Esma, il Premio Nobel per la Pace Adolfo
Pérez Esquivel, l'ex pubblico ministero nel processo
contro la Giunta militare, Julio Strassera, lo scrittore Ernesto
Sabato e la presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo Estela
Carlotto.
Piano sistematico di sterminio
Nel
1995, quando Scilingo si decide a parlare erano passati quasi
vent'anni dall'inizio della dittatura militare di Jorge Videla e
nessuno, mai nessun militare aveva ammesso la propria
responsabilità nei crimini contro i desaparecidos. Solo
questo fatto è già eloquente della coesione delle
Forze armate argentine che, senza fessure, si sono chiuse intorno
al loro segreto. Anche per chiarire questo fatto è utile
la confessione di Scilingo che spiega: La maggior parte di
noi fece un volo, a rotazione, una specie di comunione (...) Era
qualcosa che doveva essere fatto. Non so cosa senta un boia
quando deve uccidere, abbassare la lama o attivare la sedia
elettrica. A nessuno piaceva farlo, non era gradevole. Però
lo si faceva e si capiva che quello era il modo migliore, non
c'era nemmeno da discutere. Era qualcosa di supremo che si faceva
per il paese (...) Venivano da tutto il paese facendo a turno.
Qualcuno può essersi salvato ma solo per caso. Se fosse
stato un gruppetto, ma non è vero, è stata tutta la
Marina (...) mandavano in trasferta ufficiali di tutto il paese,
per un fine settimana o per un giorno.
Di fronte a
questa ammissione è difficile credere che qualche militare
in servizio all'epoca della dittatura non fosse a conoscenza
della politica di sterminio che sistematicamente era attuata. Le
tecniche cambiavano, ma negli oltre 360 campi di concentramento
distribuiti in tutto il paese la gente scompariva nel nulla.
Il
processo contro Scilingo vuole provare che durante la dittatura
militare argentina è stato messo in atto un piano
sistematico e generalizzato di repressione. Nel 1995 la sua
confessione fu decisiva per chiarire definitivamente la fine dei
desaparecidos. Allora anche i più increduli hanno capito
che avevano ragione le Madri di Plaza de Mayo.
Basta uno
sguardo alla storia recente dell'America latina per capire che
non c'è da stupirci se oggi nella democratica America sono
ammesse tecniche di tortura negli interrogatori. I militari
cileni o argentini non hanno inventato nulla, sono stati formati
negli Stati uniti. La Escuela de las Américas fu
creata in Panama nel 1946 e successivamente, nel 1984 fu
trasferita a Fort Benning, Georgia. Il compito di questa Scuola
militare è ancora oggi, quello di addestrare i militari
nelle tecniche di combattimento, commando, spionaggio e tortura.
Dal momento della sua creazione la Scuola ha formato nelle
tecniche golpiste ad oltre 62.000 ufficiali, tra cui i principali
dittatori e torturatori dell'America Latina. Alla Soa, School
of the Americas, che dal 2001 si chiama Western Hemisphere
Institute for Security Cooperation (Whisc), si laureano ogni
anno fino a mille ufficiali dei diversi eserciti dell'America
latina.
Nuove tecniche di desaparicion
In
questo quadro la novità argentina è
stata la tecnica della desaparición. I prigionieri
politici non erano ammucchiati in campi di calcio, niente arresti
di massa, niente carceri, niente fucilazioni né assassinii
clamorosi come in Cile. Gli oppositori sarebbero stati
sequestrati da gruppi non identificati, caricati su vetture senza
targa e fatti scomparire. Il mondo non doveva vedere ciò
che accadeva. Si era sempre più consapevole della potenza
dei mezzi di comunicazione di massa. In Italia nasceva la Loggia
P2 (Propaganda 2) e Licio Gelli girava il mondo con passaporto
argentino (il nesso tra militari argentini e P2 resta ancora un
capitolo tutto da chiarire).
Lentamente, in sordina e con
la complicità internazionale, ebbe inizio il più
grande genocidio della storia argentina. I sequestri furono
sempre più frequenti e si ripetevano secondo le stesse
modalità. La stragrande maggioranza avveniva di notte in
casa delle vittime. Il commando occupava la zona circostante ed
entrava nelle case facendo uso della forza. Terrorizzava e
imbavagliava perfino i bambini obbligandoli a essere presenti. La
vittima veniva catturata, brutalmente colpita e incappucciata,
poi trascinata fino alle macchine che aspettavano mentre il resto
del gruppo rubava tutto quello che poteva. Anche nei casi in cui
i vicini o i parenti riuscivano a dare l'allarme, la polizia non
arrivava mai. La maggioranza della popolazione era terrorizzata e
non era nemmeno facile trovare testimoni. Nessuno aveva visto
nulla.
Dal momento in cui avveniva il sequestro la persona
restava totalmente isolata dal mondo esterno. Depositata in uno
dei numerosi campi di concentramento o in luoghi intermedi di
detenzione dove veniva sottoposta a torture infernali.
In
questo modo migliaia e migliaia di persone diedero forma alla
fantasmatica categoria dei desaparecidos. Nessun interrogativo
trovò una risposta: la polizia non aveva visto nulla, il
governo faceva finta di non capire di che cosa si stesse
parlando, la Chiesa non si pronunciava, gli elenchi delle carceri
non registravano le loro detenzioni, i magistrati non
intervenivano. Intorno ai desaparecidos si era alzato un muro di
silenzio.
Ma perché una dittatura con una forza
militare schiacciante ha scelto come strategia quella di far
scomparire oltre 30.000 oppositori? Perché dopo la tortura
e l'inumana prigionia queste persone non hanno avuto almeno il
diritto a una condanna a morte? Perché non sono stati
sepolti, perché la distruzione dei corpi? Perché
desaparecidos?
Non c'è risposta che possa spiegare
questa premeditata violazione di ogni diritto della persona. Di
fronte a queste atrocità ogni logica decade, diventa
inumana, e quando una logica diventa inumana non è più
logica.
Obiettivo strategico del progetto militare era la
distruzione del passato. Perché se non esistesse il
passato, in quella particolare forma di esistenza che è il
non esserlo già, non esisterebbe nemmeno il presente e al
futuro mancherebbe la possibilità di proiettarsi.
Ma
il passato non scompare mai, resta, non passa mai perché è
già passato. La confessione del capitano Adolfo Scilingo
ne è una prova.
Claudio Tognonato
IL MANIFESTO 15/01/2005
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