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La solidarietà viene prima dei profitti

Intervista a Luis Caro, presidente del Movimento delle fabbriche recuperate
A Buenos Aires ho incontrato Luis Caro, presidente del Movimiento Nacional de fábricas recuperadas por los trabajadores (MNFRT), avvocato e rappresentante di 80 fabbriche sparse in tutto il paese. Caro è nato in una borgata della periferia sud di Buenos Aires e grazie alla sua tenacia è riuscito a laurearsi. Oggi, con la stessa tenacia presiede l'organizzazione che dirige le fabbriche recuperate.

Ci puoi spiegare che cos'è questo Movimento?

Si tratta di una ong che raggruppa tutte le fabbriche che si trovano in questo processo di recupero. Non siamo un movimento politico né siamo sindacalizzati ma ci sentiamo parte del movimento operaio argentino. Abbiamo ottimi rapporti con diverse forze politiche di sinistra, con la Central de Trabajadores Argentinos, i piqueteros e tutto l'ampio movimento sociale che nasce dalla crisi argentina.

Fabbriche occupate o recuperate?

Noi preferiamo parlare di fabbriche recuperate e non di fabbriche occupate perché questo è quello che ci proponiamo. Occupare la proprietà di un altro può essere inteso come un delitto (anche se non lo è perché i lavoratori restano nella loro fabbrica), invece, rimettere in moto un azienda chiusa è un bene di cui può beneficiare l'intera società. Non è una questione terminologica, è il nostro punto di vista.

Come si esce dal fallimento?

La logica economica non prevede queste forme di recupero di attività produttive. Questo processo si basa sulla capacità organizzativa di autogestione dei lavoratori e sulla solidarietà. La razionalità economica punta soltanto a massimizzare il guadagno, in questo caso è vero il contrario, c'è una interrelazione tra la solidarietà degli operai e tra gli operai e la società.

Perché il vostro movimento non chiede la statizzazione, come quelli della Zanon?

Loro dicono che «la proprietà privata deve essere abolita», altrimenti queste fabbriche recuperate si trasformerebbero in nuove aziende capitaliste e il sistema finirebbe per distruggerle. Inoltre sostengono che il vero male è il capitalismo e non ha senso alimentarlo con un'altra industria. Loro insistono nel volere la statalizzazione, con un salario stabile di 800 pesos (200 euro) e l'adeguamento al costo della vita, che lo stato assicuri l'acquisto dei prodotti, paghi la materia prima, i servizi e le imposte. Loro lo chiamano Control Obrero, ma è ben poco quello che controllano perché tutto sarebbe in mano allo stato.

In futuro, quale prospettive hanno le vostre cooperative e qual è la loro possibilità di sopravvivere?

Queste esperienze sono nate nel pieno della crisi economica più grave che abbia mai vissuto l'Argentina, il futuro è difficile, si basa in modo esclusivo sul lavoro degli operai. Si devono generare forme decisionali democratiche. In queste fabbriche non c'è più il padrone, non c'è più il capo che comanda e il famoso plusvalore è a disposizione di tutti e migliora la competitività dei prodotti. Appena le fabbriche cominciano a produrre si vede l'enorme potenzialità che possono sviluppare.

Intervista di Claudio Tognonato – IL MANIFESTO – 01/02/2005

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