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"Le
guerre dell'acqua" |
Vandana
Shiva, Le guerre dellacqua, Milano, Feltrinelli, pag.
158, marzo 2003, euro 13,50
Le prime pagine del libro appena
uscito in libreria. Un testo di fondamentale importanza
A chi appartiene lacqua? È
una proprietà privata o un bene pubblico? Quali diritti hanno,
o dovrebbero avere, le persone? Quali sono i diritti dello Stato?
Quali quelle delle imprese e degli interessi commerciali? Nel corso
della storia tutte le società si sono poste questi
interrogativi fondamentali.
Oggi ci troviamo di fronte a una crisi
planetaria dellacqua, che minaccia di aggravarsi nei prossimi
decenni. Il peggioramento della crisi è accompagnato da nuove
iniziative per ridefinire i diritti sullacqua.
Leconomia globalizzata sta cambiando la definizione di acqua da bene pubblico a proprietà privata, una merce che si può estrarre e commerciare liberamente. Lordine economico globale chiede la rimozione di tutti i vincoli e le normative sulluso dellacqua e listituzione di un mercato di questo bene. I sostenitori del libero commercio dellacqua vedono i diritti di proprietà privata come unica alternativa alla libertà statale e i liberi mercati come il solo sostituto alla regolamentazione burocratica delle risorse idriche.
Più di qualsiasi altra risorsa, lacqua deve rimanere un bene pubblico e necessita di una gestione comune. In effetti, in gran parte delle società, ne è esclusa la proprietà privata. Testi antichi come le Institutiones di Giustiniano indicano che lacqua e altre fonti naturali sono beni pubblici: «Per legge di natura questi elementi sono comuni a tutta lumanità: laria, lacqua dolce, il mare, e quindi le sponde del mare». In paesi come lIndia, lo spazio, laria, lacqua e lenergia sono tradizionalmente considerati esterni ai rapporti di proprietà.
Nelle tradizioni islamiche, la Sharia, che originariamente connotava il «cammino verso lacqua», fornisce la base fondamentale per il diritto allacqua. Gli stessi Stati Uniti hanno avuto molti sostenitori dellacqua come bene comune. «Lacqua è un elemento mobile, itinerante, e deve pertanto continuare a essere un bene comune per legge di natura», scriveva William Blackstone, «così che io posso averne solo una proprietà di carattere temporaneo, transitorio, usufruttuario».
Lintroduzione delle moderne tecnologie di estrazione ha accresciuto il ruolo della stato nella gestione dellacqua. Man mano che le nuove tecnologie soppiantano i sistemi di autogestione, le strutture democratiche di controllo da parte delle popolazioni si deteriorano e il loro ruolo nella conservazione si riduce. Con la globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche, si rafforza il tentativo di erodere completamente i diritti dei popoli e rimpiazzare la proprietà collettiva con il controllo delle grandi aziende. Il fatto che al di là dello stato e del mercato esistano comunità di persone in carne e ossa con bisogni concreti è qualcosa che, nella corsa, alla privatizzazione, viene spesso dimenticata.
Diritti idrici e diritti naturali
In tutto il mondo, nel corso della storia, i diritti idrici hanno assunto la loro forma prendendo in considerazione contemporaneamente i limiti degli ecosistemi e le necessità della popolazione. Il fatto che la radice del termine urdu abadi, insediamento umano sia ab, acqua, riflette lo sviluppo di insediamenti umani e civiltà lungo i corsi dacqua. La dottrina del diritto ripario - il diritto naturale alluso dellacqua da parte degli abitanti che fanno capo per il sostentamento a un determinato sistema idrico, soprattutto un sistema fluviale - nasce anchessa da questo concetto di ab.
Storicamente, quello relativo allacqua è sempre stato trattato come un diritto naturale - un diritto che deriva dalla natura umana, dalle condizioni storiche, dalle esigenze elementari e dalle idee di giustizia. I diritti allacqua come i diritti naturali non nascono con lo stato: scaturiscono da un dato consenso ecologico allesistenza umana.
In quanto diritti naturali,
quelli dellacqua sono diritti di usufrutto; lacqua può
essere utilizzata ma non posseduta. Gli esseri umani hanno il diritto
alla vita e alle risorse che la sostengono, e tra queste cè
lacqua. Il suo essere indispensabile alla vita è il
motivo per cui, secondo le leggi consuetudinarie, il diritto ad
accedervi è stato accettato come un fatto naturale, sociale:
«Il fatto che il diritto allacqua sia presente in tutte
le legislazioni antiche, comprese le nostre dharmasastra e le
leggi islamiche, e il fatto che tali norme continuino a sussistere
come leggi consuetudinarie nellepoca moderna, contraddicono
lidea che quelli sullacqua siano diritti puramente
giuridici, ossia garantiti dallo stato o dalla legge».
(Chattarpati Singh Water and law).
Diritti ripari
I
diritti ripari, basati su concetti come il diritto usufruttuario, la
proprietà comune e il ragionevole uso, hanno guidato gli
insediamenti umani in tutto il mondo. In India, i sistemi ripari,
esistono da tempo immemorabile lungo lHimalaya. Il famoso Grand
Anicut (canale) sul Kaveri presso il fiume Ullar risale a mille anni
fa ed è ritenuta la più grande struttura idraulica di
controllo del flusso di un fiume esistente in India. È ancora
in funzione. Nel nord-est, vecchi sistemi ripari noti come dong
governano luso dellacqua.
Nel Maharashtra, le strutture di conservazione erano note con il nome di bandhara. Anche i sistemi ahar e pyne di Bihar, in cui un canale di inondazione non arginato (pyne) trasferisce lacqua da un corso a un bacino di raccolta (ahar), rappresentano levoluzione di un concetto ripario. A differenza dei canali Sone costruiti dai britannici, che non hanno saputo andare incontro alle esigenze della popolazione, gli ahar e i pyne continuano a fornire acqua ai contadini. Negli Stati Uniti i sistemi ripari sono stati introdotti dagli spagnoli, che li avevano portati con sé dalla penisola iberica. Questi sistemi sono stati adottati in Colorado, New Mexico e Arizona, oltre che negli insediamenti orientali (...)
I
principi della democrazia dellacqua
Quelli che
seguono sono nove principi che stanno alla base della democrazia
dellacqua:
1. Lacqua è un dono della natura
Noi riceviamo lacqua gratuitamente dalla natura. È nostro dovere nei confronti della natura usare questo dono secondo le nostre esigenze di sostentamento, mantenerlo pulito e in quantità adeguata. Le deviazioni che creano regioni aride o allagate violano il principio della democrazia ecologica.
2.Lacqua è essenziale alla vita
Lacqua è la fonte della vita per tutte le specie. Tutte le specie e tutti gli ecosistemi hanno il diritto alla loro quota di acqua sul pianeta.
3.
La vita è
interconnessa mediante lacqua
Lacqua connette tutti gli esseri umani e ogni parte del pianeta attraverso il suo ciclo. Noi tutti abbiamo il dovere di assicurare che le nostre azioni non provochino danni ad altre specie e ad altre persone.
4.Lacqua devessere gratuita per le esigenze di sostentamento
Poiché la natura ci concede luso gratuito dellacqua, comprarla e venderla per ricavarne profitto viola il nostro insito diritto al dono della natura e sottrae ai poveri i loro diritti umani.
5.Lacqua è limitata ed è soggetta a esaurimento
Lacqua è limitata e può esaurirsi se usata in maniera non sostenibile. Nelluso non sostenibile rientra il prelevarne dallecosistema più di quanto la natura possa rifonderne (non sostenibilità ecologica) e il consumarne più della propria legittima quota, dai i diritti degli altri a una giusta parte (non sostenibilità sociale).
6.Lacqua devessere conservata
Ognuno ha il dovere di conservare lacqua e usarla in maniera sostenibile, entro limiti ecologici ed equi.
7.Lacqua è un bene comune
Lacqua non è un'invenzione umana. Non può essere confinata e non ha confini. È per natura un bene comune. Non può essere posseduta come proprietà privata e venduta come merce.
8. Nessuno ha il diritto di distruggerla
Nessuno ha il diritto di
impiegare in eccesso, abusare, sprecare o inquinare i sistemi di
circolazione dellacqua. I permessi di inquinamento
commerciabili violano il principio delluso equo e
sostenibile.
9. Lacqua non è sostituibile
Lacqua è intrinsecamente diversa da altre risorse e prodotti. Non può essere trattata come una merce.
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