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MUSICA

Elisa va in California

Sulle strade ondulate che fuggono da San Franciso, Elisa deve aver visto salire una nebbia di casa. Il rock del suo nuovo album "Pearl Days"è impastato di radici goriziane, la voce racconta storie di famiglia, che poi la grande macchina americana ha tradotto in dieci canzoni mercuriali, lambiccate di acciaio rock e di ballate intimiste.

La ragazza di Monfalcone, 27 anni, vincitrice del festival di Sanremo nel 2001 con "Luce (tramonti a nord est)", è sempre fedele a quel mix di passione italiana e cross over cosmopolita piaciuta al suo talent scout, Caterina Caselli, e al pubblico che sinora ha applaudito i suoi tre primi album. Con la sorpresa di questo "Pearl Days", domani nei negozi.

Elisa, il suo disco suona molto americano...


Eppure la mia visione è quella della musica che si fa dalle mie parti: qui tanti gruppi cantano in inglese....

Però è andata a incidere in California...

E' stata una seconda casa, e comunque è un pianeta diverso dall'America più patriottica. San Francisco e la Bay Area, che io amo così tanto, sono lontani dal Wisconsin o dallo Utah.

Vuol dire che la West Coast della beat generation è ancora viva?

Sì, e che la cultura cosmopolita può ancora influenzare quella americana.

Per questo lei ammonisce chi ha potere in "Together"?

Sì, perché non si può ragionare sempre con lo stesso metodo: "Together"è un avvertimento a quelli che comandano, ma non è una canzone di denuncia né ha ambizioni politiche. Non ho ancora le carte in regola per scrivere qualcosa del genere.

E per parlare ai suoi coetanei sì?

Certo, perché sento che un malessere sociale comune a tutti. Però ho imparato che in noi convivono due forze, costruttiva e distruttiva. Il mio disco parla della ricerca positiva, di far prevalere la voglia di fare.

Altre volte, come in "Bitter Words" o "Joy", lei racconta la vita di altri...

Mi piace raccogliere le esperienze di amici e persone che ho incontrato. "The Waves" me l'ha raccontata un amico e parla del rapporto con la sua fidanzata: una storia d'amore tormentata e complicatissima che mi ha affascinato. Ci sono sentimenti in contrasto che giocano un ruolo fondamentale nella nostra vita, con una grande passione.

Lei è passionale?

Sì, ma provo passione anche in un film o in un libro o ancora nel passato della mia famiglia.

Che lei canta in "Life Goes On"...

Sì, parla dei miei nonni, lui finì in un campo di concentramento, lei lo aspettò. La trovo una storia semplice ed edificante. Sono le mie radici e sono preziose perché puoi coglierci il senso più profondo delle cose. Il passato ti può aiutare o no, dipende da te.

Lei ha vinto Sanremo con un brano in italiano, ma continua a fare dischi in inglese. Perché?

Perché è il mio mondo immaginario, un terreno fertile e musicale che esploro facilmente e poi non devo arrivare a nessuna meta. Non devo fare qualcosa per forza. Però presto inciderò un album in italiano.

Cosa le danno le canzoni?

E' un modo per conoscermi e per conoscere il mondo. Ma soprattutto per sperimentare in musica. E non credo che i due aspetti siano tanto lontani.

E si sente capita?

Mai subito, è un cammino lungo però, se non prendi in giro nessuno, alla fine il tuo messaggio suona forte e chiaro. Ma questo l'ho imparato in Italia.

Intervista di Renato Tortarolo – IL SECOLO XIX – 14/10/2004



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