Un
profilo di Caterina Bueno, scritto da Marco Pandin per A Rivista
Anarchica
La
"Raccattacanzoni " nella cinquecento
Comincio
col farvi una domanda: avete mai trovato, a casa della nonna, per
caso, una vecchia foto di chissà quale vostro lontano
parente sulla faccia del quale riconoscete i vostri stessi occhi,
o il vostro stesso sorriso? Come vi siete sentiti, nel
riconoscere una parte di voi addosso ad un estraneo? Questa
domanda, e soprattutto la vostra risposta, potrebbe tornar buona
tra poche righe. Dunque, stavolta racconterò, anche se
piuttosto brevemente, di Caterina Bueno: di una persona che da
sempre ha deciso di muoversi dentro l'espressione musicale
popolare con un atteggiamento al tempo stesso appassionato e
rigoroso, scegliendo itinerari tracciati attraverso territori
lontani dall'equazione "musica uguale commercio" di
così normale soluzione di questi tempi. In particolare, ha
scelto di ricercare, studiare e diffondere quella che è
un'espressione semplice e rara della musica: quella cantata dalla
gente per celebrare sé stessa, non quindi quella inventata
e suonata per far divertire i padroni. Caterina Bueno di
questa bandiera ha avvolto la propria vita: quarant'anni di
viaggio lungo strade secondarie e sterrati per arrivare nelle
piazze di paesi troppo piccoli per essere nominati sulle carte
del Touring Club. Un viaggio mai interrotto di paese in paese, a
raccogliere nelle osterie e nelle case di campagna e nei posti di
lavoro i frammenti del canto direttamente da quelle stesse bocche
occupate a bere e a sfamarsi, a bestemmiare e a piangere e a
contare le ore che mancano per arrivare a sera. Negli anni
Settanta l'avevano chiamata la "raccattacanzoni": la si
sentiva arrivare per il rumore della sua vecchia cinquecento,
armata solo di un registratore, d'un blocco per gli appunti e di
un inesauribile amore per la Toscana e la sua gente. Tante
volte una canzone Caterina l'ha saputa ricostruire con fatica e a
frammenti, come un mosaico prezioso: una strofa -o un mucchietto
di parole- così come la ricordavano in una frazione,
un'altra è come la cantavano in un'osteria del paese
vicino, il ritornello magari veniva fuori a tavola, dopo una
battaglia a colpi di ricordi. Riflettevo, oggi, ascoltando un
suo vecchio disco. Mi veniva da pensare che, come per certi
vestiti fuori moda o certi oggetti ereditati senza volerli, nella
fretta delle nostre giornate "normali" di oggi per
canzoni come queste non sappiamo proprio trovare posto. Dalla
musica, dalle canzoni adesso siamo abituati a cercare soprattutto
un aiuto per far passare senza dolore il tempo, per "andare
via" con il pensiero. Canzoni come fuga. Caterina invece
ci riporta violentemente alla riflessione e all'impegno: la sua
voce è ruvida e bruciante come uno schiaffo meritato, e le
sue canzoni raccontano di situazioni sociali drammatiche, di
guerra e di soprusi, di oppressione e miseria. Non sono cose
lontane. Non sono cose vecchie. E, soprattutto, sono le storie
che ci hanno portato qui, dove siamo adesso e come siamo adesso.
Sono storie che, se smetteremo per un momento di guardare la
nostra immagine riflessa nel televisore, scopriremo terribilmente
vicine. E, tornando alla domanda che ho fatto proprio
all'inizio... Non sto qui a contare i dischi pubblicati da
Caterina: più che altro sono tutti introvabili, e temo
rimarranno tali perchè, a differenza di quanto avveniva
negli anni '70, i mutamenti del clima politico/culturale hanno
fatto estinguere quelle poche etichette discografiche
indipendenti interessate ad avventure in questi territori
(meglio: in questa esile fetta di mercato, tanto per essere
espliciti... La world music è quella degli altri popoli,
mica quella di casa nostra!). Mettamoci alla ricerca: ecco
qualche spunto, qualche suggerimento. Nella prima metà
degli anni '70 la Fonit Cetra ha pubblicato una lunga e stupenda
serie di album, la cosiddetta "serie folk": tra questi
alcuni lavori di Rosa Balistreri, Luisa Ronchini, Roberto
Balocco, Canzoniere Internazionale (fra cui spicca una bella
antologia della canzone libertaria), Dodi Moscati, Maria Monti,
Canzoniere Popolare Veneto. Tra le prime cinquanta uscite, ben
tre sono i titoli curati da Caterina Bueno: cercateli, anche se
sarete costretti a navigare tra le bancarelle delle fiere del
vinile e ad adeguarvi alle quotazioni dei collezionisti, ma forse
sarete fortunati e ne troverete qualche copia nel retrobottega di
qualche negozio di dischi di paese convertito per forza ai cd. O
magari, assieme ad altri dischi dimenticati, potete farveli
registrare dal solito compagno archivista, ma non scordate di
farvi fotocopiare le note di copertina. C'è qualche
traccia di Caterina Bueno -registrazioni sul campo risalenti agli
anni '60- nei cd della serie "Avanti popolo" (editi a
cura dell'Istituto E. De Martino), distribuiti nelle edicole nel
corso degli ultimi due anni: in particolare trovate la voce di
Caterina nei cd "Addio Lugano bella" e "Se otto
ore son troppo poche". I cd di questa serie mi sembrano
ben curati e altrettanto ben realizzati, e costano poco. Se
rompete le palle al vostro edicolante, magari... E ancora,
provate a cercare i due volumi antologici "Folk festival"
dei Dischi del Sole con le voci, oltre che della Bueno, di Fausto
Amodei, Milly, Juan Capra (cileno, allievo di Violeta Parra,
scomparve dopo il golpe), Peggy Seeger ed Ewan MacColl: sono
stati ristampati un paio d'anni fa su di un unico cd a basso
prezzo dall'Ala Bianca di Modena (unico esemplare sopravvissuto,
mi sa, ...non a caso è l'etichetta del club Tenco). Ho
a casa, ed è stato un regalo della gentilissima Caterina,
un cd edito a cura dell'assessorato alla cultura del comune di
Siena, purtroppo solo in tiratura limitata e non distribuito
commercialmente. Esso contiene alcune registrazioni dal vivo del
periodo 1996-97 ed è intitolato "Caterina Bueno in
spettacolo: canzoni paradossali e storie popolari toscane di
dolente attualità". È un album eclettico:
ci sono guancia a guancia versioni del "Maschio di Volterra"
ed una ninna nanna arcaica, una manciata di strofe dagli
"Stornelli d'esilio" di Pietro Gori e persino la
filastrocca del grillo e della formica che all'asilo ha fatto
impazzire di gioia mia figlia. Al cd è allegato un
libretto con i testi e molte note informative e storiche, che si
intrecciano alle presentazioni dei vari pezzi fatte dalla viva
voce di Caterina, catturate dal vivo in concerto e intrappolate
nel cd. Non ho onestamente idea di come quest'opera sia
circolata, magari provate a telefonare in comune lì a
Siena, forse qualcuno vi saprà dire qualcosa. Infine,
un'indicazione che è anche ...un invito! Nel cd "Canti
di Maremma e d'anarchia" (a cura di Folkstudio/Avvenimenti,
1997) sono raccolte undici canzoni di provenienza mista:
l'edizione, estremamente economica, è abbastanza buona
sotto il profilo tecnico acustico ma purtroppo manca qualsiasi
nota informativa e storica.
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