Paghiamo ancora le follie di Menem |
Umorista, scrittore e grande appassionato di calcio: Roberto Fontanarrosa è uno degli esponenti di spicco della penultima generazione dei dibujantes argentini, i vignettisti che sulle prime pagine dei quotidiani di Buenos Aires aiutano a sdrammatizzare con l'ironia e il sarcasmo la difficile realtà sociale ed economica. L'ultimo colpo di scena è stata la rinuncia al ballottaggio presidenziale dello scorso 18 maggio da parte di Carlos Menem, che ha portato alla proclamazione come nuovo mandatario dell'ex governatore patagonico Nestor Kirchner. Il caos dice sorridendo el negro, come lo chiamano i suoi ammiratori genera inquietitudini e dà forma e sostanza al nostro lavoro. In Argentina esiste una grande tradizione di satira sociale che inizia verso la fine dell'Ottocento con riviste molto vendute all'epoca come Cara y Caretas. Fa parte della nostra cultura, così vicina in alcuni aspetti a quella europea: l'ironia e lo humour hanno la stessa funzione del sapore di fragola sintetica di certe medicine insopportabili. Addolciscono la realtà senza però risolvere i problemi di fondo che colpiscono, oggi è più che mai, il nostro paese. Gli umoristi in Argentina non si possono certo lamentare per mancanza di soggetti, come l'ex presidente Carlos Menem Menem è un personaggio interessantissimo per chi fa satira. Quando è caduta la dittatura, nel 1983, tutti fummo molto indulgenti con il governo di Raul Alfonsin perché sapevamo di vivere in una democrazia ancora molto fragile. Con Menem, invece, abbiamo avuto tutti i giorni il nostro pane quotidiano: un presidente che si faceva fotografare alla guida di una Ferrari Testarossa o di un caccia militare, che giocava a calcio con la nazionale, che lasciava intendere le sue doti di conquistatore di starlettes della televisione. C'è stata una spettacolarizzazione della vita politica assieme a un alto e sfacciato grado di corruzione nella pubblica amministrazione. Questo processo ha comportato un'alterazione completa dei valori; chi rubava senza farsi scoprire diventava una figura ammirevole, che si faceva trovare con le mani nel sacco era un fesso. Menem, però, è stato rieletto nel 1995 a furor di popolo e alle ultime elezioni, nel primo turno, un argentino su quattro ha comunque votato per lui. I processi politici, soprattutto in paesi del terzo mondo, dipendono quasi sempre dalla situazione economica. Durante i primi anni del governo di Menem ci fu la stabilità monetaria, con la parità del peso rispetto al dollaro; e circolavano molti capitali ricavati dalla vendita delle principali imprese pubbliche. Come si dice qui da noi, abbiamo venduto i gioielli della nonna, senza pensare però alle conseguenze. La classe media argentina si poteva permettere vacanze in Europa, a Miami, crociere nei Caraibi. E' stata una lunga illusione, un bluff che è finito facendoci sprofondare nella peggiore crisi sociale ed economica di tutti i tempi. Menem ha puntato la sua ultima campagna elettorale sulla nostalgia per bei tempi che furono promettendo di tornare alla stabilità del passato. Un'altra pazzia: per usare una metafora calcistica è come chi ricorda il primo tempo di una partita in cui stava vincendo per due a zero, dimenticandosi però che il risultato finale fu di 5 a 2 a favore degli avversari. Per fortuna, questa volta, gli argentini non hanno creduto alla favola. La rinuncia di Menem ha sancito la vittoria di Nestor Kirchner, peronista lanciato dal presidente uscente Eduardo Duhalde ma senza un forte appoggio popolare. Che cosa si può aspettare dal nuovo governo nei prossimi mesi? Confesso che anch'io ho votato per Kirchner. Mi considero una persona di sinistra, vivo a Rosario, che è una città socialista e non sono mai stato peronista. Eppure, ho appoggiato Kirchner in funzione anti-Menem e così avrebbe fatto la maggioranza degli argentini se ci fosse stato il ballottaggio. Tutto sommato, credo che il governo di Duhalde abbia fatto bene il suo lavoro e spero che così farà il nuovo esecutivo. Ci sono segnali di una piccola ripresa economica, nei settori legati all'esportazione favoriti dalla svalutazione del peso. Stanno riaprendo un po' dappertutto piccole e medie imprese che fabbricano ciò che fino a due anni fa si importava dal Brasile o dall'Estremo Oriente. Ma non possiamo essere troppo ottimisti. I livelli di povertà e indigenza sono altissimi e così anche la disoccupazione. Ci vorranno ancora molti anni per tornare al livello di benessere anteriore a questa crisi. Alla cerimonia di insediamento di Kirchner erano presenti Hugo chavez, il presidente brasiliano Lula da Silva, l'ecuadoriano Lucio Gutierrez. Leader politici che hanno in comune un desiderio di autonomia dalla tradizionale influenza continentale degli stati Uniti. Le prime dichiarazioni di Kirchner fanno pensare che si muoverà anche lui in questa direzione. Stiamo tutti guardando con estremo interesse il fenomeno Lula in Brasile, un paese enorme dalle grandi potenzialità. Credo ad esempio che sia importante rilanciare il Mercusur, l'alleanza commerciale dei paesi del Cono Sud in contrapposizione all'Alca, l'area di libero scambio con le Americhe voluta dagli USA. Con Menem l'Argentina avrebbe remato contro questa tendenza. Con Kirchner è meno probabile, siamo molto più vicini a Brasilia. E' un processo lento e difficile. L'ironia salverà ancora gli argentini? Spero che ci sapremo salvare da soli. I nostri nonni, compresi i miei avi che venivano dalla Liguria, seppero lavorare sodo per costruire un paese capace di dare a tutti le stesse opportunità. Oggi questo sogno si è quasi del tutto infranto: abbiamo bisogno di una nuova generazione di politici, di sindacalisti, di imprenditori e di intellettuali. Gli umoristi possono contribuire a far digerire la realtà o magari provocare indignazione per le cose che dobbiamo sopportare tutti i giorni. Ma credo che sia un processo molto lento. E forse è meglio così: dobbiamo imparare a diffidare dei miracoli. Intervista di Emiliano Guanella IL SECOLO XIX 26/05/2003 |
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