|
BIBLIOTECA
| |
EDICOLA | |
TEATRO | | CINEMA
| | IL
MUSEO | | Il
BAR DI MOE | | LA
CASA DELLA MUSICA |
|
LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
| LA
STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI
LUOGHI | | ARSENALE
| |
L'OSTERIA | | LA
GATTERIA | |
IL PORTO DEI RAGAZZI |
Fossati, la mia sfida senza parole Finita la canzone d'autore |
Esce venerdì 18 maggio Not one word, il nuovo album di Ivano Fossati. Quattordici brani, con il cantautore genovese da solo al pianoforte, con un piccolo ensemble, chiamato Double Life, con il figlio Claudio alla batteria. Poi ospiti sparsi. Una fascinazione immediata. Fossati non s'ispira a nessuno, rimanendo fedele a se stesso. Atmosfere già respirate, sosprese armoniche, intuizioni leggere e profonde. Ogni brano ha un titolo in lingua straniera. L'iniziale Not one word è cristallina e ispirata. Brazzhelia respira le anse voluttuose del Sud America. Besame mucho è il classico di Consuelo Velasquez. Poi Lampi impressionista, e Tango disorientato ancora geometrica e sensuale. Fossati non è mai cameristico, né jazz. Vola radente, capta i suoni e li interpreta. Non rinnega le canzoni, le ridipinge con il colore del futuro. Dice Fossati: La pagina della grande canzone d'autore è chiusa da tempo. E sarebbe onesto che lo dicessero proprio loro, i cantautori. Fra l'altro, è una pagina che hanno chiuso loro: non suoni come una critica, ma l'hanno aperta e sigillata a loro piacimento. Oggi nessuno deve perdere tempo a imitarla, e non c'è alcuna ragione di seguire le orme di chi continuerà a fare lo stesso per altri trent'anni, pur dall'alto di un talento e di un'arte vivissimi. Fossati, perchè rinunciare alle parole? E' una vera prova del fuoco. Ho sempre sognato la musica da una parte, e il silenzio dall'altra. C'è chi decide di scrivere un libro a 60 anni,invece che a 25 anni. Non è detto che sia giusto. Io mi sono sentito pronto per questo lavoro solo dopo aver ristudiato la musica per sette anni. Ma lei ha sempre scritto canzoni. Riservando un'attenzione quasi maniacale alla parola. E' vero, ma tenermi in equilibrio soltanto con la musica è una prova che faccio con me stesso. Anche se appartiene a una generazione nata con il rock e non con il jazz? Mica vero: io da ragazzo ascoltavo anche i primi dischi di Quincy Jones e il jazz, prima di approdare alla musica classica. Ero abituato all'idea che la musica da sola esprime in modo totale. Perchè ci prova quasi a 50 anni? Potrei dire ch'era nell'aria, ma ci credo poco. Direi piuttosto per curiosità, perchè certi limiti mi vanno stretti. E chi ha scritto canzoni per tanti anni, se è un musicista intelligente, prima o poi questo limite lo deve sentire. Io non ho mai avuto grande stima né simpatia per chi si ripete tutta la vita. Non ho mai capito come si possa scrivere canzoni sino a sessant'anni e non avere voglia d'altro. E dove è arrivato? A capire che posso esprimere con il pianoforte. Tenendo presente le influenze del '900, senza creare però un tipo di musica di taglio freddamente intellettuale. Quindi non ha fatto un disco di musica contemporanea, con tutti gli equivoci e le imprecisioni del caso. Tutto il disco potrebbe essere il tema per altrettante canzoni, ma portate a una frontiera più estrema, con una profondità armonica maggiore. Chi l'ha influenzata? Pianisti jazz con Ahmad Jamal o John Lewis del Modern Jazz Quartet, passando per Sakamoto e tutta la tradizione della musica da film, che in moltissimi casi è musica colta. Ho pensato a Lewis e Jamal senza dover competere con il loro livello pianistico. Ma non si parla di musica contemporanea, né di jazz o scimmiottamenti cameristici. Ho sfiorato tutto, allontanandomi a buona velocità. Cosa ha dato il '900 ai cantautori? Alla maggior parte non ha dato nulla, perchè non hanno avuto orecchio per i cambiamenti. La musica leggera non ha tenuto conto dello studio armonico degli ultimi ottant'anni, forse perchè non lo riteneva necessario. Nelle mie canzoni, invece, un ascoltatore più attento senti lampi di musica novecentesca. E' in buona compagnia? In Italia, lo ha fatto spesso Franco Battiato. All'estero Randy Newman che trent'anni fa inseriva tutto il suo sapere armonico, imparato alla scuola del '900, in quelle che sembravano canzoni. Certo affrontare la scuola di Vienna, studiare Schonberg, credo sia una prova, pensate soprattutto se non hai studiato al conservatorio. Quando ha cominciato a ristudiare? Il giorno in cui, una quindicina d'anni fa, gettai via i miei dischi rock. Volevo recuperare il tempo. Mi ero accorto che non mi sarebbe bastata tutta la vita per soddisfare le mie curiosità. Così ho messo da parte quello che già sapevo. Ma non aveva sbagliato mestiere? Una volta l'ho detto sul serio: mi sento come uno che ha sbagliato mestiere, però la musica è più di una passione. Me ne accorgo spesso, che ho quasi 50 anni. Così ho deciso che studierò per sempre. E' l'unico modo per decidere cosa sei sino in fondo. Da cantautore non lo sapeva? No, quando scrivi canzoni non sei un musicista sino in fondo, come non sei un letterario sino in fondo. Utilizzi entrambe, a volte anche benissimo, ma non approfondisci né l'uno né l'altra. Ci accontentiamo di manipolare una superficie letteraria e musicale. Porterà questa musica in concerto? Non subito, forse un giorno. Premesso che fra quindici anni vorrei essere su un'isola meravigliosa o aver trovato la casa dei sogni, e che ho fatto un mestiere fra i più privilegiati, credo che la musica senza parole sia rivolta verso un mondo di pensiero più alto. Per nulla pessimistica. Scriverà ancora canzoni? Certo, prima o poi. Continuerò a fare i miei dischi come sino a ieri. Io amo scrivere canzoni: mi diverto. Ma allo stesso tempo continuerò questa nuova attività, che mi fa sentire un bambino. Renato Tortarolo IL SECOLO XIX 16/05/2001 |
|
MOTORI
DI RICERCA | UFFICIO
INFORMAZIONI | LA
POSTA | CHAT
| SMS
gratis | LINK
TO LINK!
|
LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing
List | Forum | Newsletter | Il
libro degli ospiti | ARCHIVIO
| LA
POESIA DEL FARO|