| BIBLIOTECA | EDICOLA |TEATRO | CINEMA | IL MUSEO | Il BAR DI MOE | LA CASA DELLA MUSICA | LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
|
LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | NOSTRI LUOGHI | ARSENALE | L'OSTERIA | IL PORTO DEI RAGAZZI | LA GATTERIA |



MUSICA

Ivano Fossati: “Io, deluso dall'Ulivo”

Grande festa per i 50 anni di Ivano Fossati il 2 febbraio al Carlo Felice di Genova. Con Fabio Fazio maestro di cerimonia nel progettare scherzi e sorprese all'amico. Fernanda Pivano aveva il compito di leggere i versi di “Lindbergh”, una delle canzoni che Fossati ha cantato al pianoforte, insieme con “La musica che gira intorno”, “Buontempo”, “Via del Campo”, “Mio fratello che guardi il mondo”, “Una notte in Italia” e “Il treno di ferro”. La colonna sonora è stata assicurata dalla Banditaliana di Riccardo Tesi. La polemica dello stesso Fossati con le sue dichiarazioni del superamento dell'Ulivo in favore di un ritorno della Sinistra. Gli ha replicato Gad Lerner, impegnato a intervistarlo sul palco: “Comprendo la sua delusione, soprattutto dopo gli scontri indecorosi e incomprensibili per la leadership dell'Ulivo. Purtroppo con la politica ci si scotta.. Ma sono sicuro che se l'Ulivo ritroverà unità e passione, Fossati gli ridarebbe la sua “Canzone popolare”.

Fossati, se non all'Ulivo, darebbe una canzone alla Sinistra?

Non credo. Intanto non scrivo inni politici, e poi chiedermelo di nuovo sarebbe una mancanza di fantasia. Con tanti bravi colleghi, le scelte non mancherebbero.

Però la “Canzone popolare” funzionò.

L'intenzione delle canzoni non sta solo nelle parole scritte, m anche nella musica. Di una canzone si possono fare molti usi. Io non scelgo mai quello politico.

Tutto cambia, vero?

Sì, ma non si può aprire l'ombrello. Oggi però i cambiamenti sembrano un dovere. C'è un'accelerazione ansiosa che porta anche a scelte immotivate. Siamo desiderosi, un po' insensatamente, di vedere stravolgere tutto. E' una curiosità mista ad ansia.

Cosa dovremmo fare?

Mantenere ritmi più lenti. Buttiamo via cose nuove per comprarne nuovissime. Sostituiamo tutto: oggetti, persone, idee, sentimenti.

A lei non succede?

Non creda, magari non in questo momento, ma è sempre di più come cantare le proprie idee a un gruppo parentale. Si finisce in un cuneo. Si rimane in sintonia, ma non con tutte. Ci finisce pure Bruce Springsteen: ciò che 15 anni fa era meraviglioso, oggi è meno scintillante.

Conosce qualche antidoto?

Cerco di stare con persone che non abbiano perso il contatto con il proprio tempo, come gli amici che ho nell'entroterra ligure. Mi sento privilegiato: chi corre avanti e indietro per la città, non ha alternativa.

E' un privilegio utile all'artista?

Eccome, sono una specie di contadino mancato, felice di vivere a contatto di gente che come pensiero quotidiano ha la cura degli alberi. Avere tempo, accumularlo, vale più di qualsiasi tesoro depositato in banche svizzere.

Che ne fa del suo tempo?

Nulla, o davvero poco. Ma non è un isolamento: sarebbe pericoloso. Perché un bel giorno scendi a valle e trovi che il mondo di sei mesi prima non è più lo stesso.

In campagna non c'è ansia?

Una soltanto: il male della pietra. Io credo che gli uomini detestino la terra. Non è vero che l'amano. Assediano ed espugnano angoli meravigliosi e incontaminati. Non c'entra nemmeno l'amministratore pubblico, è proprio una perversione semi-patologica. Quindici anni fa, dove abito io a Leivi, c'era una bellissima campagna. Oggi è una periferia rumorosa.

Che rapporto ha con Genova?

A intermittenza. Per volerle bene, devo starle lontano. Del resto, me ne sono andato nel 1970. Un po' per volta, siamo cambiati entrambi. All'epoca era davvero provinciale, e Milano mi sembrava Parigi.

Ieri ha cantato De Andrè.

Era un buon modo per ricordarlo. Non ne parlo mai, non l'ho fatto nemmeno allora. Ma al Carlo Felice, con tutti i genovesi, era l'occasione adatta.

I genovesi sono tanti.

Da molti anni li incontro solo a teatro, ma quello è il mio pubblico. Questa era la prima volta che incontravo anche gli altri, quelli che non sono mai venuti ai miei concerti.

Vi unisce la riservatezza.

E' un muro che ci appartiene. In fondo, non sono uomo di spettacolo. Ogni volta che mi catapulto sul palco, passo due ore che non so definire, anche nel caso di un incontro con la mia città.

Insomma, un vero orso.

Nella vita privata, non lo sono mica. E' come un fratello ombroso che in realtà non mi somiglia. Nessuno immaginerebbe, infatti, che sono capace di affrontare la vita quotidiana con una leggerezza che sconfina nella superficialità.

Al pubblico piace saperne di più.

Non riesco a crederci. Sarà perché detesto interessarmi dei fatti altrui. Io mi annoi mortalmente quando leggo i casi privati di altri artisti. Di quelli che amo, m'interessa solo la loro poesia. Continuo a voler loro bene finchè scrivono cose sensate. Non mi sono mai fidato degli uomini, ma del loro pensiero.

Ma la gente chiede di lei.

Ho sempre desiderato che le mie canzoni fossero più conosciute della mia faccia. La parte più divertente del mio lavoro è quella che faccio di nascosto, come una musica per film o teatro. Allora mi sento più felice.

Lei è tifoso?

Sì, il più blando tifoso che la squadra blucerchiata abbia mai avuto. Se dovessero stilare una classifica, sarei all'ultimo posto, ma non mancherei. Certo, la mia passione ha avuto un picco ai tempi di Viallie Mancini: ho quasi rischiato di diventare un vero tifoso. Non di calcio, ma delle vicende sampdoriane. Per il resto, sono l'ultimo dei supporter.

Cos'ha imparato a 50 anni?

A non fare promesse avventate, nemmeno a me stesso. A sapermi valutare come persona, senza eccedere in autostima. L'elenco delle cose imparate potrebbe essere infinito. Vivo nel mio tempo con tutta l'attenzione intatta. Sono curioso come a vent'anni. E spero di non invecchiare male.

Cosa vuol dire?

Che vedo troppe persone anziane che pensano scemenze. La mia generazione è stata abituata a pensare che i capelli bianchi siano un segno di saggezza, invece incontro fior fiore di imbecilli incanutiti. Se mai mi vedrete con un cappellino da baseball, abbattetemi.

Intervista di Renato Tortarolo – IL SECOLO XIX – 03/02/2002






| MOTORI DI RICERCA | UFFICIO INFORMAZIONI | LA POSTA | CHAT | SMS gratis | LINK TO LINK!
| LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing List | Forum | Newsletter | Il libro degli ospiti | ARCHIVIO | LA POESIA DEL FARO|