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Fossati: perdete più tempo scoprirete il segreto della vita |
La leggerezza come
cura dell'anima. Canzoni impastate d'amore e lunghe attese,
frontiere sbarrate e frontiere sfondate, notti italiane che
respirano il futuro e disertori che rifiutano di partire per la
guerra. Eppure Fossati non esclude alcun tipo d'impegno, non nel senso di una ricerca privata, e solo pubblica in dischi e concerti, della comprensione. Un esercizio che il cantautore genovese pratica da almeno vent'anni, scegliendo sempre, a suo rischio e pericolo, tempi che sono più della campagna e dell'ozio che delle città e della televisione. Fossati, si può fare davvero ciò che piace? Sì, con fatica e lucidità, perché ciò che guadagni in concentrazione finisci per perderlo in presenza e popolarità. Ma c'è sempre qualcosa che va sacrificato. Qual è lo spirito di questo album? Ho la sensazione che le canzoni siano legate: non per un fatto musicale, che interesserebbe pochi, ma dal punto di vista del pensiero. Sono state scritte in un lungo arco di tempo ma, tutto sommato, raccontano la stessa storia, un'unica visione. E come è possibile? Perché le canzoni sono fatte così: vengono fuori spontaneamente, le storie prendono forma e un giorno l'autore si rende conto di aver raccontato qualcosa che aveva un senso. Pensa sempre che cantare sia un problema morale, con quello che succede oggi? Sì, anche se appartengo al mondo antico della rappresentazione, salendo sul palco a volte mi sento fuori posto e fuori tempo. Con quello che succede nel mondo, suscitare entusiasmi dovrebbe porre qualche piccolo problema. Lei come lo ha risolto? Cercando di fare bene il mio mestiere, di non cavalcare mai l'onda delle emozioni e cantando cose scritte con asciutezza, senza cercare di sovraccaricarle di significati portati dalla passione o dagli avvenimenti. Che tempi viviamo? Confusi e difficili, non sta a me dirlo ma speriamo di uscire con forza ed energia da questo stato di confusione, ch'è una questione planetaria e non italiana o della nostra piccola società. In tour e ora nell'album, lei ha inserito canzoni sull'immigrazione o le diveristà come "Pane e coraggio", "Mio fratello che guardi il mondo", "Il disertore di Vian... Perché sono canzoni da tenersi vicine in momenti come questi. Nei concerti portavo con me brani che, sera per sera, mi sembravano adatti a rappresentare in piccola parte il momento che viviamo. Lei però ha sempre sostenuto che non scriverebbe mai una canzone su un fatto di cronaca, anche clamorosa... Perché non ne sono capace, non credo di avere né la sintesi immediata e né la limpidezza che sarebbero necessarie. Io canzoni su quello che succede ne scriverei una alla settimana, ma non mi pare che sia questo il mio mestiere. Non penso di dover fare la cronaca in musica dei grandi avvenimenti che ci piovono addosso. E qual è il suo mestiere? Raccogliere, fare sedimentare e filtrare i pensieri, mettere insieme le riflessioni, sposarle con la musica che, a sua volta. ha bisogno di tempo.... Farà ancora dischi di sola musica come "Not One Word"? Vedo un futuro sdoppiato: le canzoni sono il prodotto delle mie riflessioni, ma un paio d'anni fa ho ricominciato a scrivere solo musica. È come avere un doppio binario e mi faccio un augurio: di avere la curiosità per continuare a esplorare rami così diversi. Vivere in campagna, non essere mondano né presenzialista aiuta il suo mestiere? Non essere presente né avere obblighi sulle scene mi aiuta a concentrarmi ma anche a perdere tempo che trovo un'arte altissima. Anzi, questa nobile arte del perdere tempo si traduce poi in tutto cià che scrivo e quindi una sua piccola utilità c'è. Da almeno dieci anni, suo figlio Claudio suona batteria e percussioni per lei. Se lo sarebbe mai immaginato? No, pensavo che avremmo lavorato separati, invece siamo stati molto vicini. E questo stare accanto è sfociato in una collaborazione quotidiana che mi ha sorpreso. Che altro la sorprende? Sono così innamorato di tutto che farei fatica a scegliere il fatto più sorprendente. Amo il cinema, la letteratura, la musica, e non solo la mia, al punto che la più grande sorpresa è di accorgermi che questa curiosità non viene mai meno. Vale anche per la vita sentimentale? Oh sì, il modo di dire certe cose è lo stesso da millenni, e noi dobbiamo cercare di non smarrire questo linguaggio. Certe parole, anche delle canzoni, possono sembrare puntuali perché sono le stesse da sempre, ma bisogna saperle dire e non nasconderle nella vita di tutti i giorni. Più che saper scrivere una bella canzone d'amore, è meglio saper trasmetterlo, l'amore. La musica è una cura? Sicuramente, come la letteratura, ma forse di più. Io mi sono lasciato curare molte volte dalle canzoni di Randy Newman, è stata la mia medicina segreta. C'è un film su Cole Porter... Ecco, lui è stato uno dei grandi compositori, che sono una categoria diversa e più colta degli autori. Porter ci ha insegnato molte cose. Che la musica ti fa stare bene, per esempio. Non una sola musica. Ma tutta insieme. Senza barriere. Intervista di Renato Tortarolo IL SECOLO XIX 16/10/2004 |
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