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FRANCO PASTORE

La Lupa (1)


Geme il tuo corpo

lì, nell’aria bruna,

nuda, ti vesti

coi raggi della luna.

Mugoli al vento,

le unghie nelle mani,

s’agita il seno:

l’oggi è già domani.

Pallido il viso,

senz’ombra di un sorriso,

e sul piacer voluto

le labbra di velluto.

Non c’è più via di scampo,

il tempo è ormai scaduto.

Nel cuore e nelle vene,

fuoco e ardor ti piglia

e per aver l’amore,

baratti carne e figlia.

Cieca nell’aia corri,

come un animale

tanto, c’è Nanni tuo

e solo questo vale.

 Quel giorno,

al suo morire,

 la scorse da lontano,

veniva per gioire,

recando fiori in mano.

  Prese la scure e lucido

Si mise ad avanzare

tra il verde dei filari

dove dovea zappare.

La lupa vide pallido

 il viso suo venire,

ma non avea paura

 forse,volea finire.

  Non  arretrò d’ un passo,

né pronunciò parole,

gli cose solo incontro,

come per far l’amore.

Guardandolo negli occhi,

gridò:-  Meglio la morte,

se è questo che tu vuoi

  accetto la mia sorte!-

Mentre sull’aia umida

il Nanni la uccideva,

su quella terra arida

  il sole vi piangeva.

Sui campi di papaveri,

 forte soffiò il vento,

gemiti di dolore,

tra i sassi e il firmamento.


(1) Trasfigurazione poetica della celebre novella di Giovanni Verga

Franco Pastore


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