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MUSICA

A Genova il mitico Zappa suonò per l'ultima volta

Siamo orfani di Frank Zappa da dieci anni e in certi momenti ci manca più che una nonna. Morì il 4 dicembre del 1993 a 53 anni, portandosi via la chiave della porta che separa la musica rock dalla musica colta. Elio (quello delle Storie Tese), Matt Groenig (quello dei Simpson) e molti altri lo definiscono come uno dei più grandi musicisti del Novecento. Un'eredità monumentale, la sua: 70 dischi ufficiali, oltre 700 composizioni originali (per avere un termine di paragone, i dischi dei Beatles sono 13).


In Italia poco è stato fatto per ricordarlo. Qualcosa però potrebbe nascere proprio da Genova e da una piccola medusa conosciuta come Phialella zappai. La scoprì (e la dedicò a Zappa) uno scienziato genovese, Nando (Ferdinando) Boero, ora professore di biologia marina all'Università di Lecce. Dalla curiosa storia della sua amicizia con Zappa esce fuori un bel ritratto del Maestro.


Professore, quando scoprì la Phialella zappai e che cos'è di preciso?


L'ho scoperta nel 1983, durante un periodo di studio presso il Bodega Marine Laboratory dell'Università di California. Bodega Bay, tra parentesi, è la città dove Hitchckok ha girato gli Uccelli. Phialella zappai è una specie di medusa, ma molto piccola. Ce ne sono di simili anche nel Mediterraneo.


Come arrivò dalla medusa a Frank Zappa?


Gli scrissi che avevo trovato diverse specie nuove di medusa e che avrei voluto dedicargliene una. Mi rispose: "there is nothing I would like better in my life than having a jellyfish with my name" ("non c'è nulla che mi sarebbe piaciuto di più nella vita che avere una medusa con il mio nome"). E mi invitò ad andare a casa sua, a Los Angeles.


Che tipo era Zappa, com'era la sua casa?


Molto semplice, lavorava tutto il giorno, con grande pazienza e perizia. Quella volta a casa sua c'era il batterista Chad Wackerman e stavano registrando il pezzo di batteria di The torture never stops. Frank spiegava a Chad cosa doveva fare, nota per nota, e Chad lo faceva. Nel frattempo raccontava storielle, teneva tutti allegri. Ma non perdeva di vista niente e alla fine tutto era perfetto. Abbiamo mangiato con i suoi figli: Diva era piccola, Moon mi ha mostrato la sua camera, dipinta da lei, Ahmet faceva giochi di prestigio e Dweezil si esercitava alla chitarra. "Lo mando a lezione da Van Halen" disse Frank sparecchiando.


Di cosa parlavate?


Di tutto: di politica, di scienza, di religione e, ovviamente, di musica. Mi raccontava quel che stava facendo, mi faceva sentire i pezzi in lavorazione, voleva la mia opinione. Come se io avessi qualcosa da insegnargli. Gli piaceva condividere il piacere del suono. Lui scriveva la musica e la sentiva leggendola. Poi me la faceva sentire. Ma non era il maestro che insegna. Un giorno mi ha detto che era circondato da tanta gente fasulla e che con me si trovava a suo agio, che eravamo simili. Parlava e ascoltava, e gli interessava davvero quel che gli altri avevano da dire. L'ho rivisto nel 1984, a Parigi, durante il concerto dell'Ensemble Intercontemporain diretto da Pierre Boulez con le sue musiche, e poi ogni volta che è venuto in Europa o che sono andato negli Usa.


Cosa le piace nella musica e nel personaggio Zappa?


La sua musica è riconoscibilissima, bastano poche note e capisci che è Zappa, eppure non c'è mai niente di stucchevole, di già sentito. La musica è difficile, ma si sente facilmente. Non è quasi mai così. La musica facile è banale, la musica difficile è ostica, non è piacevole. La musica di Zappa si può ascoltare a tanti livelli di attenzione e tutti ci possono trovare qualcosa che li soddisfi.


Ora parliamo di Genova e di due storici concerti. Il primo lo riassumo io: Marassi, 7 luglio 1982, ore 21. Poco prima l'Italia di Paolo Rossi aveva battuto il Brasile ai mondiali di Spagna e Zappa si presentò sul palco sciorinando il tricolore. Suonarono divinamente per 124 minuti. Calcio e Zappa, un doppio godimento in poche ore. La band fu poi disturbata dai petardi esplosi nella notte vicino al Colombia per festeggiare la vittoria degli azzurri. Ma il secondo concerto, l'ultimo della carriera rock di Zappa, professore, lo deve raccontare lei, perché ne fu in qualche modo protagonista. Palasport di Genova, 9 luglio 1988
...


Nel giugno 1988 FZ venne in Italia con la sua band. Avevano centinaia di pezzi in repertorio e ogni giorno facevano uno show differente. Qualche giorno prima del concerto genovese, andai a trovarlo a Torino. Abbiamo un po' parlato, e poi mi ha chiesto se sarei stato al Palasport. Aveva uno strano sorrisino. Arriva la serata e io mi siedo un po' indietro con alcuni amici. A un certo punto Frank comincia una canzone ("Lonesome cowboy Burt", ndr) con "My name is Nando, I am a marine biologist...". Non ci potevo credere, i miei amici hanno iniziato a prendermi in giro, ovviamente, e io ero lì a bocca aperta. C'era poi un coretto che è venuto fuori per tutto il resto dello spettacolo: Nanananandodododo. Il giorno dopo sono andato a trovare Frank all'hotel Splendido di Portofino. Mi raccontò i problemi con la band e la sua decisione di sciogliere tutto il gruppo. Da allora non avrebbe mai più suonato con una rock band. Diceva che quei musicisti erano i migliori che avesse mai avuto, ma che non avevano il giusto humour. Ricordò con nostalgia i vecchi Mothers: "con loro si rideva sempre - disse - questi o si ignorano o litigano". Non aveva più voglia di beghe. La sua musica l'avrebbero suonata il computer o le orchestre. E così è stato fino alla sua morte.


Non trova che moglie e figli siano un po' troppo venali nel dispensarne il ricordo e le opere tuttora inedite?


Frank non aveva molta fiducia nella sua famiglia, ma la amava più di ogni altra cosa. E quindi ha venduto tutti i suoi diritti alla Rykodisk, rendendo la sua famiglia molto ricca. Frank ha avuto molte avventurette extraconiugali, lo ha anche cantato in pubblico. E questo Gail, sua moglie, non glielo ha mai perdonato. Tra i due c'era amore e astio. Questa è la mia percezione. Non so bene quanto gli Zappa siano venali, però mantengono la pagina web di Frank, lavorano per tenere viva la sua memoria. E fanno quindi un servizio importante.


Intervista di Nicola Stella – IL SECOLO XIX – 02/12/2003




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