PARLAMENTO ITALIANO

Seduta di mercoledì 8 agosto 2001



GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza.

ALBERTO ZIGNANI, Comandante generale della Guardia di finanza

SERGIO SIRACUSA, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri

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BOZZA NON CORRETTA

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

COMITATO PARITETICO

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 8 agosto 2001


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La seduta comincia alle 10,05.

Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, Giovanni De Gennaro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza, prefetto Giovanni De Gennaro, il quale ha chiesto che a questa audizione partecipino anche il dottor Cazzella e il dottor Savio. L'ufficio di presidenza ha ritenuto di acconsentire a detta richiesta. Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Saluto il nostro ospite e lo ringrazio per aver accolto l'invito.
Ho spiegato nell'ufficio di presidenza ciò che è avvenuto ieri. Nel tardo pomeriggio, l'ufficio di presidenza, il presidente, ha ricevuto un plico contenente il documento che vi è stato sottoposto. A seguito di una telefonata, al fine di conoscere la natura degli atti stessi sotto il profilo della segretazione o della riservatezza, il dottor De Gennaro, a tutela dei nominativi, ha ritenuto opportuno inviarmi un secondo documento - che è quello che avete dinanzi - dove vi sono gli omissis relativamente ai nomi. Quel documento è stato distribuito, questa mattina, a tutti i componenti il Comitato. Nell'ufficio di presidenza si è convenuto, quindi, che questo documento -


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dinanzi a voi - possa essere utilizzato da noi tranquillamente, nel mentre dovrà essere distribuito - ed è in corso di fotocopiatura - il documento con i nominativi che resta in regime di riservatezza. Credo che possiamo procedere in tal modo proprio a tutela - poi forse lo spiegherà meglio il dottor De Gennaro - dei nominativi presenti nella narrativa dei fatti, ritenendo lo stesso che, in qualche modo, possano essere oggetto, da parte soprattutto degli esterni, di qualche forma di ritorsione o altro. Quindi, poiché il Comitato ha necessità di conoscere i nomi e anche i ruoli degli stessi - al fine di poterli, eventualmente, ascoltare o per altre considerazioni -, si è ritenuto di procedere in questo modo: del documento in vostro possesso possiamo fare l'uso che vogliamo; dell'altro segnalo la riservatezza e ripeto che sarà in distribuzione a momenti, nel corso dell'audizione del dottor De Gennaro.

MARCO BOATO. C'era il consenso?

PRESIDENTE. Sì, l'abbiamo convenuto.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Se non vi sono obiezioni da parte di alcuno, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, ricordando, chiaramente, che, se ci fossero domande e circostanze per le quali il dottor De Gennaro ritenga debba essere evitata


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la pubblicità, sarà sua cura rappresentarcelo e provvederemo di conseguenza. Pertanto l'impianto può essere attivato.
Ringrazio, nuovamente, il dottor De Gennaro. Signor prefetto, è stato convocato per riferirci fatti a lei noti - anche per la responsabilità che ha nel ruolo che riveste - relativamente ai fatti avvenuti a Genova in occasione del G8. Le do senz'altro la parola affinché svolga la sua relazione.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Grazie, signor presidente, desidero innanzitutto esprimere la mia gratitudine a lei ed a tutti i deputati ed i senatori presenti, per l'opportunità, che mi viene concessa in questa alta sede istituzionale, di fornire gli elementi di informazione a mia conoscenza sulle vicende collegate al vertice del G8 di Genova. Spero con ciò di contribuire alla comprensione di qualche accadimento e dubbio.
Prima di avviare l'esposizione della mia relazione, signor presidente, la ringrazio per aver richiamato l'attenzione dei membri del Comitato con la sua raccomandazione. In effetti, vi sono fatti oggettivi, come attentati a danno di strutture di polizia - cito, per ultimi, l'attentato di Bologna e quello alla caserma dei carabinieri di Genova -, che inducono ad attivare misure prudenziali nei confronti dei funzionari e degli appartenenti alle forze di polizia. Personalmente, ho già disposto l'attivazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Roma per eventuali misure (qualora venissero ritenute necessarie) di protezione dei funzionari maggiormente esposti con i loro nomi sui giornali, in questi giorni.
Signor presidente, venendo alla sua richiesta di esporre in una relazione ciò che è a mia conoscenza, debbo esordire dicendo che, per disporre di una piena cognizione di tutti i fatti, bisogna partire dalla complessità delle misure di sicurezza


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necessarie, proprio per garantire la sicurezza di Genova e del vertice. Una complessità di misure determinata non soltanto dall'importanza di questo evento, ma anche dalla concentrazione di un numero cospicuo di personalità ad alto rischio ed anche - non vorrei sottovalutare tale aspetto - dalla necessità di coniugare i pur collaudati sistemi di controllo e di vigilanza con le numerose e pressanti esigenze, rappresentate da più soggetti, interessati, a vario titolo, al vertice.
Con i paesi membri del foro di cooperazione, per esempio, è stato necessario tenere un costante confronto, anche con momenti di vivacità dialettica, le cui conclusioni non hanno potuto fare a meno di privilegiare, ogni volta, le esigenze di sicurezza, pur nella doverosa attenzione alle problematiche prospettate. D'altro canto, la valutazione del rischio, ponderata sempre con grande attenzione ed altrettanta misura dal responsabile della sicurezza, anche di fronte ad allarmi che venivano lanciati in sedi istituzionali ed extraistituzionali ha richiesto, in alcune circostanze, qualche cortese, ma pur ferma, messa a punto, che ho espresso nel mio ruolo istituzionale di responsabile tecnico della sicurezza pubblica a livello centrale.
In ben quattro riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica (dalla prima del 16 novembre 2000 fino a quella svoltasi il 24 maggio del 2001), sono stati vagliati ed analizzati i rischi di carattere internazionale, le difficoltà logistiche per la sistemazione delle delegazioni, quelle non meno pressanti per la sistemazione dei rinforzi e, soprattutto, l'esigenza di garantire la sicurezza del G8, senza impedire la vivibilità delle aree cittadine interessate e di quelle connesse con l'individuazione di una o più aree decentrate, dove poter autorizzare lo svolgimento delle preannunciate manifestazioni del dissenso.


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Le esperienze di vertici precedenti - Seattle, Nizza, Göteborg -, che non avevano consentito un normale svolgimento, ma, anzi, determinato, in un caso l'impossibilità delle delegazioni di raggiungere il luogo dei lavori, in un altro la prematura conclusione degli stessi o, ancora, lo spostamento notturno dei membri di alcune delegazioni, non potevano essere fatti da sottovalutare. Non potevano essere lasciate inevase nemmeno le preoccupazioni degli apparati di sicurezza o le connesse richieste dei governi stranieri, che esigevano di prendere cognizione delle misure di sicurezza previste e chiedevano garanzia assoluta della loro tenuta di fronte a qualsiasi tipo di attacco, sia di natura terroristica sia di contestazione, nei confronti dei Capi di Stato e di Governo presenti.
Questo era il clima ed il livello di allarme. La semplice rilettura dei titoli delle testate giornalistiche italiane e straniere del periodo antecedente al vertice può essere un utile riferimento.
L'impegno è stato massimo e finalizzato a conciliare le tre esigenze che il Governo ha inteso assicurare: lo svolgimento sereno del vertice per i circa 8 mila componenti delle delegazioni, un numero molto elevato; la vivibilità della città, con una limitazione dei disagi per i genovesi; la tutela del diritto di manifestare il dissenso nelle forme lecite e pacifiche, contestualmente allo svolgimento dei lavori negli stessi luoghi. Ricordo, poi, che, in relazione a quest'ultima istanza, sin dal novembre dello scorso anno, l'autorità di governo aveva scelto la linea del confronto con le organizzazioni del dissenso, improntata, comunque, ad un'opzione favorevole allo svolgimento di manifestazioni ed iniziative di critica pacifica dell'evento internazionale. Quella linea del confronto sui temi


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della contestazione si è poi fisiologicamente tradotta in una forma di successivo dialogo, durato sino a pochi giorni prima del vertice.
È naturale, quindi, che, per coniugare le esigenze di sicurezza con quelle di un numero molto elevato di manifestanti, alcune scelte tecniche siano state rivisitate, soprattutto per favorire il trasporto dei manifestanti, l'accoglienza e la sistemazione di quanti erano in arrivo a Genova. In tale contesto, ho personalmente partecipato due volte, il 24 ed il 30 giugno, a Genova - sempre assieme alle autorità provinciali di pubblica sicurezza -, ad incontri tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso. In entrambe le occasioni ho ascoltato le richieste e spiegato le esigenze generali di sicurezza; ho rinviato, comunque, le soluzioni alle decisioni ultime delle autorità locali di pubblica sicurezza. Ho costantemente ribadito l'esclusiva competenza di queste ultime a stabilire le modalità di svolgimento delle manifestazioni, così come quella di impedire qualsiasi iniziativa non compatibile con l'ordinamento e con la tutela dei luoghi di svolgimento del vertice e dei partecipanti alla sessione di lavoro.
Nello stesso quadro dialettico, e in piena sintonia con le valutazioni svolte anche dagli organismi centrali, sono poi maturate le decisioni finali del prefetto e del questore, ciascuno nella rispettiva competenza, sulla temporanea riapertura della stazione di Brignole a favore dei convogli straordinari dei manifestanti in arrivo e in partenza da Genova, sulla individuazione dei luoghi delle manifestazioni di natura sia statica sia dinamica fino alla decisione ultima, dettata da contingenti motivi di opportunità, di autorizzare per esempio un corteo nella giornata del 20 luglio in una zona di ponente della città, in precedenza esclusa alle manifestazioni.


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A fronte di tale disponibilità istituzionale, devo tuttavia rilevare che, nel corso degli incontri cui ho presenziato - come, del resto, mi è stato riferito in tutte le altre occasioni -, sono sempre state sfuggenti ed evasive le risposte sull'effettiva rappresentatività del Genoa social forum rispetto alla totalità dei manifestanti, così come imprecise sono state quelle sulla effettiva volontà di cooperare con le autorità di pubblica sicurezza per lo svolgimento pacifico delle manifestazioni. Traspariva talora una difficoltà a fornire un quadro di riferimento armonico ed unitario, talaltra una precisa determinazione a non rivelare appieno i propri programmi od intendimenti, troppo spesso dissimulati dietro un generico riferimento ad un indefinito concetto di «disobbedienza civile».
Mi sembra utile al contempo sottolineare come di converso, quando si sono volute dare assicurazioni sull'esito assolutamente pacifico di talune manifestazioni, esse si siano rivelate alla realtà dei fatti precise e consistenti. Ho anche avuto modo di ribadire più volte che la disponibilità dell'autorità locale di pubblica sicurezza a valutare con ponderata attenzione le richieste di svolgimento dei cortei e delle altre manifestazioni non avrebbe mai dovuto essere intesa come tolleranza della illegalità e della violenza, così come ho sempre chiarito che non sarebbe mai stata permessa la violazione della zona di massima sicurezza, non solo perché in tal senso erano stati assunti precisi impegni in sede internazionale (anche in più riunioni presso il Ministero degli affari esteri), ma anche e soprattutto perché precise responsabilità istituzionali lo imponevano in modo inderogabile. In esito ad un impegno assunto davanti alla delegazione di rappresentanti del Genoa social forum, pur non rientrando nella mia diretta competenza, mi sono altresì adoperato, sempre al fianco del prefetto


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e del questore, con gli amministratori locali affinché fossero individuate soluzioni per l'ospitalità dei manifestanti; soluzioni però compatibili con le generali esigenze di sicurezza.
La decisione della chiusura al traffico dei soli caselli autostradali sulla direttrice città-aeroporto, nonché del traffico veicolare per le sole porzioni temporali coincidenti con gli spostamenti delle delegazioni dei Capi di Stato e di Governo; l'apertura della stazione di Brignole per l'afflusso e il deflusso dei treni speciali provenienti da nord e da sud; la concessione da parte del questore di un percorso di corteo nella zona di ponente - inizialmente, come ho detto, ritenuto non praticabile -, sono tutte dimostrazioni di quanto si sia fatto per concretizzare la convivenza di più esigenze legittime in un equilibrio, reso ancor più delicato dall'orografia e dall'intreccio urbanistico del capoluogo ligure.
Si è voluto evitare anche che il singolo cittadino, in procinto di lasciare la città con la famiglia per il fine settimana o di effettuare il tradizionale pendolarismo da e verso il mare, potesse vedere limitato il proprio diritto alla mobilità o essere addirittura esposto a pericoli per la propria incolumità.
In ragione della complessità dell'evento e dell'impegno richiesto alle autorità provinciali di pubblica sicurezza, specie sotto il profilo tecnico-operativo, è stato fornito costante e qualificato supporto al questore e all'ufficio da lui diretto sin dalle prime fasi della preparazione dell'intero piano di sicurezza. Anche a questo fine, in considerazione del collocamento a riposo del prefetto Aldo Gianni (originariamente inserito nella struttura di missione predisposta dal Governo a supporto dell'azione organizzativa svolta a Genova), a succedergli nell'incarico veniva designato il vicedirettore generale della pubblica sicurezza, - il prefetto Ansoino Andreassi, - che ha potuto così continuare ad assicurare qualificato punto di


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riferimento, necessario per seguire un lavoro lungo, articolato ed in costante evoluzione in riferimento a quanto emergeva dai diversificati e più tavoli di organizzazione generale che rispondevano al Ministero degli affari esteri.
Nell'ambito delle iniziative di supporto all'azione del questore. ho delegato, inoltre, le figure più qualificate del dipartimento a collaborare con l'autorità provinciale nell'organizzazione di specifiche misure di sicurezza: dalla zona rossa alle frontiere, dalla prevenzione antiterrorismo alla sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti su strada e su rotaia. Una serie di interventi mirati, realizzati attraverso i direttori centrali competenti, che non hanno mai inteso surrogare i compiti istituzionali del questore bensì potenziarne la capacità di proiezione operativa, anche laddove si fosse reso necessario un collegamento con organismi nazionali e internazionali, come, ad esempio, nel settore ferroviario, della viabilità autostradale, aerea e delle telecomunicazioni.
È stato così espresso il massimo sforzo raggiungibile da parte del dipartimento della pubblica sicurezza, nel cui contesto trova sede istituzionale anche l'attività di coordinamento delle forze di polizia in base alle direttive dell'autorità di Governo.
L'impegno per la sicurezza del G8 è andato crescendo in corso d'opera e ha dato luogo ad un'attività organizzativa senza precedenti; dirò a parte quanto si è fatto sul piano operativo e della prevenzione pura. Qui desidero documentare quanto realizzato sul piano tecnico e logistico con alcuni esempi. Innanzitutto si è provveduto al potenziamento delle postazioni delle reti di telecomunicazioni di Genova e ad incrementare cospicuamente, con la collaborazione del gestore di rete, le dotazioni radiotelefoniche individuali e dei diversi responsabili operativi, completando una lunga serie di interventi


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tecnico-logistici indispensabili per mettere le sale operative in condizioni di operare al meglio, con una spesa complessiva di oltre 15 miliardi di lire. Per rendere meno gravoso e più sicuro il lavoro degli operatori di polizia, sono stati pressoché integralmente rinnovati i materiali di equipaggiamento: per la sola Polizia di Stato sono state acquistate 6.500 nuove tute per i servizi di ordine pubblico ignifughe e provviste di protezioni antitrauma circa 4.500 nuove maschere antigas con filtri, 4.500 set di protezione del corpo e delle gambe per una complessiva somma di poco più di 6 miliardi di lire. Si è provveduto inoltre a migliorare radicalmente le soluzioni alloggiative con un impiego finale di ben 20 navi, oltre al sistema logistico sulla terraferma, con un onere complessivo per accasermamento, alloggiamento e vitto di oltre 77 miliardi di lire.
Tornando ora ad esaminare l'atteggiamento assunto dalle organizzazioni del dissenso, devo rilevare che anche le più moderate e pacifiste avevano dichiarato l'obiettivo di impedire o disturbare in qualunque modo lo svolgimento del vertice. Dal momento in cui è stata ideata e poi resa nota la realizzazione della zona di massima sicurezza o «zona rossa», questo proposito per alcuni si è trasformato nell'intento di «violare» i limiti fisici della stessa per mezzo di azioni asseritamente diversificate per intensità e modalità esecutive, a seconda dell'area di appartenenza. A fronte di tali dichiarazioni, per assicurare un'area di interdizione intorno alla zona sensibile, è stata concepita una seconda fascia chiamata «zona gialla», che potesse fungere da cuscinetto tra l'area del vertice ed il resto della città, nella quale, tra l'altro, interdire le manifestazioni che presentavano aspetti di incompatibilità con le misure a tutela dei lavori del G8.


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Per dovere di informazione aggiungo che, su pressioni delle rappresentanze diplomatiche straniere, la Farnesina, il 28 giugno, aveva richiesto di creare un'ulteriore e più ampia fascia di sicurezza allo scopo di rendere sempre più agevole lo svolgimento dei lavori e lo spostamento delle folte delegazioni, perché a quella data non erano ancora stati definiti tutti gli aspetti organizzativi sotto il profilo logistico per delegazioni medesime.
L'esigenza di protezione fisica dell'area di massima sicurezza, con un perimetro di 8 chilometri e con 13 varchi di accesso, ha richiesto sforzi aggiuntivi notevoli, anche per la necessità di contemperare la sicurezza della zona con il diritto dei circa 30 mila cittadini residenti di accedervi; le misure adottate, in ogni caso, hanno dovuto tenere conto della presenza nella città dei Capi di Stato e di Governo esteri e nazionali, oltre che di personalità di assoluto rilievo sulla scena internazionale. Per quantificare lo sforzo necessario a tutelare una zona di sicurezza così ampia, che come richiesto, proteggeva non solo gli spazi destinati ai lavori o all'alloggiamento delle delegazioni, ma anche alcune importanti strade cittadine come la via XX Settembre, sede di importanti centri commerciali, basta ricordare che la zona protetta in occasione del vertice di Praga aveva un perimetro di appena due chilometri, e quella di Quebec City non arrivava a 6 chilometri.
Tenuto, altresì, conto della consistenza numerica della popolazione residente nell'area protetta e della insistenza in quel territorio di una zona di per sé a rischio come i carrugi, all'interno della «zona rossa» era stato previsto un servizio di controllo nei giorni antecedenti e in quelli dello svolgimento dei lavori del vertice, coordinato dal direttore del servizio centrale operativo e finalizzato ad individuare le possibili insidie a persone e/o cose, oltre che naturalmente alla


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popolazione residente. Si è reso pertanto indispensabile un notevole impiego di qualificate risorse della polizia giudiziaria, proprio in ragione della specifica attività da svolgere, che è consistita soprattutto in perquisizioni, ispezioni e ricognizioni, protrattesi per molti giorni, sia prima sia dopo la recinzione dell'area.
È stata proprio tale attività preventiva che ha consentito di garantire un'elevata protezione: in particolare, sono state eseguite 92 perquisizioni domiciliari e 273 ispezioni di locali; sono state identificate 4.073 persone per accertarne la legittima permanenza nell'area di massima sicurezza; sono state arrestate 22 persone (7 italiani e 15 stranieri); sono state denunciate in stato di libertà 38 persone (22 italiani e 16 stranieri). I reati contestati in tali circostanze vanno dalla rapina aggravata alla detenzione di armi, dalla ricettazione alla detenzione di stupefacenti. Sono stati operati anche 27 sequestri di droga e di armi. Tutte attività specifiche di polizia giudiziaria, insostenibili dalle sole risorse specialistiche della questura e che richiedevano, quindi, qualificate risorse aggiuntive ed un adeguato coordinamento proprio del direttore dello SCO, inviato a Genova per tale specifico compito.
È ingeneroso sostenere che gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza del vertice, delle delegazioni, degli oltre 5 mila giornalisti accreditati, ma anche di una parte rilevante della città, abbiano lasciato, in qualche modo, in secondo piano la sicurezza delle altre aree cittadine. Voglio sottolineare, a tale proposito, che le 4.100 unità impiegate a tutela della «zona rossa» hanno operato turni articolati nelle ventiquattro ore, per cui i contingenti operativi erano, in realtà, dimensionati attorno alle 1.000 unità per turno. Viceversa, nel resto della città, le 6.800 unità di servizio sono state impiegate ad integrale copertura di tutte le esigenze di ordine e sicurezza


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pubblica per l'intera durata delle manifestazioni. Aggiungo che un impegno assolutamente straordinario è stato dispiegato fin dall'anno scorso ai fini di prevenzione generale, sollecitando l'azione informativa e di prevenzione delle Digos e chiedendo la collaborazione dei competenti uffici degli organi di polizia dei paesi amici.
Sul piano delle iniziative di carattere informativo e investigativo, all'interno del territorio nazionale sono state svolte attività di polizia giudiziaria, con uno straordinario investimento di risorse a disposizione di numerose procure della Repubblica, che hanno avviato indagini ad ampio spettro con ogni mezzo consentito dall'ordinamento intercettazioni telefoniche e ambientali, perquisizioni ed altro, a carico sia di soggetti ritenuti pericolosi in relazione alle circostanze di fatto e di luogo nelle quali si sono trovati, sia di strutture di aggregazione, come alcuni centri sociali, che si erano distinte nell'annunciare attività di carattere violento contro il G8. Al riguardo si sottolinea che tra il 16 e il 17 luglio, ad immediato ridosso delle manifestazioni di Genova, sono stati contestualmente perquisiti i centri sociali di ispirazione anarco-autonoma più oltranzisti, tra i quali l'Askatasuna e l'Alcova di Torino, il Pinelli di Genova, il Gramigna di Padova, la Stella Nera per la Rivolta di Firenze, i Territori Non Tracciati di Napoli. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati centinaia di oggetti atti ad offendere: bastoni, spranghe, fionde, caschi, biglie, tombini di ferro, materiale infiammabile, grossi petardi, stupefacenti, armi improprie, munizionamento da guerra, pistole lanciarazzi, bottiglie vuote, per il cui possesso sono state deferite all'autorità giudiziaria diverse decine di militanti dell'ultrasinistra, identificati nel contesto delle attività di polizia giudiziaria. È noto, peraltro, che gran parte delle armi improprie utilizzate a Genova sono state reperite nella


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stessa città. Di tale complessa attività, svolta in gran parte del territorio nazionale, il direttore centrale della prevenzione, prefetto La Barbera, ed il suo ufficio sono stati l'indispensabile punto di riferimento unitario. Non conosco naturalmente l'andamento dell'attività investigativa in atto, ma sono fiducioso che l'ingente sforzo espresso dalle strutture di polizia giudiziaria, su uno scenario così ampio e per un tempo così lungo, produrrà positivi risultati.
Sul fronte esterno, è stata attivata ogni forma di cooperazione con gli organi di polizia degli altri paesi che potesse incrementare il patrimonio informativo delle forze di polizia nazionali. Sono state svolte diverse riunioni con gli ufficiali di collegamento esteri presenti in Italia, sia dei paesi del G8 sia di altri partner comunitari ed extracomunitari, al fine di potenziare e adattare gli esistenti canali di scambio informativo alle specifiche esigenze di sicurezza e di prevenzione. Il coordinamento di tale iniziativa era stato, peraltro, fin dall'inizio ha affidato al prefetto La Barbera, che aveva direttamente svolto l'attività necessaria per garantirlo, recandosi di persona ad incontrare i suoi omologhi all'estero, scambiando con loro dati e informazioni, presiedendo in Italia le relative riunioni di carattere sia nazionale sia internazionale.
Obiettivi fondamentali erano quelli di acquisire e di analizzare tutte le informazioni concernenti possibili, minacce sia di tipo a terroristico sia attinenti alla tutela dell'ordine pubblico; di tentare di individuare per tempo le frange violente e di porre in essere le attività volte a neutralizzarle tempestivamente; di curare la massima e continua collaborazione con gli organi collaterali esteri anche durante i lavori del G8.
L'attività di intelligence ha consentito di suddividere i potenziali manifestanti in diversi gruppi, individuati in base alle proprie caratteristiche ideologiche e comportamentali, e di


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incentrare l'attenzione sul gruppo più pericoloso: il «blocco nero», valutato in circa 500 italiani e 2.000 stranieri (perlopiù tedeschi, spagnoli, greci, inglesi e statunitensi), sul quale si è incentrata l'azione informativa nel tentativo di realizzare un filtro alla frontiera.
Per quanto riguarda i gruppi violenti stranieri occorre ammettere che risultati dell'attività preventiva sono stati inferiori alle aspettative, sia per le oggettive difficoltà incontrate dagli organismi di polizia esteri nell'attività di penetrazione informativa (trattandosi, il più delle volte, di gruppi che denotano mancanza di organizzazione strutturale, ma spiccate capacità di aggregarsi solo episodicamente) sia per esigenze, più volte invocate, di rispetto delle legislazioni nazionali in materia di tutela della privacy. Ciò nondimeno, focalizzando l'attenzione anche soltanto sui nominativi conosciuti per precedenti episodi di violenza nel corso del vertice internazionale, si è potuto «confezionare» un elenco temporaneo di 1.439 nominativi, utilizzato ai fini di prevenzione indicati in precedenza. Come è noto, l'attività di prevenzione si è, infatti, estesa al ripristino dei controlli di frontiera, ai sensi della convenzione applicativa dell'accordo di Schengen, per mezzo di uno specifico piano disposto dall'autorità di Governo e notificato ai paesi partner, con decorrenza dalla mezzanotte del 13 luglio sino alla mezzanotte del 21 luglio 2001.
L'intervento è stato complesso, ha comportato la riattivazione di 46 valichi di frontiera dismessi in occasione dell'entrata in vigore degli accordi di Schengen; il rinforzo dei 59 uffici della polizia di frontiera e dei valichi con l'impiego complessivo di 1.217 operatori della Polizia di Stato e 264 carabinieri. Di fatto il sistema così realizzato - individuazione degli stranieri violenti e riattivazione dei controlli frontalieri - ha consentito di effettuare oltre 140.000 controlli, di respingere


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dalla frontiera più di 2.000 persone, di sequestrare armi, droga e materiale atto ad offendere (tra cui bottiglie «molotov», coltelli, bastoni di legno e metallo, addirittura 10 scatole di manette).
Particolare menzione merita il respingimento di circa 150 cittadini greci nel porto di Ancona, che, secondo segnalazioni degli organi di informazione, risultavano essere aderenti a movimenti anarchici, con il sospetto che tra di essi fossero presenti soggetti particolarmente pericolosi.
L'analisi poi delle turbative verificatesi in altri paesi (soprattutto in occasione del vertice di Praga), interessati dai disordini in occasione di altri vertici internazionali, ha inoltre comportato la costituzione di una struttura per la prevenzione di azioni di disturbo ai sistemi di comunicazione telefonica, telematica e televisiva.
Nel dettaglio, sono stati attivati servizi per la prevenzione delle interferenze ai 132 ripetitori televisivi liguri; di presidio alle comunicazioni telefoniche del vertice, con l'assistenza al gestore presso i nodi di comunicazione; di prevenzione e contrasto delle interferenze e di disturbi alle comunicazioni, utilizzando con grande dispiego di forze il personale specializzato del Ministero delle comunicazioni, che ha messo a disposizione della polizia 9 radiogoniometri, 6 rilevatori portatili e personale altamente qualificato del centro nazionale controllo emissioni radio elettriche dello stesso ministero; nonché servizi di monitoraggio della rete con diretti accessi ai file presso i provider che, di volta in volta, sono stati autorizzati dalla autorità giudiziaria.
Nei giorni del vertice, infine, è stata costituita presso la questura una sala operativa internazionale di polizia, in modo da assicurare la costante collaborazione di funzionari degli organi di polizia estera con le autorità italiane.


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Questo, in sintesi, il quadro di riferimento dell'azione organizzativa e di prevenzione in preparazione del vertice.
Passando ora ad analizzare i disordini di Genova, non si può non premettere che essi necessitano di una lettura più ampia ed articolata di quella della mera metodologia di gestione dell'ordine pubblico. Appare infatti assai verosimile che gli stessi segnino l'ulteriore affermazione e l'espansione sulla scena internazionale di un nuovo soggetto. Un soggetto composito che, come si è visto a Genova in forme più evidenti e come era emerso anche nei precedenti incontri internazionali, tenta di far coesistere l'anima genuina e pacifista con alcune componenti di tipo estremista ed altre di tipo eversivo. A Genova, in particolare, ad una situazione già di per sé complessa, si è aggiunta, da un lato, una dichiarata volontà di alcuni gruppi di impedire il vertice, dall'altro, una azione particolarmente violenta di «professionisti della guerriglia».
Tutto ciò fa apparire in modo sufficientemente chiaro che i disordini di Genova non possano essere attribuiti solo all'azione dei black bloc, a prevalente connotazione anarco-insurrezionalista, ma vedono direttamente coinvolto un elevato numero di manifestanti pronti ad uno scontro con le forze dell'ordine. Emblematico, a tal fine, è stato il massiccio attacco alla «zona rossa» portato il giorno 20 luglio, che ha visto come primo protagonista un forte gruppo di anarco insurrezionalisti a fianco però di altri spezzoni del movimento. I primi, infatti, nel momento più drammatico hanno potuto giovarsi della massa d'urto di un affollato corteo non autorizzato e visibilmente già predisposto ad affrontare i reparti di polizia per raggiungere l'obiettivo finale e dichiarato di violare l'area protetta.
Di converso, lo stesso pomeriggio del giorno 20 luglio, mentre erano già in atto molteplici azioni di guerriglia urbana


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nella zona di levante, si è tranquillamente svolto a ponente il corteo della CUB con migliaia di partecipanti, così come era stato preventivamente assicurato dagli organizzatori, che sono evidentemente riusciti a tenere sotto controllo i soggetti intenzionati a far ricorso alla violenza. Lo stesso può dirsi per il corteo dei migrantes del precedente giorno 19 luglio, che ha visto la presenza di qualche decina di migliaia di persone e che ha avuto come unico momento di turbativa l'aggressione ad un funzionario della Digos di Genova, presente sul posto per motivi di servizio.
Gli esempi citati evidenziano in modo chiaro ed inequivocabile come al comportamento responsabile degli organizzatori di alcune manifestazioni abbia sempre corrisposto un atteggiamento altrettanto comprensivo da parte delle autorità di pubblica sicurezza, giunto fino al limite di consentire un corteo in un'area della città preventivamente interdetta e di autorizzare la partenza dell'altro da un punto praticamente a ridosso della zona protetta. Così è stato anche nella concessione ai gruppi pacifisti, che ne avevano fatto richiesta, di piazze a ridosso della «zona rossa», dove esprimere in forma statica il loro dissenso.
Diverso e carico di conseguenze è stato, invece, lo svolgimento dei cortei non autorizzati, che avevano per obiettivo - come si è detto - il raggiungimento delle protezioni alla zona rossa ed il loro sfondamento. Non dimentichiamo poi che, sin dalla mattina del giorno 20, contemporaneamente ed in più punti della zona di levante, sono state inscenate azioni fortemente violente, di distruzione generalizzata ed indistinta, tese solo a portare oltraggio alla città e alle forze dell'ordine. Le azioni di questi gruppi di violenti hanno creato un clima che sembrava essere completamente scomparso dalle piazze e dalle strade italiane, ormai da molti anni; si sono riviste scene


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di guerriglia urbana ed una esposizione delle forze dell'ordine ad attacchi di gravità inusitata, suscettibili di valutazione sotto il profilo penale. Ed è per questo che la polizia giudiziaria sta svolgendo una attività investigativa, sotto la direzione del magistrato competente, che consiste, tra l'altro, in un approfondito esame di tutto il materiale documentario raccolto al fine di identificare coloro che si sono resi responsabili di violenze.
Sulla scorta di quanto accaduto nelle prime ore dei disordini e nel prosieguo degli scontri causati appunto da appartenenti o simpatizzanti del cosiddetto black bloc, appare opportuno effettuare alcune riflessioni. Esiste una oggettiva difficoltà ad individuare preventivamente questi soggetti. Come si è dianzi detto essi sono soliti spostarsi in forma anonima e comparire con i segni distintivi del movimento solo in occasione degli scontri di piazza; non sempre hanno una sede e non si incontrano abitualmente, ma si raccolgono da tutto il mondo, soprattutto in occasione di eventi significativi, con una conoscenza perfetta, oltre che del territorio, anche delle tecniche di aggressione (basti ricordare le immagini in cui si vedeva la loro dimestichezza con il confezionamento all'impronta delle bottiglie incendiarie) favoriti talora da una sorta di appoggio di altre frange di manifestanti all'apparenza meno oltranziste. Il loro contrasto sul terreno, poi, è reso altrettanto difficile dal ricorso ad autentiche azioni di guerriglia, che non possono essere fronteggiate agevolmente con i reparti ordinariamente impiegati nei servizi di ordine pubblico.
Si ricorderà che analoghe tecniche, operate in piccoli gruppi estremamente mobili, spesso lontano dalle aree interessate dalle manifestazioni di massa, hanno contraddistinto un po' la storia delle violenze di piazza degli anni settanta e


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si ricorderà altresì come anche in quei casi, solo attraverso meticolose indagini è stato possibile individuarne gli autori e metterli a disposizione della giustizia.
L'azione di contrasto, scaturita proprio da questa violenza e non viceversa, come è stato detto da taluno, è stata affidata alle nostre forze di polizia, che hanno una lunga tradizione di gestione dell'ordine pubblico nelle più svariate estrinsecazioni dei conflitti sociali, ma che da anni non erano più chiamate a confronti così prolungati nel tempo e di tale virulenza.
Che il dipartimento della pubblica sicurezza fosse comunque attento alle problematiche connesse all'impiego della forza pubblica si evidenzia da una specifica circolare del febbraio di quest'anno, con la quale ho richiamato l'attenzione dei questori sul corretto impiego degli strumenti di coazione fisica nel corso di servizi di ordine pubblico e sulla necessità di una attenta pianificazione di questi servizi.
Dal mese di marzo ho, invece, avviato un accurato piano di formazione e aggiornamento delle risorse destinate all'ordine pubblico, non solo sotto il profilo meramente tecnico, ma anche sotto quello psicofisico e comportamentale. Per lo specifico evento del G8, come si ricorderà, è stato prodotto e distribuito a tutto il personale un vademecum che, insieme ad indicazioni - essenzialmente erano quelle - di carattere organizzativo, invitava, tra l'altro, gli operatori di polizia ad attenersi a regole di condotta prudenti e misurate e alla piena osservanza delle disposizioni di servizio.
Le raccomandazioni che ho più volte indirizzato ai dirigenti dei servizi di ordine pubblico di indossare la sciarpa tricolore, infine, hanno voluto richiamare l'attenzione anche dei funzionari sulle loro responsabilità istituzionali.
Come diffusamente documentato dai media - cui va il sincero apprezzamento per la funzione di informazione svolta


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- è verosimile che le condizioni di guerriglia create da criminali violenti e facinorosi abbiano, in alcuni casi, determinato un eccesso nell'uso della forza ad opera dei reparti, in altri, episodici ed individuali comportamenti illeciti, che saranno rigorosamente perseguiti.
Un incarico ispettivo è stato affidato a tre alti dirigenti dell'amministrazione, che hanno fornito i primi elementi di conoscenza, ma che, visibilmente, richiedono ancora ulteriori accertamenti prima di trarre definitive conclusioni, anche in considerazione di una contestuale iniziativa dell'autorità giudiziaria, che potrà meglio pervenire all'individuazione di eventuali responsabilità dei singoli. L'attività degli ispettori riguarda i comportamenti censurabili di singoli operatori impegnati nei servizi di ordine pubblico, la perquisizione all'interno della scuola «A. Diaz», dove erano stati registrati episodi di violenza, così come gli illeciti denunciati in danno delle persone arrestate e trasferite nella caserma di Bolzaneto.
Al termine non si avrà alcuna reticenza a valutarne i risultati, a adottare i provvedimenti correttivi necessari, anche di natura disciplinare, come non si è mancato di fornire all'autorità giudiziaria ogni necessaria e convinta collaborazione per il migliore e più spedito esito delle indagini. Si tratta di una azione diretta anche a rinsaldare il legame tra i cittadini e le istituzioni della sicurezza e ad esaltare quella qualità di abnegazione, di professionalità, di senso del dovere a difesa dello Stato democratico, che costituiscono il patrimonio più vero e prezioso delle forze di polizia.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor De Gennaro. Sono pronte le fotocopie dei documenti pervenuti alla presidenza, che verranno distribuite a tutti i componenti il Comitato. Se siamo tutti d'accordo, si può sospendere la seduta per alcuni minuti.


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Mi pare vi sia un sostanziale accordo, signor prefetto, nel chiederle quando la terza relazione potrà essere nella disponibilità del Comitato, visto che non è ancora agli atti. In aggiunta a ciò, vi era stata una sorta di apprezzamento iniziale in riferimento agli allegati; avendo ricevuto le due relazioni dove si citano una serie di allegati non ancora pervenuti, ritiene di poter informare il Comitato al riguardo?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, la terza relazione è in arrivo, verrà consegnata forse nella stessa giornata di oggi: ci è giunta nella serata di ieri, perché l'ispettore la mandava da fuori. Alla relazione si chiedeva di individuare singole persone dalle immagini televisive. È stato chiesto di fare un work in progress, perché naturalmente le immagini sono molte, gli accertamenti vengono fatti caso per caso e non si tratta di una mera ricostruzione dei fatti. Credo di potere mandarla nella giornata di oggi, sicuramente prima del termine dei lavori del Comitato.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, prefetto, se insisto. Qual è il motivo della mancata allegazione degli atti richiamati dalle due relazioni?

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Presidente, forse c'è stata un'incomprensione dell'ufficio, che alla richiesta di mandare la relazione ha fornito solamente il testo di quest'ultima; sicuramente faranno seguito immediatamente anche gli allegati, ovviamente con le raccomandazioni, che lei stesso ha ritenuto di condividere, sulla tutela delle persone che vengono indicate.

MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Possiamo avere copia anche della sua relazione?


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PRESIDENTE. Certamente, comunque ricordo che vi è anche nel resoconto stenografico.
Sospendo la seduta per constatare se ci sia opportunità di seguire la linea di ieri, fermo restando che, se i componenti dovessero ritenere uti singuli di voler porre delle domande al prefetto De Gennaro, il tempo della sospensione potrà essere ristretto. Credo comunque sia utile concordare le domande in modo da evitare inutili ripetizioni.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 11,40.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Do ora la parola ai componenti il Comitato che intendano porre domande al prefetto De Gennaro.

MARCO BOATO. Vorrei ringraziare il prefetto De Gennaro per la sua relazione, in particolare per la parte, che è la più ampia ed anche la più esaustiva, relativa a tutto quanto è stato fatto nella fase precedente allo svolgimento del vertice G8 e agli eventi che si sono verificati in connessione ad esso.
Vorrei, invece, porre alcune domande che riguardano ciò che il prefetto non ha detto o ha semplicemente accennato. La prima domanda riguarda il rapporto fra il capo della polizia, il quale, in quanto capo del dipartimento, ha anche delle funzioni di coordinamento rispetto alle altre forze di polizia, e le direttive politiche a livello di Governo. Vorrei che il capo della polizia ci chiarisse questo aspetto, anche eventualmente, se lo ritiene, differenziando le varie fasi, perché sappiamo tutti che vi è stato un cambio di Governo a partire dal 10 giugno; ciò qualora vi siano stati mutamenti di direttive politiche, altrimenti non chiedo tale differenziazione. Inoltre, vorrei sapere quali direttive politiche siano state date in relazione al vertice G8, e da chi. In particolare, vorrei sapere come queste


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direttive si siano, poi, concretizzate nei giorni di svolgimento del vertice G8, in riferimento al ministro dell'interno, al Vicepresidente del Consiglio e al ministro della giustizia - mi riferisco a chi ha una responsabilità istituzionale come ministro dell'interno e a chi concretamente si è trovato sul posto nei giorni del vertice - ed eventualmente, laddove vi siano state, in riferimento al ministro della funzione pubblica, il quale ha anche delle responsabilità in relazione ai servizi di sicurezza.
La seconda domanda che vorrei rivolgere al prefetto De Gennaro riguarda un tema che mi sembra sia stato poco trattato nella sua relazione: un tema che ci trasciniamo dietro dal 1981, da quando è avvenuta la riforma della polizia. So bene, quindi, che si tratta di un tema di non facile soluzione, però lei ci dovrebbe spiegare che cosa sia accaduto e quali responsabilità lei abbia assunto in qualità di capo del dipartimento di pubblica sicurezza oltre che capo della Polizia di Stato, sotto il profilo del coordinamento tra le diverse forze di polizia, cioè Polizia di Stato, Guardia di finanza e Arma dei carabinieri. Perché mi pare che anche dalla lettura, sia pure rapida, fatta questa mattina, delle due su tre relazioni finora depositate, il coordinamento tra le forze di polizia, ed anche all'interno della stessa polizia, rappresenti uno dei problemi più gravi che emergono.
Un'ulteriore richiesta specifica che le rivolgo è se lei sia stato informato e quando, se lo è stato, della ripetuta segnalazione da parte della provincia di Genova, del suo presidente e dell'assessore competente, Massolo, già dalla sera del 19 e, quindi, prima che si verificassero gli incidenti, chiamiamoli così, o i disordini del 20 e del 21, sul fatto che una delle strutture ufficialmente devolute all'accoglienza, destinata ai Cobas, la struttura della Se. Di. di Quarto (sede


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distaccata di Quarto) fosse stata occupata illegalmente da altri componenti, in particolare del black bloc ma anche da altri soggetti, i quali hanno devastato questa struttura utilizzando anche reparti non consegnati e quindi non accessibili, al fine di armarsi. Questa segnalazione è stata effettuata la sera del 19, è stata ripetuta più volte nelle ore successive - è stato detto che circa una volta ogni ora venivano chiamati la prefettura, la questura e i carabinieri - ed anche nella mattina del 20. Tutto ciò avrebbe permesso alle forze di polizia di intervenire preventivamente rispetto a soggetti che poi hanno dato vita agli episodi di guerriglia urbana, da lei ripetutamente citati.
Infine, vorrei soffermarmi sulla questione che - mi permetta di dirglielo con il massimo rispetto, signor prefetto - mi pare sia il limite maggiore della sua relazione. Lei ci ha ben dettagliato ciò che è avvenuto nella fase della preparazione del vertice, così come anche gli obiettivi, cioè garantire lo svolgimento del G8, tutelare i cittadini di Genova e garantire l'espressione del dissenso pacifico, come lei lo ha chiamato, cioè le manifestazioni pacifiche contestuali allo svolgimento del G8. Condivido questi tre obiettivi che, oltretutto sono ben delineati.
Non mi sembra, invece, che lei si sia soffermato in modo approfondito sui fatti accaduti il 20 ed il 21, ma questo Comitato di indagine non sarebbe mai nata se questi non si fossero verificati. Proprio in relazione a tali fatti, lei ha fatto riferimento alle tre relazioni, ha parlato di eccesso nell'uso della forza e di episodici e individuali comportamenti illeciti. Ciò che emerge dai fatti del 20 e del 21 mi pare che lei non possa per contrasto riferirlo alla manifestazione dei migrantes del 19, svoltasi in modo del tutto pacifico, come lei ha ricordato, e alla manifestazione di ponente del 20, fatta dai Cobas, anche questa in modo pacifico. Cioè, se una manife


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stazione è pacifica e preannunciata - preferisco usare costituzionalmente il termine di preannunciata e non di autorizzata, perché il terzo comma dell'articolo 17 della Costituzione dice che le autorità devono essere preavvisate e che possono vietarne lo svolgimento per motivi di sicurezza o di incolumità pubblica - è chiaro che non possono esserci fenomeni di comportamento illecito da parte delle forze di polizia. Se è una manifestazione pacifica, preannunciata e non vietata - uso questa espressione costituzionalmente più corretta - ci mancherebbe altro che le forze di polizia intervenissero con la forza nei confronti di questo tipo di manifestazioni: non saremmo in uno stato di diritto! Ciò che dobbiamo capire è cosa sia accaduto nei giorni 20 e 21, nel corso dei quali sicuramente ci sono stati atti di violenza gravi, atti di guerriglia urbana, posti in essere dal blocco nero e forse, anzi sicuramente, anche da altri settori di manifestanti.
L'episodio della camionetta dei carabinieri sicuramente non è stato messo in atto dal black bloc, da quello che si è capito dalla ricostruzione, ma parlo dell'episodio in sé, al di là dell'esito mortale che poi ha avuto. Ma dobbiamo capire come sono intervenute le forze di polizia - insisto sul dire le forze di polizia -, cioè la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e la Guardia di finanza, in relazione al dovere di contrastare gli atti di violenza e di guerriglia urbana e, al tempo stesso, al dovere di tutelare e di non coinvolgere in queste vicende la stragrande maggioranza dei manifestanti, i quali dichiaratamente, e di fatto, hanno manifestato in modo pacifico. Non mi riferisco solo alla manifestazione del 20, da lei citata, bensì mi riferisco per esempio alle cosiddette «piazze tematiche» del 20 quando in queste piazze è intervenuto il blocco nero, e poi sono successivamente intervenute le forze di polizia, reprimendo


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i manifestanti pacifici e non reprimendo, o non riuscendo a reprimere, coloro che mettevano in atto interventi violenti. Ciò è diventato poi clamoroso il giorno 21
Lei ha parlato di eccesso nell'uso della forza ma non si tratta di un singolo episodio. È avvenuto che, nell'arco di un'intera giornata (come è documentato da centinaia di testimonianze, di denunce, di riprese televisive) sistematicamente le forze di polizia, (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e anche Guardia di finanza) siano intervenute reprimendo a freddo, violentemente e sistematicamente manifestanti pacifici i quali nulla avevano a che vedere con i gravissimi episodi di violenza, devastazione e guerriglia che doverosamente le forze di polizia dovevano contrastare. Quando tutto ciò si scarica sistematicamente, nel corso di molte ore, su decine di migliaia di manifestanti pacifici, qualcosa da questo punto di vista, nell'uso legittimo della forza da parte dello Stato non si è verificato, ossia si è verificato un uso illegittimo della forza. Sotto il profilo del coordinamento tra le forze di polizia non mi pare che abbia funzionato pressoché nulla e sotto il profilo delle responsabilità politiche e della direzione tecnica, si pongono degli interrogativi che la pregherei di voler chiarire.

CESARE MARINI. Dottor De Gennaro, vi era stata una dichiarazione da parte del Governo - che valuto opportuna - di voler sospendere il protocollo di Schengen sulla libertà di circolazione; lei ha affermato che duemila persone sono state respinte alle frontiere e che ad Ancona era stata bloccata una nave con un certo numero di cittadini greci a bordo che si presumeva potessero praticare della violenza. Come mai ci si è limitati a queste forme di interventi, e non si è avuta una maggiore incisività nell'impedire l'ingresso a Genova di quanti avessero esercitato violenza, soprattutto di quanti - segnalati


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dalle polizie di altri paesi - avessero già manifestato con violenza a Nizza, Praga, Göteborg e nelle varie precedenti riunioni? Vi è stata una carenza di uomini oppure una sottovalutazione del pericolo?
Lei afferma (ne ha già parlato nella sua relazione) che a Genova vi è stato un afflusso di gran lunga superiore rispetto ai precedenti vertici. Mi pare siano state introdotte delle novità nell'organizzazione dell'ordine pubblico; lo immagino perché, se così non fosse, dovrei pensare che non si è tenuto conto di quanto in realtà stava avvenendo. Queste modifiche nell'organizzazione dell'ordine pubblico, in che cosa sono consistite e da quando sono state introdotte? Da quando vi sono state le prime modifiche nella organizzazione e quindi nel modo di contrastare gli eventuali episodi di violenza?
Dottor De Gennaro, chi ha deciso la perquisizione alla scuola Pertini (comunemente detta scuola Diaz) e per quale motivo? Lei era stato informato? Sono sincero: mi è parso che nella sua relazione lei abbia illustrato la cronaca di fatti ed avvenimenti e, da un ascolto molto superficiale, potrei dire che lei è stato uno spettatore ed un cronista di quegli avvenimenti, quando lei invece ha la massima responsabilità della polizia italiana. In questo caso mi è sorto un altro dubbio: perché a Genova vi è stata una sovraesposizione della Polizia di Stato rispetto alle altre forze dell'ordine? Mi pare che gli episodi della scuola Pertini, degli interrogatori e tutti quegli episodi che poi hanno fatto nascere delle perplessità sull'esercizio della violenza da parte di qualche isolato e piccolo gruppetto di forze dell'ordine, abbiano riguardato soprattutto, e quasi esclusivamente, le forze della Polizia di Stato. Vi è stata quindi una sovraesposizione. Mi rivolgo a lei come maggior responsabile: perché vi è stata questa sovraesposizione? Era stato


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deciso che la polizia avesse un ruolo maggiore rispetto alle altre forze? Vi era un coordinatore tra le diverse forze dell'ordine?
Nelle relazioni degli ispettori vi sono alcune contraddizioni, soprattutto nella prima, quella del dottor Montanaro; comunque in generale entrambe le relazioni che abbiamo letto mettono ripetutamente in evidenza uno stato di confusione e di mancanza di direttive, non solo in chi aveva la responsabilità generale delle forze dell'ordine, (in questo caso credo il prefetto di Genova), ma anche una responsabilità per quanto riguarda la Polizia di Stato. Vi è stata una sovrapposizione di ordini, la presenza di più funzionari, niente di meno si è andata a perquisire una scuola che non era indicata come tale, commettendo, quindi, un errore eccessivamente, chiamiamolo così, goliardico, dovuto sì alla tensione o a quello che si vuole, ma, se mi consente, sono comunque errori imperdonabili. Chi aveva la responsabilità del coordinamento delle azioni della polizia? Lei era stato informato, o svolgeva tutt'altre funzioni? Perché, a mio giudizio, i punti nevralgici sono proprio questi, cioè stabilire di chi erano le responsabilità. Le vorrei sottoporre anche un'altra questione: le forze dell'ordine che hanno agito alla scuola Pertini e alla caserma Bolzaneto mi pare avessero il viso coperto dai caschi e da un fazzoletto. È lecito che una forza di polizia agisca con un fazzoletto davanti al viso? Mi pare che questo sia un comportamento non molto confacente ad una funzione democratica di mantenimento dell'ordine pubblico. Non ritiene giusto quanto indicato - credo - da Micalizio, cioè che siano individuate le persone, anche quando vanno a compiere quel tipo di azione; perché vi deve essere una tutela costituzionale del cittadino che viene perquisito ed interrogato: vi deve essere una tutela! Anche su questo gradirei una sua risposta.


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L'ultima domanda che le rivolgo, dottor De Gennaro, riguarda quanto da lei affermato a proposito di questo soggetto nuovo che appare nelle manifestazioni e prende poi corpo in maniera molto più consistente a Genova. A proposito di questo soggetto nuovo, che è formato da una parte del movimento pacifista e dall'altra parte, credo e presumo, da quello che mi sembra di aver capito, minoritaria del movimento eversivo, ritengo che una distinzione debba essere fatta: non credo che Casarini sia uguale a Tettamanzi. Sono convinto che si tratti di due persone diverse. La presenza dei cattolici e le indicazioni dello stesso arcivescovo, cardinale Tettamanzi, andavano in una certa direzione, di quella di una protesta pacifica e di una espressione di idee contro la politica internazionale che nulla hanno a che fare con le frange violente. Questa distinzione credo debba apparire chiara nelle prese di posizioni, nelle relazioni e negli atti ufficiali che provengono dallo Stato, e quindi nel caso, da parte sua, altrimenti rischiamo di ingenerare confusione.
Noi abbiamo vissuto la stagione, peraltro non ancora chiarita, dello stragismo; è vero, vi sono le prime sentenze, ma è stata una stagione drammatica della vita nazionale non chiarita. Ritiene di poter affermare o ha dei sospetti che a Genova abbiano operato elementi che, già presenti nelle vicende dello stragismo italiano, si siano infiltrati per promuovere azioni eversive?

ANTONIO SODA. Ringrazio il capo della polizia per la relazione che ha qui svolto dandoci un'idea della complessità delle le questioni che sono state affrontate. Desidero alcuni chiarimenti su due passaggi che considero importanti per capire il rapporto fra gestione dell'ordine pubblico, diritto a manifestare e politica generale negli Stati democratici e dei rapporti fra Stato e cittadino. Nel passaggio primo il capo della


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polizia definisce questo soggetto politico come ambiguo e doppio; penso faccia riferimento ai rappresentanti che ha incontrato e non al movimento inteso come migliaia e migliaia di persone che tutti abbiamo presenti e che abbiamo visto nelle immagini trasmesse sfilare il più delle volte serenamente e correttamente nei limiti di quello che era consentito dalle violenza altrui.
Da tale passaggio sostanzialmente si desume che vi era un elevato numero di manifestanti pronti allo scontro con la polizia: questa è una valutazione sulla quale chiedo vi siano un chiarimento ed un approfondimento, perché ritengo che ciò non sia sembrato agli italiani che hanno seguito tali vicende.
Vi è un secondo passaggio nella sua relazione, in cui si afferma che non è possibile l'azione di contrasto nel momento in cui alcuni gruppi esercitano la violenza. Siamo in possesso di un dato di fatto: effettivamente la maggior parte degli arrestati e dei fermati provengono dalla perquisizione effettuata nella scuola Pertini - che ha portato all'arresto di 93 persone di cui 81 immediatamente scarcerate per la mancata convalida da parte dell'autorità giudiziaria - e non abbiamo visto interventi della polizia tesi a bloccare le bande di violenti. Questa è la sensazione che, a mio avviso, hanno avuto i cittadini italiani i quali in quei giorni sono rimasti attaccati al video e questa è la sensazione che ha avuto il sindaco di Genova quando ieri ci ha detto che nel pomeriggio del venerdì gran parte della polizia era intenta a proteggere la zona rossa da coloro che egli stesso ha definito «supposti assedianti che lanciano qualche bottiglia di plastica», mentre nella restante parte della città la polizia era assente.
Lo scorrere delle immagini televisive ha trasmesso questa sensazione, ossia la sensazione di cortei fermi, immobili e


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sconcertati e di nuclei di bande che si muovevano liberamente avendo a pochi metri di distanza imponenti forze di polizia ferme ed inerti.
Non vorrei che da questa costruzione si desumesse che il movimento è in sé portatore di ambiguità, di doppiezza e di violenza, che l'azione di contrasto contro i violenti non è possibile (lei ha detto che occorrerebbe un'azione investigativa più lunga, come quella che si è svolta negli anni settanta, per smascherare i violenti e per asciugare il terreno sul quale si muovono) e che dalla combinazione di queste due valutazioni nasca la teoria secondo la quale negli Stati democratici la protesta sociale, politica e pacifica o si autoorganizza per garantire essa stessa l'ordine pubblico o lo Stato se ne disinteressa.
Vorrei un suo chiarimento e una discussione in merito ad alcune sue indicazioni ed alle immagini dell'impotenza della polizia o della incapacità della stessa, perché dobbiamo capire cosa sia accaduto a Genova, ma dobbiamo anche capire come, in uno Stato democratico, chi vuole manifestare liberamente possa vedere garantito dallo Stato anche un suo diritto a manifestare liberamente. Se ci muoviamo su un diverso terreno per cui lo Stato si ritira, il messaggio che ne scaturisce è il seguente: se volete stare tranquilli, non manifestate più liberamente, altrimenti nessuno vi protegge.
La inviterei proprio a riprendere questo discorso perché ci può aiutare a capire tutto ciò che ci serve per impostare una politica costituzionalmente corretta dell'ordine pubblico.
La seconda questione sulla quale sono già tornati i colleghi Boato e, da ultimo, Marini è la seguente. Lei, nel valutare la condotta di tutte le forze di polizia, ha fatto riferimento a una documentazione dei media, ad un eccesso e a qualche sporadico abuso. Le domando: da quelle parziali relazioni scritte il


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27 luglio - non so se vi sia poi stato un ulteriore approfondimento - cosa emerge? Emerge che, per quanto riguarda l'unica operazione di polizia giudiziaria - costituita dal cosiddetto Blitz nella scuola Pertini, altrimenti chiamata scuola Diaz -, vi è stata una violazione sistematica delle modalità previste dal codice di procedura penale per eseguire le perquisizioni, anche quando esse si svolgono su iniziativa della polizia.
Dato atto che non vi sono i verbali, mi chiedo perché e chi abbia deciso, per esempio, di non applicare le norme del codice di procedura penale (articoli 386 e seguenti) concernenti i doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo e di creare queste strutture di concentrazione degli arrestati e dei fermati, considerato che il codice di procedura penale prevede che identificati i fermati o gli arrestati, si comunichi immediatamente all'autorità giudiziaria l'avvenuto arresto o fermo e che tali soggetti vengano messi a disposizione della stessa. È vero che il codice stabilisce che tutto ciò debba avvenire entro ventiquattro ore, ma ciò non significa che le persone debbano rimanere a disposizione delle forze di polizia per 17, 18, 20 ore come è scritto nella relazione. La norma fissa il termine di 24 ore perché, se si effettua una perquisizione a 20, 30, 40 chilometri di distanza dal punto di appoggio della messa a disposizione dell'autorità giudiziaria, possono trascorrere queste ore. Tuttavia, in questo caso non vi era alcuna necessità di creare luoghi di concentramento degli arrestati e dei fermati.
Pertanto, da quanto è scritto nella relazione si evince che non si trovano i verbali, che non si sa se i fermati siano stati invitati a nominare un difensore - come avevano diritto a fare - o se siano stati invitati a dire chi volevano fosse avvertito e che gli stessi sono stati visitati una prima volta da medici


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della polizia ed una seconda volta da medici della polizia penitenziaria e così via. Che ragione vi era di non seguire strettamente le norme di legalità previste?
Signor capo della polizia, in sostanza vorrei capire il nodo politico e gli aspetti tecnici che possono sorreggere una scelta politica di gestione dell'ordine pubblico e, inoltre, le vorrei chiedere se ci può fornire la circolare ed il vademecum citati, per verificare se occorra compiere anche un'opera di ricostruzione all'interno della polizia, in una visione più rispettosa dei diritti dei cittadini o se effettivamente - come lei dice - si è trattato di un qualche sporadico abuso.
La sensazione che i cittadini italiani hanno avuto è stata quella di una violenza troppo diffusa e sistematica, diretta verso persone inermi. Tutti abbiamo visto gente che fuggiva, che si sdraiava a terra, che rimaneva con le mani alzate.
Di fronte a tutto ciò voglio capire che cosa debba fare il Parlamento in relazione alla necessità di riorganizzare i corpi di polizia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda. Mi rendo conto che la materia trattata risulta essere particolarmente interessante, in ogni caso pregherei i colleghi presenti di sintetizzare le domande così da agevolarne la comprensione; alla fine, infatti, ciò che conta è la sostanza.

GRAZIELLA MASCIA. Essendo stata testimone oculare fino al termine del vertice, cercherò di non farmi prendere dalla curiosità e dal desiderio di chiarire tanti aspetti relativi a quelle giornate. Mi sforzerò di concentrare le mie domande, tuttavia chiedo scusa ai colleghi se forse ruberò qualche minuto agli altri parlamentari che dovranno intervenire ma, essendo la sola rappresentante del mio gruppo credo che alla fine avrò la vostra comprensione.


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Dottor De Gennaro, spero di essere smentita nel corso dei lavori di questa Commissione e vorrei capire che cosa succederà in questo paese nei prossimi mesi. Sono convinta che tutto ciò che è avvenuto - ferma restando qualche immancabile responsabilità individuale -, compreso il Blitz alla scuola Diaz, non sia frutto di casualità. Ho avuto modo di leggere i documenti degli ispettori che lei ci ha fornito, nei quali essi negano di aver fatto propria la scelta preventiva finalizzata ad atti come il famoso Blitz. Vorrei davvero che così fosse, tuttavia c'è qualcosa che non mi convince, un qualcosa rappresentato dalle giornate del 19, 20 e 21 luglio.
Le domande che le rivolgerò, essendo lei una persona autorevole che ha seguito dall'inizio lo svolgersi dei fatti, sono tese a comprendere la natura del progetto che avete disposto.
La vostra è una struttura forte ed efficace che ha potuto usufruire di ripetute consulenze e, forse, anche di un coordinamento operativo con le altre polizie internazionali. È stata messa a punto una strategia che ha potuto contare sulle esperienze precedenti, da Seattle in poi.
Come è possibile che, attraverso questa struttura, si sia potuta difendere in maniera così eclatante la zona rossa e, allo stesso tempo, non riuscire a garantire i diritti minimi dei cittadini nella caserma di Bolzaneto dove ha regnato una situazione di totale confusione ed assenza di comando? Per non parlare poi del famoso Blitz alla scuola Diaz, dove sembra che a nessuno debbano essere attribuite responsabilità precise. Naturalmente di questo le chiederemo conto; io sono dell'idea che non tutti questi fatti siano frutto di casualità, ma facciano parte di un qualcosa che vorrei comprendere meglio.


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Lei ci ha detto che, nonostante le informazioni ricevute ed i rapporti con i servizi e le forze di polizia stranieri, non si è riusciti a portare avanti un'azione preventiva in relazione a questi fenomeni violenti.
Il Genoa social forum - del quale faccio parte - ha interloquito con voi e ha garantito per se stesso e per le proprie scelte. Naturalmente nessun individuo del nostro gruppo può pensare di attrezzarsi per organizzare servizi d'ordine, ancor più perché il GSF è composto da gente pacifica.
Tuttavia, sul terreno della prevenzione, avremmo voluto che venissero impediti arrivi. In questo senso, l'unico risultato ottenuto è stato quello di impedire le manifestazioni a centocinquanta persone di una nave greca, le quali sono state rispedite - insieme a due consiglieri regionali delle Marche, recuperati in seguito da una motovedetta - al mittente.
Dottor De Gennaro, quelle persone erano esponenti di un partito democratico, il Synaspismos; lei ne è al corrente poiché siamo stati in contatto per tutta quella giornata con un suo collaboratore.
Vorrei capire meglio come sia stato possibile che, dal punto della prevenzione e della sospensione del trattato di Schengen, non ha funzionato nulla.
Riguardo l'aspetto della prevenzione, devo dire che il ministro dell'interno ci ha riferito in aula che, secondo le fonti dell'intelligence americana, erano presenti a Genova circa 5 mila black bloc - lei oggi ci ha detto che invece sarebbero stati duemilacinquecento - i quali hanno operato in modo talmente veloce da non permettere alle forze di polizia di intervenire.
Sono testimone oculare: è dal 20-21 luglio che questi signori hanno potuto agire ripetutamente, continuamente, in modo indisturbato lontano dai luoghi in cui si stavano svolgendo le


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manifestazioni pacifiche, mentre venivano inseguiti e caricati dalla polizia nel momento in cui tendevano ad avvicinarsi ad i nostri cortei ed alle nostre piazze. Così si è svolta tutta la giornata del 20 luglio. Voi, con la scusa di dover colpire queste persone, avete ripetutamente caricato la gente che si trovava a manifestare pacificamente. Ho bisogno di comprendere come ciò possa essere avvenuto sia per quanto riguarda la giornata del 20 luglio sia per quanto riguarda la giornata del 21 luglio. In quest'ultima giornata, una manifestazione di trecentomila persone è stata caricata e continuamente spezzettata in un modo che non ha precedenti in Italia.
Dottor De Gennaro, vorrei chiederle come fossero state dislocate le forze di polizia nei giorni del 20 e 21 luglio e chi ne fosse al comando. Vorrei chiederle chi fossero i responsabili della sala operativa unificata che, immagino, avrà funzionato ininterrottamente. Quali rapporti lei ha intrattenuto - come capo della polizia - con la sala operativa unificata e con il ministro dell'interno nei giorni del 19, 20 e 21 luglio?
Vorrei chiedere informazioni rispetto al tipo di coordinamento che si è avuto con le forze di polizia ed e i servizi appartenenti ai paesi stranieri e se le decisioni - ferma restando la responsabilità tutta italiana - siano state assunte insieme.
Mi pare che dalle audizioni alle quali abbiamo assistito vi sia la conferma che, di fatto, la cosiddetta zona gialla, la zona cuscinetto - che lei ha illustrato ai parlamentari liguri in un incontro precedente al G8 - sia rimasta inalterata. Le chiedo conferma di questo, tenendo conto del fatto che anche noi - sulla base di ciò che avevamo potuto constatare in città come Praga e Nizza - avevamo espresso dei suggerimenti al riguardo. Noi, come lei ben sa, non eravamo interessati ad impedire che si svolgesse il vertice.


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Abbiamo sempre detto: noi contestiamo la legittimità, ma non faremo nulla per impedirlo. E questo è sempre avvenuto; quello che è avvenuto, anche i termini di assedio, è stato tutto virtuale. Lei conosceva i dettagli di quello che sarebbe successo. Tuttavia, considero quella della zona cuscinetto una delle questioni importanti, una delle ragioni per cui sono avvenuti i fatti del 20 e del 21. Io considero quella una delle scelte sbagliate compiute da questo Governo, tra le cause di quello che è avvenuto. Questa zona gialla non solo è rimasta, ma si è ampliata nella notte fra il 19 ed il 20. Sono stati visti dei container prima della manifestazione del 19, ma tra il 19 ed il 20 essi sono aumentati, sono usciti, la zona rossa si è allargata al punto di impedire la circolazione dentro la città. Noi non avevamo la possibilità di arrivare da una parte all'altra, da una piazza tematica all'altra. E questo è stato impedito a centinaia di persone.
Allora, io le chiedo: ci sono state modifiche rispetto a queste scelte? Le scelte di effettuare questi cambiamenti sono state di quei giorni o sono precedenti? L'allargamento della zona rossa è precedente o risale esattamente ai giorni 18, 19?
Vorrei chiederle, signor capo della polizia, se abbia emanato lei particolari direttive rispetto alla gestione dell'ordine pubblico, quali direttive abbia ricevuto dal ministro dell'interno ed in quali sedi e da chi siano state elaborate queste direttive e la gestione dell'ordine pubblico nei giorni 19, 20 e 21. Inoltre, vorrei chiederle quale fosse il contenuto di queste direttive e se esse siano state modificate dopo la giornata del 20. Ripeto, io penso che ci sia un problema relativo alla giornata del 20, ma poiché le dinamiche sono esattamente le stesse e si sono ripercosse su una manifestazione di massa, credo che questi punti vadano chiariti. In particolare sul corteo del 21 - avrei tante domande da farle su quella


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giornata -, mi limito a chiederle come mai la polizia non aprisse il corteo come normalmente si fa. Ad un certo punto abbiamo chiesto noi, attraverso una telefonata con il Vicepresidente Fini, di rimuovere la polizia, di rimuoverla perché era in testa al corteo, all'inseguimento dei cosiddetti black bloc. Ormai ci chiudevano ed hanno rischiato di rendere le condizioni di quel corteo veramente un disastro, come in effetti è stato per la vita e per l'incolumità di centinaia di manifestanti.
Vorrei chiederle anch'io come mai di fronte a tutte le segnalazioni ricevute, non soltanto dal presidente della provincia ...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, mi perdoni...

GRAZIELLA MASCIA. Ho quasi finito.

PRESIDENTE. No, mi consenta, si limiti alle domande. La prego di evitare il commento.

GRAZIELLA MASCIA. È per inquadrare il problema. Questo Comitato ha poteri limitati, ma uno ha bisogno di comprendere.

LUCIANO MAGNALBÒ. Presidente, questa è l'audizione dell'onorevole Mascia!

PRESIDENTE. Scusate, colleghi. Onorevole Mascia, io non ho nessun interesse a far sì che lei non ponga le domande. Io ho interesse che lei ne ponga anche di più. Le sto chiedendo di fare le domande. La prego di limitarsi a fare le domande, perché tutti abbiamo interesse a sentire le sue domande e anche le risposte del prefetto. Grazie.


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GRAZIELLA MASCIA. Presidente, credo che non ci saranno altre occasioni di commento ma penso che il dottor De Gennaro capisca il senso, capisca perché sono costretta a circostanziare. Forse i colleghi si annoieranno...
Vorrei chiederle, dunque, come mai di fronte alle circostanziate segnalazioni, non solo da parte del presidente della provincia ma anche da parte del Genoa social forum, relative ad arrivi di formazioni appartenenti non solo ai cosiddetti black bloc, ma persino a formazioni neonaziste, non sia successo nulla. Avevate poche forze, ma quelle poche forze non sono state usate, fuori, per prevenire questi arrivi.
Riguardo all'episodio della scuola Diaz ho posto delle domande. Io vorrei chiederle soltanto in quale modo lei abbia partecipato alla decisione della perquisizione, in che modo e quando abbia riferito al ministro dell'interno - lei sa che ci sono state anche alcune telefonate in quella notte -, chi fosse il responsabile dell'operazione: abbiamo in mano documenti che non lo rendono comprensibile.
Infine, vorrei chiederle, sulla base di notizie che sono uscite ieri sulla stampa, con quali metodi di selezione e con quali percorsi di formazione sia stato addestrato il reparto di polizia del nucleo sperimentale antisommossa e se sia vero che a questa formazione hanno partecipato addestratori - non so come si chiamino - provenienti dagli Stati Uniti. Rispetto alla scuola Diaz, vorrei chiederle come mai sia stato utilizzato nella perquisizione il reparto del servizio centrale operativo, che mi pare fosse destinato ad altre funzioni in zona rossa, se non ricordo male
Vorrei chiederle chi fossero i responsabili per la polizia della gestione delle persone arrestate nelle caserme, ma l'onorevole Soda ha già chiesto molto.


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Chiedo conferma semplicemente se ho compreso bene che lei ha svolto nel corso del 2000 e del 2001 quattro riunioni del Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza. Le chiedo conferma del numero e delle date di tali riunioni. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mascia. Dopo le domande del senatore Bobbio, mi riservo di verificare se il prefetto De Gennaro ritenga di fornire le prime risposte oppure se sia il caso di continuare ancora.

LUIGI BOBBIO. Grazie, presidente. Ringrazio il prefetto De Gennaro per la sua presenza e per le prime indicazioni che ci ha dato.
Vorrei avere informazioni in relazione a fatti specifici. In primo luogo, essendo impegnati nella vicenda generale dei tre giorni del vertice di Genova più reparti di corpi diversi - tra Polizia di Stato, Guardia di finanza, Arma dei carabinieri ed anche Polizia penitenziaria -, vorrei sapere chi assicurò il coordinamento e la direzione delle operazioni ed in particolare se tale coordinamento, ove mai ci sia stato - ma in concreto, non formalmente -, abbia riguardato solo l'ordine pubblico o anche l'attività di polizia giudiziaria e, quindi, in buona sostanza, vorrei sapere chi avesse la parola definitiva sia nel coordinare, nel prendere iniziative, nel fornire risposte sul campo, sia nel pianificare interventi di polizia giudiziaria. Questo è importante, anche e soprattutto, in presenza - lo dico come premessa alle domande successive - di una struttura di tipo gerarchico fortemente verticizzata in cui, peraltro, il vertice - mi corregga se sbaglio - era ed è rappresentato da lei.
Poi, vorrei anche sapere perché si sia permesso ai manifestanti - questa sembra essere almeno la presa d'atto, in concreto, di quello che si è visto, dalle cronache televisive in


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particolare - di avere una massima espansione per strada e nelle piazze e perché non si siano in realtà previsti, sul piano operativo, per esempio moduli, flessibili o di intervento volante nelle varie zone della città. Questa credo che avrebbe dovuto essere una precauzione operativa, tecnico-pratica da mettere in campo soprattutto se si considera che, alla luce dei segnali precedenti, a partire da Seattle in poi - e l'ultimo grave fatto si era verificato proprio a Napoli, nei giorni del marzo di quest'anno -, era chiaro che andava prevista anche questa forma di guerriglia. Dico questo perché - anche in questo caso ciò serve solo ad illustrare le domande che ho fatto e che farò - ritengo che in questa materia vada necessariamente operata una profonda distinzione, per quanto riguarda il suo ruolo che è delicatissimo ed importantissimo, fra il rapporto con il vertice politico per quello che attiene alle direttive politiche e di altissima amministrazione e, invece, quello che dovrebbe essere il suo ruolo in termini di attuazione funzionale sul territorio e, quindi, di gestione pratico-tecnico-operativa della vicenda vertice in generale.
Ancora, vorrei sapere se risponda al vero l'informazione che al comando delle forze e degli uomini in campo, ed in particolare per le operazioni relative all'ordine pubblico, non fu posto personale già particolarmente esperto, in concreto, e non sulla carta o in via puramente teorica, di ordine pubblico e di - chiamiamola così, con un vecchio termine - polizia politica.
Poi, saltando momentaneamente ad altro argomento, vorrei che lei ci dicesse di cosa si occupa in particolare un suo collaboratore, il dottor Sgalla. Se ciò risponde al vero, vorrei che lei ci dicesse perché in occasione della perquisizione nella scuola Diaz il dottor Sgalla era sul posto e, ove mai questa


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informazione fosse corretta, perché il dottor Sgalla giunse alla scuola Diaz dieci minuti prima dell'inizio della perquisizione.
Ancora, sarebbe corretto ed utile sapere perché il venerdì mattina, il 19 - se non mi tradisce la memoria -, sino a mezz'ora prima della manifestazione non era stata emanata alcuna ordinanza. Non è necessario che dica a lei che cos'è l'ordinanza in termini di gestione di una questura, in generale, e dell'ordine pubblico, in particolare.
Ancora, vorrei chiederle perché sabato sera, cioè in occasione della perquisizione alla scuola Diaz, il prefetto La Barbera fu mandato sul posto. In particolare, essendo stato inviato sul posto, non essendo lui peraltro ufficiale di polizia giudiziaria e trattandosi di un'operazione squisitamente di polizia giudiziaria, visto che si partiva sulle premesse dell'articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, quali direttive furono impartite al prefetto La Barbera, circa la sua presenza e circa il ruolo da giocare sul posto?
Vorrei fare un'altra domanda. Nel corso degli incontri che lei ha definito tecnici con i rappresentanti delle organizzazioni del dissenso, vorrei sapere se lei si adoperò per chiarire a questi signori che nella - chiamiamola così - trattativa o nella gestione di un rapporto personalizzato, per evitare problemi gravi nel corso delle tre giornate in oggetto, vi erano almeno due limiti che non si sarebbe mai consentito di valicare, per il rispetto stesso dello Stato, dei suoi ruoli e dei suoi compiti. Mi riferisco in particolare, al limite della inviolabilità della zona rossa, in maniera categorica ed assoluta, ed al carattere non violento della manifestazione, posto che era del tutto evidente che in questi casi una forma di accordo, o di trattativa si arresta in partenza di fronte al compito primario del rappresentante dello Stato (peraltro al più alto livello quale


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è lei): il rispetto assoluto - se necessario, imposto con la forza (tutta la forza che è necessaria) - della legge o dell'ordine dell'autorità.
Vorrei poi sapere se in occasione degli incontri - due, mi pare abbia detto - che lei ebbe con i rappresentanti (continuiamo a chiamarli così, con un termine magari non del tutto tecnico), ma comunque con gli esponenti del GSF e delle organizzazioni del dissenso, lei registrò questi colloqui; vorrei sapere, quindi, se in qualche maniera li documentò, per una forma credo anche di cautela o di prudenza, vista la delicatezza particolare della materia. Nel caso in cui li avesse registrati, le chiedo se volesse essere così cortese - lo chiedo anche al presidente - da metterli a disposizione della Commissione per conoscere i contenuti degli incontri.
Altra domanda: vorrei sapere se i rappresentanti del GSF, in generale, ai suoi occhi, fossero realmente, o si presentassero realmente come rappresentanti esponenti dell'intero movimento, cioè se parlarono, presero impegni o ebbero comunque delle prese di posizione spendendo il nome dell'intero movimento e dei suoi aderenti. Nel caso in cui ciò non sia avvenuto, vorrei sapere in base a quale valutazione lei decise di continuare comunque a trattare con queste persone.
Ancora, vorrei sapere se nel corso dell'attività di prevenzione furono operati o meno servizi investigativi, anche eventualmente di prevenzione, ma comunque investigativi nel senso pieno del termine, cioè finalizzati alla redazione di informative, notizie di reato o richieste alla magistratura inquirente, a carico di esponenti o anche eventualmente di stessi membri del GSF o di ogni altra organizzazione a tale forum aderente. Ove mai ciò sia stato fatto, vorrei ancora sapere se siano stati in questo caso accertati collegamenti, ad esempio, tra esponenti antiglobalizzazione delle varie città


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italiane e se, quindi, siate riusciti a definire, almeno come ipotesi di lavoro, l'eventuale esistenza di una rete che copra il territorio nazionale con collegamenti internazionali attualmente in atto, in essere.
Chiedo scusa, presidente, ho un elenco di domande abbastanza lungo, ma sto cercando di ripercorrerlo veramente soltanto a livello di domande.
Dunque, vorrei sapere se siano stati accertati momenti di collegamento, quindi rapporti concreti, tra esponenti del GSF o di movimenti collegati ed esponenti politici nazionali o anche eventualmente internazionali. Quando parlo di collegamenti, intendo riferirmi a un qualsivoglia genere di rapporto diretto, o comunque legato alla formazione e al concepimento di linee di lavoro, o quant'altro anche eventualmente più grave.
Ancora, sarebbe necessario sapere, se lei può dircelo, se a parte i black bloc - sui quali mi sembra che si stia concentrando in maniera eccessiva e palesemente strumentale l'attenzione, dal punto di vista della gestione violenta ed aggressiva di questa manifestazione dalla parte dei dimostranti - si tenne presente da parte delle forze di polizia, che operarono nella fase preventiva, repressiva e di controllo, che, per esempio, anche le cosiddette tute bianche avevano, da molto tempo prima dei giorni del vertice, assunto pubblicamente atteggiamenti violenti di dichiarata aggressività nei confronti del vertice, dei suoi partecipanti, della stessa polizia e dei carabinieri. Basta andare a controllare le conferenze stampa, riprese dalla televisione, tenute dalle tute bianche in divisa con i passamontagna sul viso, cosa peraltro proibita dalla legge -. Perché, ad esempio - mi smentisca se le mie informazioni sono inesatte -, in occasione di queste conferenze stampa non si procedette mai - eppure furono parecchie, malgrado la vigenza di quella normativa antiterrorismo


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degli anni '70 che fa divieto ai cittadini di essere presenti in pubblico con mascheramenti o travisamenti di qualsiasi genere - al controllo, all'identificazione e al fermo di coloro che tenevano - ripeto - conferenze stampa in divisa e con i volti coperti da passamontagna? Anche questo è un aspetto rilevante.
Le risulta, ancora, che i cortei del GSF abbiano mai posto in essere, in modo significativo, durante i tre giorni di Genova, tentativi di espellere dal loro interno, e, quindi, di isolare i gruppi numerosi che entravano e uscivano dai cortei in questione per le loro azioni di guerriglia? O le risulta che comunque i partecipanti cosiddetti non violenti - ma poi in realtà vedremo esservi diversi modi per essere violenti nel corso di manifestazioni pubbliche - abbiano mai denunciato qualcuno dei componenti dei gruppi organizzati di guerriglia, che entravano ed uscivano dai cortei con la copertura quindi dei cortei stessi? Le risulta ancora che le azioni di guerriglia e di attacco ad obiettivi civili e alle forze di polizia furono condotte oltre che dai cosiddetti black bloc anche da altri gruppi di manifestanti? Resta fermo che - come dire - la connotazione violenta di determinati gruppi non è restringibile al fatto di avere indosso uno straccio nero o meno; la connotazione violenta, infatti, si manifesta anche per i comportamenti, oltreché per la cosiddetta divisa (chiamiamola così).
Le risulta altresì che a Genova - se ce lo può dire per la sua notevolissima esperienza e per la sua lunga carriera in polizia - si sia verificato, nei tre giorni questione, un fatto, che in Italia, in realtà, non si vedeva dagli anni settanta, ossia l'attacco, di esclusiva iniziativa dei manifestanti, agli schieramenti delle forze dell'ordine, poste per strada esclusivamente a presidio (e, quindi, ad immagine di presidio) senza che le


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stesse forze di polizia avessero posto in essere, in molti casi, iniziative ed operazioni per il contenimento dei manifestanti stessi?

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, mi consenta. A me va tutto bene, vedo che il metodo delle domande è pertinente; lo so che il suo è un intervento a nome del gruppo, però mi hanno chiesto di intervenire anche gli onorevoli Menia e Anedda, per cui non è proprio del gruppo. Quindi, a questo punto, dividetevi le domande.

LUIGI BOBBIO. Va bene, eventualmente posso chiedere ad altri colleghi.
Rimangono due o tre domande soltanto.

PRESIDENTE. Prego, se sono due o tre domande, va bene. Però, è una questione di metodo.

LUIGI BOBBIO. Ha ragione, presidente, però la materia è da approfondire; comunque, concludo.
Vorrei sapere quali e quante note - se il prefetto De Gennaro può farcele avere - abbia ricevuto, nella fase preventiva e quindi preparativa del vertice, da SISDE e servizi segreti esteri in generale. Se, ancora - questa è una domanda di carattere più generale, alla quale però vorrei che si rispondesse da, un punto di vista proprio di ricostruzione generale dei ruoli e delle posizioni - risponda al vero il fatto che sia i dirigenti cosiddetti uscenti - il dottore La Barbera in particolare e l'altro dirigente - sia quelli da nominarsi in pectore, siano membri del sindacato dei funzionari di polizia, che lei in qualche maniera avrebbe ispirato e - ultimissima domanda - se risponda al vero che nel corso dei disordini di Genova, tra gli altri, sia stato arrestato in flagranza di reato


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tale Gatto Gabriele, palermitano, avente la tessera di Rifondazione comunista n. 14038, arrestato dal terzo battaglione carabinieri in via Tolemanide per i reati di resistenza e violenza, avendo casco, maschera e sanpietrini. Grazie.

ANTONIO SODA. Presidente, la riservatezza del denunciante è tutelata, ma quella del denunciato?

LUIGI BOBBIO. Lei sa che è stato fatto il riesame e che quindi quegli atti sono pubblici, caro collega. Grazie.

ANTONIO SODA. Lei ne sa troppo dei fatti altrui!

LUIGI BOBBIO. Perché è il mio mestiere!

ANTONIO SODA. Quello dello spione!

LUIGI BOBBIO. Non le permetto di chiamarmi spione, perché lei ha fatto una ben peggiore figura!

PRESIDENTE. Senatore Bobbio, credo vi sia un clima collaborativo. Abbiamo qui il prefetto che deve darci risposte che credo interessino non solo noi singolarmente, ma un po' tutti. Procediamo con calma e vedrete che, alla fine, arriveremo a comprendere qualcosa di più.

FILIPPO MANCUSO. Abbiamo molto materiale interrogativo...

PRESIDENTE. Molto, a mio avviso.

FILIPPO MANCUSO. Se fosse possibile, anche per la probabile stanchezza del nostro ospite, fare qui una sosta e rimandare a più tardi le domande che mancano... È troppo il


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materiale proposto, valuti lei, presidente. A me pare che sia il momento di dare una risposta, ci sono trenta o quaranta domande pendenti.

LUCIANO VIOLANTE. Forse sarebbe opportuno che il capo della polizia, prima di tutto, spiegasse quali sono le funzioni del capo della polizia, perché non tutti qui le conoscono, altrimenti rischiamo di fare alcuni errori di valutazione.

PRESIDENTE. Mi pare che lei suggerisca, visto che i cinque interventi hanno comunque sottolineato la funzione del capo della polizia, che, almeno su questo punto, vengano fornite delle risposte, per evitare che altri undici colleghi possano ripetere un po' lo stesso argomento.
Dunque, se lei ritiene, prefetto, di poterci chiarire - soprattutto in riferimento alle domande che fino qui le sono state poste - solo questo aspetto della problematica, successivamente potremmo procedere ad ascoltare tutti gli altri colleghi, in maniera tale che lei possa fornire, alla fine, una risposta a tutte le domande che le sono state poste.

GIOVANNI DE GENNARO, Direttore generale del dipartimento della pubblica sicurezza. Signor presidente, io naturalmente sto prendendo nota di tutte le domande e, certamente, per tutte quelle che sono le mie conoscenze, cercherò di rispondere e di fornire le indicazioni. Però, obiettivamente, credo che qualcuna di queste domande vada un po' oltre quelle che sono le possibilità di conoscenza del capo della polizia.
Innanzitutto, il direttore generale della pubblica sicurezza ha, sì, una funzione di coordinamento, ma vorrei ricordare, se possibile, che non c'è - come ha detto prima il senatore Bobbio - una linea verticistica di comando. Il nostro non è un


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sistema di organizzazione gerarchico, come altri sistemi e altre istituzioni naturalmente hanno. Nel nostro sistema, in virtù di una legge vigente del 1981, il punto di riferimento centrale sono le autorità di pubblica sicurezza, soprattutto con riferimento alla responsabilità sull'ordine e sulla sicurezza pubblica. Non per niente sono individuate ed indicate come autorità ed è per questo motivo - chiedo scusa se ho dato, forse, l'impressione sbagliata - che nella mia relazione credo di aver sottolineato tutto il supporto e tutte le attenzioni che sono state date in termini di supporto a quelle autorità che operano a Genova. A questo proposito - proprio anticipando parte di una domanda - proprio in quegli incontri tecnici cui è stato fatto riferimento, io ho sottolineato che non ho nessuna autorità: sono il prefetto e il questore ad avere l'autorità.
Tuttavia, con molta lealtà e con molta correttezza, credo di aver detto, nella mia relazione, che le scelte sono state sempre condivise anche a livello centrale, in ragione proprio del ruolo del capo della polizia, il quale ha quattro compiti: il primo, recita l'articolo 4 della legge n. 121, è quello dell'attuazione della politica e dell'ordine della sicurezza pubblica; il secondo è quello del coordinamento tecnico delle attività delle forze di polizia; il terzo è quello della direzione e amministrazione della Polizia di Stato; il quarto è quello relativo alla direzione e gestione dei supporti tecnici.
In effetti, su alcune cose non sono in grado di rispondere, soprattutto sulla parte investigativa, né di fornire elementi certi che, laddove non fossero coperti da segreti di indagine, possono essere forniti sicuramente dagli ufficiali di polizia giudiziaria.
In questo senso credo di aver correttamente indicato il ruolo del capo della polizia. Ovviamente, nella mia veste di direttore generale della pubblica sicurezza, assumo ogni responsabilità


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di quelle che sono state le scelte fatte nell'ambito delle attribuzioni che la legge mi conferisce. Signor presidente, non posso assumere responsabilità su fatti per cui non ho attribuzioni da parte della legge.

PRESIDENTE. La ringrazio, così i colleghi hanno contezza delle prerogative del capo della polizia.

GRAZIA LABATE. Alla lettura attenta della relazione del prefetto De Gennaro, che abbiamo ascoltato tutti con molta attenzione, non posso non sottolineare, prefetto De Gennaro, uno scarto evidente tra il contenuto della sua relazione, che analizza tutto lo stato di preparazione e di messa a punto di quattro obiettivi che si intendevano perseguire prima dell'evento del G8, e, contemporaneamente, la lettura dei materiali, che stamattina ci sono stati forniti, nei quali - userò questo termine in relazione ai giorni caldi - le conclusioni cui si perviene sono quelle dell'assenza di sinergie, di confusione, di mancanza di coordinamento. Trovo, dunque, questo scarto nella lettura molto attenta della sua relazione e nelle conclusioni cui sono pervenuti gli ispettori, anche se attendiamo ovviamente la terza relazione per formarci un giudizio complessivo.
La prima domanda che vorrei rivolgerle è la seguente: lei dice di aver partecipato a due riunioni in loco con il comitato per la sicurezza, l'ultima conclusasi il 30 giugno: lo evinco dalla relazione è trattato di due riunioni cui lei ha partecipato il 24 e il 30 giugno, nelle quali il questore e il prefetto hanno dimostrato una sensibilità alle domande poste dal Genoa social forum, concedendo appunto una manifestazione che non era stata prevista in zona ponente e predisponendo, in quella sede, l'abilitazione della stazione di Brignole per l'arrivo dei manifestanti. Lei ci ha detto che aveva notato, nelle occasioni in cui


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era stato presente, sfuggenti ed evasive risposte da parte del Genoa social forum sul tema della sicurezza o, quantomeno, sull'isolamento degli elementi violenti, al punto da farle definire un non ben chiaro concetto di disobbedienza civile e, al tempo stesso, ci ha detto delle azioni di prevenzione avvenute con tutta una serie di indagini, perquisizioni e messa a punto di elementi che potevano determinare preoccupazioni avvenute prima delle giornate calde. Le chiedo allora: in quale rapporto stanno queste cose, visto che nelle riunioni del comitato per la sicurezza erano state individuate queste sensazioni di sfuggenza ed evasività sulla chiarezza da parte dei proponenti le famose giornate a tema? Le operazioni di prevenzione intercorse giorni prima le fanno addirittura elencare tutta una serie di centri e circoli, nei quali si era rinvenuto materiale favorevole all'uso la violenza. Quindi la domanda è: in che rapporto stanno queste cose e quali misure sono state date agli organi competenti in sede locale? Infatti, a partire dalla settimana comunque prevista - e quindi a tutti nota, agli organi di sicurezza locale come a quelli di sicurezza centrale -, vorrei ricordare al prefetto De Gennaro che esistevano stampati, che circolavano nella città, sia delle zone in cui si sarebbero verificati gli incontri a tema sia di tutta l'organizzazione, in termini anche di dibattiti che i movimenti avrebbero effettuato nella mia città.
Mi domando allora - avendo compreso, anche dalla lettura degli articoli della legge, i compiti di coordinamento - in che rapporto stiano queste cose e che cosa sia stato detto agli organi di livello locale sia in riferimento alle esigenze di effettuare altri coordinamenti, man mano che gli episodi avvenivano, sia riguardo alla risposta a segnalazioni: mi riferisco sia a quelle che ha ricordato qui, ieri, la presidente della provincia - che, peraltro, perlomeno a me, che sono


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deputata ligure, erano già note -, sia alle segnalazioni che io stessa, il giorno 20, il giorno delle piazze a tema, ho fatto direttamente, chiamando il 112 dei carabinieri, la questura di Genova, parlando con il capo di gabinetto e segnalando episodi che nella mia città non erano quelli che avvenivano contemporaneamente ai cortei, ma erano quelli più isolati - dell'area bank, di via Rimassa all'altezza del 4910, da parte dei black bloc, dove non c'era corteo di manifestanti -, alle quali non è stata data risposta.
Il giorno della famosa manifestazione pacifica, prefetto De Gennaro, è stato visibile, non solo a chi era lì e sfilava in corteo, ma anche a chi era lì e osservava, che l'attacco, con la presa della testa del corteo, è avvenuto da parte di gruppi (certamente stranieri a giudicare dalla voce tedesca che si ascoltava) che venivano fuori dalla zona di piazzale Kennedy, conquistavano la testa del corteo e iniziavano la sassaiola con la polizia, alla quale la polizia rispondeva con lancio di lacrimogeni. Di fronte a questo episodio, vi sono state immediate segnalazioni di cittadini abitanti in quella zona, in piazza Rossetti e in via Rimassa, alla questura, al 112 e persino ai vigili del fuoco. Ebbene, l'unico corpo che è arrivato immediatamente, perché il danno era grave, con situazioni di incendi e tubature del gas vicino ad alcuni palazzi, è stato quello dei vigili del fuoco.
Domando allora tre cose: coordinamenti in costanza di episodi che dovevano verificare gli stati di emergenza che via via si verificavano; sul luogo, coordinamento di tutti i corpi presenti che, ai cittadini residenti, come me, nella zona gialla, è apparso esiguo: effettivamente, ho difficoltà, abitando proprio in quella zona, a credere che in tutta la zona gialla fossero dislocate 6.800 unità; probabilmente, avrò percorso perimetri in cui ciò non era visibile, ma effettivamente la mia


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sensazione è quella che molti cittadini genovesi hanno avuto, e cioè che non ci sia stata assicurata la necessaria sicurezza in quella zona. E poi che cosa ha determinato, nei momenti dell'emergenza, l'impossibilità di efficaci coordinamenti e, dietro le segnalazioni circostanziate e dirette effettuate, di intervenire - voglio sottolinearlo di nuovo - non rispetto ad episodi che avvenivano nel mezzo dei cortei, ma ad episodi isolati ed individuati, su cui potrei dare anche riferimenti temporali, come per l'episodio dell'area bank? Questo si è verificato alle ore 13,06, mentre la polizia è intervenuta alle 13,46, e faccio notare che la questura è esattamente dietro la zona di via Rimassa. Quindi, vorrei capire - rispetto ad una relazione così circostanziata in termini di azioni efficacemente prese in tempo e messe in campo di supporto alle istituzioni locali e di azioni di prevenzione - cosa sia accaduto per cui questo coordinamento non c'è stato, l'intervento tempestivo non è arrivato, anche dietro sollecitazione. Senza dire, poi, delle domande fatte dai colleghi sulla sera del Blitz alla scuola ex Diaz. Anche in quel caso, prefetto De Gennaro, devo dirle che mi sono rivolta direttamente al prefetto Di Giovine ed al questore Colucci, dietro segnalazioni di deputati parlamentari colti dal panico, perché le forze di polizia non riconoscevano nemmeno un tesserino di parlamentare. Effettivamente le risposte su questo sono state scarse , addirittura nulle e, in certi casi, preoccupanti.
Quindi, da lei mi aspetto una risposta esauriente rispetto a questi quesiti, perché la ferita prodotta in quella città non è solo materiale - l'ha detto il sindaco Pericu ieri -, ma è una ferita profonda, morale: in una città che ha sempre avuto efficaci rapporti con le istituzioni dello Stato preposte alla


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sicurezza, non ci si capacita di cosa sia accaduto che abbia potuto ingenerare nei cittadini la sensazione che, stavolta, l'intervento non sia stato efficace e tempestivo.

ALOIS KOFLER. Sarò brevissimo, presidente. Prefetto, per quanto riguarda i fatti avvenuti nella scuola Pertini, da una rapida lettura della relazione degli ispettori non ho potuto cogliere il numero delle persone, degli agenti impiegati in questa azione.

ANTONIO SODA. Erano 275; c'è scritto.

ALOIS KOFLER. Bene. Seconda domanda: vi era una collaborazione con altri reparti o si trattava soltanto di uomini della polizia? Posta in maniera diversa, la domanda è: lei può escludere che vi siano stati altri reparti che, probabilmente prima, siano stati impiegati per un'azione nella stessa scuola? Chiedo ciò anche alla luce dei fatti che sono stati riportati dagli organi di stampa di ieri e che, addirittura, sarebbero sostenuti dal sottosegretario per l'interno.
Altra domanda, a proposito della quale ho portato una copia della prima pagina di un settimanale tedesco molto diffuso, Die Zeit, del 2 agosto, che poi consegnerò: lei ritiene che questo comportamento dell'agente, ed evidentemente della polizia, sia adeguato o che si sia trattato di un episodio sporadico ed anomalo? E se non lo ritiene adeguato, quali misure intende disporre per evitare il ripetersi di comportamenti del genere che sicuramente provocano un grosso danno all'immagine del paese?
L'ultimo gruppo di domande. Vi sono state proteste o richieste di chiarimenti abbastanza insistenti da parte delle autorità tedesche e austriache: per quel che riguarda la sua competenza, con quale tempistica ed in quale modo lei ha


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potuto rispondere a queste domande di chiarimento? Gradirei anche che il Comitato acquisisse la documentazione relativa a tali risposte.

PRESIDENTE. Vuole consegnare quel documento, senatore Kofler?

ALOIS KOFLER. Sì.

PRESIDENTE. La ringrazio.

FRANCO BASSANINI. Presidente, ho tre sole domande da porre; le altre sono state già rivolte dai colleghi e voglio solo dire al prefetto De Gennaro che seguirò con molto interesse le risposte alle domande fatte dai colleghi, che sono molto importanti ai fini dell'accertamento della verità.
La prima domanda è questa: come il prefetto De Gennaro sa, nella veste di ministro, anni fa, mi è capitato di partecipare a due riunioni di comitati provinciali per la sicurezza in circostanze importanti - ad esempio, in occasione della tradizionale manifestazione del 25 aprile, a Milano -, in momenti difficili; nel primo caso, era esplosa una bomba a palazzo Marino nella notte precedente, mentre, nel secondo, c'era la tensione per il Leoncavallo e per i centri sociali. In tutti questi casi ...
In tutti questi casi le autorità di pubblica sicurezza, nella persona del questore, ci spiegarono, innanzitutto, che cosa le forze dell'ordine avrebbero fatto per isolare coloro che erano identificati come possibili portatori di azioni violente: isolarli e metterli in condizioni di non potersi inserire e mescolare al grosso del corteo. E poi, in effetti, così successe, nel senso che (allora si trattava soprattutto di centri sociali) questi elementi venivano, come dire, costretti a stare in coda al corteo, tanto


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che quando arrivavano in piazza del Duomo la manifestazione era praticamente finita. Avevo capito che questa fosse una regola generale; vorrei capire se lo era anche in tale circostanza e cosa è stato fatto, perché penso che questo sia il punto fondamentale. Dobbiamo chiedere a tutti, ripeto, a tutti (le forze politiche e le organizzazioni del dissenso) di condannare la violenza e di rifiutare ogni rapporto e ogni copertura nei confronti dei violenti, chiunque essi siano; non mi riferisco soltanto alle tute nere, se ve ne sono altri, anche nei confronti di questi altri. Però poi, le forze politiche e le istituzioni devono operare per conto loro essenzialmente tale scopo: isolare la violenza ed evitare, ieri, oggi e in futuro, che i violenti possano trovare terreno di cultura, coperture, eccetera.
La domanda è: cosa si è fatto in questo caso? I molteplici episodi citati sembrano dimostrare che questo tipo di azione, di isolamento, di prevenzione e di repressione dei gruppi violenti, alcuni dei quali erano facilmente identificabili (altri forse no, ma alcuni sicuramente erano facilmente identificabili), non è stato adeguato. Sembra addirittura - questo scrivono i giornali, molti episodi lo hanno fatto sospettare e spero non sia vero - che sia, quasi, stata seguita una linea intesa a non operare con decisione in tale direzione, forse per evitare reazioni. Vorrei capire se, anche in questo caso, c'era tale direttiva tra quelle fondamentali e che cosa si è fatto. Le denunce di autorità istituzionali - ieri abbiamo ascoltato la presidente della provincia di Genova - offrivano buoni motivi per intervenire con decisione al fine di prevenire ed isolare i violenti, posto che, come tutti sappiamo, la grandissima maggioranza delle organizzazioni (penso alle associazioni cattoliche, alla federazione delle chiese evangeliche, ai valdesi,


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eccetera), era composta sicuramente da persone pacifiche che manifestavano le loro idee, rifiutando, assolutamente, la violenza.
La seconda domanda. Oltre alla perquisizione nella scuola Pertini, ex Diaz, si è svolto, contemporaneamente, un intervento nell'edificio di fronte. Tale edificio era assegnato al Genoa social forum per il centro di informazione. Nella relazione che ci è stata consegnata si afferma che l'accesso, in tale occasione, di fronte a mancanza di episodi di violenza e resistenza è stato effettuato senza alcuna conseguenza per le persone presenti e senza danni per le cose - ripeto, senza danni per le cose - confermando quali siano, sulla base delle direttive impartite e dell'addestramento del personale, i canoni comportamentali adottati nel caso in cui si ritenga di dovere effettuare interventi di polizia giudiziaria. Quindi si cita questo caso come prova del fatto che le direttive erano corrette e il personale era addestrato a seguirle correttamente. Ora, invece, abbiamo sentito e visto dei filmati, e leggiamo oggi sui giornali, che in quell'edificio, in via Battisti di fronte la scuola Pertini, ex Diaz, sono state effettuate, da parte delle forze che provvedevano alle perquisizioni, devastazioni; sono stati distrutti computer e sono stati distrutti o prelevati dischetti. Non c'è, pare, rapporto su questa perquisizione. Qui si dice che non è stato arrecato alcun danno alle cose e allora io vorrei capire, dottor De Gennaro, se anche a lei non è risultata evidente questa contraddizione che è talmente palese da generare perplessità sulla correttezza della sua relazione. A meno che non si dica che tutti i filmati trasmessi dalla televisione e ciò che oggi scrive il Corriere della sera e ciò che in quell'edificio sono avvenute delle devastazioni sia tutto falso. Qualcuno insinua anche il sospetto (spero non vero) che si fossero così voluti distruggere filmati significativi contenuti in quei dischetti


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di computer. Mi auguro che questo non sia vero, non voglio crederci, perché sarebbe abbastanza grave, e tuttavia qui c'è scritta una cosa che pare proprio contraria alla verità. Come mai non ha ritenuto di chiedere, immediatamente, all'ispettore la ragione di questa - sembra evidente - reticenza, o meglio sarebbe dire, cosa non vera, contenuta nel rapporto?
Infine un'ultima domanda alla quale non so se lei potrà rispondere ma le chiedo solo una risposta in termini molto generali: le nostre forze di sicurezza avevano provveduto - come si fa, credo, in questi casi - ad infiltrare, nelle organizzazioni dei manifestanti, in particolare in quelle più a rischio, degli informatori? Non so - ripeto - se lei potrà rispondermi, le chiedo solo una risposta di ordine generale, perché credo sia un elemento utile ai nostri accertamenti.

GIAN FRANCO ANEDDA. Chiedo scusa se qualche domanda potrà essere ripetitiva, ma preferisco farla piuttosto che scremare i miei appunti ed inizio senza convenevoli: diamoli per letti.
Vorrei sapere se vi fosse, da chi fosse stata disposta e quale fosse la divisione dei ruoli tra le diverse forze di polizia e all'interno delle stesse forze di polizia; se vi fossero piani operativi di intervento per fronteggiare la guerriglia stradale. Mi riferisco all'affermazione contenuta a pagina 17 laddove trae esperienza dagli episodi verificatisi in occasione di altre manifestazioni internazionali.
Vorrei sapere se a Napoli, per quanto è di sua conoscenza, vi siano stati episodi di violenza da parte di agenti della polizia; quale esito abbiano avuto, anche disciplinare, e quali indagini siano state effettuate all'interno e se, quanto accaduto a Napoli, abbia determinato o meno un aggiornamento dei piani operativi, posto che esistessero.


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Vorrei altresì sapere quale fosse la preparazione degli agenti perché, lei sa, che nei commenti agli episodi si è detto - e la doglianza proviene anche dal sindacato della polizia - che siano stati utilizzati anche agenti poco preparati ai quali era stato consegnato soltanto quel vademecum cui lei ha fatto cenno. Se esistano, girati dalla polizia, dei filmati, se anche dagli elicotteri, e se se ne possa acquisire una copia. Se, anche con riferimento ad attività di prevenzione, ma anche con riguardo a ciò che accadeva in quei giorni, gli organi di polizia abbiano utilizzato il sito Internet, giacché i giornali hanno pubblicato l'indirizzo di almeno cinque siti nei quali, si dice, fossero indicate le direttive anche per le azioni di guerriglia. Se esistano delle registrazioni radio anche tra le forze di polizia in occasione delle operazioni e se sia possibile acquisire tali registrazioni.
Chiedo se lei abbia fatto delle verifiche in relazione alle denunciate omissioni di un rapporto, in particolare, circa il tempo degli interventi delle diverse forze di polizia - o delle diverse specialità delle forze di polizia - nella caserma Pertini. Si afferma, anche nei rapporti, che sarebbero entrati prima gli agenti della mobile, così si dice, e taluno di questi - e non il solo il dirigente - sostiene che, quando entrarono, trovarono all'interno dell'altro personale con il giubbotto con scritto polizia ed esisteva già una situazione di disordine o, se vuole, di violenza.
In merito alla terza relazione, i giornali - non leggo per brevità, ma glielo posso citare - danno questa relazione come già pronta da circa una settimana: le chiedo il motivo del ritardo. È una notizia giornalistica che va assunta con tutte le cautele ed io stesso la cito con la medesima cautela, ma i giornali la danno per certa, tanto che ne riportano dei brani.


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Come mai lei non si è chiesto - o, se lo ha chiesto, qual è stata la risposta - perché le audizioni dei soggetti ascoltati, si legge nei rapporti, non sono state formalizzate?
Per quanto riguarda la scuola Pertini o Diaz - adesso non vorrei creare confusione - vorrei sapere: se lei sia stato, come pare certo, preventivamente avvertito; se abbia indicato le modalità; se abbia appro