PARLAMENTO ITALIANO |
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Seduta di martedì 29 agosto 2001 |
Seguito dell'audizione del prefetto Ansoino Andreassi |
Audizione del colonnello Salvatore Graci, Comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Genova |
Audizione del dottor Pasquale Zazzaro, responsabile Sala radio Questura di Genova |
Audizione del dottor Alfonso Sabella |
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BOZZA NON CORRETTA |
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,15.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Seguito dell'audizione del prefetto Ansoino Andreassi.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione
del vertice G8 tenutosi a Genova, il seguito dell'audizione del
prefetto Ansoino Andreassi.
La pubblicità delle sedute del
Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli
articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la
resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità
dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti
il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a
circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento
dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni dispongo
l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Passiamo
agli interventi dei colleghi che hanno chiesto di parlare.
CESARE MARINI. Grazie, presidente. Premetto che ho ricavato, fra gli argomenti esposti dal dottor Andreassi, l'impressione di un'opinione non esatta, in base alla quale una parte del Parlamento sarebbe propensa a demonizzare la
Polizia e le forze dell'ordine. Mi è parso che la
ricostruzione dei fatti tracciata dal prefetto sia stata una specie
di difesa corporativa della Polizia: vorrei far rilevare che ci
troviamo d'accordo con le parole pronunciate più di una volta
dal presidente Violante, quando ha affermato che la Polizia è
un patrimonio dello Stato; per tale motivo, al di là delle
varie posizioni politiche che i gruppi esprimono, gli episodi
negativi che possono accadere devono essere perseguiti proprio perché
nel suo insieme, nella quasi totalità, la Polizia svolge
funzioni pubbliche che sono a carico dello Stato, che riteniamo
essenziali e che apprezziamo.
Tutto il ragionamento del prefetto,
però, prescinde da alcuni dati: il primo riguarda il fatto che
è indiscutibile che vi sia stata una frangia minoritaria del
popolo anti-global che è arrivata a Genova per
esprimere comportamenti violenti e per devastare la città; si
tratta di un dato incontrovertibile e siamo tutti d'accordo nel
ritenere che, allorquando avvengono fatti di tal genere, espressioni
di violenza pura, vi deve essere una ferma risposta da parte dello
Stato, sia in termini di prevenzione che di punizione per quanti si
rendano responsabili. Per la verità, nutrivamo perplessità
circa il sistema di prevenzione, perché avevamo assistito alla
ripetizione di alcuni episodi (che il prefetto ha citato ed è
quindi inutile ripetere): ci è parso che quel sistema di
prevenzione non abbia funzionato pienamente, salvo l'organizzazione
dell'ordine pubblico per quanto riguarda la zona rossa, senza dubbio
encomiabile: su ciò non abbiamo nulla da aggiungere. Il
movimento anti-global è complesso, comprende ampie
frange pacifiste: in merito alle forme in cui si sta realizzando la
globalizzazione, forze sane della società esprimono le proprie
opinioni (basti pensare alla funzione della Chiesa e dei cattolici).
Ho l'impressione che, soprattutto da parte dei vertici (quindi anche
da
parte sua, signor prefetto), non ci sia una consapevolezza piena
della differenza tra i violenti, che devono essere isolati e
repressi, e la massa che deve essere tutelata: ci è apparso
che non lo sia stata.
La terza questione riguarda il dato
indiscutibile che nella perquisizione della scuola Pertini ed
all'interno della caserma Bolzaneto siano avvenuti fatti fuori dalle
garanzie di legalità: lei, signor prefetto, non può
sottacerli perché, in questo modo, non rende un buon servizio
alla Polizia ed alla democrazia. Ho apprezzato, pur essendo stato
critico, le parole del dottor De Gennaro, che ha affermato che ci
sono stati degli eccessi che saranno perseguiti. Vorremmo una
risposta precisa perché lei, signor prefetto, nella sua veste
di vicecapo della Polizia, non può tacere su tale punto:
quando i poliziotti nascondono il viso mentre operano una
perquisizione, significa che vi è l'intenzione di
comportamenti illeciti. La Polizia deve dare una risposta ferma e
chiara: questi comportamenti sono fuori dalle regole democratiche,
non sono ammessi e saranno perseguiti. Vorrei conoscere il punto di
vista del signor prefetto su tali questioni.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Senatore Marini, credo di avere troppo rispetto per il Parlamento, per i partiti politici e per i movimenti, per accusarli di aver demonizzato un'istituzione quale la Polizia. Non ho detto ciò, ma ho denunciato che esiste questo rischio: so bene quale sia la considerazione che il Parlamento nutre per le forze di Polizia, che sono una risorsa per il paese, e credo di aver messo bene in luce questa mia convinzione. Ho parlato di tale rischio in relazione a fatti che sono avvenuti in altri paesi dove non mi sembra che, nonostante comportamenti altrettanto criticabili tenuti dalle forze di polizia, si siano verificati attacchi all'operato delle forze dell'ordine, così da ingenerare l'idea che non si volesse
attaccare soltanto chi aveva sbagliato, ma la Polizia nel suo
complesso.
Ho voluto soltanto precisare questo punto, convinto,
assolutamente convinto, che in questo Comitato si trovino i massimi
difensori delle istituzioni e tra le istituzioni, o gli organismi che
le rappresentano, c'è anche la Polizia.
Altrettanto devo
dire per quanto riguarda la nostra idea su come fosse composto il
Genoa social forum. Mi sembra di essere stato abbastanza
preciso. Siamo ben consapevoli, siamo stati sempre ben consapevoli
che il Genoa social forum era costituito, è costituito,
da una maggioranza non violenta che ha il diritto di manifestare il
proprio dissenso sui temi della globalizzazione, così come
siamo stati sempre abbastanza coscienti che all'interno di questo
complesso di associazioni si è mosso, si muoveva, all'estero
ed in Italia, anche una minoranza violenta. Su tale aspetto non ci
sono mai stati dubbi da parte nostra, tant'è vero che
nell'esordio della mia relazione si parla addirittura di
infiltrazione parassitaria di gruppi violenti e di formazioni
eversive in quel movimento. Mi sembra di essere abbastanza incisivo
sotto questo profilo. Credo poi di aver dato contezza di che cosa
siano composte queste minoranze violente dicendo che, almeno a
Genova, esse non sono state costituite soltanto dai black bloc,
ma anche da spezzoni dell'autonomia di classe.
Arrivo all'ultimo
punto, quello più dolente: la perquisizione alla scuola Diaz.
Lei ha ragione, occorre fare assolutamente chiarezza su questa
vicenda. Cerco allora di puntualizzare meglio quali sono state le
tappe di questo processo che hanno portato poi agli eccessi da lei
ricordati e che io stesso sono il primo a condannare. Mi auguro che
la magistratura faccia luce quanto prima e mi auguro che le inchieste
amministrative facciano altrettanto. Non a caso ho dato atto di
essere stato
quanto mai sensibile sotto questi profili e lei troverà allegata alla mia relazione anche questa famosa carta, questo famoso decalogo, che è stato un po' il mio pallino fisso e cioè le indicazioni che bisognava dare al personale per evitare che ci fossero brutalità ed eccessi. Quel vademecum distribuito al personale contiene alcuni consigli che sono tratti da questo mio decalogo. Il vademecum è stato fatto in quella forma - e posso esibire anche le prove perché ci sono delle carte in proposito - perché l'ho sollecitato io, costituendo al dipartimento un gruppo di lavoro con il compito di elaborarlo. Ritornando alla vicenda, si manifestò l'esigenza di intervenire all'interno della scuola Diaz perché c'era stato quel precedente, cioè quel passaggio di nostre pattuglie e i lanci di oggetti contro di esse. Allora, assumendomi forse responsabilità che vanno ben al di là del mio mandato - perché per me il mandato era concluso, le manifestazioni erano finite, il mio compito, a volerlo dilatare, era quello dell'ordine pubblico, non quello delle perquisizioni, né quello degli arresti -, convenni sulla impossibilità di dilazionare questa operazione, perché, o si faceva subito, oppure era inutile aspettare l'indomani mattina, dopo quello che era successo: se ne sarebbero andati tutti. E, se era vero che all'interno della Diaz c'erano dei violenti, bisognava intervenire. Si trattava, però, non di una semplice perquisizione di polizia giudiziaria, perché non si può sostenere che fosse come andare a recuperare delle autoradio rubate; si trattava, piuttosto, di un'operazione oggettivamente delicata e complessa perché prima di tutto si inseriva nel clima di una giornata di scontri e poi perché era oggettivamente rischiosa, anche per i riflessi che poteva avere sull'ordine pubblico. Per questo suggerii al questore di consultarsi con il capo della polizia. Seguirono delle telefonate tra il questore e il capo della polizia; seguirono probabilmente, ma bisognerà
poi chiederlo agli interessati, telefonate anche fra La Barbera e il capo della polizia. A quel punto il mio compito era finito e, ancora, ho dato atto già di essere intervenuto soltanto, e mi assumo anche le responsabilità di questo - l'ho detto ieri -, per suggerire di ricorrere all'unità speciale del reparto mobile di Roma, perché dal punto di vista dei metodi di selezione usati nel reclutare e nel formare questa squadra e per il tipo di addestramento ricevuto, era questa la squadra che mi dava maggiori garanzie rispetto ai riflessi che l'operazione poteva avere sull'ordine pubblico. Non ho mandato l'unità speciale per fare l'irruzione; questo non l'ho detto, ma mi sembrava scontato. L'irruzione la potevano fare altre componenti presenti sul posto e in particolare i reparti prevenzione e crimine che hanno un addestramento specifico sotto questo profilo. Non ho partecipato alla riunione operativa perché, come ho detto, per me la situazione era ormai altrimenti gestita e, quindi, non so quali siano state le decisioni assunte sul posto.
GRAZIELLA MASCIA. Anch'io volevo tornare alla vicenda della scuola Diaz. Il prefetto ha già fornito ulteriori spiegazioni con la risposta che ha dato al collega, ma volevo insistere su un aspetto: il bilancio di questa perquisizione è stato di 93 persone arrestate, peraltro tutte con l'accusa infondata di associazione per delinquere, e su questo vi è notoriamente già una discussione, una polemica sull'opportunità e sulla legittimità. Inoltre, vi è stato il 70 per cento di persone refertate tra coloro che sono stati fermati. Alla luce di ciò, delle perplessità che lei ci conferma ora di avere espresso per le ragioni qui ribadite, suggerendo appunto che fosse il nucleo antisommossa ad intervenire per le motivazioni che ha detto, ripeterebbe il suo suggerimento in considerazione? Perché ieri ci è stato anche riferito che il dottor Canterini è stato colui che ha suggerito addirittura l'uso del lacrimogeni. Non riesco
a comprendere come si sia potuto pensare di impiegare un nucleo
operativo dotato di quelle caratteristiche in una perquisizione
estremamente delicata (non si trattava di recuperare autoradio) dopo
riunioni di cui ci è stato dato un resoconto abbastanza
soddisfacente ed articolato.
La seconda questione riguarda il
nucleo speciale antisommossa, istituito recentemente, che è
stato addestrato a Ponte Galeria per l'uso dei manganelli Tonfa da
tre istruttori di Los Angeles. Come certamente saprà,
l'articolo 30 della legge n. 121 del 1981, che ha riformato la
pubblica sicurezza, prevede che per disciplinare l'uso delle armi in
dotazione alla polizia, compresi gli sfollagente, si provvede con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri; in ogni caso, anche nella fase di
sperimentazione, è necessario un decreto ministeriale. Vorrei
sapere se è stato emanato e se eventualmente sia possibile
averne una copia. Nel dossier fornito dal capo della Polizia
si fa riferimento solo alle pallottole di gomma, che non sono state
impiegate, essendo necessaria una procedura dai tempi tecnici molto
lunghi. In questo caso, è stato possibile provvedere, sebbene
non si fornisca copia del documento.
Vorrei conoscere il ruolo di
Valerio Donnini nella selezione e nell'addestramento del nucleo
speciale antisommossa e il suo incarico a Genova durante il vertice.
Ritengo che la preparazione, la modalità e la selezione
degli interventi in piazza per garantire l'ordine pubblico, di cui
ieri lei ha parlato, siano assolutamente apprezzabili per
l'articolazione, il ragionamento e l'efficacia mirata; lei ha altresì
parlato del decalogo che è stato predisposto e
dell'opportunità di accerchiare senza caricare, anche se poi,
alla luce dei fatti, tutto quello che era stato previsto non è
stato realizzato.
Bisogna dare una risposta, non essendoci, a suo avviso, soltanto
ragioni tecniche, per comprendere quale possa essere comunque la
causa tecnica che non ha funzionato.
Ha espresso, inoltre,
considerazioni sulle situazioni precedenti, da Seattle a Praga e da
Nizza: a Genova, però, le dinamiche ed i contesti sono stati
diversi. È vero che le forze dell'ordine hanno picchiato
dovunque - tutti se ne lamentano - ma a Genova, in particolare il
giorno 21, hanno avuto luogo dinamiche inedite. In questo caso la
causa non può essere stata la zona gialla, la cosiddetta
fascia «cuscinetto»? Certo, come è stato ribadito
da tutti, avete difeso la zona rossa, ma è avvenuto perché
per la prima volta è stata introdotta una zona «cuscinetto».
E allora, probabilmente, quanto predisposto non aveva la possibilità
tecnica di funzionare. Ma per quale ragione, per la prima volta (sono
ventidue anni che faccio manifestazioni), la polizia non ha aperto il
corteo del giorno 21 luglio? Il questore è stato molto
confuso, confermando che la manifestazione è avvenuta fino ad
un certo punto, ma in seguito le disposizioni sono cambiate: vorrei
capirne le ragioni tecniche.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Credo di non dover ritornare sull'argomento della scuola Diaz, essendo stati già affrontati tutti punti che lei stessa avrebbe voluto riproporre. È giusto questo? O esisteva ancora qualcosa da chiarire?
GRAZIELLA MASCIA. L'utilizzazione del nucleo antisommossa.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Penso di essere stato abbastanza chiaro. Consideravo scontato, infatti, che il reparto mobile non fosse usato per compiere una perquisizione, essendo una regola di comportamento e di utilizzo delle nostre
unità. Ma, non essendo andato sul posto, non conosco quali
condizioni abbiano indotto ad usarlo per compiere l'irruzione.
Valerio Donnini ricopriva l'incarico di direttore di un comando
logistico che avevamo dislocato, fin dai primi di luglio, a Genova,
per sgravare il questore della gestione riguardante i problemi di
ordine logistico sia attinenti all'acquartieramento del personale sia
alla gestione pratica dei servizi; era inoltre esperto di problemi di
ordine pubblico e nell'impiego di unità specializzate - i
reparti mobili - avendo per anni maturato una lunga esperienza in
questo settore. Donnini è inserito nella direzione degli
affari generali, deputata ad occuparsi propriamente di tali problemi,
con una duplice veste: oltre ad essere investito di questo compito
particolare, rimaneva e rimane un utile consigliere per l'impiego dei
reparti mobili nell'ordine pubblico.
GRAZIELLA MASCIA. Anche per quanto riguarda l'addestramento?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Donnini ha vigilato anche sull'addestramento.
E ora veniamo alla
domanda sui manganelli Tonfa. Effettivamente, come ha già
ricordato, sono arrivati gli istruttori della polizia di Los Angeles
per insegnare l'uso di questo sfollagente un po' particolare, che non
solo serve per offendere ma anche per difendersi e che, se non se ne
conosce l'uso, si rivela uno strumento inutile.
Sono stato io a
scrivere una lettera al capo della Polizia di Los Angeles, lo
sceriffo, dopo aver fatto svolgere un sondaggio negli Stati Uniti
d'America al nostro ufficiale di collegamento. È stato deciso
di usare tale armamento, almeno in via sperimentale, per una unità
particolarmente selezionata, perché i carabinieri già
lo adottavano e perché è uno
strumento abbastanza diffuso tra altre forze di polizia.
Dopo
aver compiuto questo sondaggio, abbiamo trovato disponibile, nei
tempi ristretti a nostra disposizione, la polizia di Los Angeles;
sono così venuti tre istruttori americani che, in circa una
settimana, hanno insegnato l'utilizzo di questo strumento.
LUCIANO VIOLANTE. In che cosa consiste la differenza tra il normale manganello ed il Tonfa?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Il manganello Tonfa, come ho detto prima, non è solo uno strumento di attacco, ma anche di difesa, perché facendolo ruotare sul manico di cui è dotato - il Tonfa ha la forma di una elle, con una gamba molto corta, quella dell'impugnatura, ed una molto lunga che avanza sia alla testa sia alla coda dell'impugnatura stessa - può essere steso sul braccio ed essere utilizzato per ripararsi dai colpi. Può inoltre essere utilizzato per immobilizzare chi oppone resistenza, perché agendo in una certa maniera esso si può inserire, dalla schiena, tra le braccia della persona da fermare ed immobilizzarla; essendo rigido, lo strumento non consente al soggetto fermato di liberarsi facilmente.
GRAZIELLA MASCIA. Per quanto riguarda il decreto relativo all'acquisto dei manganelli Tonfa?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Mi riservo di produrre il decreto, perché si tratta di un atto emanato dalla direzione centrale degli affari generali alla quale facevo prima riferimento. Mi riservo di produrlo perché ovviamente esiste. Quanto agli altri quesiti de lei posti, ho ammesso che, nonostante tutti i nostri buoni propositi e le ripetute pianificazioni, i servizi non hanno poi prodotto i risultati desiderati
o meglio sperati. Di ciò mi sono rammaricato molto per una
serie di ovvi motivi. L'elemento che ha determinato maggiormente tale
mancanza è stata la mobilità dei reparti, o meglio la
lentezza - devo ammetterlo - dei movimenti dei reparti rispetto
all'estrema mobilità dei gruppi che stavano devastando la
città. Devo però ricordare - anche questa volta senza
voler criminalizzare in maniera semplicistica ed approssimativa tutto
un intero movimento - anche la facilità con cui questi gruppi
- chiamiamoli brevemente black bloc - si sono potuti muovere
all'interno delle manifestazioni ufficiali, al punto che molto spesso
l'intervento non è stato reso possibile perché c'era il
rischio di travolgere anche chi manifestava in maniera pacifica.
Questi motivi, in aggiunta alla tortuosità delle strade di
Genova e alla difficoltà legata al fatto di impiegare su un
teatro particolarmente complesso e sotto lo stimolo di certi eventi,
reparti convenuti là da tutta Italia, credo che abbiano
costituito la premessa per quelle défaillance che,
purtroppo - devo ammettere - si sono verificate e delle quali mi
sembra di essermi assunto la responsabilità come vicecapo
della Polizia.
GRAZIELLA MASCIA. Perché non c'era la Polizia in capo al corteo?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Abbiamo privilegiato una precisa linea di condotta, quella cioè di camminare per linee interne rispetto al corteo, perché in questo modo la sicurezza dello stesso veniva ugualmente garantita (e forse lo era ancor di più nei confronti degli attacchi che potevano venire da monte).
GRAZIELLA MASCIA. Per la prima volta nella storia...!
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Onorevole, non sono nemmeno sicuro se questa forza di testa fosse a 30 metri, a 50 metri o a 100 metri, perché questo non l'ho visto.
FABRIZIO CICCHITTO. Nella
sua relazione non ho trovato una difesa corporativa della Polizia;
anzi, da questo punto di vista la ringrazio perché ci ha
fornito una visione complessiva e generale sia del GSF sia della
vostra linea di condotta il che ci consente di compiere un passo in
avanti rispetto alla valutazione degli avvenimenti. Questa è
anche la ragione per cui, pur riconoscendo l'esistenza di alcuni
punti critici nella gestione dei fatti verificatisi a Genova, ci
mostriamo solidali con il comportamento complessivo delle forze
dell'ordine.
La discussione che ora stiamo svolgendo sui
manganelli Tonfa pone, a mio avviso, i problemi in termini troppo
generali e spiccioli: le forze dell'ordine, infatti, si sono dovute
confrontare non con normali manifestanti, che magari gridano slogan
molto forti ma che comunque non picchiano, ma con gente armata di
spranghe di ferro; credo che dalle vostre analisi sia emerso come il
manganello tradizionale rispetto alla spranga di ferro, diciamo così,
abbia alcuni problemi sia in termini difensivi che offensivi. Ecco la
questione da considerare!
Ricordo inoltre una sua relazione
presentata alla Commissione stragi tre o quattro anni fa, proprio in
relazione ai primi elementi di questa nuova tipologia di
contestazione. Il rilievo critico eventualmente da sollevare consiste
allora nel constatare come l'analisi da lei svolta, non solo come
studioso ma anche come dirigente delle forze dell'ordine, non abbia
trovato una piena traduzione sul piano della ristrutturazione
rispetto ai nuovi problemi che si presentavano.
Le domande che intendo rivolgerle sono le seguenti:
innanzitutto, è emerso da tutte le audizioni di ieri una
gestione complessa del corteo, finanche una gestione politica, in
quanto parlamentari ed esponenti politici hanno preso parte al corteo
stesso. Qualche eco di ciò la troviamo anche nelle parole
dell'onorevole Mascia: alcuni vi hanno chiesto di posizionare le
forze dell'ordine in testa al corteo, altri di spostarle e così
via. Ricordo che sono state sollevate altissime contestazioni in
riferimento alla presenza dell'onorevole Fini, che era andato in
visita alle forze dell'ordine impiegate a Genova: emerge invece che
vi è stata una presenza molto più preponderante,
significativa, incisiva di un numero imprecisato di parlamentari - di
cui vorremmo sapere nomi e funzioni - che davano input alle
forze dell'ordine su come gestire il corteo. Questo ci sembra un
elemento straordinario, e vorremmo quindi sapere chi sono questi
parlamentari che chiedevano che le forze dell'ordine stessero in
testa al corteo, a metà corteo e così via, in quanto
anche da un testo che ci è stato consegnato dal dottor La
Barbera abbiamo appreso come gli stessi si trovassero nel cuore di un
corteo, diciamo così, abbastanza armato.
MARCO BOATO. Non è una domanda!
FABRIZIO CICCHITTO. Scusa
Boato, io non ti interrompo mai: sei quindi pregato di fare
altrettanto.
Seconda domanda: emerge - mi sembra - che il
processo decisionale fosse stato più complesso di come ce lo
ha rappresentato, qualche tempo fa, il dottor De Gennaro.
Il
dottor De Gennaro ci ha spiegato che tutto era delegato alle autorità
locali, cioè al prefetto e al questore. D'altra parte, la
presenza di due dirigenti di alto livello come lei e come La
Barbera mette in evidenza che il processo decisionale è
stato più complesso e ciò, forse, ha provocato anche
alcune complicazioni; alcune di queste ho l'impressione si siano
verificate anche nel caso della Diaz. In quest'ultimo caso mi sembra
non sia stato chiaro il processo decisionale perché due
dirigenti di alto livello come lei e come il dottor La Barbera, ad un
certo punto, hanno espresso alcuni dubbi sulla realizzazione, ma la
cosa è andata avanti lo stesso.
Capisco, pertanto, che lei
dica di non aver avuto questo compito fino alla fine. Il dottor La
Barbera ce lo ha detto in modo più incisivo, ma questo
problema si pone.
Terza domanda, che si ricollega alla prima:
Napoli e ciò che è accaduto (l'onorevole Bassanini lo
sa bene perché, se non sbaglio, era un convegno organizzato da
lui) è stata, in piccolo, Genova, sia per il numero dei
manifestanti sia per il numero delle forze dell'ordine. Se non erro,
il rapporto era di 20-30 mila a 7 mila. Tuttavia, se leggiamo
nuovamente i giornali di Napoli ricorderemo che ci fu un attacco alle
forze dell'ordine, ci fu una risposta da parte di queste ultime e
polemiche violentissime di un settore politico sul modo in cui era
stato gestito l'evento. Non fu istituita una Commissione di indagine
perché l'opposizione di allora non la chiese, anche se le
componenti erano simili.
Napoli, quindi, non ha rappresentato per
voi un campanello d'allarme che vi doveva porre dei problemi
ulteriori rispetto a quelli che vi siete posti?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Per quanto riguarda l'intervento dei politici nella grande manifestazione del 21 luglio, ce ne erano molti, come credo sia normale in circostanze del genere. Non ho avuto alcun particolare contatto con i politici intervenuti in quei giorni alle manifestazioni. Ho avuto, invece, un incontro in questura con una delegazione, di cui mi sembra
facesse parte anche l'onorevole Mascia, la sera in cui morì Giuliani.
GRAZIELLA MASCIA. Io non c'ero.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Erano presenti altri parlamentari di Rifondazione e credo anche esponenti dei Verdi. La delegazione era condotta da Paolo Cento.
MARCO BOATO. Dall'onorevole Cento.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Vennero perché si erano verificati quegli eventi drammatici. Vollero avere un incontro con me e con il questore; commentammo un po', sulla base delle prime notizie, ciò che era accaduto a piazza Alimonda. Ricordo che successivamente mi esibirono alcuni bossoli per chiedermi a quali armi appartenessero; accertammo poi che si trattava di bossoli dei lanciagranate, dei lancialacrimogeni dei carabinieri (Commenti del deputato Ascierto).
PRESIDENTE. Colleghi, abbiate pazienza......!
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Quindi, i miei contatti con i politici, intervenuti in quei giorni
nelle manifestazioni di Genova, si limitano a ciò; ricevetti
poi anche in questura, insieme al questore, la visita dell'onorevole
Fini che durò un quarto d'ora.
Per quanto riguarda Napoli,
riconosco che ha costituito un campanello di allarme; lo doveva
essere ancora di più anche per le smagliature che vi sono
state in sede di intervento dei reparti. Ricorderete tutti che anche
a Napoli sono state lamentati eccessi da parte della Polizia e che
tra questi eccessi, disguidi o inadeguatezze dei servizi di ordine
pubblico si disse anche che la Polizia aveva caricato in piazza
Municipio, senza
lasciare possibilità di fuga ai dimostranti. In quella
circostanza, soprattutto, si sarebbero verificati alcuni eccessi
assolutamente deprecabili. Certamente abbiamo tenuto tutto ciò
presente.
Tuttavia, a Genova, non si sono riprodotte esattamente
le stesse situazioni di Napoli; ogni situazione di ordine pubblico è,
infatti, diversa dall'altra poiché sulla gestione dell'ordine
pubblico incide molto anche la conformazione e l'assetto della città.
Un conto è gestire l'ordine pubblico a Quebec City o a
Washington, dove le strade sono larghe e diritte; un conto è
gestirlo a Genova o a Napoli.
Per quanto riguarda il processo
decisionale sulla perquisizione alla scuola Diaz, voi mi scuserete se
torno a ribadire quanto affermato precedentemente. Mi sembra di
essere stato abbastanza chiaro: dopo avere espresso alcuni timori su
quella operazione che, comunque, andava fatta, ho ritenuto di non
aver più alcun ruolo nella vicenda e non lo ho avuto, se non
nei termini che ho precisato prima e cioè nel suggerire l'uso
di quel reparto per i riflessi che la situazione poteva avere
sull'ordine pubblico: a Brignole, infatti, vi erano migliaia di
persone in procinto di partire, che avrebbero potuto rifluire lì
per tornare a creare incidenti.
Ho ricordato anche che il giorno
dopo - mi sembra - rilasciai alcune dichiarazioni alla televisione,
al TG1 e al TG2, per spiegare soltanto che quella non
era stata una perquisizione illegale perché ricorrevano gli
estremi di applicazione dell'articolo 41 del testo unico delle leggi
di pubblica sicurezza; le rilasciai evidentemente per spirito di
disciplina, non certamente per esibirmi in un momento così
difficile e drammatico davanti ai telespettatori.
MARCO BOATO. Vorrei fare una precisazione, chiedendo inoltre scusa all'onorevole Cicchitto per averlo interrotto, cosa
che generalmente non faccio. Dal momento che più volte è stato indicato da qualche collega - in particolare, da ultimo, dall'onorevole Cicchitto, ma anche l'onorevole Ascierto lo fa regolarmente - il problema della presenza dei parlamentari alla manifestazione del 21 luglio, come del resto anche a quella del 19 luglio, credo che questo sia un fatto acclarato, pubblico, legittimo, preannunciato e che non ha nessun riflesso con l'attività che noi stiamo svolgendo.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, questa è però una sua idea; non conta assolutamente nulla. Se qualcuno di noi ritiene di sapere quale funzione abbia avuto quel parlamentare e ritiene di porre la domanda a chi è audito.... Non censuriamo nessuno. Lei faccia le domande.
MARCO BOATO. Signor presidente, io non ho censurato alcuno. Sto facendo un'affermazione su questo punto. Del resto, devo dire che il prefetto ha risposto con assoluta correttezza.
PRESIDENTE. Che si conoscano i nomi di coloro che hanno partecipato alla manifestazione sembra noto. La domanda è quale funzione abbiano avuto all'interno di questa manifestazione e se il prefetto Andreassi ne sia a conoscenza. Mi sembra che egli abbia risposto. Pertanto, passi alle sue domande.
MARCO BOATO. Signor presidente, fa bene a precisare. Tuttavia, io non ho censurato alcuno.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, le sarei grato se formulasse le sue domande.
MARCO BOATO. Signor presidente, formulo certamente le mie domande; tuttavia, come hanno fatto alcuni colleghi, faccio anche delle affermazioni preventive.
Per esempio, insieme all'onorevole Cicchitto, nell'autunno
1973, partecipai ad una manifestazione pubblica contro il colpo di
stato in Cile.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, questo non interessa i lavori del Comitato.
MARCO BOATO. Sicuramente, ma non vedo perché ci si stupisca di questo.
FABRIZIO CICCHITTO. Non ho domandato questo. Ho chiesto se c'era stato un intervento sulla gestione del corteo.
MARCO BOATO. Sicuramente, quando
ai cortei sono presenti dei politici, non solo parlamentari, e si
tratta di manifestazioni pacifiche, pubbliche e preavvisate, vi sono
rapporti: ad esempio, all'epoca, con gli uffici politici della
Polizia, dei quali ha fatto parte anche il prefetto Andreassi, credo
a Padova.
I rapporti fra i politici e la DIGOS oggi - all'epoca
si trattava degli uffici politici - sono assolutamente normali e
finalizzati alla migliore gestione delle manifestazioni. Questa è
una precisazione che formulo una volta per tutte, tanto più
che, non essendo stato presente a Genova, non mi riguarda
personalmente.
Per quanto concerne le questioni che riguardano il
prefetto Andreassi, lo ringrazio per la relazione che ho ascoltato
ieri e riletto stanotte con molta attenzione, dal momento che la
complessità dell'analisi, anche sul piano storico-comparativo,
mi sembra, nei limiti di una relazione di venti pagine, corretta ed
anche utile, non solo per i lavori di questo Comitato, ma anche in
una prospettiva futura riguardante l'Italia, l'Europa ed altri paesi.
Da questo punto di vista, salvo approfondimenti, non avrei alcun
rilievo da formulare, se non ringraziarla per la serietà con
la quale ha svolto il lavoro.
Le domande che le rivolgo riguardano una richiesta di
chiarimento in riferimento al suo ruolo iniziale come coordinatore
generale dell'attività di sicurezza e, successivamente, al
compito di sovrintendere all'intero dispositivo di ordine pubblico.
Cito testualmente le frasi riportate nella sua relazione e gli
appunti al ministro con i quali vengono definiti i suoi compiti, da
lei allegati.
La prego di chiarire al Comitato di indagine, per
quello che può fare, come si sia svolta l'attività di
coordinamento tra le varie forze di Polizia, non per aprire una
polemica, ma, perché il problema del coordinamento, con le
difficoltà ad esso connesse, è emerso diverse volte;
nel mio primo mandato parlamentare sono stato tra coloro che hanno
lavorato all'approvazione della legge n. 121 del 1981: so pertanto
bene quanto ciò sia stato faticoso all'epoca e quanto sia
stata faticosa l'approvazione della recente legge che ha riproposto
la questione del coordinamento. So che vi sono problemi istituzionali
delicati nei rapporti fra le varie forze di Polizia: fra il capo
della Polizia ed altri soggetti, quali il prefetto, che hanno
evidenziato i problemi che si pongono, e il questore, che ha
affermato che il coordinamento tra le varie forze di Polizia è
stato semplicemente perfetto, vi è, non dico un baratro, ma un
certo divario.
Pertanto, la pregherei, senza polemizzare con
alcuno, di procedere all'illustrazione del compito affidatole, per
spiegarci quali siano stati gli eventuali problemi emersi sotto il
profilo del coordinamento: ciò infatti può essere utile
anche in futuro.
Le rivolgo la stessa domanda sotto il profilo
delle sue responsabilità, ma anche sotto quello conoscitivo -
siamo infatti qui per conoscere -, in ordine ai rapporti fra il
dipartimento della pubblica sicurezza e le autorità locali di
pubblica sicurezza. Si tratta di un tema che in qualche modo ha
attraversato tutta la giornata di ieri, non soltanto nella relazione.
Un secondo ordine di questioni riguarda un'affermazione da lei
fatta, e che condivido (le mie non sono contestazioni, bensì
richieste di chiarimento; successivamente formulerò anche un
rilievo). A pagina 17 della relazione si legge: «A Genova è
successo qualcosa che trascende le responsabilità tecniche
della gestione dell'ordine pubblico e che non può essere
giudicato solo alla luce di questi parametri.» Personalmente
sono d'accordo; le chiedo tuttavia di spiegare meglio questo aspetto:
sino a che punto, secondo lei, arrivano le responsabilità
tecniche e quali sono, dal suo punto di vista, le responsabilità
di altra natura, che immagino essere di carattere politico?
A
pagina 7 della relazione lei dice - e al riguardo non ho nulla da
obiettare, dal momento che la sua previsione si è dimostrata
fondata - di avere espresso sin dall'inizio la convinzione che la
contestazione al summit di Genova avrebbe assunto toni ben più
aspri che in altri paesi. Obiettivamente è ciò che è
successo.
Le chiedo pertanto di darci una risposta maggiormente
approfondita, legata non soltanto al fatto obiettivo che Genova è
una città complessa dal punto di vista orografico e della
topografia, ma che rappresenti qualcosa di più, in un'ottica
futura, sulla discrasia fra le analisi, le previsioni e le strategie
operative predisposte, compreso il decalogo - in particolare l'ultimo
punto, ma non solo quello: ad esempio, il rapporto fra lo spirito di
corpo e lo spirito interforze - che ci appaiono adeguate pur non
essendo esperti di ordine pubblico, e la concreta attuazione, che
invece non è apparsa adeguata, come da lei ripetuto più
volte.
Da ultimo, ciò che lascia perplessi - ed è
l'unico punto - come sottolineato dal collega Marini e da altri, pur
comprendendo che vi sia un ruolo istituzionale di autotutela, non suo
personale, ma del Corpo cui appartiene e degli altri Corpi di
polizia, è la vastità di tale discrasia, nel contrasto
fra l'attività violenta e i molti episodi di repressione
violenta nei confronti di dimostranti pacifici - e ve ne sono stati
molti - ; mi sembra che, sotto questo profilo, la parte conclusiva
della sua relazione mostri qualche lacuna, fino al punto riguardante
la caserma Diaz, quando lei afferma che ha suggerito l'intervento del
reparto mobile per le doti di equilibrio emotivo e di capacità
di controllo della propria impulsività. Ebbene, 67 persone
delle 93 portate via sono finite in ospedale. Figurarsi se
interveniva qualcuno che non aveva doti di equilibrio emotivo e
capacità di controllo della propria impulsività! Su
quest'aspetto mi permetta di esternare una certa amarezza: trovo la
conclusione riduttiva rispetto alla serena analisi che lei ha fatto
nella complessità della sua relazione. Se lei mi consente, e
lo faccio con spirito costruttivo, le fornisco la documentazione
delle lettere ai giornali, comparse su tutti i giornali dal Secolo
d'Italia a Liberazione, che i nostri uffici hanno
predisposto. Pur non trattandosi di verità evangelica
rivelata, si è in presenza però di numerose
testimonianze comparse su tanti quotidiani e settimanali italiani, su
cui mi pare opportuno che vi sia, al di là degli accertamenti
dell'autorità giudiziaria, vi sia una riflessione ulteriore.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Forse dovevo ancora una risposta all'onorevole Cicchitto, che mi aveva chiesto cosa si è fatto per adeguare l'azione di difesa dell'ordine pubblico, tenuto conto dei segnali che io stesso avevo indicato due o tre anni fa, in Commissione stragi. Ci siamo posti subito il problema di riadeguare i nostri reparti mobili alle nuove
esigenze, il che non è opera facile. Abbiamo poi, in
prossimità del vertice, accentuato al massimo questo nuovo
tipo di formazione. Seguiteranno - o seguiteremo, mi auguro - a
farlo, ma certamente è un problema che ci siamo posti e che
dobbiamo risolvere nell'interesse del paese.
Onorevole Boato,
inizio con una battuta: io a Padova non facevo parte dell'ufficio
politico. Io ero a Padova, ma lo dico anche qui con spirito di corpo.
Nell'investigazione politica sono entrato attraverso i nuclei SDS di
Santillo e devo dire che non c'era poi tutta questa grande simpatia
con gli uffici politici, semplicemente perché questi ultimi
erano gli eredi di una tradizione evidentemente informativa, mentre
invece i nuclei del servizio SDS avevano un'impronta più
aggressiva e più investigativa rispetto agli uffici politici,
tant'è vero che furono sciolti, ma vennero sostituiti
dall'UCIGOS con la riforma dei servizi.
LUCIANO VIOLANTE. Prima ci furono i NAT.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Prima ci furono i nuclei antiterrorismo, che poi vennero ribattezzati
SDS da Santillo. Anche quelli di prima erano di Santillo; vennero poi
cambiate solo le sigle.
Il coordinamento è un tema
effettivamente molto complesso che si va agitando dalla legge n. 121
del 1981 in poi. Credo che anche qui si siano fatti molti passi in
avanti: basti dire che al vertice dell'ufficio di coordinamento del
dipartimento della pubblica sicurezza c'è l'ex capo di stato
maggiore dei carabinieri, il generale Nunzella, ora prefetto: quindi,
credo che questo sia effettivamente un segnale di grande progresso.
Come ha funzionato, in concreto, il coordinamento per il G8? Direi
che è partito per tempo anche attraverso quei seminari e
quegli addestramenti in comune, principalmente tra noi e i
carabinieri, che avevano lo scopo di uniformare gli standard di
intervento e anche le dotazioni. Sul campo - credo che ne sia stato
dato atto da parte del questore - nella sala operativa della questura
di Genova era presente un ufficiale dell'Arma dei carabinieri, che
era ufficiale di collegamento con la sala operativa dell'Arma stessa.
Non siamo ancora pienamente in un meccanismo di sale operative
interconnesse o di sale operative uniche (ma questo forse è di
là da venire): certamente anche qui grossi passi avanti sono
stati fatti. Quindi, credo che se non tutto è stato perfetto,
ce l'abbiamo messa tutta perché i soliti disguidi derivanti
dalla diversità di impostazione dei rispettivi Corpi non si
traducessero poi in un danno nella gestione dell'ordine pubblico.
Devo dire di aver trovato estremamente disponibili e ragionevoli sia
i Carabinieri, sia la Guardia di finanza e poi - è bene forse
accennarlo - anche gli ufficiali delle Forze armate presenti a Genova
in numero consistente: anche questo aspetto è stato oggetto di
interpretazioni diverse, spesso errate. Ci sono volute delle riunioni
per mettere a punto questo dispositivo, per chiarire bene in quali
casi l'intervento delle Forze armate fosse necessario e tutto è
stato ricondotto alle autorità locali di pubblica sicurezza
perché questo è l'organigramma. Tuttavia, ciò
non vuol dire che il dipartimento volesse sottrarsi ai propri oneri,
tant'è vero che io ero lì.
Non condivido le
perplessità e i distinguo che sono stati fatti nei giorni
scorsi, e soprattutto ieri, sulla scala gerarchica, perché il
capo della Polizia è il capo della Polizia: tradizionalmente,
egli è stato ed è personaggio centrale ed autorevole in
fatto di sicurezza e di ordine pubblico. Su questo c'è una
storia che va - se la vogliamo retrodatare fino a periodi non
perfettamente assimilabili a quelli odierni - da Bocchini in poi,
dall'unità d'Italia in poi, come indicato in quel quadro in
cui i nomi dei capi della Polizia si susseguono dal primo, dopo
che venne raggiunta l'unità d'Italia, a Gianni De Gennaro.
Scorrendo quei nomi si vede quale è l'importanza e la
centralità della figura del capo della polizia, direttore
generale della pubblica sicurezza, in tema di ordine e sicurezza
pubblica in questo paese.
Laddove dico che a Genova è
successo qualcosa che trascende le responsabilità dell'ordine
pubblico effettivamente sono un po' vago. Voglio però dire, e
forse qualcosa aggiungo per rendere comprensibile il mio pensiero,
che bisogna prendere atto della nascita di questo movimento
transnazionale, che è - non voglio tirare fuori parole troppo
grosse - fenomeno epocale. Non mi sembra che sia un fatto che vada ad
esaurirsi, ma è destinato a pesare anche in futuro, e non solo
sui problemi dell'ordine pubblico; questo volevo dire. Esso pone
tutta una serie di problemi che sono di ordine, prima di tutto,
politico, e spesso non di politica nazionale ma anzi, soprattutto, di
politica internazionale. Questo aspetto bisogna tenere ben presente
per non ridurre tutto ad un problema di repressione o di contenimento
di violenze nell'ordine pubblico.
Credo che sia interesse anche
del Genoa social forum fare completa chiarezza su tutte le
spinte che si agitano al suo interno, perché certe realtà
non hanno nulla a che fare - e mi riferisco soprattutto ai black
bloc - con i temi dell'antiglobalizzazione. Per questa gente i
temi dell'antiglobalizzazione sono strumentali; lo scopo del
movimento antiglobalizzazione è ben altro ed esso sostiene
altri valori rispetto a quelli di cui sono portatori i black bloc.
Quanto alla discrasia tra adeguatezza delle analisi e concreta
attuazione, si tratta di un argomento che giustamente mi perseguita,
perché la stessa domanda, sia pure su un terreno diverso, mi è
stata rivolta in Commissione stragi a proposito
dell'omicidio D'Antona, che è un altro caso che non sono riuscito a risolvere e che mi pesa molto. Anche in quella circostanza ci è stata rivolta la seguente domanda: come mai, nonostante le vostre analisi approfondite ed assolutamente esatte, non riuscite ad ottenere risultati concreti?
MARCO BOATO. Sono due cose incomparabili.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Sono due cose incomparabili. Lì il discorso della difesa è
più facile perché - come risposi - non basta svolgere
un'analisi, occorre cercare le prove. Qui la risposta mi imbarazza
perché in effetti - lo ripeto - devo ammettere che le cose non
sono andate nel senso sperato e, anzi, mi sono rammaricato, anche
nella relazione, nel vedere che la città era in balia di
gruppi violenti che non riuscivamo a bloccare. Valgono, però,
gli argomenti che ho indicato anche nelle precedenti risposte.
Certamente, mi dolgo altrettanto per il coinvolgimento dei
manifestanti pacifici in eccessi che - lo ripeto - ho tentato in
tutti i modi di scongiurare. Ribadisco, comunque, le considerazioni
che ho svolto, perché questo è un neo non solo nostro,
ma, purtroppo, anche di altre polizie: su decine di migliaia di
appartenenti alle forze dell'ordine è fisiologico che qualcuno
non sappia tenere i nervi a posto; tutto sta nel selezionare sempre
di più i contingenti. Il tema centrale dei prossimi mesi e
forse dei prossimi anni riguarderà la tenuta dell'ordine
pubblico così come si conviene ad un paese civile. Allora,
bisogna costruire molto per arrivare a tale risultato e il primo
passo è quello di procedere ad una selezione sempre più
accurata di chi va a fronteggiare l'ordine pubblico. Questo è,
infatti, il segno della democrazia del paese: il modo in cui
viene fronteggiata una situazione anche grave di ordine pubblico. Riconosco che dobbiamo impegnarci molto e rapidamente in ciò per conseguire risultati di questo tipo.
LUCIANO MAGNALBÒ.
Signor prefetto, desidero ringraziarla anch'io per la chiarezza,
l'assunzione di responsabilità e le indicazioni che ci ha
fornito senza riserve anche in relazione al ruolo del capo della
Polizia che dall'unità d'Italia - come lei ha affermato - è
la figura centrale per quanto concerne la sicurezza e l'ordine
pubblico; ciò significa molto. La domanda che volevo
rivolgerle, la più importante, era quella cui lei ha già
risposto e cioè quale sarà il futuro per le forze
dell'ordine e per l'ordine pubblico, attesa la differenza che esiste
e che sta emergendo in questi lavori fra ordine pubblico e guerriglia
urbana. Lei ci ha fornito alcune indicazioni e per ciò la
ringrazio.
Innanzitutto, vorrei chiederle come mai lei fu
inserito nella struttura di missione e poi non venne invitato alle
riunioni del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica
tenutesi proprio in merito al G8.
In secondo luogo, vorrei sapere
se nel suo ruolo ebbe mai contatti con i rappresentanti delle tute
bianche e, in caso affermativo, con chi.
In terzo luogo, vorrei
conoscere il suo pensiero sui black bloc - un'associazione per
delinquere o, quanto meno, un'associazione sovversiva (secondo quanto
riportato a pagina 11 del suo elaborato) - e sulle tute bianche che
«hanno sferrato un massiccio attacco con strumenti di ogni tipo
agli sbarramenti di via XX Settembre con l'inserimento di gruppi dei
black bloc e di altri componenti dell'ultrasinistra»,
nonché sul collegamento tra tute bianche, secondo ciò
che è emerso, e il rapporto dei servizi segreti che già
ne avevano parlato, delineandone la figura.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Per quanto riguarda la questione concernente l'ordine pubblico e la
guerriglia urbana, vorrei ricordare rapidamente che anche la
guerriglia urbana è ordine pubblico. Non farei distinzioni in
proposito. I reparti preposti all'ordine pubblico devono essere in
grado di affrontare anche la guerriglia urbana perché così
è stato in passato. La guerriglia urbana non è nata a
Genova; l'avevamo dimenticata, ma aveva imperversato in Italia e in
diverse città. Tutti ricorderemo il primo caso che scosse
l'opinione pubblica relativo alla morte dell'agente Annarumma a
Milano, nonché il famoso rapporto del prefetto di Milano Mazza
che verteva proprio su questi temi. Purtroppo, o per fortuna, il
paese non pensava che la guerriglia urbana potesse ritornare sulle
piazze così come non pensava che il terrorismo delle Brigate
rosse potesse tornare ad imperversare in Italia. Tutti, infatti,
eravamo convinti di essere usciti dagli anni di piombo e che sul
terrorismo avessimo riportato una vittoria, non solo sotto il profilo
della repressione e del perseguimento penale, ma anche sotto il
profilo politico; eravamo, cioè, convinti che il discorso
della politica delle armi fosse stato cancellato per sempre dalla
nostra storia. Purtroppo, due anni fa o più, ci siamo
risvegliati nuovamente con il simbolo delle Brigate rosse e con
alcune ritualità che credevamo fossero state eliminate per
sempre.
Per quanto riguarda le modalità con cui sono stato
inserito nella struttura di missione, bisogna considerare le date.
Sono stato inserito nella struttura di missione con decorrenza dal 1o
luglio; le riunioni del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica
alle quali non ho partecipato, perché non convocato, risalgono
al 16 novembre 2000, al 28 marzo 2001, al 16 maggio 2001, al 24
maggio e al 6 giugno; l'ultima riunione, quindi, si è tenuta
il 6 giugno.
Non era quella l'investitura che poteva legittimarmi a
partecipare ai comitati. Avrei potuto essere egualmente convocato:
non lo sono stato, di fatto. Questa è la realtà delle
cose.
Per quanto riguarda i contatti con le tute bianche,
ricevevo una serie di informazioni dall'UCIGOS e, mediate attraverso
l'UCIGOS, anche dai Servizi sulle intenzioni delle tute bianche.
Personalmente non ho avuto con loro alcun contatto, a nessun livello.
Non so come il SISDE e l'UCIGOS riuscissero ad avere notizie
dall'interno delle tute bianche: devo presumere attraverso
infiltrazioni dentro questa compagine. Ovviamente, però, si
tratta di argomenti che meritano il massimo della riservatezza perché
attengono a metodi di intelligence che non rappresentano nulla
di illegale, ma che, comunque, vanno tutelati.
Per quanto
riguarda l'applicazione dell'ipotesi di associazione sovversiva anche
per le tute bianche, ci sono stati molti problemi ad applicarla anche
ai gruppi anarco-insurrezionalisti perché l'associazione
sovversiva non è un'ipotesi facilmente controllabile sul piano
giudiziario. Tenga conto, senatore, che vi è stato un processo
a Roma, non troppo tempo fa, nei confronti di un gruppo di stampo
anarco-insurrezionalista (poi si è rivelato un misto, al suo
interno vi era anche della criminalità bella e buona, tant'è
che tale gruppo si rese responsabile di un sequestro di persona, il
sequestro Silocchi). Ebbene, molti degli imputati sono stati
condannati per alcuni reati specifici, ma la Corte non ha ritenuto
che sussistessero gli estremi dell'associazione sovversiva.
Francamente, quindi, ritengo che proporre l'associazione sovversiva
anche per le tute bianche si rivelerebbe un insuccesso totale.
Bisogna, infatti, tenere presente la realtà del movimento
antagonista nel quale si agitano due anime: le tute bianche, i centri
sociali del nord-est rappresenterebbero quella che viene definita
l'anima
dialogante, quella della carta di Milano; dall'altra parte, invece, ci sarebbe l'autonomia di classe con punte di irriducibilità ben maggiori.
FRANCO BASSANINI. Ci ha dato
una visione generale di tutta la problematica molto interessante.
Vorrei farle innanzitutto qualche domanda generale. La prima è
questa: lei conviene con me che gli obiettivi da perseguire in questa
vicenda fossero sostanzialmente quattro? Si trattava di proteggere il
G8; garantire la libertà di manifestazione, purché
pacifica; evitare violenze a persone e cose; evitare violenze, anche
isolate, nei confronti di persone inermi e/o arrestate. Se lei
conviene che questi quattro fossero gli obiettivi, qual è la
sua valutazione sul modo in cui sono stati raggiunti? Condivide che è
stato raggiunto il primo in maniera assolutamente adeguata, ma gli
altri tre sono stati raggiunti solo parzialmente? Forse, il termine
défaillance è perfino eufemistico.
Le pongo
una seconda domanda. Lei ha identificato, mi sembra molto
esattamente, nel rischio di infiltrazione parassitaria di gruppi
violenti il vero nodo della questione. Le chiedo: è stato
fatto tutto il possibile per tenere separati i gruppi violenti dai
gruppi pacifici? So che vi è, probabilmente, una zona grigia,
però mi pare di capire - me lo confermi se è vero - che
si fosse di fronte a qualche migliaio di violenti, a qualche migliaio
di disposti a tollerare e coprire la violenza, ed a centinaia di
migliaia di appartenenti a organizzazioni (penso a Pax Christi, alla
Caritas, a Legambiente, ai boy scout, all'ARCI e così via) che
con la violenza hanno un rapporto storico di rifiuto. È stato
fatto tutto il possibile?
Ulteriore domanda. Fino ad un certo
punto il Governo Amato discuteva con le organizzazioni non
governative riconosciute. Da un certo punto in poi si è
ritenuto - forse con una scelta giusta, non la sto criticando - di
trattare con il
Genoa social forum. In quel momento, si è tenuto
conto di questa realtà complessa e si è chiesta agli
interlocutori una precisa garanzia in ordine al rapporto tra gruppi e
organizzazioni pacifiche - la grande maggioranza - e gruppi violenti?
Il questore Colucci ci ha detto che ad un certo punto si è
deciso di trattare con Casarini. Ci ha detto anche che, nel
frattempo, arrivavano intercettazioni che dicevano - non so se è
vero, ce l'ha detto Colucci - che Casarini prometteva pace per il 19
e guerriglia per il 20 ed il 21. Risulta anche a lei di tali
intercettazioni? Sono vere? Ma, se lo sono, perché si è
deciso di trattare con Casarini legittimando chi nelle
intercettazioni avrebbe detto - se è vero - cose di questo
genere? È importante per noi sapere se è vero. Se
queste intercettazioni ci sono state, è possibile che le
conoscesse il questore di Genova e non il vicecapo della Polizia che
è stato delegato, ad un certo punto, dell'unità di
missione?
Due ultime domande. Lei dice ad un certo punto della
sua relazione: valeva la pena di creare una situazione di grave
rischio per l'incolumità dei manifestanti in genere e anche
degli appartenenti alle forze dell'ordine per salvare dei beni
materiali? Vorrei essere chiaro, dottor Andreassi, so bene quale
differenza ci sia tra l'incolumità delle persone, e, quindi,
la violenza alle persone, e la violenza sulle cose. Però mi
chiedo: tollerare devastazioni alle cose, in una situazione di questo
genere, non costituisce l'inizio di un processo di degrado che, poi,
finisce col mettere a rischio anche l'incolumità delle
persone? La tolleranza che vi è stata (e che sembra emergere
anche dalla sua relazione come una scelta) nei confronti delle
devastazioni urbane dei black blok e forse di altri, è
stata proprio una scelta giusta, col senno di poi? O non sarebbe
stato meglio avere maggiore determinazione fin dall'inizio anche nei
confronti della violenza sulle cose?
Infine, Napoli. Io ero presente a Napoli. Quando è
iniziata l'azione dura i manifestanti si trovavano a meno di cento
metri dal teatro San Carlo, dove 1.200 delegati di 122 governi
stavano svolgendo il terzo Global forum. In quel momento, vi è
stata la necessità di evitare quello che era l'obiettivo
evidente e quasi raggiunto da alcuni manifestanti (la zona di
protezione lì era piccolissima: avevamo deciso con il prefetto
ed il questore di Napoli di farla più piccola possibile per
evitare disagi). Quindi, vi era una situazione che in quel momento,
come dissi poi il giorno dopo in un'intervista a la Repubblica,
legittimava una reazione anche abbastanza dura. Infatti, anche il
primo degli obiettivi, quello che a Genova è stato
assolutamente garantito (mi riferisco alla regolarità della
conferenza internazionale) rischiava di essere compromesso. Questa
differenza con Napoli, forse, andrebbe sottolineata.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Gli obiettivi che si dovevano raggiungere e che lei ha sintetizzato sono effettivamente quelli che si volevano e si dovevano perseguire. Indubbiamente, come è stato più volte affermato, il primo è stato egregiamente raggiunto; qualche volta, si è detto, a scapito degli altri.
FRANCO BASSANINI. Io non l'ho detto.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. No, lei non l'ha detto, ma è stato asserito in altre occasioni. Credo si sia raggiunto, nonostante tutto, tenuto conto anche delle proporzioni dell'evento, l'obiettivo di garantire la libertà di manifestazione nelle forme più varie scelte dalle diverse componenti del Genoa social forum, dalle piazze tematiche e dai luoghi di riunione del 20...
FRANCO BASSANINI. Vi sono manifestanti pacifici che sono stati picchiati, magari da altri manifestanti o dalle forze dell'ordine...
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Infatti, poi, sarei addivenuto alla trattazione degli altri due
obiettivi da lei elencati, obiettivi per i quali vale l'argomento che
si è fatto tutto il possibile nonostante il mancato
conseguimento - da me ammesso più volte - di un pieno successo
nel loro perseguimento.
Per quanto riguarda la libertà di
manifestazione, torno a ribadire che, anche attraverso intese con i
rappresentanti locali di alcune delle componenti del Genoa social
forum, sono stati fatti grandi sforzi per dare ad ognuno il suo
spazio; abbiamo, addirittura, «fatto violenza» alle
nostre stesse regole di sicurezza, per consentire alla CUB di
manifestare a Ponente; al corteo dei migranti del 19 luglio di poter
partire dall'interno della zona gialla e di poter, poi, andare a
Levante. Infine, abbiamo consentito ad ognuno, nella giornata del 20
luglio, tra i gravi momenti di tensione verificatisi, culminati nella
morte di Giuliani, di esprimersi lì dove aveva chiesto di
poter manifestare. Il grande corteo del 21 luglio ha avuto momenti di
grande difficoltà, ad un certo punto, si è spezzato;
però, la manifestazione ha avuto un suo epilogo. Credo che
dobbiamo rimproverarci per diversi motivi, ma credo altresì
che i principi generali di un assetto civile e democratico del paese
siano stati da noi garantiti. Infatti, abbiamo consentito ai Capi di
Stato di riunirsi senza subire aggressioni; abbiamo apprestato
analoga garanzia di incolumità, come ha ripetuto
opportunamente il questore, ad una parte notevole della città,
composta, in quel momento, non solo da 15 mila ospiti più o
meno autorevoli ma anche da 35 mila abitanti della città
medesima residenti nella zona rossa. Abbiamo, quindi, garantito come
meglio potevamo la libertà di manifestare.
Quanto alle
violenze gratuite, non posso che ribadire il mio rammarico ed
aspettare gli esiti delle inchieste in corso; mi
auguro che, se si riuscirà a portare avanti quella
selezione e quell'addestramento del personale assolutamente
essenziali, non accadano più simili fatti, che certamente non
dovevano succedere.
Quanto alla possibilità, spesso da noi
tradotta in realtà in altre circostanze - la sua è una
giusta osservazione -, di tenerli separati, se si è mancato
l'obiettivo è perché non si sono verificate le
condizioni per esempio inveratesi a Milano (caso da lei ricordato);
colà, la componente era locale e facilmente individuabile.
Infatti, è stato facile, in quella occasione, con la capacità
di collaborazione del resto della manifestazione, individuare ed
isolare quella autonomia di classe che voleva infiltrarsi. Parlo di
capacità, di possibilità di collaborazione; non di
volontà. Molto probabilmente... anzi, sono sicuro che il Genoa
social forum, se avesse potuto, avrebbe circoscritto i violenti
ma neppure questa organizzazione vi è riuscita. Noi,
d'altronde, non siamo riusciti ad intervenire come volevamo per
accerchiarli e cercare di interrompere le devastazioni. Qualche
volta, per la verità, vi siamo riusciti ma altre volte no, del
che mi dolgo.
Non mi risulta che si sia trattato con Casarini;
certamente, non l'ho fatto io. Quanto, inoltre, alla scelta degli
interlocutori - lei, infatti, ha fatto riferimento alle
organizzazioni non governative ed al Genoa social forum, il
discorso retrodata, se non vado errato, al 5 aprile, quando si è
verificato tra il capo di gabinetto del ministro dell'interno ed il
prefetto di Genova un primo contatto con quanti si proponevano quali
rappresentanti del Genoa social forum. Ebbene, non sono stato
io a scegliere tali interlocutori e non ho, almeno
significativamente, partecipato alle trattative; ho accompagnato una
volta, ma
senza prendere la parola, il capo della Polizia nel primo incontro, mi sembra, da questi avuto a Genova con i rappresentanti del Genoa social forum, guidati da Agnoletto.
FRANCO BASSANINI. In quale data?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Mi sembra che fosse a giugno ma, francamente, non ricordo la data
che, tuttavia, posso verificare. Inoltre, la data - mi scusi,
senatore - è desumibile anche dalle agenzie e dalla stampa che
l'hanno ampiamente commentata.
Certamente, non volevo assimilare,
in una esemplificazione ridicola o banale, i rischi di danni alle
persone ai danni alle cose, né, tuttavia, ciò ha
costituito una scelta inesorabile dei nostri criteri di intervento;
piuttosto, abbiamo cercato di impedire anche le devastazioni alle
cose perché, francamente, ripugnava a tutti vedere i teppisti
divertirsi a distruggere la città. Adesso, però, torno
a pormi quel quesito, ma non per giustificare una mancanza di
determinazione nell'intervento; abbiamo, infatti, cercato in tutti i
modi di intervenire, a volte con l'esito sperato, altre volte
riuscendo, ma non come avremmo voluto e altre volte ancora, infine,
invano. Ricordo benissimo che, in un paio di occasioni,
assembramenti, divenuti teatro delle peggiori nefandezze per quanto
riguarda le azioni violente contro le cose, sono stati poi risolti
con interventi decisi, approntati con mezzi che noi tenevamo ormai
nei garage delle nostre caserme e che pensavamo di non utilizzare mai
più. Mi riferisco, ad esempio, ai blindati gommati; quindi,
abbiamo usato anche tali mezzi, abbiamo nuovamente utilizzato gli
idranti che non si vedevano più da decenni sulle piazze;
abbiamo previsto, inoltre, l'uso dei cavalli. Infatti, per quanto
delicato quest'ultimo strumento possa essere, erano pronti anche
squadroni a cavallo. Sono
mancate - torno a dirlo - le condizioni per le quali tutti questi
strumenti avrebbero potuto raggiungere l'effetto sperato.
Quanto
a Napoli, certamente le condizioni sono state molto diverse; prendo
atto della distinzione da lei fatta per cui lì, certamente,
essendo i contestatori - situazione non verificatisi a Genova -
arrivati a ridosso del summit, bisognava intervenire.
Non
ho voluto muovere alcuna critica sull'intervento, ma rispondere alle
accuse - formulate allora da più parti - che sostenevano che
lo stesso era stato eseguito senza lasciare ai manifestanti la
possibilità di fuga, cosa di cui ci siamo, invece, premurati -
memori di questo precedente - il giorno in cui c'è stato il
tentativo di sfondamento della zona rossa a piazza Verdi.
FILIPPO ASCIERTO. Presidente,
devo segnalare una questione. Lei è persona molto garbata e
sta conducendo nel modo ottimale i lavori di questa Commissione.
Nel
resoconto stenografico di ieri, a pagina 226, e mi dispiace che
questa mattina non ci sia l'onorevole Boato, si fa riferimento al mio
status di «maresciallo» con una certa ironia.
Mi
dispiace perché per me è motivo di orgoglio essere
stato per 21 anni al servizio dei cittadini in strada come scelta di
vita e di essere tuttora maresciallo dell'Arma dei carabinieri:
sostengo tutto ciò con l'orgoglio di un servitore dello Stato,
che ho rivisto nel prefetto Andreassi e nel questore di Genova.
Pertanto, se l'ironia da me ravvisata dovesse essere tale, ciò
certamente non farebbe piacere a me e neanche a quei 27 mila
marescialli dell'Arma dei carabinieri che, modestamente, potrei
rappresentare e a tutti quei marescialli che, con il loro spirito di
sacrificio, e soprattutto con il contributo di sangue,
hanno difeso i cittadini e anche l'onorevole Boato (Commenti
del senatore Turroni).
Io non ritengo che la sua difesa nei
confronti della Polizia sia corporativa e gliene va dato atto perché
è giusto rimettere a posto le cose in modo chiaro, aggressori
e aggrediti. Fa male a chi sostiene che vi sia una difesa corporativa
o a coloro che vogliono difendere la Polizia ascoltare quel grido di
«assassini, assassini», quel grido che si è levato
dalle piazze e che ha offeso le forze dell'ordine.
In rapida
successione vorrei formularle alcune domande.
Il 12 giugno il
capo della Polizia aveva formato uno staff di cinque persone:
oltre a lei, chi altro c'era in questo staff? In relazione
alla sua assegnazione di missione ha avuto il tempo necessario, sotto
il profilo personale, per prendere possesso dell'organizzazione ?
Si
sono svolti dei comitati nazionali per l'ordine e la sicurezza
pubblica, quanti se ne sono tenuti di questi comitati e a quanti lei
ha partecipato ?
FILIPPO ASCIERTO. Lo so che
sono agli atti, vorrei farlo ripetere. A pagina 8 della sua relazione
ha parlato di tardivo alloggiamento dei Capi di Stato: in che misura
tutto ciò ha influito sull'ordine pubblico ?
Quali sono i
movimenti antagonisti che lei ha indicato (secondo una sua
affermazione riportata a pagina 18 della relazione)? Qual era il
numero dei violenti? Se a questi uniamo le tute bianche, a quanto
ammonta il totale complessivo? Chi ha sollecitato e promosso le
iniziative che hanno portato alla perquisizione alla scuola Diaz?
Chi ha impartito le direttive e chi materialmente dirigeva -
perché ci sono state due riunioni - la seconda riunione,
quella organizzativa? Qual è il ruolo dei reparti mobili e
a chi è subordinato durante l'ordine pubblico, oppure è
autonomo nel servizio e nell'applicazione dello stesso servizio? Se
non era autonomo, chi era il responsabile sul posto alla Diaz, da cui
dipendeva funzionalmente ?
Qual era il ruolo di Gratteri ?
Nell'episodio della Diaz, c'era sul posto il prefetto Gratteri ?
A
Brignole il 20, giorno in cui era proibito qualsiasi tipo di corteo,
se ne era formato uno con manifestanti che indossavano caschi e scudi
in plexiglass. La DIGOS relaziona che c'erano dei parlamentari alla
testa di questi manifestanti, lei è stato informato di ciò
? C'è qualche parlamentare che ha chiamato il 113 e ha
denunciato la presenza di violenti a Brignole ?
Il questore l'ha
informata che parlamentari telefonavano a lui o ad altre persone
presenti in sala operativa e chiedevano prima la presenza della
Polizia davanti al corteo e, poi, altri che telefonavano dicendo che
bisognava eliminarla perché provocava ?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Scusatemi se dirò una battuta analoga a quella che ho fatto all'onorevole Boato: beato lei, onorevole Ascierto, che è ancora maresciallo, perché io invece, in questo momento, non appartengo più neanche al dipartimento di pubblica sicurezza. Dopo trent'anni di servizio, non solo non appartengo più alla Polizia di Stato perché mi è stato concesso l'onore di essere nominato prefetto, ma non appartengo più neanche al dipartimento, essendo stato collocato all'ispettorato di amministrazione.
MARCO BOATO. Sarà per un breve periodo...
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Me lo auguro di cuore, per una questione di dignità e di orgoglio, ma anche per la voglia di fare ancora.
MARCO BOATO. Glielo auguriamo anche noi.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Sono contento che la mia difesa della Polizia sia stata percepita e
valorizzata, perché, come lei ha detto, non si è
trattato di una difesa corporativa. Non ne ricorrono i presupposti,
perché la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri sono così
speculari rispetto alla società che non credo si possa vedere
in essi una corporazione che può entrare in contrasto con
altre componenti della comunità nazionale.
Veniamo agli
argomenti più specifici. Il 12 giugno venne costituito lo
staff, composto oltre che da me - come si può rilevare
dall'appunto che allegherò alla relazione - dal prefetto
Manganelli, che aveva il compito di sovrintendere all'attività
di controllo della zona rossa e dei carrugi, dal prefetto Longo, dal
prefetto La Barbera e dal prefetto Pansa.
Ho cominciato a
interessarmi dei problemi del G8 - sia pure in un'ottica diversa da
quella dell'ordine pubblico - dal mese di aprile, da quando cioè
il capo della Polizia, con quella circolare interna, fece carico alle
altre direzioni centrali di informare me di tutto quello che si stava
realizzando non solo sotto il profilo dell'ordine pubblico, ma
soprattutto sotto l'aspetto organizzativo: come affrontare il G8?
Ho
indicato poc'anzi i comitati nazionali e non ho partecipato ad alcuno
di essi. Sono cinque e vanno dal 16 novembre fino al 6 giugno. Non ho
partecipato ad alcun comitato; ho partecipato, invece, quando poi
sono andato Genova, a conferenze, riunioni di servizio (non so quale
sia il termine esatto), convocate dal prefetto, qualche volta su mia
indicazione,
con i rappresentanti delle altre forze dell'ordine e con ufficiali
delle Forze armate, per mettere a punto i nostri dispositivi. Allo
stesso modo, partecipai ad una conferenza regionale che il prefetto
convocò e che è stata ricordata anche nelle precedenti
audizioni.
Il problema della collocazione delle delegazioni, e in
particolare di quella degli Stati Uniti, è stato dibattuto
fino all'ultimo momento. Potrò poi indicare con esattezza la
data in cui la delegazione degli Stati Uniti ha sciolto la riserva
relativa alla scelta di alloggiare - presidente Bush compreso - a
Rapallo o, invece, accogliendo il suggerimento dato dal MAE, sulla
European Vision. Abbiamo fatto tutti gli sforzi possibili per
supportare l'azione del Ministero degli affari esteri al fine di
convincere le delegazioni dei capi di Stato e di Governo ad andare ad
alloggiare sulla European Vision perché, tra l'altro,
la nave è stata messa a nostra disposizione con uno
strettissimo margine rispetto all'arrivo delle delegazioni. Sarebbe
stato opportuno che questo margine fosse stato maggiore perché,
dovendo collocare alcuni capi di Stato all'interno di una nave,
sarebbe stata necessaria una bonifica assolutamente seria e
meticolosa, per evitare quantomeno situazioni ridicole, quali la
presenza di un petardo in una cabina. Abbiamo dovuto fare quindi
sforzi inimmaginabili per rassicurare le delegazioni che avremmo
garantito comunque, con i nostri artificieri, la bonifica del
natante, che ci è stato messo a disposizione solamente negli
ultimi giorni. Antecedente di pochi giorni è stata la scelta
definitiva della delegazione americana di andare ad alloggiare al
Jolly Hotel Marina. Ovviamente, tutto questo ha comportato gravi
problemi perché solo all'ultimo il questore ha potuto
calibrare bene i servizi. Infatti, se la delegazione americana fosse
andata ad alloggiare a Rapallo, tutto si sarebbe enormemente
complicato.
Quali sono le componenti del movimento antagonista? Credo di
essere stato abbastanza puntuale, anche se non preciso, quando ho
detto che questa vasta area -che in quella riunione del 13 giugno
indicai come area a rischio, contro cui non c'era altro metodo che la
contrapposizione e lo scontro - era composta, oltre che dalla
componente anarco-insurrezionalista, dai cosiddetti «spezzoni
dell'autonomia di classe», cioè da alcuni di quei centri
sociali non dialoganti a cui ho fatto riferimento prima. Quanti erano
costoro? Il nocciolo duro era composto all'incirca di 2.500 persone,
ma se ricomprendiamo anche le tute bianche, che pure hanno esercitato
una loro violenza, arriviamo a circa 10 mila persone, se non oltre.
Per quanto riguarda la scuola Diaz, francamente, onorevole
Ascierto, non voglio ritornarvi, perché mi sembra di aver dato
elementi abbastanza chiari per dire che io ne sono fuori. Non voglio
assumermi un onere aggiuntivo, non ne ho bisogno. Non so che cosa sia
successo sul posto perché, a dimostrazione del fatto che io
con la vicenda non c'entro, se non nel senso che ho indicato prima,
vi è il fatto di non aver partecipato alla riunione
definitiva, quella di carattere operativo, ammesso che vi sia stata
una riunione prima, dal momento che, forse, poc'anzi si è
enfatizzato un po' sul senso della riunione.
Non dico che ci
dovessero essere i commessi fuori dalla porta e il maggiordomo che
annunciasse gli ingressi, ma stavamo tutti nell'ufficio del questore
e c'era chi entrava e chi usciva; quindi, forse è un po'
enfatico parlare di riunione. Comunque, non ho partecipato alla
riunione -tale era - in cui fu deciso chi e come dovesse intervenire.
FILIPPO ASCIERTO. È vero che la dirigeva La Barbera?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Nella sala riunioni c'erano La Barbera ed il questore, oltre al dottor Gratteri: lei ha
ricordato che c'era anche il dottor Gratteri ed a quanto mi
risulta questi era sul posto; ma io non vi ero.
Qual è il
ruolo dei reparti mobili? L'ho indicato prima. Il reparto mobile non
ha una sua autonomia di intervento: ha un comandante che addestra,
organizza, gestisce il reparto, lo impiega secondo le indicazioni che
gli vengono date dal dirigente del servizio di ordine pubblico;
questo è il reparto mobile. Sul ruolo di Gratteri mi sembra di
avere già accennato qualcosa; comunque, Gratteri era lì
e quella mattina si era anche occupato dei primi arresti, che erano
stati operati in occasione dell'individuazione, in quell'area famosa
di Levante, di quel furgone dal quale venivano distribuite mazze e
quant'altro ai manifestanti; proprio il dottor Gratteri ha coordinato
la perquisizione e gli arresti che ne sono conseguiti. Alla domanda
se ci fossero alcuni parlamentari alla testa del corteo delle «tute
bianche» francamente non so rispondere; non lo so, non lo so.
Lei ha fatto altre due domande, ma forse ho perso l'appunto.
FILIPPO ASCIERTO. Gliele ripeto. Anzitutto, ho chiesto di sapere se siano state fatte segnalazioni (per mezzo del 113 o di persona), da parte di parlamentari, concernenti la presenza di violenti a Brignole, dove stavano.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Non mi consta, non mi risulta, ma potrebbero essere state fatte. Non so rispondere.
FILIPPO ASCIERTO. Ho chiesto, inoltre, se siano intervenute pressioni per spostare gli uomini della Polizia da dove erano stati disposti e per posizionarli dapprima davanti al corteo e poi per toglierli, come ci ha detto il dottor Colucci ieri.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Sì, credo che quello che ha riferito Colucci corrisponda a quanto risulta anche a me.
LUCIANO VIOLANTE. Mi pare che
le cinque cose che non sono andate bene, i cinque fenomeni patologici
verificatisi a Genova, siano stati: la morte di Giuliani, le violenze
di gruppi di manifestanti contro la Polizia, le violenze di gruppi di
manifestanti contro le cose, le violenze di alcuni appartenenti alle
forze dell'ordine contro manifestanti inermi e le violenze di alcuni
appartenenti alle forze dell'ordine contro i fermati e gli arrestati.
Queste sono le cinque cose patologiche che sono accadute; se non si
fossero verificate queste, non staremmo qui.
Poiché,
giustamente, si parla di violenze in termini generali, si può
distinguere tra quel tipo di violenza esplicatasi nei confronti delle
forze di polizia - per sfondare il blocco, e così via - e le
altre forme di violenza, quelle contro le cose? In altre parole, voi
avete notato una diversificazione degli obiettivi? Pongo questa
domanda perché a pagina 21 della relazione da lei depositata è
scritto: a Genova l'aspirazione dei black bloc era quella di
risucchiare reparti di polizia per indebolire la difesa della «zona
rossa» e consentire ad altre componenti del movimento di
penetrarvi. Se così fosse, ci sarebbe stata una sorta di
sinergia tra le varie operazioni - molto più programmata che
accidentale - e in questo modo si comprenderebbero anche le ragioni
che hanno indotto ad una certa prudenza nell'intervenire nei
confronti delle violenze alle cose: lo scopo sarebbe stato quello di
evitare di sguarnire zone che dovevano essere tutelate e in cui si
poteva realizzare quel tipo di obiettivo che non doveva realizzarsi,
cioè lo sfondamento della «zona rossa». Le chiedo
questo perché uno dei punti di fondo che non si è
ancora riusciti a definire bene - vi ha accennato anche il senatore
Bassanini - è lo scarto
avutosi tra la qualità della preparazione e, come dire, la
criticabilità della gestione; a questo proposito, volevo
sapere, in sostanza, se avevate messo in conto alcuni elementi,
alcuni dati da guerriglia ritenendoli un costo meno rilevante
rispetto al rischio che si sguarnisse la zona che doveva essere
difesa, con risultati che sarebbero stati, a quel punto, veramente
disastrosi. Volevo capire questo. E che la guerriglia ci sarebbe
stata lo si sapeva, perché c'era già stata a Seattle ed
a Göteborg. Quindi, tutto questo era già chiaro.
Seconda
questione. Il ministro dell'interno è l'autorità
nazionale per la sicurezza - è così? - e il questore è
l'autorità locale: sono questi i due soggetti della sicurezza?
A me interessa capire come si svolge il rapporto tra l'autorità
nazionale e l'autorità locale: non tanto e non solo come esso
si sia svolto nel caso concreto, ma proprio quale sia il rapporto,
diciamo così, teorico, da manuale, tra un soggetto e l'altro
sulla base delle leggi, delle prassi e delle relazioni.
Terza
questione. Ho l'impressione, signor prefetto, che praticamente siamo
andati a Genova con l'idea dell'ordine pubblico contrattato, cioè
il vecchio ordine pubblico, quello in cui ci si rivolgeva al servizio
d'ordine della manifestazione e si stabiliva come si dovessero
sviluppare le cose: lo sappiamo perché tutti lo abbiamo fatto
in occasione di manifestazioni; però, una tale idea esige due
cose: in primo luogo, che la manifestazione sia organizzata da un
soggetto egemone e, in secondo luogo, che tale soggetto sia
attendibile. Ebbene, ho l'impressione che, nel caso di specie, non
ricorresse alcuna di queste due condizioni, per ragioni anche
indipendenti dai soggetti coinvolti. Voi, però, sapevate che
era così: le intercettazioni e tutto il resto avevano
consentito di stabilire, anzitutto, che le organizzazioni erano 700 o
800 e, inoltre, che otto decimi di esse erano organizzazioni, come
dire, assolutamente
in regola, e due decimi, forse, un po' meno; però, si
tratta di quei due decimi che hanno generato i disordini. Mi chiedo
per quale motivo si sia seguita ancora l'idea della possibile
negoziazione dell'ordine pubblico quando non c'erano quelle
caratteristiche. Non c'era altro da fare? Può darsi. O,
comunque, era opportuno, per ragioni di «tenuta»,
mantenere un filo, un dialogo o altro? Serve per capire.
L'ultima
questione che desidero affrontare concerne la visita dell'onorevole
Fini (di cui ha parlato), il quale era - credo - la più alta
autorità politica presente a Genova, poiché il
Presidente del Consiglio era impegnato in altre cose e il ministro
dell'interno non è mai stato a Genova in quei giorni, mi pare.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. No.
LUCIANO VIOLANTE. Quindi, l'autorità politica più alta era il Vicepresidente del Consiglio dei ministri. Qual è stato il senso della visita del Vicepresidente del Consiglio, autorità politica di livello più alto in quel momento a Genova, presso - se non ho inteso male l'accenno da lei fatto - gli uffici della questura?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Il ministro è autorità nazionale di pubblica sicurezza. Quali sono - lei chiede, presidente - i rapporti, come si snodano, come si atteggiano i rapporti tra il ministro, autorità nazionale, e le autorità locali di pubblica sicurezza? Per quanto attiene alle scelte - forse vado al di là del tenore della norma, che adesso non ricordo neppure perfettamente, ma quello che dirò corrisponde un po' al mio modo di intendere il rapporto tra queste componenti di vertice -, il ministro, ovviamente, dialoga, può dialogare con il prefetto per quanto concerne, appunto, le scelte politiche di
massima relative all'ordine pubblico, ma, se il tema diventa eminentemente tecnico, a quel punto, al di là della previsione normativa, che parla di autorità nazionale di pubblica sicurezza in capo al ministro, c'è una autorità nazionale tecnica di pubblica sicurezza che si identifica con il capo della Polizia, il quale interviene, a seconda del taglio e delle necessità, sia sul prefetto sia sul questore, oppure interviene con altri accorgimenti, quali quello della creazione di uno staff, così come ha fatto incaricando me di andare a Genova.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Sulla logica della contrattazione, effettivamente, l'atteggiamento mentale che può aver condizionato certe scelte di dialogo può essere di stampo un po' antico, più adatto ad altre circostanze: in questo caso avevamo di fronte una componente con la quale, comunque, non era possibile avere alcun tipo di dialogo (mi riferisco alla componente che ha creato problemi in tutto il mondo e che continuerà a crearne). Quanto alla scelta degli interlocutori, direi che l'operazione è stata inversa e cioè sono stati alcuni soggetti che si sono presentati alle autorità come interlocutori validi per tutto il Genoa social forum, sollecitando un colloquio, eminentemente spinti da esigenze di carattere organizzativo legate alla necessità di far convenire a Genova decine e decine di migliaia di manifestanti, di trovare, per loro, luoghi di accoglienza, di convincere i manifestanti a venire a Genova, non solo sulla base degli spazi che sarebbero stati loro assicurati, ma anche sulla base delle manifestazioni che sarebbero state, poi, effettivamente, svolte, poiché questo è il motivo che, alla fine, spinge un manifestante ad intervenire o meno. C'è stata dunque una sorta di inversione dei ruoli. In ogni caso su questo punto io non sono intervenuto molto, o meglio, sono intervenuto soltanto nel momento in cui tutto si era ridotto agli spiccioli, a cioè dover contrattare o, per meglio
dire, indicare alle componenti del Genoa social forum dove
e come poter svolgere le manifestazioni in maniera che una componente
non andasse ad interferire con le altre e non si venissero a creare
situazioni rischiose.
Per quanto riguarda la visita del
Vicepresidente del Consiglio Fini, si è trattato eminentemente
di un saluto breve fatto al questore. Io mi trovavo lì ed ho
quindi ritenuto di presentarmi anch'io all'onorevole Fini: lo abbiamo
accompagnato nella sala operativa per fargli vedere come eravamo
organizzati.
LUCIANO VIOLANTE. Che giorno era?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Era il 21 luglio mattina.
Dopo di che l'onorevole Fini - lo
ripeto, la visita sarà durata un quarto d'ora - si è
recato probabilmente, per quanto ho capito, a fare analoga visita ai
carabinieri.
LUCIANO VIOLANTE. Sulla prima questione, quella relativa alla guerriglia - non so se le sia sfuggito - vorrei sapere perché non c'è stato il contrasto alla guerriglia, anche perché, un domani (speriamo mai) potremmo trovarci nuovamente di fronte a problemi del genere.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Il rischio che l'azione del black bloc, programmata o meno - non è detto che debba esservi un disegno organico però non dobbiamo dimenticare che tutte le componenti, anche quelle più pacifiche, avevano, quanto meno, l'obiettivo di boicottare o interrompere il vertice, con diverse gradazioni di violenza potesse tendere anche all'invasione della zona rossa era plausibile, ed è proprio per questo motivo che abbiamo concentrato gli sforzi proprio su tale zona. È chiaro che, alla luce di questa esperienza, dovremo aggiustare, di molto, i nostri dispositivi per le future occasioni.
Certamente sarà anche necessario - questo è
forse il nodo centrale, ma è una questione che richiederà
tempi non brevi - formare dei funzionari per la gestione dell'ordine
pubblico, perché situazioni di notevole impegno non possono
più essere affrontate prendendo funzionari a caso o cercando
di regolarsi sulle pregresse esperienze dei singoli, anche perché
ogni esperienza è una storia a sé: Genova non è
come Bologna, Bologna non è come Trieste. Credo bisognerà
concentrare molto gli sforzi per creare una equipe di
funzionari che si occupino di ordine pubblico, che siano reclutati
non perché, di volta in volta, disponibili ma perché
formati a tal fine; devono poi essere stabiliti tra i vari funzionari
incaricati di tutelare l'ordine pubblico - gli ufficiali dell'Arma
dei carabinieri che comandano i battaglioni ed i comandanti della
Polizia di Stato dei reparti mobili - quei rapporti che ho cercato di
indicare. Ciò ha sempre costituito, presidente Violante, un
nodo importante della gestione dell'ordine pubblico anche quando, e
forse ancora di più, la Polizia non era disciplinata dalla
legge n. 121, ma vi erano un corpo delle guardie di pubblica
sicurezza e dei comandanti dei reparti mobili. In quella situazione
il distacco di vedute tra il dirigente del servizio e il comandante
poteva essere ancora più accentuato di quanto non sia ora.
PRESIDENTE. Sino ad ora sono
intervenuti otto colleghi, ne mancano ancora dieci.
Ricordo che
ieri, nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza avevamo
convenuto che sia le domande sia gli interventi avrebbero dovuto
essere veramente sintetici per consentire un ordinato andamento dei
lavori, altrimenti saremo costretti a modificare continuamente il
calendario dei lavori e delle audizioni.
Non so se, a questo punto, sia il caso di avvisare il dottor
Sabella per dirgli di non venire perché, procedendo con questo
ritmo, non riusciremo a concludere l'audizione del prefetto Andreassi
prima delle 14 o delle 15. Al termine di tale audizione mi riservo di
convocare l'ufficio di presidenza per rivedere eventualmente il
calendario dei lavori. Ho rispettato la richiesta di procedere
alternando domande e risposte, ma credo che non sarà possibile
continuare in questo modo, in primo luogo perché questo
andamento è più vicino al modello inquisitorio che non
al fine che questo Comitato paritetico si propone e, in secondo
luogo, perché credo non sia nemmeno utile in quanto le domande
vengono comunque ripetute.
A questo punto direi di avvisare il
dottor Sabella, se non è già giunto alla Camera dei
deputati, di attendere una nostra nuova convocazione.
Possiamo
procedere. Rimetto alla vostra sensibilità il problema.
GABRIELE BOSCETTO. Quanto tempo ho a disposizione?
PRESIDENTE. Non posso risponderle perché devono ancora intervenire, dopo di lei, gli onorevoli Mancuso, Saponara e Palma ed eventualmente altri che lo chiedessero. A meno che gli altri non rinunzino.
GABRIELE BOSCETTO. Uno dei
problemi che sono emersi dalle precedenti audizioni verte attorno a
ciò che è accaduto la sera della incursione nella
scuola Diaz con riferimento a voi che rappresentate i vertici.
Il
questore ha avuto una partecipazione, ma poi non è andato
oltre; il dottor La Barbera è andato via non appena ha visto
arrivare i giornalisti e lei stesso, se ben ricordo, ha avuto una
partecipazione alla fase di decisione e poi non ha partecipato alle
fasi successive.
Sembra molto strano, direi inverosimile, che, comunque,
posizioni di vertice come queste tre, non siano state raggiunte,
almeno telefonicamente, da chi era rimasto in loco e aveva
operato e non siano state informate dettagliatamente su quanto era
accaduto.
Vorrei sapere se ha ricevuto - pur avendo lasciato quei
luoghi - un'informazione congrua e precisa su quanto era accaduto. In
caso di risposta affermativa, chi le ha dato questa informazione? Le
fu detto cosa era avvenuto? Venne informato che una parte di quegli
edifici era già stata adibita ad ospedale di fortuna per i
manifestanti che erano stati colpiti? Sapeva che vi erano delle
persone ferite in precedenza ed altre che erano state ferite la sera
della perquisizione effettuata dalla Polizia? Chi ha chiamato le
ambulanze? C'erano ambulanze di pertinenza del servizio d'ordine? A
che ora queste furono chiamate? Da chi? Chi le mandò?
Poiché
stiamo trattando il lato più oscuro dell'intera vicenda, sul
quale si verificano tutte le speculazioni, noi riteniamo che fino ad
oggi non si sia voluto o potuto fare chiarezza sugli accadimenti di
quelle ore. Se, come risulta, non c'è stata una partecipazione
diretta, diventa del tutto inverosimile - lo ribadisco - pensare che
non ci sia stata informazione e quindi una conoscenza precisa de
relato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO BASSANINI
GABRIELE BOSCETTO. Uomini della vostra abilità e del vostro spessore non possono essersi estraniati da quei fatti senza conoscere ciò che stava accadendo, soprattutto perché di lì a poco, o contestualmente, le televisioni e le radio «sparavano» notizie a tutto andare.
Le vorrei anche chiedere come mai sul piano dell'informazione
la Polizia, le forze dell'ordine sono state così carenti da
non reagire immediatamente, evidenziando tutti i danni subiti dai
propri agenti, anche e soprattutto sotto il profilo fisico, lasciando
che gran parte dell'informazione andasse a senso unico facendo
rendendo noti soltanto i danni, anche fisici, subiti dai
manifestanti. Credo che una delle cose più importanti sia la
corretta informazione; la fase dell'informazione circa un'operazione
di polizia così importante ritengo dovesse essere attuata
tempestivamente.
Le sedi che erano state concesse al GSF da parte
degli enti locali attraverso verbali di consegna erano per caso
soggette ad extraterritorialità? Non credo! Può
spiegarmi come mai non si è fatto un controllo quotidiano -
mattina, pomeriggio e sera - inviando agenti all'interno di queste
sedi per verificare da chi sarebbero potuti occupate e cosa stava
succedendo? Se si fossero fatti questi controlli ci si sarebbe potuti
rendere conto - logicamente - di quali tipi di attrezzature girassero
per le aule della scuola; a mio parere, sarebbe stato corretto anche
vedere chi fossero coloro che erano stati colpiti, percossi o feriti.
Infatti, nonostante il giudizio - che non condivido - dato dal
tribunale del riesame, in un ambito di manifestazioni di per sé
illegittime, l'essersi scontrato con la Polizia, l'aver riportato
delle lesioni è sintomo, è prova, è indizio
gravissimo di partecipazione a quelle manifestazioni illegittime.
Quindi, tale comportamento illegittimo poteva portare a qualche tipo
di riferimento - quanto meno alla magistratura - in termini
soggettivi e nominativi.
Ancora due cose. Qualche mese prima a
Genova si era tenuta la conferenza Tebio sulle biologie tecniche, che
aveva visto anche la partecipazione attiva di politici locali
insieme, in prima linea a Casarini. Per quanto lei ricorda, in prima
linea c'era anche Agnoletto? L'aggressione di sfondamento era -
seppure in piccolo - simile a quella che è poi stata tentata
nei confronti delle reti della zona rossa? L'attenzione di Tebio su
questi fatti violenti è stata tenuta viva nel tempo oppure è
stata dimenticata? Le collaborazioni fra violenza, globalizzazione e
politica sono state tenute nel giusto conto, oppure no? Come vicecapo
della Polizia lei aveva già avuto modo di interessarsi dei
fatti relativi alla Tebio?
Al di fuori dei 3 miliardi stanziati
dal Parlamento, le risulta ci siano stati finanziamenti alle
organizzazioni di Casarini e di Agnoletto? Si suol dire «C'est
l'argent qui fait la guerre». Che black bloc,
blocchi blu, blocchi rosa e blocchi bianchi possano prescindere da
finanziamenti sembra strano. Se questi finanziamenti ci sono,
sembrerebbe logico che la polizia ed i Servizi di tutti i tipi e di
tutti i generi indagassero per conoscerli. Non dimentichiamo che
recentemente sui giornali è stata avanzata addirittura
un'ipotesi di interessi collegati per rendere viva la protesta contro
la globalizzazione e gli interessi forti di tipo economico.
PRESIDENTE. Senatore Boscetto, le faccio presente che sta esaurendo tutto il tempo del suo gruppo.
GABRIELE BOSCETTO. Un'ultima domanda e concludo. Come mai quella sera Gratteri dello SCO si trovava alla scuola Diaz, mentre la sua funzione era quella di proteggere la zona rossa?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Per quanto riguarda la scuola Diaz, seguii - ovviamente anche per mio interesse e curiosità professionale - l'evolversi della situazione che mi preoccupava per i motivi che ho segnalato prima. Ancora una volta voglio essere meticoloso; per l'esattezza, non ho concorso
alla decisione. Ripeto: quando si è manifestata l'esigenza
di intervenire alla scuola Diaz convenni sulla possibilità di
dilazionare l'operazione. È leggermente diverso.
Venni
informato, subito dopo l'irruzione, dal collega che avevo mandato sul
posto perché curasse gli aspetti relativi all'ordine pubblico,
nel timore che potessero esservi ripercussioni riguardo tali aspetti.
Egli mi disse che la perquisizione era stata eseguita; che aveva
trovato resistenza, anche forte, che erano stati lanciati oggetti;
che un agente (che poi incontrai durante la notte) aveva subito un
tentativo di accoltellamento; seppi che c'erano stati numerosi
feriti, alcuni dei quali - mi si disse - non all'atto di quella
perquisizione ma negli scontri delle ore precedenti. Questa notizia,
che io acquisii, emerse subito. In un primo momento non si delineava
completamente il quadro esatto dell'intervento, del numero dei feriti
e della resistenza che c'era stata. Gli avvenimenti hanno cominciato
a complicarsi la mattina successiva a causa di un fattore che il
senatore Boscetto ha indicato, e cioè un errato tipo di
informazione dell'opinione pubblica: in effetti, diramammo uno scarno
comunicato sull'operazione che, credo, destò irritazione nei
giornalisti, tanto che in serata fui costretto ad intervenire con due
interviste che rilasciai con « il fiato in gola».
Mi
viene chiesto come mai non si era proceduto ad un controllo
quotidiano: controlli sono stati svolti nei luoghi di accoglienza
concessi alle componenti del Genoa social forum. Alcune volte
questi interventi sono stati possibili, altre volte non abbiamo
potuto compierli fino in fondo, perché avremmo rischiato di
creare incidenti difficilmente gestibili; abbiamo messo in atto - il
questore Colucci lo ha riconosciuto - perquisizioni ai centri sociali
più radicali ed intransigenti di Genova.
Durante l'appuntamento di Tebio non ero ancora capo della
Polizia quindi, per così dire, eludo la domanda, anche se in
quell'occasione si ebbe un segnale di quanto in Italia il clima
intorno all'argomento connesso con quell'avvenimento, argomento
confluito nelle tematiche della globalizzazione, si stesse
arroventando.
Non so dire nulla circa finanziamenti ed interessi;
questo è un aspetto su cui, credo, si sia appuntata anche
l'attenzione dei servizi: non so quali elementi siano riusciti ad
acquisire, ma non è un argomento del quale mi sono occupato.
Come mai Gratteri era alla Diaz? Perché ad incappare nel
primo contatto con gli occupanti della scuola era stata una pattuglia
mista che aveva anche componenti di squadra mobile e di servizio
centrale operativo; quel pomeriggio vennero organizzati «pattuglioni»
misti di quel tipo.
SAURO TURRONI. Signor prefetto,
lei ha svolto una relazione che, per la sua profondità e per
gli spunti interessanti che contiene, meriterebbe riflessioni più
ampie di quelle che proporrò, essendo costretto a restringere
molto il mio intervento. Le domande sono quattro, della cui
schematicità mi scuso in anticipo.
La prima riguarda ciò
che il prefetto ha scritto in maniera molto precisa a pagina 15 e a
pagina 21 della sua relazione. A pagina 15 si legge che si doveva
prevedere, oltre alla scontata difesa della zona rossa, la
dislocazione nei punti strategici di reparti mobili della Polizia di
Stato e di battaglioni dei carabinieri in grado di «accorrere»,
questo è il verbo che si utilizza, ovunque i black bloc
avessero tentato le temute scorribande.
A pagina 21 (già
altri colleghi hanno citato questo passaggio) si legge che «A
Genova l'aspirazione dei black bloc era quella di risucchiare
i reparti di polizia per indebolire la difesa
della zona rossa e consentire ad altre componenti del movimento di
penetrarvi. Nell'impossibilità di conseguire questo risultato,
è stata ritenuta appagante la devastazione della città».
Leggo - signor prefetto, mi corregga se sbaglio - un cambiamento di
rotta tra ciò che è indicato a pagina 15 e ciò
che è indicato a pagina 21: lì c'è un
riferimento preciso ad accerchiare (signor prefetto, lei ha usato
anche questo termine in alcune occasioni) questi manifestanti
violenti per impedire loro di compiere misfatti; i comportamenti
violenti si sono avuti non nella manifestazione del 19, che si svolge
tranquillamente, ma all'inizio della giornata del 20, prima (ed in
concomitanza) del tentato assalto alla zona rossa. Quando avviene -
ammesso che vi sia stato - questo cambiamento di strategia e a che
cosa è dovuto? Non ci sono stati accerchiamenti e non abbiamo
visto persone arrestate durante azioni di guerriglia. La
documentazione che ci è stata presentata non indica casi di
questo tipo; si è operata una diversa scelta di priorità
rispetto a ciò che doveva essere difeso: nessuna opinione in
conflitto rispetto alle decisioni che sono state prese, però
appare, molto significativamente, una discrasia. Vorremmo capire,
ammesso che vi sia stato, cosa abbia provocato questo cambiamento di
rotta, nell'intervallo di tempo fra le prime segnalazioni che
troviamo a pagina 15 della relazione (che abbiamo visto negli atti
del prefetto e del questore) e quello che poi è successo nei
fatti.
La seconda domanda verte sull'affermazione del prefetto di
non aver partecipato alla riunione che ha discusso e deciso le
modalità con cui si sarebbe svolto l'intervento alla Diaz.
Prendo atto di questa affermazione, ma il prefetto ha anche detto che
risulta che il questore si sia consultato con il capo della Polizia e
che vi sia stata anche una telefonata tra quest'ultimo e La Barbera.
Chi abbiamo ascoltato in precedenza
ci ha riferito che uno degli argomenti di queste telefonate era
l'impiego dei carabinieri (che si era deciso di non utilizzare), che
il 21 luglio non sarebbero dovuti intervenire in piazza al fine di
evitare l'esplodere di contestazioni ancora più gravi. Se
l'oggetto di queste telefonate, di cui il prefetto è a
conoscenza, è stato anche l'impiego dei carabinieri, è
possibile che durante quelle discussioni prioritarie, in cui si è
valutata positivamente l'opportunità di compiere tale
operazione, si sia anche stabilito in quale modo dovessero essere
dislocati i Corpi impiegati? Se i carabinieri si dovevano occupare
dell'ordine pubblico e della difesa della scuola, a cosa serviva la
squadra mobile che, come il prefetto ha appena detto, non doveva
essere utilizzata per l'irruzione? E si è trattato proprio di
irruzione, non certo di perquisizione, atteso che qualcuno ha detto
che dovevano essere impiegati addirittura i lacrimogeni: non si
compiono perquisizioni con i lacrimogeni, ci è stato spiegato
ieri dal prefetto La Barbera, a proposito dell'indicazione data da un
alto funzionario. Evidentemente, si tratta di questioni delicate
inerenti i Corpi da impiegare.
La terza domanda è relativa
al fatto che abbiamo visto che in numerosi casi, non solo alla Diaz,
nei casi di violenze, inseguimenti e così via, compiute nei
confronti di singoli manifestanti inermi - e ciò ci risulta
anche dai documenti che ci sono stati consegnati - vi erano
poliziotti, carabinieri ed altri con viso coperto. Visto che al punto
5 del suo decalogo ci risulta che debbono essere fatte delle
valutazioni anche su come si è gestito l'ordine pubblico in
piazza, ebbene vorrei sapere in primo luogo se ci sono state
indicazioni sul travisarsi, anche da parte delle forze dell'ordine, e
in secondo
luogo se vi sono state delle relazioni da parte di coloro che
dovevano fare questi debriefing a proposito del comportamento
dei loro uomini durante le azioni di polizia.
L'ultima domanda, e
concludo, è relativa al fatto che abbiamo visto che questi
nuovi strumenti, questi manganelli, non servono soltanto per sfollare
la gente, perché non si era mai verificato in precedenza di
vedere tante persone ferite. Quindi, probabilmente si tratterà
anche di riflettere un po' meglio sull'utilizzo di questo strumento.
È un'indicazione che un parlamentare credo debba poter dare
agli organi tecnici perché queste sono armi che feriscono;
abbiamo infatti visto moltissime persone che sono state colpite e
abbiamo visto sangue scorrere.
Non credo che questo sia uno degli
obiettivi che deve avere chi si occupa della pubblica sicurezza,
perché ne va dell'incolumità fisica delle persone.
Abbiamo visto gente che è dovuta ricorrere a suture. Pertanto,
si tratta forse di un'arma inopportuna in un paese democratico e se è
un'arma un bastone, lo è anche probabilmente uno di questi
manganelli di nuova concezione, perché questo è atto a
ferire, piuttosto che a difendere.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Credo che non ci sia una contraddizione tra quanto indicato a pagina 15 e quanto scritto a pagina 21 della mia relazione. La ringrazio per aver posto il problema, perché effettivamente è necessario un chiarimento. Ho molto insistito durante le riunioni di servizio che ho fatto insieme al questore con i colleghi che erano responsabili dei settori più delicati dell'ordine pubblico, accogliendo i suggerimenti di tutti ed invitando poi a trarre delle conclusioni di carattere operativo per il giorno dopo. La raccomandazione che ho fatto costantemente era quella di prevedere, oltre ai servizi ordinari e robustissimi a difesa della
zona rossa, dei nuclei di pronto intervento sufficientemente
robusti per intervenire senza sguarnire quelle difese, che comunque
rimanevano intangibili, lì dove ce ne fosse la necessità.
Ciò alcune volte è riuscito, altre volte no, ma questa
era la logica e non vi è stato un capovolgimento di strategie,
perché una scelta non andava a danno dell'altra. Questi
nuclei, ai quali ho fatto riferimento prima, venivano dislocati quasi
tutti ovviamente a levante perché lì si svolgevano le
manifestazioni, quindi in una zona sufficientemente ristretta della
città. Genova già non è grande di per sé,
se poi se ne taglia fuori la metà, ancora meno. Credo che sei
nuclei, sei contingenti di reparti per l'ordine pubblico possano
raggiungere, o dovrebbero raggiungere, in poco tempo qualsiasi punto
della città ove è necessario intervenire: questa è
stata la logica.
Quali corpi, quali settori, quale specialità
impiegare nell'irruzione alla scuola Diaz? Confermo il fatto di non
aver partecipato alla riunione di carattere operativo dove questi
aspetti sono stati decisi, o dovevano essere decisi.
SAURO TURRONI. E per quanto riguarda le telefonate ai carabinieri?
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto.
Per quanto riguarda le telefonate, ho detto nel mio precedente
intervento che la perquisizione non era certamente una cosa da poco,
perché non era una normale perquisizione, bensì,
ripeto, si inseriva nel clima di una giornata di scontri e poteva
suscitare altre azioni. Suggerii al questore di consultarsi, in
proposito, con il capo della Polizia. In che termini, poi, lui e La
Barbera si siano rapportati al capo della Polizia, questo non lo so.
Per quanto riguarda il discorso del viso coperto, devo ricordare
che gran parte degli agenti dei reparti mobili hanno in dotazione, e
l'hanno indossata credo per molte ore, anche
una maschera antigas che copre ovviamente quasi tutto il volto,
anzi lo copre tutto. Così come fanno i manifestanti, chi non è
dotato di queste maschere antigas può coprirsi il volto anche
con un fazzoletto allo scopo di non respirare i gas lacrimogeni. Mi
dispiace molto che questi mezzi possano essere stati utilizzati anche
in modo pretestuoso per coprire delle intemperanze e vorrei che non
fosse successo.
Sul manganello Tonfa, prendiamo atto di tutte le
osservazioni che sono state formulate perché certamente
abbiamo l'interesse ad usare strumenti che siano compatibili con una
gestione democratica dell'ordine pubblico. Il Tonfa, però, è
uno strumento usato da molte forze di polizia e non mi risulta che
produca ferite, nel senso di lacerazioni della cute. Si è
detto, infatti, e l'ho letto sui giornali, che questo manganello
avrebbe spigoli taglienti, ma ciò non è vero. Si tratta
di uno strumento che deve essere usato in una certa maniera: questo è
motivo per il quale siamo ricorsi ad istruttori statunitensi. Bisogna
vedere, quindi, se attraverso un'ulteriore sperimentazione dello
strumento, che mi auguro non avvenga in condizioni simili a quelle
lamentate, esso possa ritenersi adottabile o meno; allo stesso modo
si è posto in questa sede il problema dei proiettili di gomma,
strumenti su cui certamente occorre molto meditare prima di
effettuare delle scelte.
IDA DENTAMARO. Signor prefetto, lei ha avuto incarichi importanti nell'ambito dell'organizzazione per il G8, attribuitigli sia dal ministro sia dal capo della Polizia. Dalla relazione che lei ha qui svolto emerge una sua partecipazione molto incisiva alla preparazione di quell'evento, dal punto di vista dell'ordine pubblico. Eppure, ci ha detto di non essere mai stato convocato alle riunioni del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e ci ha detto che molte sue indicazioni o consigli - perché lei ha usato quasi sempre questa terminologia:
indicazioni, consigli, suggerimenti - sarebbero stati molto
frequentemente disattesi. Per il primo aspetto, ha dato anche delle
spiegazioni che riguardano le date di riunione di questo comitato, ma
è evidente che si tratta di spiegazioni formali perché
probabilmente sarebbe stata opportuna un'ulteriore convocazione del
comitato nazionale, successivamente alla nomina di un funzionario
incaricato di sovrintendere a tutto il dispositivo dell'ordine
pubblico per il G8.
Aggiungo che ha parlato di conferenze e di
riunioni locali, ma mai di riunioni del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica: voglio sapere allora se ce ne sono
state con la sua partecipazione. Abbiamo ascoltato doglianze del
sindaco di Genova e della presidente della provincia di Genova per
non essere stati coinvolti sufficientemente nella preparazione e
nella prevenzione, anche se le autorità locali costituiscono
quel comitato.
Tale premessa mi serve per chiederle se non
ritiene che possano essersi verificate disfunzioni nel rapporto tra
organismi straordinari (lei come sovrintendente, lo staff
nominato dal capo della Polizia, e così via) ed ordinari,
preposti all'ordine e alla sicurezza pubblica. In particolare, nella
fase operativa, quale era il suo ruolo all'interno di una ipotetica
linea di comando, ed in generale, come erano articolati i suoi
rapporti con il capo della Polizia, con il questore ed eventualmente
con il ministro? Desidero riallacciarmi anche alla domanda posta dal
presidente Violante, alla quale ha risposto in maniera astratta,
evidenziando però come concretamente tali rapporti si siano
svolti. Infatti, è risultato chiarissimo dalla sua relazione
che il suo decalogo non solo è stato sistematicamente violato,
ma che le sue indicazioni sulle modalità di intervento sono
state anche disattese in misura notevole. Che cosa non ha funzionato?
Come ha detto nella relazione
iniziale, la risposta non sta solo nell'organizzazione e
nell'azione del black bloc e delle altre frange del movimento
(se non altro perché i loro metodi erano noti con largo
anticipo e con ampi dettagli, come pure si sapeva
dell'indisponibilità del Genoa social forum a
collaborare per l'ordine pubblico), ma è contenuta nel piano
di gestione dell'ordine pubblico e delle modalità di reazione
alle azioni violente.
Francamente, rilevo una contraddizione
stridente tra l'affermare che i suoi consigli non sono stati seguiti
(tranne malauguratamente sull'uso del reparto mobile nella
perquisizione della scuola Diaz) e che il decalogo non è stato
applicato, e invece poi dire che è stato il movimento
antagonista a non funzionare secondo le sue modalità. Non a
caso, molti colleghi le hanno domandato non tanto l'analisi
sociologica e tecnica del movimento, ma le strategie, le tattiche, le
decisioni ed i comportamenti seguiti, per il mantenimento dell'ordine
pubblico e più in generale per il controllo della città.
Le sue risposte hanno dato una serie di elementi, che devono essere
sistemati più organicamente. Il questore di Genova ha esposto
una sua tesi: la Polizia non era attrezzata per la guerriglia urbana.
Ma non c'è stato modo (perlomeno non l'ho avuto) di
comprendere o di chiarire se si riferisse alla Polizia in senso
stretto o in generale a tutte le forze dell'ordine. Desidererei
quindi conoscere la sua opinione sulla preparazione del Corpo
dell'Arma dei carabinieri, anche se, comunque, dalla sua relazione
iniziale, sembra di condividere l'impostazione del questore Colucci.
Ad una precisa domanda del presidente Violante, ha risposto però
un po' diversamente, parlando di una scelta di tipo strategico o
tattico (non so quale sia l'aggettivo più esatto) per il
mancato contrasto alla guerriglia. Forse, le due posizioni non sono
così incompatibili, ma comunque ci dica con
chiarezza - se ha una opinione precisa - perché non eravate
attrezzati a contrastare la guerriglia; se è vero che non lo
eravate; se non ritiene comunque essere questa una mancanza molto
grave; ed infine se la questione sia più strutturale o
tattico-strategica legata ai fatti di Genova. È certo che
siamo qui anche per comprendere che cosa sia possibile migliorare per
il futuro, sebbene sia più forte la necessità di
comprendere l'accaduto di Genova.
La guerriglia, infatti, era
prevista, ed anche dalla pagina 21 della sua relazione, più
volte citata da vari colleghi, emerge una sorta di resa consapevole
verso gli atteggiamenti delle frange più violente del
movimento (Commenti).
PRESIDENTE. L'intervento è nei tempi ed è l'unico del gruppo. Ha ancora a disposizione un minuto.
IDA DENTAMARO. Emerge una sorta di resa precisa e consapevole alle azioni di guerriglia e, se conferma quello che ha scritto, gradirei che fornisse riflessioni più complete sull'argomento.
ANSOINO ANDREASSI, Prefetto. Francamente, non ho parlato insistentemente di consigli, disattesi: anzi, alcuni di essi sono stati non disattesi e sono state illustrati sufficientemente anche attraverso l