PARLAMENTO ITALIANO |
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Seduta di giovedì 9 agosto 2001 |
ANTONIO
DI GIOVINE |
EMILIO
DI SOMMA |
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BOZZA NON CORRETTA |
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,40.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del prefetto di Genova, Antonio Di Giovine.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione
del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del prefetto di Genova,
dottor Antonio di Giovine.
Prima di dare inizio all'audizione in
titolo ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non
inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è
realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144
del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione
stenografica della seduta. La pubblicità dei lavori è
garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche
mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso
che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in
separati locali. Se non vi sono obiezioni da parte di alcuno,
dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Pertanto, l'impianto può essere attivato.
Saluto il
nostro ospite e lo ringrazio per aver accolto l'invito. Lei, signor
prefetto, è stato convocato da questo Comitato al fine di
riferire allo stesso i fatti a sua conoscenza, o a conoscenza
dell'ufficio che lei presiede, in riferimento ai fatti di Genova in
occasione del G8.
Le do senz'altro la parola.
ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Grazie, signor
presidente, onorevoli membri del Comitato. Ho anticipato ieri l'invio
di alcuni documenti, che si compongono di tre fascicoli di una
storia, la quale ha anche un titolo: «Verso il G8». Una
storia che è stata scritta dal mio ufficio, man mano che
passavano i mesi, o le settimane. Pensammo di adottare il sistema del
diario proprio per non perdere di vista la preparazione del G8,
durante il lungo tempo che avremmo dovuto vivere.
Iniziammo il 4
dicembre 1999, senza, ripeto, perdere la memoria, ma anche senza
correre il rischio che non venissero evidenziati eventuali
contraddizioni o cambiamenti di rotta. Quindi, questi sono documenti
d'ufficio, ma sono stati redatti proprio per debito di servizio e di
documentazione.
L'ultimo si chiude alla data del 18 luglio,
perché in quella data si sono compiuti gli ultimi atti di
pianificazione, programmazione e verifica. Questo stacco sta, poi, a
significare che per i giorni 19, 20, 21 e 22 luglio, c'è
un'altra storia da scrivere. Questa storia verrà scritta, in
parte da questo onorevole Comitato, in parte dagli accertamenti dei
magistrati, in parte dalle verifiche ispettive disposte
dall'Amministrazione e sicuramente in parte anche da chi ha il dovere
di critica, di informazione e di comunicazione. In questo momento la
stampa, le televisioni, i commentatori, sono tutti per così
dire «a caldo». Penso che anche noi, come ufficio,
riordineremo questo percorso e, nei limiti della coerenza di cui
parlavo prima, l'ufficio sarà in grado di continuare e
concludere la storia stessa.
È importante per me
esplicitare il desiderio di essere più che trasparente, perché
avvertii fin dall'inizio - sono quelle sensazioni che si hanno dopo
41 anni di mestiere - che
bisognava capire subito quali obiettivi ponesse, una scelta così
importante che l'allora Presidente del Consiglio dei ministri mi
confidò qualche giorno prima e, successivamente, comunicò
pubblicamente alla città, nel corso di una conferenza stampa,
tenutasi appunto il 4 dicembre 1999.
Per Genova significava
qualcosa di eccezionale. A Genova, ove opero da sei anni, si sono
vissuti gli ultimi anni immersi in una serie di problemi enormi dal
punto di vista dell'economia, del lavoro, delle certezze e, ancora
adesso, si vive un momento di particolare drammaticità per il
futuro industriale: mi riferisco alla siderurgia di Genova. Genova
aveva alle spalle un'esperienza non compiuta di celebrazioni
colombiane: non compiuta dal punto di vista della progettualità,
della redditività, della gestione di alcuni «gioielli»,
che si erano recuperati, quali il Palazzo ducale, i magazzini del
cotone, il teatro Carlo Felice. Cercava, quindi, per così
dire, di «piazzare il prodotto», in vista della réclame
che il 2004, anno in cui sarà città europea della
cultura, avrebbe indotto sul recupero di un immenso patrimonio
artistico e culturale della città. Capisco che, dopo, la
delusione è stata fortissima. Per fortuna nessun bene
artistico o culturale è stato sfiorato, non solo dalle
violenze che si sono registrate nei giorni dell'evento, ma neanche
prima, sia pure sotto forma di attentati dimostrativi, di scritte sui
muri quant'altro.
Questo fu il clima. Per fare ciò
occorreva una legge e il Governo, il 5 febbraio, presentò un
disegno di legge (siamo quindi vicinissimi all'inizio dell'anno 2000)
che mutuava qualche riferimento ai precedenti storici in modo
particolare alla cosiddetta legge per Napoli, ma che prevedeva molte
diversità. Si dovette, pertanto, attendere il completamento
dell'iter parlamentare, che non arrivava; allora gli onorevoli
deputati e senatori della Liguria si riunirono, sollecitati
personalmente
dal sindaco. Insomma, sapete benissimo che una legge speciale che
doveva realizzare cose così urgenti, giunta al mese di giugno
lasciava spazio soltanto a 10 mesi per la realizzazione di un
impianto per circa 200 miliardi di opere. Si era certi che non fosse
la volontà a mancare, ma che in quel momento il Parlamento
subisse un certo rallentamento (era in corso la campagna elettorale
per le regionali, si preferì non adottare decreti-legge da
convertire). Comunque eravamo tutti fiduciosi che la legge sarebbe
stata approvata; passò con voto quasi unanime (un solo voto
contrario) e cominciammo subito a lavorare; perché l'impianto
della legge prevedeva una amplificazione dei compiti del prefetto, la
creazione di una struttura di governo presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri; dovremmo aspettare poi il 2 febbraio
dell'anno 2001, quando il Presidente del Consiglio decise di delegare
il ministro degli affari esteri a continuare in questa attività,
ma la prima fase ha visto sempre la collaborazione, la direzione e la
guida della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Questo cosa
significava? Che per un prefetto, nella qualità anche di
commissario del Governo (altra novità fondamentale recata
dalle norme che il Parlamento ha di recente approvato), fare da trait
d'union era la cosa più naturale e più facilmente
percorribile. Ciò perché il prefetto si doveva occupare
dei cantieri, dell'accoglienza, servendo la struttura servente, e
doveva occuparsi della sicurezza; quindi tre compiti e tre ruoli
attribuiti alla medesima persona fisica la quale aveva il Governo
come proprio interlocutore e non trascurava di interloquire
necessariamente - se non addirittura obbligatoriamente - con tutte le
realtà istituzionali locali; quindi non solo con quelle
tradizionali come la regione, la provincia ed il comune, ma anche con
l'autorità portuale (cosa di non poco rilievo), certamente con
la camera di commercio, certamente
con le associazioni rappresentative delle categorie più
significative, che poi si sarebbero trovate a condividere pregi e
virtù di un evento internazionale; bisognava poi interloquire
con nuovi «contributi», perché la legge n. 149 del
2000, così come approvata nel testo originario, prevede che il
prefetto debba avere per quel giorno a disposizione (quindi il
prefetto si preordina prima) esercito, aeronautica e marina: non è
che tali cose uno le attiene come se fossero auguri di Pasqua o di
Natale.
Vi fu una scelta sulla quale si rifletté a lungo,
perché poi non bastava dire che sarebbero venuti la marina,
aeronautica e l'esercito: chi è più esperto di me (ed
io lo sono diventato un pochino strada facendo) sa benissimo che
esistono regole di ingaggio, regole particolari. Pertanto quei
precedenti di concorso delle Forze armate in servizi di ordine
pubblico sono comunque poca cosa rispetto al concorso di tutte le
Forze armate; questo vuol dire che anche il Parlamento era
consapevole che vi fossero rischi ben diversi dai moti di piazza, ben
diversi da ciò che può fare un gruppo violento su
strada, ma rischi che sono sempre stati definiti rischi da terrorismo
- anche internazionale - o da comportamenti eversivi. Questa è
la ragione per la quale il Governo ed il Parlamento preordinano una
risorsa, ma fare questo significa dare il tempo alla risorsa di
organizzarsi, di distogliersi da interventi per la pace che sono in
corso in altri paesi del mondo, di iniziare a preordinare
(chiaramente l'organizzazione militare ha tempi consoni con questo
tipo di preparazione) e far sì che tanti vertici e tanti
livelli di comando, si fondano in un'unica grande ed armoniosa
realtà. Di conseguenza vi furono riunioni a non finire,
naturalmente sia di natura tecnica sia di natura politica
(intendo dire in senso stretto), nelle quali si cercava di capire
cosa bisognasse difendere e dove bisognasse - come si suol dire -
andare a parare.
In alcuni verbali del comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza pubblica o di riunioni di servizio (quelli
più importanti che avevo a portata di mano li ho già
consegnati a questo Comitato) si leggono delle date: eravamo ad
agosto! Il 7, l'11 e il 23 di agosto del 2000 stavamo già
"pensando positivo" e questo perché? Perché
vi era la necessità di verificare, passo dopo passo, le
previsioni rispetto all'obiettivo. Perché vi era questa
esigenza? Perché bisognava armonizzare l'attività sul
territorio, quella della struttura di missione (ricordo che questo
organismo era presso il Governo centrale), e la pianificazione della
sicurezza non poteva prescindere (come mai sarà possibile)
dalla conoscenza dei rischi che ciascun Capo di Stato o di Governo
corre prima di tutto nel suo paese. A mio avviso questo aspetto viene
ampiamente compreso da un prefetto: tutte le volte che un Capo di
Stato viene in visita - anche di piacere - in Italia, siamo a
conoscenza in anticipo del programma che si svolgerà in
Italia, tra visite formali e ufficiose, e scattano meccanismi di
protezione enormi. Questo vuol dire anche che vi è una
reciprocità: quando il nostro Capo dello Stato va all'estero
subisce lo stesso trattamento. Tutto questo comportava una serie di
scelte: i luoghi ove alloggiarli, ove lavorare, ove eventualmente
trascorrere il tempo libero - che poi non vi è stato - ed i
luoghi per eventi spettacolari (neanche questi vi sono stati).
Nasceva quindi il bisogno di progettare la sicurezza che partiva dal
levante (Tigullio) e andava a ponente (verso Arenzano): si presentava
uno scenario territoriale che era il doppio o il triplo di quello che
poi si è
concretizzato nella realtà. Ecco perché all'inizio
vi fu una valutazione di ordine temporale molto diversa e molto più
articolata.
In seguito le delegazioni molto lentamente mi fecero
conoscere le loro scelte utilizzando il tramite unico del segretario
generale della Farnesina, Vattani (come è costume, regola e
prassi nel nostro ordinamento amministrativo); arriviamo poi quindi -
come ho scritto - a definire che tutti i Capi di Stato e di Governo
avrebbero alloggiato su una nave e, a fianco, in un albergo quasi
galleggiante, ma in muratura, il Presidente di Stati Uniti d'America
Bush.
A questo punto, abbiamo il quadro completo della
situazione. Questa è la storia, seppure raccontata
velocemente. Ho accompagnato questi primi documenti con un appunto
(scusatemi se impertinentemente l'ho chiamato appunto; forse avrei
dovuto definirlo relazione, ma è proprio un appunto, una
falsariga) in cui ricordo tale percorso così come ve l'ho
espresso e naturalmente lo ricordo anche in funzione degli obiettivi
che sono stati raggiunti. Infatti, raccontare una storia e non sapere
come si è conclusa significa solo provocare curiosità.
Il compito del prefetto era proprio quello di garantire al
Governo nazionale e, tramite quest'ultimo, ai Governi dei paesi che
compongono il vertice, il risultato della incolumità di tutti
i partecipanti, dal giornalista al delegato, dal Capo di Stato al suo
seguito, nell'arco di più giorni: non dimentichiamo che era
previsto anche un incontro dei ministri degli esteri che avrebbe
completato la settimana e che i primi Capi di Stato sono arrivati il
19 luglio; si trattava quindi delle giornate del 19, 20, 21 e 22
luglio. Occorreva garantire l'incontro bilaterale fra Bush e Putin
nella giornata di domenica - se ne è parlato poco, ma credo
che per loro e per tutto il mondo fosse un
incontro importantissimo - e assicurare la presenza di altri 13
Capi di Stato e di Governo dei paesi meno fortunati; tutto ciò
in un'area della città che non è un box o un recinto,
ma è, a sua volta, una città capace normalmente di
ospitare anche 50.000 persone. Comunque, i 35.000 permessi rilasciati
dal questore stanno a significare che 35.000 persone hanno continuato
a vivere regolarmente nella città vecchia di Genova, vecchia
perché Genova partiva dal Bisagno e finiva alla Lanterna
(tanto per ricordare anche una parte della topografia).
Pertanto,
occorreva verificare se al termine del vertice ciascuno, nel voltare
le spalle a Genova, stesse provocando nuvolette di fumo o stesse
camminando in maniera quieta. Sono saliti tutti sui loro aerei e
l'aeroporto ha funzionato a meraviglia. Si tratta di un aeroporto
piccolo e tutti dicevano che non si sarebbe mai riusciti a farvi
atterrare un grande aereo. Invece, ha mostrato di essere
perfettamente all'altezza e sicuro, tant'è che tutti sono
partiti; qualcuno dirà anche che si è lavorato bene, ma
credo che tale giudizio non spetti al prefetto.
Questo obiettivo,
dunque, andava raggiunto non attraverso l'impenetrabilità di
un qualcosa di astratto, ma garantendo a ciascun Capo di Stato e di
Governo ospite nel nostro paese il diritto di espletare il proprio
dovere di Capo di Stato o di Governo che lo aveva portato a Genova.
La prerogativa del Governo italiano è di essere coerente
con la scelta inizialmente operata dal Presidente del Consiglio
D'Alema e poi coltivata dal Presidente del Consiglio Amato, il quale
il 10 gennaio - qualcuno lo ricordava - nel presentare il logo del G8
non mostrava un simbolo ma l'anno di Presidenza italiana del vertice.
Ciò per evitare un equivoco: non si trattava di una riunione
per presentare una bozza ma
di un incontro per la presentazione ufficiale dell'anno di
Presidenza italiana. Quel giorno egli incontrò il prefetto, il
presidente della regione, il presidente della provincia, il sindaco e
il capo della struttura di divisione, il ministro plenipotenziario
Vinci Giacchi e, alla presenza dei funzionari e del segretario
generale di palazzo Chigi, disse che avrebbe inviato una lettera. In
tale lettera - che fu scritta il 19 gennaio, inviata a tutti ed a me
per conoscenza - egli ci invitava a lavorare insieme e bene ed
indicava la sede prefettizia come luogo di incontro per la
concertazione di ciò che a gennaio fosse ancora necessario
definire.
Credo che queste cose vadano dette, perché poi
mi saranno rivolte alcune domande alle quali vorrò rispondere.
Concludo il mio, spero breve, intervento, proprio perché esso
è riassunto in questo appunto, in buona parte dei documenti
che ho rassegnato e in quant'altro eventualmente mi sarà
richiesto e, se del caso, depositerò.
PRESIDENTE. Grazie, signor prefetto. Mi pare di aver compreso che lei ci consegna tre volumi: sono gli stessi che ha già depositato?
ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Sì, signor presidente. Sono gli stessi che vi ho già inviato; queste sono ulteriori copie.
PRESIDENTE. Ritenevo che fossero
documenti diversi da quelli già consegnati.
Prima di dare
la parola ai membri del Comitato, poiché lei ha fatto
riferimento ad un quarto volume che è in corso di
elaborazione, ci può anticipare quali presume siano i tempi di
ultimazione dello stesso per poterlo poi eventualmente distribuire al
Comitato?
ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto
di Genova. Signor presidente, ho detto che il terzo fascicolo si
conclude con la giornata del 18 luglio, immaginando che poi vi
sarebbe stato un volume relativo ai giorni successivi del 19, 20, 21
e 22 luglio. Tuttavia, non è possibile che la storia di quei
giorni sia scritta in questo momento dal prefetto, perché una
parte di quella storia dovrà scriverla la magistratura, una
parte la deve scrivere l'amministrazione attraverso l'esercizio dei
suoi poteri ispettivi ed una parte la scriverà questo
onorevole Comitato.
Il prefetto sicuramente riferirà ciò
che è accaduto nei giorni 19, 20, 21 e 22 luglio, sulla base
delle risultanze di queste indagini che - come ho detto in
conclusione della mia relazione - mi sono ignote, perché sono
necessariamente estranee alla competenza del prefetto. In altri
termini, il prefetto non deve conoscere - non si tratta di una
facoltà ma di un dovere - ossia non deve conoscere le
risultanze dell'autorità giudiziaria prima che esse vengano
rese pubbliche e non deve conoscere gli esiti dell'amministrazione
prima che la stessa le renda pubbliche. Non sono, infatti, in
possesso di alcun atto dell'autorità giudiziaria né
delle relazioni delle visite ispettive disposte dal capo della
polizia che, viceversa, so essere state consegnate a questo Comitato.
PRESIDENTE. Vorrei rivolgerle un'ultima domanda: fornirà al Comitato ciò che lei ha definito appunto o relazione?
ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Sì, signor presidente. È allegato alla lettera di ieri.
PRESIDENTE. La ringrazio, signor prefetto. Do ora la parola ai membri del Comitato che intendano intervenire.
ANDREA PASTORE. Signor presidente, ringrazio il prefetto di Genova per la sua relazione, anche sobria, peraltro accompagnata
da una mole di documenti che ci consentiranno di approfondire la
situazione determinatasi prima dell'effettivo avvio del vertice G8.
Probabilmente da questa documentazione - ma vorrei che il
prefetto sul punto ci desse qualche ulteriore delucidazione -
emergerà una fase di accreditamento del GSF che,
improvvisamente, è apparso sulla scena politica ed
istituzionale in un momento che, sinceramente, risulta ancora oscuro
al Comitato, ma che certo verrà approfondito nel corso dei
lavori.
L'accreditamento non riguarda solo l'ascolto, la
considerazione, la valutazione, ma anche la legittimazione
sostanziale, la rappresentatività di un coacervo di
associazioni che gli altri soggetti istituzionali auditi hanno
confermato essere molto variegati e diversi tra loro. Tutto ciò
ha determinato dei rapporti politico-istituzionali che hanno generato
situazioni che poi sono risultati al di fuori di ogni controllo.
Abbiamo potuto apprendere, tramite le audizioni del sindaco e del
presidente della provincia, che vi è stato, da parte di questo
organismo, anche uno scambio di corrispondenza con la prefettura.
Stranamente ho notato, salvo migliore valutazione, che tutta questa
corrispondenza è risultata priva di qualsiasi sottoscrizione e
che alla fine, nei saluti di rito, vi è l'elenco di decine e
decine di associazioni aderenti. Non vi è mai l'individuazione
di un soggetto responsabile che, nel nostro ordinamento, è
assicurato anche dalla sottoscrizione di atti.
Vi sono verbali
relativi ad affidamenti di strutture a rappresentanti - non so come
individuati - di questa organizzazione, con firme di soggetti che si
qualificano rappresentanti, ma che, sinceramente, non so quale
rappresentanza e quale titolo abbiano.
Vi è stata una situazione che ha dato luogo a
difficoltà nei controlli, soprattutto nei luoghi pubblici dove
si trovavano i manifestanti. I soggetti consegnatari non si sono
sentiti responsabilizzati e non hanno certamente - da quello che ci è
dato sapere - contribuito a che certe presenze venissero isolate ed
in qualche modo sottoposte a verifiche da parte delle autorità
competenti. Credo sia necessario approfondire questo processo perché
indubbiamente è un dato che va attentamente analizzato per
comprendere la dinamica dei fatti sotto il profilo - diciamo così
- delle responsabilità politiche, istituzionali e di altro
genere che il Comitato è chiamato non ad imputare ma, quanto
meno, a sottolinearne l'eventuale consistenza.
La seconda
questione è relativa al livello delle violenze e dei danni
subiti dalla città di Genova. Una parte delle dichiarazioni
provenienti soprattutto dal sindaco della città hanno teso a
minimizzare sia la portata delle violenze alla zona rossa - il
sindaco ha parlato di assedio virtuale, simbolico e così via -
sia i danni arrecati alla stessa città: automobili bruciate,
vetrine infrante, principi di incendio relativi a fabbricati adibiti
ad uso abitativo.
Dall'altro lato, invece, da parte dei
responsabili dell'ordine pubblico, in particolare dal capo della
polizia De Gennaro e dal comandante dei carabinieri, c'è stata
data una rappresentazione diversa. Essi hanno sottolineato come le
violenze, i danni alla città di Genova e l'assedio alla zona
rossa non abbiano riscontro negli annali delle manifestazioni
realizzate in occasione di questi vertici internazionali.
Vorrei
che il prefetto, testimone oculare ed autorevole, se possibile - mi
rendo conto della sua delicata posizione - ci rilasciasse una
valutazione di questa realtà, affinché il Comitato sia
messo in condizioni di capire meglio, al di là ed oltre
le immagini televisive, quello che è successo e di conseguenza comprendere di più il quadro complessivo nell'ambito del quale si sono svolti gli eventi relativi al vertice di Genova.
GRAZIELLA MASCIA. Signor
prefetto, nella sua relazione di oggi lei ci ha confermato che
l'obiettivo fondamentale era quello di difendere - diciamo così
- il vertice con tutti quei programmi e quelle articolazioni che poi,
strada facendo, sono stati anche modificati. Credo che in base a
questo sia stato stilato il progetto - non so come chiamarlo - per
consentire la realizzazione del vertice.
Rispetto a questo
progetto, che ho letto ieri sera, vorrei capire meglio alcuni
aspetti. Ho compreso qual è stata la gestione effettiva di
quei giorni e quello che, mi sembra, sia stato il lavoro di
intelligence preparato da lunghi mesi e che ha consentito,
sulla base delle esigenze del vertice, di arrivare a definire il
progetto.
Vorrei farle delle domande. Ieri abbiamo compreso,
attraverso le relazioni presentate dai responsabili delle forze
dell'ordine, la responsabilità primaria sul piano politico ed
operativo del prefetto e del questore riguardo la gestione. Vorrei
chiederle chi coordinava e chi erano i responsabili della sala
operativa interforze che hanno governato la situazione. Quale tipo di
rapporto ha intrattenuto il prefetto con la sala operativa e con il
Ministro dell'interno nei giorni 19, 20 e 21 luglio? Quante riunioni
del comitato provinciale dell'ordine e della sicurezza si sono tenute
sulla questione relativa alla gestione dell'ordine pubblico per il G8
dopo il 6 giugno? Se non ho letto male i documenti, i verbali si
fermano alla giornata del 6 giugno; non escludo che ieri sera potrei
non aver sufficientemente colto elementi successivi.
Ci è
stato confermato ieri - mi pare che ciò sia compreso anche nei
documenti che lei ci ha fornito - il tipo di
coordinamento stabilito tra le nostre forze di polizia e quelle
degli altri paesi, anche attraverso l'utilizzo dei servizi e
dell'intelligence.
Vorrei chiederle se, in quei giorni,
questi coordinamenti hanno contribuito all'elaborazione delle
direttive ed alle eventuali modifiche alla gestione dell'ordine
pubblico.
Lei, signor prefetto, sulla base delle esigenze del
vertice, mi pare abbia emanato delle ordinanze che istituivano
divieti e limitazioni. Attraverso tali ordinanze è stata
istituita la zona rossa, la zona gialla ed una zona verde che ho
trovato ora in questi documenti e della quale non ero a conoscenza;
tutto ciò sulla base delle informazioni che avevate avuto.
Oggi come valuta questo progetto? A consuntivo ho verificato che
una serie di elementi, anzi la stragrande maggioranza delle
informazioni che sono state fornite e che hanno supportato questo
progetto non si sono quasi per nulla verificate, ad eccezione di
aspetti particolari.
Si sono invece verificati altri fenomeni non
previsti come, ad esempio, quello relativo ai cosiddetti black
bloc e fenomeni che, pur previsti, sono stati trattati in modo
assolutamente incompleto rispetto a quello che poi è accaduto
a Genova. L'attività informativa sulla quale è stato
costruito il progetto per il 90 per cento si è rivelata
inadeguata.
Ho letto su un quotidiano di ieri una storia completa
e molto interessante sull'origine dei black bloc. Forse una
migliore informazione avrebbe consentito di potersi attrezzare
diversamente, non solo per consentire la realizzazione del vertice,
ma anche per difendere il diritto dei partecipanti a manifestare.
Alla fine infatti il vertice si è potuto tenere ma, al
contempo, non si sono difesi i diritti di 300 mila persone.
In
base a tutto ciò vorrei farle un'altra domanda.
Voi avete riferito qui, tra le altre cose, sempre a proposito
delle relazioni dell'intelligence, informazioni provenienti
dalle fonti fiduciarie. A questo proposito, le chiedo anche una
conferma: quali sono queste fonti, come sono state individuate, come
sono state modificate in corso d'opera? Si dice: fonti fiduciarie
dicono che c'erano 25-30 persone che provenivano da Torino e che si
sarebbero infiltrate tra le tute bianche. Poiché queste tute
bianche, poi, sono state parte del Genoa social forum con cui
avete interloquito e poiché parliamo di 25-30 persone - e
presumo che abbiate i nomi e i cognomi -, vorrei chiederle se avete
avvisato il Genoa social forum del rischio che potevano
correre.
GRAZIELLA MASCIA. Certo. Se
parliamo di infiltrazioni con finalità ben precise - e vi
chiedo di leggere questi aspetti -, forse, se si vogliono evitare i
problemi, ciò si può comunicare.
Vorrei chiedere:
l'unico piano operativo che è stato predisposto è
quello di cui ci avete dato copia, cioè l'ordinanza di
servizio n. 2143 del 12 luglio, oppure successivamente è stato
modificato qualcosa? Vorrei chiederle se nella gestione dell'ordine
pubblico, dopo gli eventi del 20 luglio, tra il 20 ed il 21, sia
cambiato qualcosa. Vorrei farle una domanda circa la dislocazione
delle forze di polizia durante il corteo del 21 luglio: qui abbiamo
elementi precisissimi, con responsabilità precise. Vorrei
chiederle chiarimenti, poiché io non ho visto le cose che qui
sono scritte; ieri l'ho chiesto al capo della polizia, il quale ha
detto che la gestione non era di sua competenza. Vorrei chiederle se
lei sia a conoscenza della ragione per cui queste cose non si sono
verificate.
Infine - e ho davvero concluso - vorrei fare alcune domande
rispetto al Blitz alla scuola Diaz ed alla questione della
caserma di Bolzaneto. Qual è stata la sua partecipazione, sia
in termini di conoscenza sia in termini di gestione, per quanto
riguarda la perquisizione nella scuola? Chi era il responsabile
dell'operazione e quale rapporto lei ha potuto tenere con gli
ufficiali di polizia in quel contesto? Vorrei, inoltre, sapere, se
lei ne è a conoscenza, perché nella perquisizione sia
stato utilizzato il reparto del servizio operativo comandato dai
funzionari Gratteri e Calderossi e chi fossero i responsabili per la
gestione delle persone arrestate presso le caserme di Forte San
Giuliano e Bolzaneto. Grazie.
GIANNICOLA SINISI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Sinisi.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, intervengo perché sono ancora le 10,20 del mattino e forse può essere utile una sua determinazione al riguardo. Ieri abbiamo potuto assistere all'audizione del capo della polizia, in cui ad una esposizione di circa un'ora del capo della polizia ne è seguita un'altra di circa tre ore da parte dei commissari per formulare le domande. Io le chiedo di trovare una soluzione affinché questo dibattito e queste audizioni si possano svolgere in modo regolare e proficuo o attraverso un contingentamento dei tempi o attraverso un'organizzazione dei lavori basata su domanda e risposta.
PRESIDENTE. Onorevole Sinisi, non le vorrei togliere la parola ma ho già parlato ieri di questo. Forse lei era distratto.
GIANNICOLA SINISI. No, no, io c'ero.
PRESIDENTE. Ho detto ieri che l'ufficio di presidenza di questa sera avrebbe provveduto in questo senso. La ringrazio. Ho capito il problema, che si ripropone. Mi auguro che, questa sera, i componenti dell'ufficio di presidenza possano convergere circa la metodologia da seguire.
FILIPPO MANCUSO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Mancuso.
FILIPPO MANCUSO. Signor presidente, torno sull'argomento di ieri ed integro le osservazioni del collega. Torno a segnalare l'opportunità, prima che giunga la sera, che lei stabilisca se continuare nel non proficuo metodo di ieri, cioè di riferire le risposte alla fine - cosa che non è avvenuta naturalmente -, o, piuttosto, di fare dei lotti di domande e di risposte e concentrare gli argomenti sollevati in modo che siano tutti intelligibili e che rendano tesa l'attenzione che ieri, purtroppo, è andata scemando man mano che la stanchezza sopraggiungeva. La prego, signor presidente, di valutare seriamente questa sollecitazione.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mancuso. Per dividere in blocchi le domande, però, occorrerebbe che io conoscessi subito i nomi dei colleghi che intendono intervenire, per far sì che io possa mettere nel blocco tutti i rappresentanti dei gruppi. Le faccio l'esempio di questa mattina: io ho cinque richieste, di seguito, di componenti di Forza Italia. Ciò non mi sembrerebbe opportuno. In questo senso, intendo procedere come abbiamo fatto negli altri giorni, chiedendo ai colleghi di collaborare e di limitarsi veramente alle domande. Per oggi, credo che possiamo procedere con questo metodo, lasciando
alla vostra sensibilità il tipo di domanda ed anche il
tempo che ritenete di impiegare per le domande stesse. Se dovessimo
decidere di cambiare il metodo nel corso dell'ufficio di presidenza,
relativamente ai blocchi, credo sia opportuno adottare un sistema per
cui essi siano comunque in rappresentanza dei gruppi. Altrimenti si
corre il rischio di dare anche all'esterno l'impressione di una
parzialità delle risposte cui l'ospite è tenuto. La
ringrazio, comunque, onorevole Mancuso. Questa sera affronteremo
anche questo tipo di problema.
All'onorevole Boato, che si
accinge a porre domande al prefetto, segnalo l'esigenza emersa questa
mattina.
MARCO BOATO. Signor presidente, non
intendo intervenire sull'ordine dei lavori, però è la
prima volta che verifico in un Comitato d'indagine - ed ho fatto
parte di altre Commissioni, anche d'inchiesta -, un tentativo, da
parte dei membri del Comitato, di autolimitare il proprio lavoro. È
la prima volta che mi succede: ho fatto parte di Commissioni su
terremoti, stragi, terrorismo, Ustica ed altre ed è la prima
volta che assisto a questo sforzo di autolimitare il nostro lavoro.
Detto questo, signor presidente...
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
MARCO BOATO. Se la collega vuole parlare prima di me, io non ho difficoltà.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Avevo chiesto di parlare sull'ordine dei lavori, signor presidente, ma lei non mi ha visto quando ho richiesto la parola.
MARCO BOATO. Siccome non vorrei disturbare la collega mentre parlo....
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Prego, onorevole Boato.
MARCO BOATO. Grazie, signor
presidente. Volevo ringraziare il prefetto Di Giovine per l'imponente
lavoro che ci ha fatto avere, lavoro suo, dei suoi uffici e di cui,
ovviamente, si assume qui la responsabilità. Io l'ho trovato
veramente straordinario, perché durante altre esperienze non
identiche, ma comunque relative a problemi molto complessi, non mi
era mai successo di trovare una documentazione così analitica,
così dettagliata su tutti gli aspetti della vicenda che in
questo caso abbiamo da affrontare: quella del G8.
Signor
Presidente, noi abbiamo ricevuto questo materiale ieri, nel corso dei
lavori; personalmente, ho potuto esaminarlo ieri sera e stanotte.
Confesso che non sono riuscito a leggere tutto, ma molto.
Da
tutti i verbali che lei ci ha dato, signor prefetto, dalla
documentazione, dal grosso volume che viene dal suo ufficio di
gabinetto - ordinanze di servizio, diciamo -, si ricostruiscono tutti
i vari passaggi. Partiamo dal punto di vista di che cosa si potesse
fare per organizzare al meglio il vertice del G8, perseguendo i tre
obiettivi che sono stati più volte ripetuti: garantire che il
vertice G8 si svolgesse, cosa non banale visto che in altre occasioni
altri vertici si sono interrotti, e che si svolgesse nella massima
sicurezza; garantire la sicurezza dei cittadini; garantire il libero
svolgimento di manifestazioni pacifiche e, contestualmente,
contrastare le manifestazioni non pacifiche, cioè gli atti di
violenza o, addirittura, gli atti di guerriglia urbana. Mi pare che
tutto questo, dal punto di vista della fase di preparazione, sotto
ogni profilo, risulti documentato in modo assolutamente ampio,
dettagliato ed anche - debbo dire - con molta efficienza.
Ovviamente, se noi stiamo svolgendo - come lei del resto ha
ricordato alla fine della sua breve relazione orale, visto che
ci ha dato molti documenti scritti - un'indagine conoscitiva, è
perché, nelle giornate del 20 e del 21, non sotto il profilo
dello svolgimento del vertice, che è avvenuto in assoluta
sicurezza, ma sotto il profilo di ciò che si verificava al di
fuori del vertice e della zona rossa, le cose sono andate
diversamente da quello che si poteva auspicare.
Io sono d'accordo
con lei, signor prefetto, sul fatto che lei non deve interferire con
l'attività dell'autorità giudiziaria e lei stesso si è
rimesso anche all'attività conoscitiva di questo Comitato.
Però, se il presidente e noi abbiamo deciso di ascoltarla, è
perché vogliamo che ci dia un contributo in questa attività
conoscitiva. Dai documenti fornitici io riscontro che c'era la
consapevolezza dei problemi che avrebbero potuto verificarsi e delle
difficoltà da affrontare sotto il profilo dell'ordine
pubblico, da una parte, e della tutela dei diritti costituzionalmente
garantiti, dall'altra.
Io cito soltanto, perché lei abbia
i riferimenti - questo me lo segnalava poco fa il senatore Turroni,
perché non ero riuscito ancora a leggerlo -, il verbale
dell'incontro di servizio presso la prefettura del 12 aprile 2001. A
pagina 3 di questo verbale, in basso si dice: sotto questo profilo
non è quindi tanto importante l'aspetto della contemporaneità
degli eventi quanto piuttosto l'appesantimento dell'attività
delle forze dell'ordine, che devono tendere ad impedire che si
inseriscano nelle manifestazioni pacifiche elementi portatori di
violenza che devono essere discriminati. Discriminazione che appare
profilarsi più che altro se si dà ascolto ai segnali
che da più parti dicono e riassumono che i futuri protagonisti
di atti di violenza tenderanno a dissimulare, a non farsi
individuare, senza usare gli abituali mascheramenti.
Nel verbale
di una seduta che - devo dire - non ci era mai stata riferita da
altri soggetti, ma che vedo qui, oltre ai
comitati provinciali dell'ordine pubblico, vedo che il 26 giugno -
penso opportunamente - si è tenuta anche una conferenza
regionale sull'ordine della sicurezza pubblica, a cui parteciparono
il vicecapo della polizia Andreassi, il comandante regionale dei
carabinieri, quello regionale della finanza e tutte le altre autorità
che di solito partecipano ai comitati provinciali - dal prefetto, al
questore, ai comandanti provinciali - ma ha una dimensione più
vasta. In questa occasione, il vicecapo della polizia dice: al
momento, l'attenzione è focalizzata sui movimenti portatori di
opinioni di dissenso sui temi del vertice, che mirano ad ottenere in
forme pacifiche e talvolta violente la massima visibilità e il
coinvolgimento dell'opinione pubblica. Il fenomeno in forte
espansione investe in modi trasversali diversi schieramenti, dai
cattolici agli anarchici. Il movimento antiglobalizzazione si mostra
con un incremento di manifestazioni (Seattle, Göteborg, e così
via).
Anche qui, non leggo tutto il resoconto che è - devo
dire - molto puntuale e anche molto eloquente al riguardo: il 26
giugno, quindi a distanza ancora (l'altra era di aprile) di 20 giorni
circa (sì, qualcosa di più di 20 giorni) dai momenti
cruciali del vertice e delle concomitanti manifestazioni, il vicecapo
della polizia espone a voi, alla conferenza regionale sull'ordine
pubblico, la problematica che sarà il clou dell'aspetto
del secondo e del terzo obiettivo (il primo obiettivo è
garantire la sicurezza ed il libero svolgimento del G8).
Analoghe
considerazioni o rilievi trovo nei tre fascicoli del diario che lei
ha citato. A pagina 11 del secondo fascicolo - considerazioni -
leggo: il problema delle manifestazioni di dissenso è stato
fin dall'inizio oggetto di una particolarissima attenzione; non ci
sono problemi per altri aspetti, il problema invece sussiste in
ordine a una serie di iniziative che dovrebbero svolgersi nella
settimana tra il 15 ed il 22 luglio, in
concomitanza con il vertice o a stretto ridosso. Vado a pagina 13:
anche se la volontà di diversi organizzatori delle varie
manifestazioni è univoca, nel senso di rifiutare qualsiasi
atto che non sia ispirato a sentimenti pacifisti, contemporaneamente,
da tutti viene espressamente affermato il concetto di non essere in
grado di contenere eventuali forme di violenza, che soltanto alle
forze dell'ordine spetta di contrastare. Signor presidente, siamo nel
fascicolo 2, 11 aprile -10 giugno 2001, alle pagine 11, 12 e 13 e
devo dare atto, anche in questo caso, del fatto che queste
ricostruzioni danno la consapevolezza che le problematiche (che poi,
ahimè, sono esplose il 20 e il 21 e che non hanno avuto invece
il corrispettivo operativo che veniva ipotizzato), erano però
non disconosciute; non erano neppure sottovalutate - per quel poco
che io sono riuscito a vedere, perché non ho letto tutto -, ma
tutto questo nella preparazione. La stessa cosa trovo nel fascicolo
numero 3, a pagina 9, dove però si dice: con l'insediamento
del nuovo esecutivo veniva da subito individuata la linea operativa
da intraprendere con gli esponenti del Genoa social forum:
l'apertura al dialogo ed il conseguente stanziamento di un fondo pari
a 3 miliardi.
Sottolineo questo aspetto non perché io sia
critico, ma perché qui c'è, a volte, lo debbo dire
impersonalmente, un gioco, da una parte, teso a criminalizzare il
Genoa social forum, dall'altra parte a dimenticare che c'è
stato un dialogo istituzionale. Credo che il dialogo istituzionale
sia stato correttissimo - mi sono complimentato con il ministro degli
esteri e dell'interno prima del vertice G8 per aver adottato questa
linea -, il problema era poi come concretizzare queste preoccupazioni
nei giorni 20 e 21.
Da ultimo, il fascicolo grosso - non so se
lei lo chiami tecnicamente: ordinanza di servizio -, che era
originariamente
riservato e che a posteriori è stato declassificato.
Anche questo io lo trovo di grandissimo interesse per questa parte
che ci interessa, non per le altre parti che hanno avuto ordinaria o
forse straordinaria attuazione e sono state assolutamente efficienti.
Noi abbiamo da pagina 29 in poi i paragrafi 1 e 2 - informazioni sul
fronte della protesta anti G8 -. Qui, tra l'altro, volevo dire al
presidente Pastore che quando si parla delle varie manifestazioni
sono sempre individuati dei nomi di persone o di gruppi che chiedono
anche per conto del Genoa social forum; quando si parla della
manifestazioni di immigranti si dice: Stefano Kovac, Massimiliano
Morettini, Roberto Demartis, in nome e per conto del Genoa social
forum, hanno preavvisato..., eccetera; cioè, i nomi ci
sono addirittura in questo fascicolo; poi ci sono le attività
informative e la distinzione tra i vari blocchi all'interno dei
movimenti, le possibilità di interventi a livello
internazionale, le segnalazioni di particolare interesse. Quella che
il senatore Iovene chiede in continuazione è qui scritta a
pagina 34 (quella riguardo a Forza nuova e al Fronte nazionale): tale
gruppo è in possesso di armi da taglio, avrebbe come obiettivo
principale colpire, nel caso in cui si dovessero verificare
incidenti, i rappresentanti delle forze dell'ordine, screditando
contestualmente l'area antagonista di sinistra anti G8. È
scritto in questo gigantesco volume, a pagina 34.
Ho finito,
presidente, però se non avessi fatto questa rapida
ricognizione, che è il frutto di questo lavoro notturno, le
domande rivolte al prefetto sarebbero state assolutamente banali. Per
esempio, anche per quanto riguarda i centri di accoglienza, a pagina
41, sono indicate tutte le strutture e a chi sono destinate. In
particolare, cito quelle che sono state oggetto di problemi: scuole
Doria, Pascoli e Diaz di via Cesare Battisti, dal 15 luglio,
segreteria tecnica, People House, scuola
Pertini di via Cesare Battisti, dal 16 luglio appoggio alla scuola
Pascoli. Lì abbiamo tre edifici: il Diaz e il Pertini confusi
sistematicamente nelle cronache di questi giorni, e, di fronte, il
Pascoli. Questo io ho capito. Non ci sono mai stato lì, ma ho
capito finalmente come è fatto questo insieme di strutture.
Sono previsti la segreteria tecnica, il computer, gli hard disk,
il centro informativo; era tutto previsto nella fase organizzativa
che lei ci ha così cortesemente dettagliato in questo
materiale.
Ora, fatta questa ricostruzione, compresa anche questa
segnalazione della svolta, con il nuovo esecutivo, di una più
attenta dichiarazione di dialogo con il Genoa social forum -
tanto che il 30 giugno vi è stata una riunione con il capo
della polizia a Genova, anche questa dettagliata qui da qualche
parte, che non vado a ricercare -, premesso che io non ho la minima
obiezione su tutto questo perché lo trovo un lavoro serio,
rigoroso, fatto bene e responsabile, come è potuto succedere -
lo dico a lei in chiave conoscitiva, tanto non avremmo nessun potere
accusatorio come un aiuto a questo Comitato -, ebbene, le chiedo come
sia potuto accadere che questa consapevolezza dei problemi, che pure
c'era e che è stata sistematicamente analizzata, si sia poi
tramutata, nei giorni più drammatici e difficili del 20 del 21
(per esempio, il 21 è il giorno di una grande manifestazione
preannunciata, in cui si sapeva che potevano esserci - lo si dice nel
verbale addirittura il 12 aprile 2001 - fenomeni di infiltrazioni),
in quello che è avvenuto in quei due giorni. La sensazione che
si è avuta in quei due giorni - parlo solo di sensazione
perché le conclusioni le tireremo alla fine - è che ci
sia stato un eccessivamente basso contrasto nei confronti delle forme
di guerriglia urbana e di aggressione violenta anche alle cose -
quelle citate dal presidente Pastore nel suo primo intervento
- ed una incomparabilmente elevata azione di repressione
indiscriminata nei confronti dei manifestanti pacifici (perché
poi tutta la questione nasce da qui).
Dalle relazioni - e ho
concluso, le domando scusa presidente, ma il materiale era veramente
imponente - che poi ci sono state fornite dal capo della polizia e da
parte degli ispettori di polizia emerge: mancanza di struttura
gerarchica, mancanza di responsabilizzazione, confusione dei ruoli,
indeterminatezza delle competenze. Quindi, una quantità di
problemi che, invece, nella fase di organizzazione sembrava non
doversi verificare, vale a dire responsabilità, competenze.
Cosa è successo, per quanto è a sua conoscenza, nei
limiti di un'audizione in sede di indagine conoscitiva, (che non è
una testimonianza giudiziaria, non è un'inchiesta, come il
presidente le ha ricordato)?
Vorrei sapere quello che lei può
dirci come contributo al nostro lavoro conoscitivo e come autorità
provinciale di pubblica sicurezza - il prefetto è l'autorità
tecnica, lei è l'autorità politica -; dunque, cosa può
dirci per aiutarci a comprendere cosa è successo in quei due
giorni, pur avendo su questi aspetti un lavoro imponente alle spalle
che ha funzionato per tutto ciò che ha riguardato il vertice
G8 nella zona rossa, ma che ha avuto clamorose défaillance
relativamente ad altri aspetti, quali l'ordine pubblico e diritti
costituzionalmente garantiti nel loro difficile intreccio nelle
giornate del 20 e del 21.
Io mi scuso con il presidente....
PRESIDENTE. Si deve scusare con i colleghi, non con me.
MARCO BOATO. Mi scuso anche con i colleghi, ma tale ricognizione era utile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori la senatrice Ioannucci. Le do la parola.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor presidente, forse il mio intervento sarebbe stato più costruttivo prima dell'intervento dell'onorevole Boato...
PRESIDENTE. Perché, l'onorevole Boato ha demolito l'intervento?
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. ... visto che volevo, appunto, sottolineare la necessità di fare delle domande e non di fare dei comizi.
MARCO BOATO. Parli per se stessa!
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Onorevole Boato, io mi stavo domandando...
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Onorevole, se lei si sente tanto toccato dalle mie parole...
MARCO BOATO. Ho passato tutta la notte a leggere le carte. Non si permetta di usare espressioni offensive nei confronti di...
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Presidente, se lei permette, vorrei la parola.
PRESIDENTE. Onorevole Boato, le do dopo la parola.
MARCO BOATO. No, non voglio la parola.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Presidente, mi dispiace che l'onorevole Boato si senta toccato dalle mie parole, non intendevo assolutamente rivolgermi...Onorevole, io non intendevo minimamente, se lei si sente toccato dalle mie parole probabilmente...
ANTONIO SODA. Che intervento sull'ordine dei lavori è censurare gli interventi di un altro? Ma la smetta!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, non le permetto di dire ad una collega «la smetta!». Le sarei grato... se è nervoso, si può fare un giro.
ANTONIO SODA. Io non sono affatto coinvolto!
PRESIDENTE. Allora deve stare zitto.
ANTONIO SODA. Qui la gente ha il diritto di parlare!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, le darò la parola se chiede di intervenire, ma deve permettere di far concludere il discorso alla collega che lo ha chiesto.
ANTONIO SODA. Voglio capire su quale ordine dei lavori!
PRESIDENTE. Se non lo capisce, glielo spieghiamo dopo. Prego, senatrice Ioannucci.
MARIA CLAUDIA
IOANNUCCI. Signor presidente, io mi chiedevo (Commenti del
deputato Boato)...
Ho semplicemente detto che volevo sapere
per me, volevo sapere per me, se gli interventi dovevano - e già
avevo fatto ieri lo stesso intervento - limitarsi alle semplici
domande oppure...
ANTONIO SODA. No, uno può anche articolare le domande.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Credo che il presidente sia lei, non so poi a chi devo rivolgermi...
ANTONIO SODA. Esiste un regolamento, esistono delle regole in Parlamento!
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Presidente, io sto chiedendo una regola cui attenermi.
ANTONIO SODA. Se lo legga, si legga la storia dei parlamenti!
PRESIDENTE. Credo che se lei ha
chiesto (Commenti del deputato Boato)... Onorevole Boato, non
capisco perché si riscaldi così tanto; deve stare
zitto, perché sto intervenendo in risposta alla collega.
Senatrice Ioannucci, se ha concluso, le spiego.
Ieri è
accaduto lo stesso fatto, qui si tratta di decidere se vogliamo
limitarci alle domande o se, giustamente - io lo ritengo più
giusto, ma poi lo deciderà l'ufficio di presidenza -, per
entrare nella domanda, si possa fare un commento. Il problema è
un fatto di tempi più che di contenuti, perché poi
ognuno si assume le proprie responsabilità anche politiche. Se
noi avessimo convenuto, negli uffici di presidenza precedenti, che
ogni gruppo ha un tempo a disposizione, chiunque in quel periodo,
fermo restando il rispetto per l'ospite, è libero di fare e di
domandare quello che ritiene opportuno. Poiché non abbiamo
convenuto né i tempi né quanto competa ai singoli
gruppi - e mi riservo di farlo questa sera con i colleghi
dell'ufficio di presidenza - vi invito, per questa giornata, a
tollerare - tra virgolette - qualora riteneste tollerabile la
situazione, facendo svolgere ad ognuno, secondo la propria sensibilità, gli interventi che ritiene di effettuare in questa sede. Questa sera provvederemo a risolvere, per quanto sarà possibile, questo problema.
FABRIZIO CICCHITTO. Io mi
riferisco più al materiale che lei ci ha consegnato che non
alla sua esposizione, signor prefetto, che apprezzo ma che è
stata molto sintetica e che si espone anche a delle obiezioni che,
invece, il materiale che lei ci ha fornito non merita. Infatti, il
materiale che lei ci ha dato - e questo pone degli interrogativi che
poi, forse, andrebbero rivolti alle forze dell'ordine - mette in
evidenza due cose.
Lei ha concentrato la sua esposizione sulla
tutela della zona rossa ed io reputo e condivido con lei la
valutazione che, in parte, il successo, il risultato del G8
dipendesse dalla difesa della zona rossa, in quanto vediamo - anche
da materiali che ci sono stati forniti, da quello che abbiamo visto
in televisione e da quanto abbiamo saputo - che l'attacco alla zona
rossa non era affatto virtuale, ma che era uno dei punti fondamentali
di una parte delle organizzazioni pacifiste di cui ci è stato
detto. Quindi, quello era un nodo essenziale.
Nel materiale che
lei ci ha dato, però, vi è anche una specificazione
molto attenta della tutela dell'ordine pubblico per quello che
riguardava anche la zona gialla. Quindi, noi dobbiamo fare una
riflessione fra la delineazione di questo ordine dei lavori, di
questa programmazione e così via e dei difetti che, invece,
sono emersi nell'ambito della zona gialla.
Tutto ciò,
però, attiene ad un terzo punto - e qui viene la mia domanda -
che è stato sollevato già ieri dall'onorevole Nitto
Francesco Palma e che consente forse anche di dare una parziale
risposta ad interrogativi che, in modo ripetuto, il senatore
Bassanini ha posto alle forze dell'ordine nell'altra riunione. Il
senatore Bassanini (spero di interpretarne correttamente
il pensiero): ha detto: come mai non si è riusciti ad
isolare i violenti rispetto a manifestazioni sostanzialmente
pacifiche? A parte il fatto che l'operazione credo sia tecnicamente
difficile, considerando la mobilità teorizzata da un nucleo
limitato dei violenti, quello delle tute nere, la risposta parziale a
questa domanda del senatore Bassanini sta nella descrizione contenuta
nell'ordinanza di servizio cui faceva riferimento ieri l'onorevole
Nitto Francesco Palma. Io condivido la descrizione che qui viene
fatta della mappa, diciamo così, delle forze che si
contrapponevano o che comunque manifestavano, a parte il fatto che il
blocco rosa, il blocco giallo, il blocco blu e il blocco nero hanno
in se stessi delle componenti teorizzate e praticate di violenza
molto rilevanti, il che spiega anche la difficoltà di
prendere, di catturare, di isolare le componenti più spinte
che entravano e uscivano da cortei, che per metà o per tre
quarti avevano componenti violente molto rilevanti.
Questo dà
una spiegazione - una spiegazione - anche della difficoltà
delle forze dell'ordine di fare i conti con questa realtà, a
meno che esse non volessero ricorrere a misure straordinarie che
nessuno auspicava, come quella di sparare, cosa che, naturalmente,
non si doveva fare e che è stata fatta in un solo caso
drammatico che abbiamo analizzato ieri.
Quindi, la domanda che
pongo è se la difficoltà di mettere in pratica quello
che qui è spiegato benissimo, sul piano programmatico, anche
ai fini della tutela della «zona gialla», non sia dipesa
dal fatto che non un ristretto gruppo di violenti, ma una parte
cospicua di coloro che manifestavano - proprio in base alla mappa che
qui ci viene fatta - avesse il proposito o di far saltare la «zona
rossa» o di contrapporsi alle forze dell'ordine; ciò si
salda con le spiegazioni dateci dal comandante Siracusa, il quale ci
ha descritto, ieri, gli avvenimenti,
in gran parte dimenticati, dell'intera giornata di venerdì, che viene ricordata solo per il fatto drammatico avvenuto alle 17,30, quando, invece, tale fatto è stato preceduto da un'escalation di violenza provocata non solo dalle «tute nere», ma anche dalle altre componenti che programmavano la violenza e che si ritrovano nella descrizione fatta da pagina 31 in poi, in una parte del materiale che lei ci ha fornito.
CESARE MARINI. Prefetto, io non
ho ancora letto le sue relazioni perché, avendo bisogno di
dormire molto, non posso leggere di notte; le leggerò, perciò,
nei prossimi giorni. Ho fatto questa premessa perché non
vorrei farle delle domande a cui lei, probabilmente, ha già
risposto.
La prima domanda che le pongo è la seguente: vi
sono stati cambiamenti nel sistema di prevenzione e sicurezza? Se vi
sono stati, quando sono stati apportati ed in che cosa sono
consistiti? Sulla base di quello che ho compreso nel corso di queste
audizioni e dalla lettura delle relazioni presentate, sono pervenuto
alla conclusione di dover formulare, soprattutto rispetto agli ultimi
eventi, quelli, cioè, che più hanno destato stupore -
mi riferisco alla perquisizione nella scuola Pertini ed a quanto è
avvenuto nella caserma di Bolzaneto, alla fase finale, alla coda del
vertice, agli episodi che, ripeto, hanno creato molta amarezza, anche
se non hanno riguardato le forze dell'ordine nel loro complesso ma
frange di queste - la seguente domanda: rispetto ai predetti fatti
qual è stato il suo ruolo? Glielo chiedo perché mi pare
che tutti abbiano detto che, in realtà, l'ordine pubblico
aveva un vertice rappresentato da lei, quale coordinatore di tutte le
forze dell'ordine, e un coordinatore tecnico - chiamiamolo così
- nella persona del questore. Allora, quando vi fu quella
perquisizione, lei ne era stato informato? L'aveva autorizzata? E, se
non è stato lei, chi prese la decisione? Non le sto chiedendo
chi prese la decisione
di fare la perquisizione, ma più specificamente chi prese la decisione di agire con quelle modalità. Inoltre, chiedo di sapere se nella scuola Pertini vi fosse un responsabile dell'operazione e, in caso affermativo, chi fosse. Infine, rispetto all'indicazione emersa, e cioè che lei era il responsabile supremo del coordinamento - sul posto si capisce, non a Roma -, e rispetto anche a tutte le critiche che sono state mosse per quanto riguarda gli episodi fuori dalla norma - certo non quelli che solitamente si riscontrano in occasione di manifestazioni, ad iniziare dal non avere impedito l'ingresso in Italia dei black bloc e delle frange più violente ed eversive, nonché qualche reazione sbagliata di frange di poliziotti - vorrei sapere quale ruolo abbia avuto lei personalmente.
MICHELE SAPONARA. Un ANSA di
ieri riferiva: Agnoletto e gli altri sono stati accreditati dal
Governo italiano. Il Genoa social forum esisteva già
prima della vittoria del centrodestra, ma il Governo Berlusconi ha
legittimato il suo ruolo di interlocutore. Lo ha detto il sindaco di
Genova, Giuseppe Pericu, rispondendo ad alcune domande di onorevoli e
senatori del Comitato d'indagine sul G8. I colloqui con Agnoletto e
Casarini - ha aggiunto - sono stati gestiti dal Governo italiano: lo
stesso Scajola, nel corso di un incontro, ci manifestò
l'intenzione di dialogare con loro e i colloqui partirono - partirono
- alla presenza del capo della polizia e dei responsabili del
Governo, ma senza gli enti locali. Il sindaco ha aggiunto che non c'è
stato alcun avvertimento che il momento della consensualità o
contestualità con loro fosse rotto.
Orbene, signor
prefetto, lei ha depositato i verbali dei comitati provinciali per
l'ordine e la sicurezza pubblica e degli incontri di servizio dal 7
agosto del 2000 al 12 giugno del 2001. A pagina 2 del diario verbale
del 9 aprile dice: il prefetto
comunica che il 4 aprile il Presidente del Consiglio dei ministri,
in presenza del ministro dell'interno e del ministro degli affari
esteri, gli ha conferito mandato per il dialogo con le organizzazioni
non governative e che il 5 aprile, in presenza del capo di gabinetto
del ministro dell'interno, ha incontrato una delegazione del Genoa
social forum che preannunciava la presentazione di un dettagliato
piano di esigenze logistiche. Il prefetto comunica che oltre al Genoa
social forum altri hanno chiesto di poter manifestare nei giorni
del vertice. Il prefetto informa dell'incontro avvenuto il 31 marzo
con il segretario generale della Farnesina nel corso del quale veniva
data assicurazione che entro la fine di aprile si sarebbero
conosciute le destinazioni alloggiative dei capi delle delegazioni.
Orbene, signor prefetto, chiedo conferma di questa circostanza e
chiedo, ovviamente, che lei illustri, nel modo più dettagliato
possibile, tutto ciò che è avvenuto in quel contesto,
chi erano i rappresentanti del Governo e quale dialogo abbia avviato
lei con il Genoa social forum per incarico del Governo.
FRANCO BASSANINI. Ieri ci è
stato spiegato - lo dico al prefetto, ma è stato già
ricordato dai colleghi - che, alla fine, la gestione era riservata
alle autorità locali: prefetto e questore. Credo sia utile per
tutti noi - che abbiamo idee al riguardo, ma, forse, non del tutto
precise - che il prefetto ci precisi anche l'esatta distinzione di
compiti tra il prefetto e il questore, anche se poi la responsabilità
per così dire politica dovrebbe far capo al prefetto e quella
operativa al questore (mi corregga se non è così).
Le
mie domande sono le seguenti: anzitutto, quando avete avuto gli
elementi definitivi per poter definire le operazioni di prevenzione,
di ordine pubblico, eccetera - quindi, la collocazione delle
delegazioni, le date di arrivo, la previsione delle manifestazioni, e
via dicendo -, quando siete stati, cioè, in
condizione di dare veste definitiva al piano, ai progetti per la
tutela dell'ordine pubblico?
Credo questo sia un elemento
rilevante, poiché lei ci descrive un work in progress
che però si definisce solo nel momento in cui questi elementi
sono conosciuti. Lei ritiene - valutazione che sarebbe utile per noi
- che questi elementi siano stati definiti troppo tardi? Che
bisognava cercare di anticiparli per avere più tempo?
Seconda
domanda. Anch'io ho molto apprezzato il materiale e, in particolare,
come l'onorevole Cicchitto, ho molto apprezzato che esso contenga
un'analisi molto dettagliata e precisa delle varie organizzazioni,
devo dire anche con indicazioni abbastanza importanti. È
evidente - ma questo lo sapevamo tutti - che le organizzazioni
potenzialmente violente sono più di una (non è una
sola, anche se una, quella dei cosiddetti black bloc, era più
violenta o più pericolosa di altre: tuttavia sono più
di una). Nel materiale fornito sono identificati anche i rischi di
infiltrazioni; rilevo, ad esempio, un passaggio in cui si dice che si
è appreso che Forza nuova, Fronte nazionale e Comunità
politica di avanguardia avrebbero effettuato una manifestazione e
alcuni membri di Forza nuova avrebbero costituito un nucleo da
infiltrare tra i gruppi delle tute bianche: tale gruppo, in possesso
di armi da taglio, avrebbe avuto come obiettivo principale quello di
colpire i rappresentanti delle forze dell'ordine screditando,
contestualmente, l'area antagonista di sinistra anti G8. Si tratta
quindi di una identificazione di tutti i possibili pericoli, a destra
e a sinistra.
Vedo anche che c'è una previsione, molto
dettagliata, dei possibili arrivi. Da questa previsione mi sembra si
ricavi - vorrei averne conferma dal prefetto - che numericamente gli
appartenenti ad organizzazioni pacifiche fossero, certamente,
la maggioranza mentre quelli appartenenti ad organizzazioni
violente, o disposte ad usare metodi violenti, fossero la minoranza.
Credo che sarebbe utile capire se queste previsioni, grosso modo,
si siano poi verificate. Naturalmente non le chiedo se,
effettivamente, dalla provincia di Alessandria siano arrivate 250
persone del blocco rosa, 20 del blocco blu e 30 del blocco nero! Lei
ritiene che queste previsioni, così analitiche e dettagliate,
abbiano poi trovato riscontro? È quindi vero ciò che ci
hanno detto coloro che abbiamo avuto modo di ascoltare (mi riferisco
sia alle autorità locali sia ai responsabili nazionali delle
forze dell'ordine), vale a dire che la grande maggioranza dei
manifestanti era pacifica e che solo minoranze, non per questo meno
pericolose, erano appartenenti ad organizzazioni che hanno usato la
violenza o hanno tentato di innescare azioni violente nei giorni del
G8? Tutto ciò, ricavabile dai suoi rapporti e dalle sue
istruzioni, è stato confermato dallo svolgersi degli eventi?
Se è così - le pongo una ulteriore domanda -,
considerato che in questa ordinanza si identificano, anche molto
bene, gli obiettivi sensibili sul percorso delle manifestazioni e le
organizzazioni violente nelle loro articolazioni, perché ho
l'impressione (che, per il momento, abbiamo avuto tutti) che tutto
questo lavoro di preparazione non si sia tradotto in una attività
efficace, o quanto meno sufficientemente efficace, di prevenzione e
isolamento dei violenti e delle loro azioni? Si sapeva quali fossero
le organizzazioni; era stato fatto un lavoro imponente di
istruttoria, di analisi e di previsione; di alcuni di costoro si
sapeva dove erano acquartierati e dove dormivano; sappiamo, dalle
precedenti esperienze, che i rappresentanti delle nostre forze
dell'ordine, l'ho ricordato ieri, sono efficaci e bravi, in occasione
di manifestazioni, a svolgere l'importantissimo lavoro di separare i
manifestanti pacifici, che esercitano
un diritto costituzionale (finché sono pacifici), da quelli
violenti, che non esercitano alcun diritto costituzionale, che
violano le leggi e che, in quel modo, conculcano anche il diritto dei
pacifici: questo deve essere ed era un punto fondamentale! Perché
il sistema non ha funzionato? Perché obiettivi sensibili
identificati, a quanto ho capito, sono stati devastati? Perché
il piano non ha avuto successo? Questa continua ad essere, per me, la
prima domanda. Naturalmente la seconda è come siano potuti
accadere eccessi, violenze non necessarie nei confronti di arrestati
e nei confronti di manifestanti inermi. Ma la prima resta quella che
ho appena ricordato.
Infine, due ultime domande. Le è già
stato chiesto se lei sia stato preventivamente informato della
cosiddetta perquisizione alla scuola Pertini, alla scuola Diaz e alla
Pascoli. Per quanto ne so - mi corregga se non è così,
- trattandosi di una iniziativa certamente di competenza del
questore, ma con risvolti, per così dire «politici»,
credo che il prefetto dovesse esserne informato per poter fare
qualche preventiva valutazione al riguardo. Attendiamo di sapere cosa
sia successo e quali quindi siano stati, in questi giorni, i suoi
rapporti con il questore di Genova.
L'ultima domanda si ricollega
a quella rivoltale poco fa dal collega Saponara. Non ho capito, e
vorrei che venisse ricostruito, in quale momento una generica e credo
da nessuno contestabile e contestata indicazione di confronto e di
dialogo con le ONG (cosa che è stata fatta in tutti i vertici
ed i summit internazionali e perfino nella preparazione del G8
- io stesso ho avuto qualche responsabilità politica del
lavoro della Digital opportunity task force, che ha preparato
una parte, che poi il Presidente Berlusconi ha giudicato molto
importante, del lavoro del G8, e dico subito che l'abbiamo
organizzata con gli sherpa dei 9 grandi paesi in via di
sviluppo ed i rappresentanti
delle ONG che si occupano del settore - ed è quindi ritenuta una normale attività) sia divenuta quasi una indicazione esclusiva di dialogo con un vertice rappresentativo che, ovviamente, non poteva garantire per tutti (perché nessuno può garantire per tutti coloro che partecipano ad una manifestazione che si svolge in piazza); si trattava, sicuramente, di un interlocutore importante, ma, forse, non era l'unico. Allora, qui, io leggo un'indicazione che sembrerebbe dire che questa scelta è diventata consistente nel momento in cui il nuovo Governo ha dato questa direttiva (opportunamente io credo: anch'io, come il collega Boato, non vorrei che questa domanda fosse interpretata come polemica, non è polemica); tuttavia credo sia importante riuscire a capire in quale momento e, naturalmente, perché ciò è avvenuto, anche se, dico subito, che penso fosse una decisione sostanzialmente inevitabile.
FILIPPO MANCUSO. Signor
prefetto, sto alla sua relazione nella quale sono, in esordio,
indicate le origini delle organizzazioni che hanno, come dice la
lettera della sua informativa, dato consistenza al Genoa social
forum.
Ho un dubbio - che è oggetto della mia sola
domanda - che la prego, se possibile, di dissolvere sulla base anche
delle cose che potrà dire, prima, al collega Saponara.
Questa
organizzazione, alla sua sensibilità di amministratore e di
cultore delle leggi, come è apparsa? Come un comitato o come
un'organizzazione non riconosciuta? Secondo le due tipologie previste
dal nostro codice civile, era un'associazione non riconosciuta o un
comitato? Essendo questa distinzione, a mio avviso, non irrilevante,
sia per quel che è accaduto sia per quelle che potrebbero
essere le conseguenze sulla responsabilità per i fatti, lei dà
notizia di questa organizzazione, di questo magma, direi, di questa
melma, formata da centinaia di singoli soggetti, a partire dal
luglio,
quando proprio il primo, il più attivo, il più
iniziatico di questi nuovi enti comunicò il programma delle
manifestazioni, che poi si moltiplicarono nel tempo, e alle sigle si
aggiunsero le sigle, fino a quelle esplicite dei black bloc.
Allora, siccome è pacifico che lo Stato - attraverso la
sua ed altre autorevoli rappresentanze - con questo magma, con questa
melma, ha trattato, vorrei sapere quando, ad opera di chi, nei
confronti di chi, con quali argomenti, con quali finalità, con
quali risultati il Governo (la pubblica amministrazione, i suoi
organismi locali) cominciò a discutere - attraverso la
discussione o l'ammissione alla trattativa e alla discussione -,
attribuendo esso stesso una qualche forma di riconoscimento e di
rappresentatività. Quando avvenne questo primo contatto,
questo sposalizio di interessi, con quali finalità, ripeto, e
con quali risultati? Che esso, poi, sia continuato con il primo e con
il secondo Governo è una conseguenza necessaria, io penso,
della premessa, ossia dell'istituzione di un rapporto che concretava
anche un riconoscimento, un riconoscimento, quindi, anche del black
bloc.
GABRIELE BOSCETTO. Signor
prefetto, intanto la saluto e, da parlamentare ligure, le esprimo
tutta la soddisfazione per la documentazione sicuramente molto
interessante che lei ci ha portato questa mattina. Ho avuto modo -
quando sono stato, per due mandati, presidente della provincia di
Imperia - di collaborare con lei, anche in momenti dolorosi come
quelli delle alluvioni che hanno colpito il territorio Ligure, e so
quanto scrupolo lei metta sempre in ogni sua azione.
Mi richiamo
pertanto, spero rapidamente, ad alcuni dei suoi atti e documenti. In
questa relazione - definita, appunto, «Per il presidente della
Commissione affari costituzionali» - a pagina 6, lei scrive:
«Fin dal gennaio 2000 si comincia ad affacciare un movimento
molto composito che si riconosceva
nel segno dello slogan 'Da Seattle a Genova, ribellarsi è
giusto' che preannunciava forme di contestazione contro la
globalizzazione dell'economia e che faceva la sua prima comparsa in
occasione della mostra convegno internazionale sulle biotecnologie
qui svoltasi alla fine di maggio dello stesso anno»; quindi
siamo a maggio del 2000. «Tale movimento acquistava una prima
fisionomia come rete contro il G8, alla quale aderivano associazioni
di chiaro stampo pacifista ed ambientalista insieme ai centri sociali
genovesi e alla rete Lilliput. Conquistava nuove adesioni attraverso
una campagna telematica e si presentava, alla fine dell'anno, come
patto di lavoro, con l'obiettivo di interloquire con le istituzioni
per organizzare spazi di agibilità democratica in occasione
del vertice». Iniziava così una serie di incontri che
poi andremo a vedere.
Mi pare che in queste poche righe lei
chiarisca quello che noi avevamo già sentito, in buona parte,
dal sindaco Pericu e, in parte, dalla professoressa Vincenzi, sulla
genesi di questo Social forum, una genesi che va a
riallacciarsi, come lei dice, fin dal gennaio 2000, a queste prime
associazioni sotto alcuni segni di slogan per arrivare a quel
patto di lavoro del quale ci ha parlato il sindaco Pericu, che poi
abbiamo visto già operativo e trasformarsi, da lì a
poco, in Genoa social forum. Quindi, l'importanza di queste
righe, deriva non solo da questa consecutio storica che lei ci
evidenzia, ma anche perché colloca l'affacciarsi di questo
movimento - che poi alla fine abbiamo visto essere sempre il medesimo
- nel gennaio 2000.
Passando agli incontri - e sono quelli
contenuti nel suo indice e chiamati 'incontri di servizio' - noi
vediamo come il 20 ottobre 2000, in quelle sedi, il prefetto comunica
la posizione del consiglio comunale e provinciale sul tema
dell'accoglienza dei manifestanti. Ciò vuol dire che questo
discorso del Social forum - si chiamasse ancora in quel
momento patto di lavoro o già Social forum -
addirittura era sottoposto all'attenzione dei consigli comunali e
provinciali, ossia di due importanti organi elettivi che avevano
discusso sulle associazioni medesime e sulle loro intenzioni. Quando,
infatti, andiamo a prendere il verbale dell'incontro di servizio del
20 ottobre, il prefetto parla di questa realtà dei movimenti:
«Il dibattito, in sede consiliare, da parte
dell'amministrazione comunale e provinciale, ha già
evidenziato una sostanziale apertura al dialogo, vuoi attraverso
l'istituzione di apposite commissioni (vedi la delibera del consiglio
comunale della 25 settembre 2000)» - noi abbiamo chiesto al
sindaco Pericu di farci avere queste delibere con relativa
discussione in consiglio comunale - «vuoi attraverso l'impegno
ad attrezzare strutture di sostegno a favore dell'accoglienza dei
partecipanti alle contromanifestazioni (vedi la delibera del
consiglio provinciale, questa volta, del 28 settembre ultimo scorso).
La recente esperienza maturata in occasione della mostra convegno
sulle biotecnologie ha contribuito ad ingenerare nell'opinione
pubblica una percezione del fenomeno in termini per lo più
negativi, a causa degli episodi occorsi durante lo svolgimento dei
cortei. Con riguardo alla consistenza del fenomeno, si può
cominciare a delineare un fronte antagonista composto da circa una
settantina di gruppi di associazioni» - allora erano ancora una
settantina - «all'interno del quale non è stata ancora
riconosciuta alcuna posizione leader. L'obiettivo prefisso» -
lei scrive, signor prefetto - «è quello di impedire lo
svolgimento del vertice». Questa è la situazione di
fatto, chiaramente espressa da lei in questo verbale d'incontro di
servizio del 20 ottobre.
C'è poi la riunione l'11 gennaio,
nella quale il prefetto comunica la proposta, formulata dal movimento
patto di lavoro - qui siamo già a questa denominazione -, tesa
ad
ottenere un tavolo di confronto con le istituzioni per il problema
dell'accoglienza dei manifestanti. Ci sono diversi passi: «Queste
associazioni chiedono il reperimento di soluzioni che contemperino
l'esigenza di consentire il regolare svolgimento dei lavori del
vertice e l'istanza dei movimenti portatori di opinioni di dissenso
volta ad ottenere l'attenzione dell'opinione pubblica».
Con
l'occasione le chiedo di confermarmi se quella manifestazione, che
aveva registrato anche alcune violenze in occasione della mostra
convegno sulle biotecnologie, fu la manifestazione che destò
tanta polemica perché il presidente della provincia, Marta
Vincenzi, che aveva messo a disposizione e finanziato il cocktail
o la cena di ringraziamento ai partecipanti, era stata preceduta
da una sfilata, che aveva avuto risvolti violenti, alla testa della
quale marciava il presidente della provincia Marta Vincenzi; si
tratta di un ricordo che mi sovviene in questo momento, le chiederei
di confermarmelo.
In questa situazione siamo arrivati all'11 di
gennaio, con il patto del lavoro che avanza talune richieste; il 9
aprile viene appuntata quella frase, molto importante e già
ricordata dall'onorevole Saponara, con cui: «Il prefetto
comunica che il 4 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri,
Amato, in presenza del ministro dell'interno, Bianco, e del ministro
degli affari esteri, Dini, gli ha conferito mandato per il dialogo
con le organizzazioni non governative, e che il 5 aprile in presenza
del capo di gabinetto del ministro dell'interno ha incontrato»
- lei, signor prefetto - «una delegazione del Genoa social
forum che preannunciava la presentazione di un dettagliato piano
di esigenze logistiche; il prefetto comunica che oltre al Genoa
social forum, altri gli hanno chiesto di poter manifestare nei
giorni del vertice».
Il giorno 12 aprile lei, signor prefetto, in questo comunicato
precisa che: «Il Genoa social forum ha presentato un
documento riassuntivo delle iniziative programmate e, che a breve,
incontrerà il sindaco, il presidente della giunta regionale e
il presidente della provincia per acquisire le rispettive
valutazioni». Se analizzassimo questi ultimi due elementi
troviamo come le richieste del Genoa social forum diventino di
un certo peso, e come ci sia da parte loro, anche in qualche modo, la
minaccia di non far svolgere il vertice, e la richiesta di
contestualità delle manifestazioni e di sistemazioni
logistiche che dovrebbero addirittura essere finanziate dallo Stato e
dagli enti locali, perché solo in quel modo, attraverso la
contestualità di manifestazioni pacifiche, il Genoa social
forum avrebbe ottenuto la visibilità che ricercava senza
impegnarsi in manifestazioni violente: questo lo stato dei fatti e
delle cose.
Le chiedo se, oltre alla verifica del mio ricordo
sulla posizione della dottoressa Vincenzi, lei confermi, nei fatti e
nelle collocazioni temporali, tutto quanto ho detto. Le chiedo
altresì se confermi, signor prefetto, l'invio al presidente
Biasotti di una lettera datata 11 aprile 2001 che le organizzazioni
aderenti al Genoa social forum avrebbero spedito a lei, e che
lei avrebbe poi mandato per conoscenza al presidente della regione
Biasotti, del seguente tenore: «Egregio signor Antonio Di
Giovine, prefetto di Genova, Genova 11 aprile 2001; oggetto:
trasmissione e richieste e documentazione per spazi e manifestazioni
promosse dal Genoa social forum. Egregio signor prefetto,
abbiamo appreso con piacere che in occasione dell'incontro a Roma, al
Viminale, del 5 aprile scorso con i rappresentanti nazionali del
Genoa social forum, sia stato comunicato ufficialmente ai
nostri esponenti che nel rapporto con le ONG sia stato designato un
unico interlocutore nella sua persona per la trattativa sugli spazi,
le manifestazioni e
l'agibilità democratica della città. Abbiamo
apprezzato anche gli impegni assunti dal Governo...» - quel
Governo dell'11 aprile - «... nella sua collegialità di
non procedere alla chiusura delle frontiere e di garantire il
rispetto del diritto di espressione e manifestazione anche nei giorni
del vertice del G8»; c'è poi un'ulteriore specificazione
di richieste in relazione agli spazi; una lettera con richieste
trasmessa il 9 febbraio scorso; sul funzionamento della stazione
Brignole; sull'accesso autostradale dall'uscita di Genova est; in
particolare: «...chiediamo luce, gas, strutture e attrezzature;
siamo disponibili ad incontrarla per illustrare nei particolari le
nostre proposte e le chiediamo di incontrarla al più presto».
Se lei, signor prefetto, ha la bontà di confermare di aver
ricevuto questa lettera e di averla inviata al presidente Biasotti,
non solo chiudiamo per così dire l'anello posto in essere da
Biasotti quando ha messo a disposizione del Comitato la suddetta
lettera, ma chiudiamo anche il discorso temporale su quali fossero i
contatti e la concretezza dei medesimi già nell'imperio del
governo precedente rispetto al nuovo Governo Berlusconi.
Le
vorrei fare ancora due domande. Una, riguarda sempre la presidente
della provincia di Genova, la quale si è lamentata di non aver
potuto mettersi in contatto con lei per relazionarle sui fatti che
stavano avvenendo nella scuola di Quarto.
La stessa ha avuto modo
di dire in questa sede che rimase male, perché essendo al
vertice di una istituzione e per di più, una signora...
IDA DENTAMARO. Questo non l'ha detto!
GABRIELE BOSCETTO... aveva interpretato il suo silenzio come un gesto poco istituzionale e poco cavalleresco. La nostra parte politica ritiene ancora che esistano le signore.
GABRIELE BOSCETTO. Comunque,
questo ha detto la dottoressa Vincenzi! La quale si è
lamentata - credo che l'abbiamo sentito tutti - del mancato contatto
e della mancata risposta del signor prefetto. Sentiremo, se è
vero che si è avuto questo mancato contatto e quali sono state
eventualmente le ragioni.
Da ultimo, vorrei sapere quale sia
stato il meccanismo di consegna degli immobili del patrimonio
pubblico agli affidatari, ma soprattutto come si sia svolta la
procedura di scelta di questi ultimi; e se, come ci sembra di aver
capito, questi affidatari fossero persone riferibili al Genoa
social forum perché non si è pensato di rendere
affidatari dei pubblici ufficiali che probabilmente potevano
garantire meglio la conservazione dei beni invece di attribuirli a
soggetti del Genoa social forum.
Ancora, una brevissima
domanda. Se le risulta che - essendo rimasti feriti anche in modo
grave agenti delle diverse forze di polizia ivi compresi i
carabinieri, i quali hanno messo in essere azioni di coraggio con
sprezzo del pericolo e con rischio della propria vita - siano in
corso procedure per encomi, per valutazioni positive e per
gratificazioni? Riteniamo infatti che questa Repubblica non possa
soltanto puntare il dito contro qualche agente, forse in difetto,
senza riconoscere l'opera grandemente meritoria di coloro che,
ripeto, a rischio della vita hanno garantito l'ordine pubblico e lo
svolgimento di un'importantissima manifestazione internazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il senatore Turroni.
SAURO TURRONI. Signor presidente, mi compiaccio con il suo equilibrato intervento di poco fa, che ha consentito che talune intemperanze dei colleghi non si verificassero in occasione del comizio appena ascoltato.
LUCIANO MAGNALBÒ. Considerata la documentazione che il prefetto ha consegnato, cercherò di svolgere un esercizio di sintesi.
PRESIDENTE. Colleghi, rispettate chi ha la parola!
LUCIANO MAGNALBÒ.
Vorrei porre al prefetto alcune domande «secche». Signor
prefetto, può riferire in maniera articolata, i motivi che lei
ha individuato per i quali, il 4 dicembre del 1999, fu scelta la
città di Genova: una città - lei lo afferma nella sua
relazione - che offre una limitata capacità recettiva (una
delle tante annotazioni), e che avrebbe comportato enormi difficoltà
logistiche se non altro per l'alloggiamento di tutti i militari, 18
mila, che dovevano in principio essere allocati in città?
Il
secondo punto è il seguente: quando - e ciò trapela
dalla documentazione - le difficoltà andavano aumentando - e
anche i servizi ne parlavano - che cosa ebbero da dire D'Alema, che
aveva individuato la città, e poi Amato e Bianco sul «di
più praticarsi», come si usa dire in gergo dei
carabinieri?
La terza domanda è se lei confermi
l'efficienza dei servizi, a cominciare dal dicembre 1999 in poi, per
quanto concerne le informative che le venivano inviate e che
riguardavano tale aspetto montante in ordine alla pericolosità
della manifestazione.
Le voglio porre un'altra domanda
riguardante il comitato di sicurezza. Lei afferma che, in occasione
del primo comitato
nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, venne esaminata la
complessa situazione sia dal punto di vista dei movimenti del
dissenso, che da Seattle in poi approfittavano di ogni incontro di
rilievo per porsi all'attenzione mondiale, sia sotto l'aspetto, mai
da sottovalutare, del terrorismo. Lei afferma che dell'evento di
Genova - novembre del 2000 - in quel contesto se ne parlò
soltanto marginalmente: vorrei capire cosa ciò voglia dire.
Poi nel paragrafo successivo continua affermando che ciò sta a
dimostrare la serietà delle valutazioni operate: vorrei capire
questo passaggio.
Da ultimo, lei, in occasione della
perquisizione e dell'intervento alla scuola Diaz, ebbe modo di
parlare con Sgalla?
ANTONIO SODA. Signor prefetto, la
ringrazio anch'io per tutta la documentazione che ci ha fornito e
scorrendola mi è sembrato, in particolare faccio riferimento
ad alcuni incontri di servizio (specificamente a quello di aprile),
che vi fosse, nei responsabili della sicurezza a Genova, la
consapevolezza che vi sarebbero state azioni di guerriglia urbana.
Tanto ciò è vero che nell'ordinanza di sicurezza
emanata poi il 12 luglio dal questore, sulla premessa dell'analisi
dei presenti a Genova, tali azioni di guerriglia si sarebbero
sviluppate con quella tecnica che le immagini televisive hanno
ampiamente documentato. Ieri il capo della polizia, in un passaggio,
in verità, parzialmente corretto in sede di replica e di
risposta, ha fatto presente che tali modalità di violenza
(infiltrazioni nei cortei pacifici, fuga, ricomposizione di piccole
squadre, saccheggi e poi rientro all'interno dei cortei) non sono
fronteggiabili, non si possono contrastare con i reparti comuni di
servizio di ordine pubblico.
Voglio porre la mia prima domanda.
Da quello che ho capito vi è la consapevolezza, negli atti che
lei ci ha consegnato, che di fronte a centinaia di migliaia di
manifestanti
pacifici, di fronte a manifestazioni pacifiche, avremmo avuto un
piccolo numero - e in ciò dissento da quello che ha poco fa
rilevato l'onorevole Cicchitto: lo stesso capo della polizia ha detto
che la predisposizione alla violenza apparteneva a poche migliaia di
persone rispetto alle centinaia di migliaia di pacifici manifestanti
- di facinorosi dediti ad azioni di guerriglia urbana. Vi è la
dichiarazione del capo della polizia che tali azioni di guerriglia
urbana non possono essere efficacemente contrastate con i reparti
impiegati in azioni di normale ordine pubblico. Le leggo un passaggio
particolare dell'intervento del capo della polizia: «Il loro
contrasto sul terreno si è reso altrettanto difficile dal
ricorso ad autentiche tecniche di guerriglia che non possono essere
fronteggiate agevolmente con reparti ordinariamente impiegati nei
servizi di ordine».
Orbene, nell'ordinanza di sicurezza del
questore del 12 luglio si individuano le tecniche di guerriglia, i
punti sensibili, la necessità di impedire i contatti con i
cortei, eccetera, e poi si definiscono i reparti mobili e si aggiunge
una quota di forze dell'ordine per fronteggiare le varie emergenze.
Allora, se vi era tale consapevolezza sulle tecniche di guerriglia e
se vi è stata un'insufficiente azione di contrasto, lei, che
era il responsabile, ha avuto dal capo della polizia il supporto
tecnico per l'impiego, non di quei reparti comuni di ordine pubblico,
ma di reparti più efficacemente in grado di contrastare tali
tecniche di guerriglia? Ciò perché le immagini
televisive hanno mostrato la zona gialla - come ha detto il sindaco -
priva delle forze dell'ordine: i facinorosi scorrazzavano
impunemente, distruggevano, saccheggiavano, eccetera. Questa è
la prima domanda che le pongo.
A seguito dell'audizione di ieri,
la percezione, almeno della stampa - non credo che sia corretta - è
che una delle cause della diffusività della violenza sia da
attribuire - come anche
qualche commissario ha ripetuto in quest'aula - alla natura del
movimento che, incapace di risolvere dall'interno ed espellere dal
proprio seno le frange violente, ha sostanzialmente impedito il
controllo dell'ordine pubblico nella zona gialla.
A questa
analisi risponde oggi la responsabile del servizio sicurezza del
Genoa social forum, la signora Raffaella Bolini,
rappresentante ARCI (che non so se lei ha avuto modo di conoscere, ma
dovrebbe averla incontrata varie volte), che dichiara: «Io non
voglio accusare nessuno e saranno la magistratura e il Parlamento ad
accertare le responsabilità, ma constato che ci viene
rimproverato di essere stati poco chiari negli incontri con la
questura prima del vertice di Genova, sebbene proprio noi avessimo
impostato il dialogo con le istituzioni sulla base di una trasparenza
assoluta e di distacco totale. In piazza poi abbiamo dovuto prendere
atto con sorpresa che i violenti erano liberi di scorrazzare senza
che nessuno li fermasse, con tantissime persone pacifiche che
venivano trattate come fossero devastatori».
È in
grado allora di dirci una parola chiara sui rapporti con questi
rappresentanti? Vi è stata doppiezza, ambiguità? O vi è
stata, come risulta da un suo atto, una loro specifica, espressa,
ripetuta segnalazione con la quale - sapendo dell'arrivo a Genova di
gruppi violenti nei termini descritti nell'ordinanza del questore del
12 luglio - si affermava costantemente di non essere in grado di
assicurare autonomi servizi d'ordine? L'atto della prefettura di
Genova (credo sia stato già citato in Commissione) dice che il
problema non è rappresentato tanto dalla contemporaneità
degli eventi - il vertice, le piazze tematiche e le manifestazioni -
quanto dall'appesantimento dell'attività delle forze
dell'ordine tesa ad impedire l'inserimento nelle manifestazioni
pacifiche di elementi
portatori di violenza che devono essere discriminati. Questa mi
sembra una posizione costituzionalmente corretta: il compito primario
di isolare i violenti e quello primario di garantire la libera
manifestazione dei pacifici cittadini spetta allo Stato che, in
questo caso se li è assunti pienamente.
Le chiedo se ciò
sia avvenuto per una insufficienza tecnica determinata dalla penuria
di reparti idonei a fronteggiare quella tipologia di guerriglia? C'è
stata una sottovalutazione? È successo qualcosa altro che ha
impedito il corretto funzionamento del meccanismo di difesa e di
sicurezza? Lei, in particolare, esclude la tesi aleggiata in
Commissione che, essendo la violenza tanto diffusa, non poteva essere
garantito l'ordine pubblico?
GIANNICOLA SINISI. Ringrazio
il signor prefetto per la puntuale e scrupolosa documentazione, che
ci ha fatto pervenire, ma che soltanto superficialmente ho potuto
scorrere, sebbene qualche documento in particolare mi abbia
interessato di più (per un certo vezzo di guardarne alcuni
piuttosto che altri). Ho prestato maggiore attenzione alla sua
ordinanza del 2 giugno 2001, che regolamenta le attività, e
non solo, relative all'ordine pubblico per la prevenzione degli
eventi e che disciplina anche il regime di alcune zone della città:
è l'atto con cui lei individua la zona rossa e quella gialla.
Nello stesso, lei afferma che la bozza dell'ordinanza (ho una
certa consuetudine con la prudenza dei prefetti e con la prassi del
Ministero dell'interno), molto diligentemente, aveva ottenuto
l'approvazione preventiva del comitato nazionale per l'ordine e la
sicurezza pubblica e reputo quindi che il comitato nazionale del
Governo Amato del 24 maggio 2001 sia stato l'ultimo - secondo quanto
detto dal capo della polizia - ad averla esaminata. Inquadrate le
date, leggo dalla sua ordinanza che nella zona gialla erano
interdette le manifestazioni e il
volantinaggio: non mi sembra di registrare alcuna deroga,
contrariamente a quanto è emerso dalle precedenti audizioni.
Il 2 giugno 2001 il parere del Comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza pubblica, confermato da quello del comitato nazionale per
l'ordine e la sicurezza pubblica, era che nella zona gialla non
dovessero esserci né manifestazioni né volantinaggio.
Signor prefetto, quali e quante manifestazioni sono state
successivamente autorizzate, coinvolgendo la zona gialla, oltre che
la città? Abbiamo ascoltato dal capo della polizia che una
manifestazione era partita addirittura a ridosso della zona rossa.
Quali direttive lei ed il questore, che ha condiviso le
responsabilità a livello locale, avete ricevuto per
autorizzare queste manifestazioni?
Il 19 giugno, il ministro
dell'interno ha illustrato la disponibilità del Governo ad una
apertura e abbiamo letto sui giornali che, ancora il 14 luglio, il
ministro degli esteri proseguiva nell'iniziativa del dialogo,
incontrando 70 organizzazioni non governative e parlando di una
apertura mai incontrata in altri vertici da parte dei manifestanti
(l'abbiamo letto su La Stampa di Torino, il 14 luglio).
Essendo un evidente atto in deroga all'ordinanza prefettizia del 2
giugno 2001, dovrebbe dirmi quali sono state le direttive che ha
ricevuto e che le hanno consentito di assumere una iniziativa di
grande responsabilità, essendo a conoscenza, sin dal dicembre
del 1999, che nuclei di violenti erano all'interno di queste
manifestazioni.
Sempre per quella mia antica consuetudine
maturata (anche se non vorrei essere considerato una reduce, in
questa occasione), so che lei è autorità politica sul
territorio e le spetta un coordinamento politico delle attività
di pubblica sicurezza.
Vi sono state molte occasioni in passato in cui è stato
necessario, non una trattativa, signor prefetto, ma un confronto,
cosa ben diversa come lei sa. La domanda l'ho posta anche ieri al
capo della polizia e riguarda il confronto politico, che in genere
viene sviluppato dal Governo, o dal rappresentante del Governo in
sede periferica, il prefetto: c'è una ragione per la quale il
24 ed il 30 giugno ad incontrare queste organizzazioni è stato
delegato il capo della polizia e non lei o un rappresentante del
Governo?
Le vorrei porre ancora due questioni, sperando di non
essere insistente. La prima è una questione tecnica. Ieri
abbiamo sentito parlare di coordinamento, vorrei sapere se le
aliquote della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri,
destinate a svolgere funzioni di ordine pubblico nei giorni dal 19 al
21 luglio a Genova con riferimento al G8, siano state messe a sua
disposizione o a disposizione del questore.
Infine le faccio una
domanda a cui lei, proprio come autorità rappresentante del
Governo a livello locale dovrebbe poter rispondere: vorrei sapere se
nei giorni del G8 le risulta che vi furono autorità di Governo
presenti a Genova non impegnate ufficialmente nei vertici del G8 e se
ha avuto modo di sapere a che titolo fossero presenti.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. La ringrazio, prefetto, soprattutto per tutti i documenti che ci ha inviato. Già dal 23 agosto 2000 lei parlava di inadeguatezza delle strutture ed il 20 ottobre 2000 di pericolo per quanto riguardava l'attività del G8 e le attività collaterali; le vorrei chiedere se a seguito di queste sue dettagliate indicazioni vi sia stata dal Governo dell'epoca una risposta o comunque atti o attività che potessero cercare di minimizzare le inadeguatezze ed i pericoli da lei sollevati.
Mi vorrei soffermare ancora sul Genoa social forum,
sempre leggendo gli atti da lei depositati, già nell'11
gennaio 2001 - richiamandomi in toto a quanto ha detto prima e
sicuramente meglio di me, il senatore Boscetto - lei sollevava il
problema delle organizzazioni, in seguito alle sue dichiarazioni il
ministro informa e designa l'architetto Margherita Paolin quale
figura di Governo referente per intrattenere le relazioni con i
movimenti antagonisti, dopo di ciò ancora il 9 aprile vi è
un incontro presso la sede di Palazzo Chigi ed il Presidente del
Consiglio dei ministri, in presenza del ministro dell'interno e del
ministro degli affari esteri, le conferiva mandato per il
mantenimento del dialogo con le organizzazioni non governative. Nelle
sue relazioni, lei informa sempre più dettagliatamente su come
queste organizzazioni non governative, che avevano intenzione di
manifestare pacificamente contro il G8, confluissero nel Genoa
social forum. Vi è stato quindi un naturale ingrossamento
delle file di queste organizzazioni che passano da circa 50 a 500
soggetti. Vorrei sapere se queste organizzazioni non governative sono
poi confluite veramente in quello che è stato indicato come
Genoa social forum e se l'indicazione del Genoa social
forum avvenne durante il Governo Amato.
La presidente della
provincia ha indicato la mancata collaborazione del Genoa social
forum. Essa ha lamentato non solo in questa sede, ma anche
ripetutamente di fronte alla stampa, come il Genoa social forum
non abbia mai fatto denunce o comunque indicato alle autorità
che all'interno dei beni che gli erano stati loro consegnati vi
fossero degli oggetti pericolosi, i quali, tra l'altro, erano stati
individuati dalla stessa provincia. Il Genoa social forum ha
mai inviato atti o fatto
anche una semplice telefonata alla questura o alla prefettura per
indicare la presenza, all'interno degli immobili che gli erano stati
consegnati, di oggetti pericolosi?
Il sindaco e la presidente
della provincia lamentano lo scarso coinvolgimento che il prefetto
avrebbe avuto nei loro confronti. Il sindaco e il presidente della
provincia fanno parte a pieno titolo del comitato provinciale per
l'ordine pubblico e la sicurezza (o perlomeno così hanno
affermato sia il sindaco che la presidente della provincia). Mi
sembra strano che ci sia questo rilievo di mancato coinvolgimento,
quando, leggendo le carte, le ordinanze, le riunioni e i verbali che
lei ha depositato, risulta che il sindaco e la presidente della
provincia o non fossero presenti, o lo fossero solamente attraverso
loro rappresentanti - ho contato due presenze - e comunque mai di
persona. Questa latitanza degli enti locali, quindi non già un
mancato coinvolgimento da parte della prefettura, è così
evidente che lei è costretto ad indicare, e lo leggo a pagina
12 di «Verso il G8. Considerazioni e valutazioni afferenti il
periodo 11 aprile - 10 giugno 2001», che non è riuscito
a parlare né con il sindaco né con la presidente della
provincia, tanto è vero che successivamente ha chiesto di
incontrarli, proprio per la loro latitanza nei vari comitati. Mi
conferma tutto ciò?
Il 5 febbraio 2001, sempre in una
riunione del comitato provinciale - dove brillavano sempre per la
loro assenza il sindaco e la presidente della provincia - viene
indicato che è allo studio la verifica della applicabilità
dell'articolo 650 del codice penale per inosservanza dei
provvedimenti dell'autorità. Ora, vorrei formulare una domanda
che ho già fatto ieri e che ripeterò a lei, proprio in
relazione a quella seduta ed a quanto deciso dal comitato per
l'ordine pubblico e la sicurezza. Vorrei chiederle se l'ordinanza del
19 luglio della questura di Genova
di asportare i cassonetti per evitare che venissero usati nel
corso della guerriglia urbana sia stata rispettata e se, in base a
quanto deciso nella seduta appunto del 5 febbraio 2001, sia stato poi
applicato - o comunque siano state aperte indagini in relazione -
l'articolo 650 del codice penale contro chi non aveva ottemperato,
ubbidito o comunque fatto ottemperare all'ordinanza del questore di
Genova del 19 luglio.
Infine, le chiedo se lei è al
corrente del fatto che nella scuola Pertini vi fosse un'infermeria.
Ho finito con le domande; chiedo al presidente se sia arrivata la
documentazione che avevo richiesto al sindaco ed al presidente della
provincia.
PRESIDENTE. Sono pervenuti, soltanto, i documenti a disposizione di tutti i commissari. Documentazioni ulteriori, tra cui quella da lei richiesta, non sono ancora giunte.
NITTO FRANCESCO PALMA. Ho chiesto di intervenire per alcune precisazioni. È noto che sono stati intrattenuti contatti tra il Governo ed il Genoa social forum, voluti dal Parlamento ed in linea con i precedenti rapporti, che avevano caratterizzato la preparazione del G8: Genoa social forum, non organizzazioni non governative. Infatti, leggo nell'appunto del prefetto (oltre la nota già richiamata dall'onorevole Cicchitto, relativa alla riunione del 9 aprile, quando il prefetto comunicava di aver avuto l'incarico dalla Presidenza del Consiglio di dialogare con le organizzazioni non governative) che, il 5, in presenza del capo di gabinetto, ha incontrato una delegazione del Genoa social forum. Leggo anche, che, il 12 aprile, il prefetto comunicava che il Genoa social forum aveva presentato un documento riassuntivo delle iniziative programmate e che, a breve, avrebbe incontrato il sindaco, il presidente della giunta ed il presidente della provincia.
Vorrei fare una considerazione: dalla nota del 12 luglio 2001
della questura di Genova, emerge un quadro delle varie componenti dei
manifestanti abbastanza puntuale e dettagliato e, per taluni versi,
inquietante. L'area del dissenso viene suddivisa in quattro categorie
(rosa, gialla, blu e nera), tre delle quali, con diversa entità,
sembrano tutte essere dedite alla violenza, o in parte o
integralmente. Ad esempio, si parla di un blocco giallo, in cui
sarebbero ricomprese le tute bianche, che hanno predisposizione alla
violenza e, in particolare, all'utilizzo di sistemi di attacco contro
le forze dell'ordine. Nella pagina successiva vi è
un'individuazione delle varie tipologie di violenza proprie di questo
blocco giallo, fra le quali si cita l'improvvisazione di blocchi
stradali e ferroviari. Successivamente, vi è un'individuazione
delle tipologie di violenza del blocco blu e di quello nero.
Mi
sembra di intuire, da quanto scritto nel documento, che, oltre alla
tipologia delle varie violenze, è individuabile anche una
strategia di attacco. In particolare, con riferimento al blocco nero,
si fa chiaramente richiamo alla tattica di muoversi per piccoli
gruppi, il cosiddetto «mordi e fuggi». Vi è,
altresì, una chiara indicazione, sotto il profilo della
quantità numerica, dei vari blocchi e, in particolare, dei
soggetti che, all'interno dei vari blocchi, sono considerati dediti
alla violenza. Facendo una somma numerica di tali soggetti, arriviamo
a numeri elevati, sicuramente simili ai 5 o 6 mila, indicati ieri dal
prefetto De Gennaro.
Fatta questa premessa, le domande sono le
seguenti: quando siete entrati in possesso di queste notizie e, in
particolare, esse erano a vostra conoscenza, quando sono iniziati -
siamo ancora all'epoca del precedente Governo - i rapporti con il
Genoa social forum? Con riguardo a questi contatti e rapporti,
vorrei sapere se, in previsione del vertice,
nel corso degli incontri avvenuti, siano stati raggiunti degli
accordi e, se la risposta fosse affermativa, che tipo di accordi
fossero e se siano stati sostanzialmente rispettati.
Infine,
nell'appunto relativo ai vari comitati provinciali per l'ordine e la
sicurezza, leggo che avete dedicato diverse sedute - come è
logico - sia ai movimenti antagonisti (immagino che ciò sia
avvenuto durante la seduta del 20 ottobre 2000), sia a questioni di
tipo tecnico-logistico, cioè sostanzialmente
all'individuazione dei contingenti di forze dell'ordine da utilizzare
a Genova e alle possibilità di acquartieramento. Ciò
avveniva tra la fine di settembre dell'anno scorso ed i primi giorni
di quest'anno. Poiché immagino che qualsiasi ragionamento, pur
con le necessarie modifiche, che abbia ad oggetto l'entità
delle forze dell'ordine da impiegare, presupponga una strategia di
interventi e - prima ancora di questa - un'informazione, la più
dettagliata possibile, circa il tipo di manifestazione da consentire
e contrastare (quando questa manifestazione determini violenze), mi
chiedo: tra la fine dell'anno 2000 e l'inizio dell'anno 2001, quali
notizie avevate in ordine all'entità della manifestazione e
quale tipo di strategia avevate immaginato?
ANTONIO TOMASSINI. Signor presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Ho trovato molto utile, al di là di tante dichiarazioni sentite, le relazioni pervenute dagli ispettori della polizia, già in nostro possesso da ieri. È stata promessa, già nella giornata di ieri, la terza relazione: voglio avere rassicurazioni precise sul momento in cui ci verrà consegnata. Chiedo fermamente di poterla avere prima di interrompere questa sessione dei lavori. Mi associo alla richiesta avanzata da altri colleghi sul bilancio sanitario degli enti, che il 118 di Genova dovrebbe essere in grado di fornire. Grazie, signor presidente.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tomassini, provvederemo in ordine alle due sollecitazioni cui faceva riferimento.
LUCIANO VIOLANTE. Il materiale
che ci ha consegnato, signor prefetto, ci consente di avere un quadro
compiuto e, forse, molte delle risposte alle domande formulate sono
già negli atti che ci ha fornito.
Guardando l'appunto che
ci ha consegnato, verso la fine di pagina 6, è scritto:
iniziava così una serie di incontri, il primo nel febbraio del
2001, con le organizzazioni del movimento, che dapprima si chiamava
«Patto di Lavoro» e successivamente si trasformava, nel
marzo 2001, in Genoa social forum, in seguito all'adesione di
associazioni straniere. Verso la fine di pagina 7 dell'appunto, dopo
il riferimento alla crescita delle domande di adesione delle
associazioni al movimento, a ritmo - se non capisco male -
insostenibile, lei scrive «Si era giunti così al 20
aprile, data dell'ultimo incontro che ebbi con gli esponenti del
movimento che ribadivano di voler manifestare in concomitanza
temporale e fisica al fine di impedire attraverso ogni forma di
disobbedienza civile l'arrivo dei Capi di Stato e di Governo e lo
svolgimento del vertice». Siamo dunque al 20 aprile, quando il
movimento fa queste richieste e si sospendono, per così dire,
le trattative. Poi, alla pagina 8, lei riferisce «il tema del
»dialogo« con il movimento del dissenso però
restava ancora insoluto» - cioè non si era ancora deciso
cosa fare - e poi ancora «Eravamo quasi alla vigilia del
vertice e, scelta la via del confronto diretto a consentire forme di
convivenza tra lo svolgimento del vertice G8 e di un »contro
vertice«, il Governo affidava al capo della polizia il mandato
tecnico per tradurre in concreto tale volontà». Vi è,
cioè, un momento in cui alla vigilia del vertice si decide di
riprendere, se non capisco male, il colloquio per consentire forme di
convivenza tra vertice e contro manifestazioni.
È così, signor prefetto? Vorremmo allora sapere se
sia un'autorità politica che decide ad un certo punto per il
confronto diretto e la contestualità delle manifestazioni.
Vorrei, poi, sapere - anche se è una questione minore -,
signor prefetto, cosa voglia dire uniforme atlantica. Molto spesso,
infatti, si trova scritto nelle sue carte che i vari ufficiali di
polizia dovevano andare in giro con l'uniforme atlantica.
ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. È un tipo di uniforme.
LUCIANO VIOLANTE. Io chiedo
perché una di queste persone che doveva andare in giro con
l'uniforme atlantica è, invece, ripresa dalle fotografie con
una maglietta ed un paio di pantaloni normali. Vorrei, quindi, sapere
se era questa l'uniforme atlantica oppure un'altra! Rivolgo questa
domanda perché una delle persone che figura dover vestire una
divisa atlantica, quindi riconoscibile come appartenente alle forze
di polizia, in realtà è stato fotografato - lei sa bene
chi è - con una maglietta e un paio di pantaloni.
Vorrei
anche chiedere, con riferimento all'ordine pubblico, se era il
questore a rappresentare l'autorità di pubblica sicurezza,
quella cioè che aveva la responsabilità complessiva
delle operazioni di pubblica sicurezza, indipendentemente dai corpi
che materialmente svolgevano le operazioni. Perché se guardo
il dossier riservato della questura di Genova, datato 12 luglio 2001,
da pagina 172 in poi dell'ordinanza di servizio della questura di
Genova, le uniche disposizioni riguardano gli appartenenti alla
Polizia di Stato. In questo documento - peraltro, questo materiale è
molto importante perché ci fa capire la complessità,
che personalmente ho compreso solo guardando bene queste carte (dal
tiratore scelto appostato a tutto il resto) - ci sono tutti i turni,
ma questi riguardano
sempre e soltanto appartenenti alla Polizia di Stato e non anche
gli appartenenti all'Arma dei carabinieri e alla Guardia di finanza.
Stesso discorso riguarda anche le sale operative, perché anche
nella sala operativa G8, che doveva essere sala operativa mista, c'è
soltanto il nome di appartenenti alla Polizia di Stato e non anche
degli altri. Vorrei, allora, capire il perché. Vorrei sapere
se il questore sapeva chi erano gli altri ufficiali, o erano gli
altri corpi a mandare gli ufficiali senza comunicarlo al questore.
Vorrei sapere, cioè, come si svolgeva il meccanismo della
comunicazione. Anche perché ieri abbiamo acquisito
l'informazione che non vi era una comunicazione diretta, se non
capisco male, tra Polizia di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di
finanza, ma si passava attraverso la sala operativa comune e di lì,
poi, ai singoli comandi.
Vorrei anche chiedere, riguardo ai
cassonetti: come mai soltanto il 19 è stata fatta questa
benedetta ordinanza dei cassonetti, e non preventivamente?
Vorrei,
infine, sapere se lei, visto che ha tenuto memoria di tutto con
grande completezza, ha scritti o appunti anche sulle direttive -
perché lei rappresentava l'autorità di Governo sul
posto - che l'autorità politica ha dato nel corso del tempo
sulle operazioni da svolgere al G8, quindi dall'inizio, da febbraio
2000, se non capisco male, e poi successivamente. Ecco, vorrei sapere
se ha tenuto nota di ciò e, se non le ha con sé, se può
farle avere in un successivo momento alla Commissione al fine di
poter avere un quadro della sequenza delle direttive politiche.
Vorrei anche aggiungere che, in un suo decreto del 13 giugno
2001, si fa riferimento ad un organismo di collegamento per le
questioni di sicurezza, logistiche e così via. Lei, signor
prefetto, ad un certo punto dice «ritenuto alla luce delle
suesposte considerazioni di dover costituire un apposito organismo
di collegamento che consenta... di garantire la data di consegna...». In proposito, noto che non c'è nessun appartenente alle strutture di polizia, perché in tale organismo c'è il vice prefetto vicario, il sindaco (o suo delegato), il capo della struttura di missione (o suo delegato) e il provveditore alle opere pubbliche. Qui, non era prevista, per questo aspetto, nessuna competenza delle forze di polizia.
ANTONIO DEL PENNINO. La mia
domanda, signor prefetto, si ricollega ad alcune osservazioni svolte
prima dal collega Palma. Con riferimento, cioè, alla
distinzione che viene operata nell'informazione sul fronte della
protesta anti G8, a pagina 31 della circolare della questura di
Genova, sui diversi blocchi che facevano parte del fronte della
protesta si distinguono: quello rosa, individuato come la derivazione
del «Patto del Lavoro» e con una scelta, diciamo così,
pacifica; l'altro, individuato già ampiamente dalla stampa e
dai commenti, il famoso black bloc; infine, una fascia
intermedia, che nel rapporto viene definito come blocco giallo e
blocco blu, in cui si dice che era presente un dibattito interno che
vedeva però prevalente le indicazioni anche verso
manifestazioni violente, e non solo pacifiche.
Credo sia molto
importante chiarire il rapporto tra il Genoa social forum e
quest'area, per così dire, grigia, intermedia, fra le tute
bianche e il blocco blu, perché questo ci può
consentire di chiarire meglio i livelli di responsabilità,
anche del Genoa social forum.
Vengo dunque alle mie
domande. Nell'informativa della questura si indica fra i movimenti
del blocco giallo, cioè i movimenti con propensione e progetti
di violenza, il circuito nazionale in Ya basta, che ritroviamo poi
fra gli aderenti formali al Genoa social forum. Si indicano,
poi, il movimento Azione globale dei popoli, che non troviamo -
perlomeno io