PARLAMENTO ITALIANO |
||
Seduta di martedì 4 settembre 2001 |
Audizione dell'architetto Margherita Paolini |
Audizione del dottor Paolo Serventi Longhi, presidente della Federazione nazionale della stampa |
Audizione del dottor Vincenzo Canterini, dirigente del I reparto mobile di Roma |
Audizione del dottor Oscar Fioriolli, questore di Genova |
|
|
BOZZA NON CORRETTA |
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,40.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni,
dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso,
dovendo rendere alcune comunicazioni al Comitato.
Non essendovi
obiezioni, così rimane stabilito.
Comunico che è
pervenuta al Comitato, da parte del presidente del tribunale di
Genova, dottor Dimundo, copia dei provvedimenti adottati dal giudice
delle indagini preliminari e dal tribunale del riesame in merito ai
procedimenti giudiziari sui fatti accaduti a Genova in occasione del
vertice G8. La suddetta documentazione, considerata la mole di
documenti trasmessi, è a disposizione, anche per l'eventuale
estrazione di copie, presso la segreteria della Commissione affari
costituzionali.
Sono altresì pervenute al Comitato due
lettere da parte del comandante dell'Arma dei carabinieri, generale
Siracusa, e da parte del responsabile della sala radio della questura
di Genova, dottore Zazzaro, contenenti precisazioni in ordine ad
alcuni aspetti oggetto della loro audizione e di quella del
colonnello Tesser, comandante provinciale dei carabinieri. Do lettura
delle suddette lettere, la cui copia sarà distribuita,
unitamente ad altra documentazione da ultimo pervenuta, ai componenti
il Comitato.
La lettera a firma del generale Siracusa è del 30 agosto
2001: «In relazione all'audizione del colonnello Giorgio
Tesser, comandante provinciale di Genova, del 30 agosto ultimo
scorso, mi preme fornire a Lei e ai membri del Comitato alcune
opportune precisazioni in merito ai quesiti posti al suddetto
ufficiale.
In primo luogo, riguardo alla presenza del personale
del ROS in Genova, già nel corso della mia audizione, come
risulta alla pagina 147 del resoconto stenografico, ho riferito che
«...sul piano investigativo, il ROS (Raggruppamento Operativo
Speciale), che aveva già avviato indagini volte
all'identificazione di personaggi gravitanti nell'area dei gruppi
eversivi ed antagonisti in grado di porre in essere azioni violente,
ha potenziato la sezione anticrimine di Genova con 45 unità...».
Ho altresì avuto modo di chiarire che «...nel quadro
delle attività rivolte alla chiarificazione della minaccia, il
ROS ha svolto mirate investigazioni a carico di ben individuati
gruppi antagonisti, al fine di cogliere ogni possibile indicazione
sulla volontà di compiere azioni violente ed eversive contro
il G8.» (pagina 157 del resoconto stenografico).
Successivamente, rispondendo alla domanda dell'onorevole Bressa, ho
confermato che «... per l'attività preventiva, noi
abbiamo rinforzato la sezione anticrimine di Genova con 45 unità
prese dalle altre sezioni, con riferimento alla procura di Genova e
non (mi è stata rivolta questa domanda) alla procura di Roma.»
(pagina 190 del resoconto stenografico).
Riguardo alla presenza
della radio a bordo della Land Rover coinvolta nei tragici fatti
culminati nella morte di Carlo Giuliani, a specifica domanda, ho
testualmente risposto «...ritengo che a bordo della macchina
non vi fosse la radio... » (pagina 201 del resoconto).
Peraltro, essendomi riservato di fornire successivi chiarimenti, in
data 20 agosto ultimo scorso
ho inviato a codesto Comitato la scheda relativa al sistema delle
comunicazioni - che ad ogni buon conto allego alla presente - ove, a
pagina 3 riferisco testualmente che «...su quest'ultima
frequenza erano altresì collegati tutti i mezzi impiegati per
le esigenze logistiche dotati di apparato radio veicolare, tra cui
anche il Land Rover Defender a bordo del quale sedeva il carabiniere
Placanica».
Infine, per quanto concerne l'impiego del
reggimento Tuscania, in sede di audizione ho riferito che
«...l'impiego dei paracadutisti, in concreto, non vi è
stato; erano presenti a Genova, ma di riserva.» (pagina 199 del
resoconto stenografico). Tale risposta è scaturita dalle
informazioni riferite dal comando provinciale di Genova che,
segnalando i fatti, ha relazionato soltanto sugli interventi dai
quali erano derivati problemi degni di nota. Il comando generale,
quindi, alla data dell'8 agosto aveva soltanto cognizione della
pianificata posizione di riserva che l'unità avrebbe dovuto
mantenere nel dispositivo preordinato dalla questura di Genova.
L'impiego del «Tuscania» è stato, naturalmente,
quello dettagliatamente indicato dal comandante provinciale in sede
di audizione.
Nella lettera inviata il 30 agosto scorso Pasquale
Zazzaro, primo dirigente della Polizia di Stato, afferma: «Signor
Presidente, di seguito alla mia audizione, del 29 agosto ultimo
scorso, innanzi alla Commissione da Lei presieduta, ritengo
necessario fare una precisazione: il giorno 20 luglio, il battaglione
Tuscania dell'Arma dei carabinieri era dislocato in piazzale Kennedy,
all'ingresso della Fiera del Mare, nella zona dove successivamente ha
operato, come ho già riferito. Effettivamente, nel momento in
cui si decise di impiegare questo reparto per contrastare dei
manifestanti che stavano effettuando danneggiamenti dal lato opposto
del piazzale, all'altezza di via Rimassa, il battaglione, dopo
ripetute sollecitazioni,
si mosse, però appena uscito dal piazzale invece di
svoltare a destra e posizionarsi subito per l'intervento, andò
diritto ed imboccò viale Brigate Partigiane. Tale scelta fu
seguita attraverso le telecamere preposte alla video sorveglianza».
Queste sono le precisazioni (Commenti del deputato Boato).
Desidero rivolgere una preghiera a tutti i componenti il
Comitato. Ho notato, soprattutto la scorsa settimana, che nel corso
delle audizioni vi sono stati interventi, domande e piccole reazioni
giustificati anche dal sacrificio che tutti stiamo portando avanti,
dalla mole di lavoro e dagli orari che siamo costretti ad osservare.
Vi pregherei, dunque, proprio in quest'ultima settimana, visto il
gran numero di audizioni da svolgere e la varietà dei soggetti
da audire (tra cui ministri ed associazioni), di limitare le domande
all'oggetto dell'indagine conoscitiva. Non leggo il previsto speech
iniziale, ricordando però a tutti noi, compreso il soggetto
che andiamo ad ascoltare, che la nostra è un'indagine
conoscitiva. Dunque, vorrei ricondurre i lavori in questo spirito,
iniziando da me e invitando voi tutti, per quanto possibile, a
mantenere totale libertà nelle domande ma anche ad avere
rispetto per coloro che vengono ascoltati, di qualsiasi parte siano,
anche se talune volte le loro risposte possono essere oggetto di
contrapposizioni e non rispondere alle nostre idee. Vi sono grato e
vi ringrazio fin d'ora, perché sono certo che il problema sarà
risolto e che al termine di questa durissima settimana, nella serata
di venerdì prossimo concluderemo tutti insieme una grande
fatica.
Audizione dell'architetto Margherita Paolini.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice
G8 tenutosi a Genova, l'audizione dell'architetto Margherita
Paolini.
Ricordo che l'indagine ha natura puramente conoscitiva e
non inquisitoria. La pubblicità delle sedute del Comitato è
realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144
del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione
stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è
garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche
mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso,
che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in
separati locali.
Ricordo, in proposito, di avere già
disposto l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio l'architetto Paolini per avere accettato il nostro
invito. Le sarei grato, architetto, se potesse svolgere la sua
relazione, al termine della quale coloro che lo riterranno le
rivolgeranno delle domande.
MARGHERITA PAOLINI. Onorevole
presidente, onorevoli commissarie e commissari, vi ringrazio per
avermi invitato, a questa audizione e spero di poter contribuire, per
quanto mi è possibile, con tutta la mia disponibilità,
ad un'informativa che possa esservi utile.
Ho predisposto una
breve relazione che illustra i termini della mia consulenza e come
essa si sia svolta nel tempo. Ho fatto pervenire al Comitato anche un
breve curriculum vitae, per chiarire alcuni aspetti del mio
background professionale che forse erano rimasti un po' oscuri
e, quindi, per fugare eventuali dubbi circa gli aspetti
professionali. Se fosse possibile, vorrei riprendere brevemente
alcuni punti del mio curriculum.
Mi sono laureata in
architettura all'Università La Sapienza di Roma nel 1967, con
specializzazione in tecnologie delle
costruzioni. Mi sono abilitata alla professione nel 1968 e poi ho
avuto l'incarico di assistente all'università. Dal 1983 sono
membro dell'Ordine dei giornalisti (elenco pubblicisti), membro del
comitato scientifico della rivista di geopolitica italiana Limes e
commendatore della Repubblica per meriti acquisiti in attività
umanitarie svolte nei Balcani e nell'Africa subsahariana. Attualmente
sono consulente della Banca mondiale per l'elaborazione di un
programma di formazione delle amministrazioni locali in una specifica
regione della Croazia tra Zara e Sebenico. Il programma si propone di
trasferire le nuove direttive di politica comunitaria di sviluppo
territoriale, per preparare con un programma pilota questo paese al
processo di accessione all'Unione europea. Dal novembre 2000 fino a
poco tempo fa sono stata consulente della Presidenza del Consiglio,
con il compito di curare le relazioni con le organizzazioni non
governative e le associazioni interessate alla formulazione di
ipotesi inerenti i temi trattati in sede di G8, nonché di
predisporre con le autorità locali progetti di attività
collaterali a quelli ufficiali del summit, al fine di dare
visibilità e anche possibilità di confronto alle
componenti propositive, non violente, del movimento. Dal 18 luglio
sono consulente della regione Marche per collaborare all'attivazione
di partnership interregionali per la futura euroregione
adriatica, coerentemente con le finalità dell'iniziativa
adriatico-jonica promossa dal Governo italiano e dal Patto di
stabilità per i Balcani.
Ho svolto per 17 anni una serie
di attività professionali presso il Ministero degli affari
esteri, iniziate nel maggio del 1983. In un primo momento, ero in
comando da parte del gruppo ENI presso il Ministero degli affari
esteri e poi sono diventata esperto in ruolo con contratto di diritto
privato nella cooperazione. Nel periodo intermedio ho trascorso tre
anni
presso l'unità di crisi che, come sapete, è una
struttura dove si svolgono attività particolarmente delicate
in favore dei connazionali all'estero che si trovano in difficoltà
e in condizioni di emergenza o di rischio. All'interno del Ministero
degli affari esteri durante questi 17 anni, in particolare
nell'ultimo periodo della mia permanenza, sono stata esperta
dell'unità tecnica centrale, proprio con il compito, appena
tornata dei Balcani, di promuovere e coordinare un forum di
organizzazioni e associazioni non governative per interventi di
cooperazione italiana nei paesi del sudest europeo. Sono entrata in
questo dettaglio perché, in qualche modo, questo rapporto con
le organizzazioni e le associazioni non governative è
attinente al lavoro che ho svolto successivamente presso la
Presidenza del Consiglio. Si è trattato di mettere in piedi un
forum di organizzazioni e associazioni non governative che
potesse partecipare, con una struttura composita, ma coerente,
italiana, ad iniziative promosse dal Patto di stabilità per i
Balcani e che prevedevano incontri e seminari di gruppi di ONG e di
associazioni di vari paesi del mondo occidentale.
Sempre come
esperto della cooperazione italiana, ma in qualità di
direttore dell'unità tecnica locale, dal 1997 al novembre 1999
sono stata in servizio presso l'ambasciata di Sarajevo. In quella
veste, ho predisposto e gestito un programma di riabilitazione e
ricostruzione finanziato dal Governo italiano che, oltre ad essere
svolto in collaborazione con le organizzazioni internazionali, aveva
come partner importanti ed efficaci tutta una serie di ONG, di
associazioni (con cui abbiamo lavorato benissimo) ed anche di enti
locali che partecipavano a progetti più ampi, con proprie
risorse sia umane che materiali. Precedentemente, sono stata esperto
dell'unità tecnica centrale presso l'ufficio emergenza della
direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo e ho
seguito - anche qui con molte indagini e missioni di campo - tutta
la vicenda bellica e postbellica nei Balcani. Anche in questo caso,
la cooperazione italiana ha funzionato come ombrello di protezione e
di coordinamento delle associazioni e delle ONG italiane. Infatti -
non so se lo ricordiate - vi fu un episodio in cui morirono tre
cooperanti italiani e l'allora ministro degli esteri Beniamino
Andreatta stabilì che la nostra cooperazione avesse il compito
di tutelare e di aiutare le operazioni umanitarie svolte da ONG e
associazioni, dando loro protezione e supporto logistico.
Ci
siamo trovati molto spesso ad organizzare, insieme al mondo del
volontariato, azioni anche piuttosto impegnative, pericolose e
rischiose, che hanno creato delle relazioni, delle amicizie, dei
rapporti di fiducia e di credibilità che poi sono stati
capitalizzati in seguito.
Infine, questi tre anni sono stata al
Ministero degli affari esteri, presso l'unità di crisi la
quale dipende, come sapete, dalla segreteria generale e dalla
direzione generale emigrazione ed opera in stretto contatto con il
comando operativo interforze. Quindi, anche in quel settore è
stato possibile stabilire un rapporto molto funzionale con le nostre
Forze armate che poi si sono trovate impegnate in varie situazioni
all'estero come forze di pace.
Infine, tornando un po' più
indietro, ricordo che la prima tappa è stata il periodo
trascorso all'ENI - prima come consulente e poi come funzionaria -
dove ho seguito le politiche di programmazione per le strategie di
approvvigionamento energetico del gruppo ma ho anche svolto,
all'interno delle consociate, in particolare della Snamprogetti, un
ruolo tecnico per assistere i paesi produttori partner nei
settori dell'approvvigionamento idrico, dell'agrindustria e della
formazione professionale.
In grandi linee, questo è il mio background. Vorrei
ora passare alla mia breve relazione su quello che, invece, è
stato il rapporto con la Presidenza del Consiglio relativamente alla
questione in esame.
Sono stata chiamata dall'ambasciatore
Olivieri, che era lo sherpa della delegazione italiana, a
palazzo Chigi nell'ottobre del 2000. Erano presenti alcuni suoi
collaboratori. Mi è stato chiesto se fossi interessata ad
occuparmi dei rapporti con le componenti propositive del dissenso al
G8, perché il Presidente del Consiglio voleva rendere il G8 di
Genova il primo vero summit del dialogo, conformemente ad
indicazioni piuttosto precise che erano state sviluppate dal
precedente G8 di Okinawa del luglio 2000 e che auspicavano un
maggiore coinvolgimento della società civile nelle decisioni
sulle grandi tematiche internazionali. Quando mi è stata
offerta questa possibilità ho accettato molto volentieri
perché il tema era di grande attualità, il rapporto con
le associazioni - le ONG - mi era familiare e, quindi, si trattava di
iniziare un'avventura appassionante e di grande interesse. Occorreva,
comunque, individuare delle controparti affidabili in questa vasta
galassia del movimento del dissenso con cui costruire una percorso di
confronto delle idee, ed eventualmente - mi si disse anche -
organizzare una sorta di forum parallelo a quello ufficiale.
Spiegherò successivamente il motivo per il quale è
sorta l'idea del forum parallelo da parte delle istituzioni.
Non si escludeva, infatti, la possibilità che proposte ed
opzioni del dissenso potessero essere recepite dal Governo ed
inserite nell'agenda italiana per il G8.
Il mio compito aveva due
aspetti. Una parte sarebbe consistita nel seguire il lavoro di un
gruppo di istituti di ricerca - 4 istituti in particolare - che la
Presidenza del Consiglio aveva già individuato: l'Ipalmo, il
Cespi, lo IAI e l'Iceps.
Quest'ultimo è l'istituto per la cooperazione economica e
lo sviluppo. Sono istituti che si sono occupati sempre di tematiche
internazionali e che hanno un discreto network di rapporti e
staff relativamente preparati. In questo caso si trattava di
mettere in contatto gli istituti con le componenti più
qualificate del movimento e, in qualche modo, gli istituti dovevano
registrare le opzioni più interessanti, più
significative del movimento ed individuare possibili complementarità
con le tematiche del G8.
In questo tipo di attività,
ovviamente, la collaborazione del movimento di contestazione era
fondamentale perché esso elabora continuamente posizioni, le
porta avanti, le precisa meglio nel tempo. Quindi non esiste,
sostanzialmente, una documentazione scritta che permetta di
catalogarle, classificarle e distinguerle sulla base dei loro
contenuti; è un lavoro continuo quindi serviva proprio una
sorta di registrazione in progress per vedere a che punto si
era arrivati per valutare anche i rispettivi livelli di qualità.
Sono stati cercati gli esponenti più qualificati delle
campagne per la cancellazione del debito, per la riforma della Banca
mondiale, dell'Organizzazione mondiale del commercio, per la lotta
alla povertà e così via. Queste erano le tematiche più
importanti perché venivano trattate direttamente dal G8. Il
mondo dell'associazionismo, ovviamente, tratta molti più temi
ed il mondo delle campagne è molto più vasto. Queste
erano, però, le principali. I suddetti temi implicavano
rapporti con ampi settori, non solo delle ONG. Ciò è
importante perché mi pare che ci sia stato l'interesse a
capire se questa rappresentanza del dissenso al G8 fosse passata da
un tipo di composizione ad un'altra. Mi spiegherò meglio
successivamente, quando vorrete chiedermelo. In realtà
bisognava trattare con entrambe e direi che il mondo
dell'associazionismo è più importante come varietà
di
temi trattati e, soprattutto, come capacità di
mobilitazione della piazza. Questo, per noi, era un punto abbastanza
delicato. Tanto per citare qualche esempio, il tavolo Intercampagne,
la tavola della pace, quella famosa della marcia di Assisi, ricordo
le iniziative dell'Arci, delle Acli, il forum del terzo
settore e così via.
Dal lavoro congiunto fra gli istituti
che prima ho citato e le varie componenti del movimento e dei loro
rispettivi link internazionali (il lavoro teneva conto anche
dei referenti internazionali e non solamente della posizione
italiana: essendo il G8 formato da otto paesi dovevano in qualche
modo figurare anche le idee e l'evoluzione del pensiero dei nostri
interlocutori) (Interruzione del deputato Boato)... Ho
indicato il tavolo Intercampagne, che ha facilitato il nostro
compito.
Da quel lavoro, dicevo doveva uscire un quadro
abbastanza complesso: la fisionomia politico-culturale del dissenso
nelle sue rivendicazioni fondamentali, il livello di approfondimento
delle proposte e l'esistenza o meno di complementarità con le
posizioni ufficiali del G8.
L'altra parte del mio incarico,
quella più dura consisteva nel verificare se, al di là
del confronto culturale e politico di tipo cartaceo o del forum
stanziale presso gli istituti, esistesse la possibilità di
costruire un'occasione di forum parallelo a Genova dove il
confronto potesse avvenire a distanza ravvicinata ma in modo pacifico
e tale che non pregiudicasse la sicurezza e lo svolgimento del
vertice ufficiale: queste erano le condizioni di partenza.
Questo
lavoro implicava, quindi, una quantità di contatti con istanze
molto diverse e con un arco ancora più ampio di soggetti del
dissenso, in particolare con quelli in grado di mobilitare azioni di
massa. Dico più ampio perché, nel frattempo, proprio in
previsione del vertice e degli ultimi
eventi che, nel 2000, lo avevano preceduto, si erano andate
formando delle aggregazioni nuove rispetto a quelle che ho citato
prima: si era formata, ad esempio, la rete Lilliput, si era formata
la rete contro il G8 e si erano formati raggruppamenti di movimenti
cattolici di base. Inoltre era mio compito stabilire contatti con gli
enti locali e in particolare con il comune e la provincia che avevano
la giurisdizione sulla disponibilità di spazi e strutture da
mettere a disposizione dell'eventuale forum alternativo
(questa parte del mio lavoro è quella che è divenuta,
poi, più importante rispetto a quella sugli istituti).
Il
mio incarico è cominciato, nei fatti, nel mese di novembre, ma
il relativo contratto è stato formalizzato successivamente, un
paio di mesi dopo, quando anche i servizi amministrativi della
struttura di missione hanno cominciato a funzionare. I termini del
mio contratto sono riportati nel curriculum che ho depositato
agli atti. Cito, dal mio contratto, alcune delle funzioni
assegnatemi: per curare le relazioni con le organizzazioni non
governative e le associazioni interessate alla formulazione di
ipotesi inerenti i temi trattati in sede del G8, nonché
predisporre, con le autorità locali, progetti di attività
collaterali a quelli ufficiali del summit, al fine di dare
visibilità e possibilità di confronto alle componenti
propositive non violente.
Premesso che i motivi della scelta
dovrebbero essere richiesti a chi l'ha compiuta, posso, tuttavia,
riferire come la stessa mi è stata motivata, e cioè in
ragione della mia pluriennale esperienza istituzionale. Uso il
termine «istituzionale» perché il ministro Vinci
Giacchi ha dichiarato che era necessaria una persona «non
istituzionale» (probabilmente intendeva dire «non di
apparato»); ho lavorato, a tempo pieno, nelle strutture del
Ministero degli affari esteri per 17
anni e sono andata via solo per ragioni di salute due mesi prima;
posso quindi dire che il mio connotato restava la formazione
istituzionale.
L'incarico mi venne conferito, dunque, in ragione
della mia pluriennale esperienza istituzionale, terminata nel
settembre 2000 per problemi di salute: ho avuto problemi al sistema
immunitario derivanti dal mio prolungato soggiorno in Bosnia e sono
quindi stata costretta a rassegnare le dimissioni per poter
effettuare degli accertamenti più approfonditi, che per
fortuna hanno rivelato che il problema era meno grave di quanto
sembrasse. Nella scelta hanno contato soprattutto il lavoro svolto in
Bosnia presso l'unità di crisi, lavoro che richiedeva capacità
organizzative in situazioni difficili e di emergenza, nonché
grande discrezione e lealtà - dico questo perché credo
che qualche componente del Comitato abbia chiesto se potevo essere
giudicata una persona leale verso le istituzioni: chi è
passato per l'unità di crisi riceve, effettivamente, una sorta
di battesimo in questo senso -, e le numerose esperienze fatte
nell'ambito della mia attività di cooperazione allo sviluppo
con diverse organizzazioni non governative, associazioni di
volontariato e della società civile. In queste esperienze,
maturate soprattutto sul campo, nell'area dei Balcani, durante e dopo
il periodo bellico, la cooperazione svolgeva una funzione di
ombrello, supporto e coordinamento che mi ha permesso di consolidare
rapporti, valutare la serietà ed affidabilità delle
organizzazioni e delle persone con le quali collaboravo, molte delle
quali ho ritrovato impegnate nel movimento di dissenso post
Seattle.
C'era stato poi il precedente di Ancona nella
primavera-estate del 2000, pochi mesi prima, in occasione della
conferenza adriatico-ionica, per la quale si annunciava qualche forma
di contestazione. Le contestazioni erano già cominciate:
ce ne erano state a Bologna ed in altre città d'Italia, quindi ci si aspettava ve ne fossero anche ad Ancona, visto che si trattava di una conferenza internazionale. In quella occasione ho svolto, per conto del Ministero degli affari esteri, una funzione di mediazione con il mondo dell'associazionismo e delle ONG. Tale mediazione aveva portato, nei giorni del summit ufficiale, ad un forum parallelo assolutamente pacifico e costruttivo, tanto che le conclusioni furono lette, da una delegazione di contestatori, in una seduta plenaria della conferenza ufficiale.
MARCO BOATO. Può dirci esattamente di quale conferenza si trattava ?
MARGHERITA PAOLINI. La
conferenza adriatico-ionica per la sicurezza e lo sviluppo di quella
regione: una conferenza promossa dal Governo italiano e fatta propria
anche dal patto di stabilità perché rientrava nei suoi
obiettivi.
Queste sarebbero dunque le ragioni per le quali ero
stata individuata e per cui mi era stata fatta questa proposta. È
evidente che Genova non era Ancona, ma per i meccanismi e l'approccio
adottati c'era la speranza di poter replicare quella esperienza
Il
mio lavoro si è svolto essenzialmente in tre fasi. Nel primo
periodo, da novembre 2000 a febbraio 2001, ho concordato con i
settori più riconoscibili del movimento una rappresentanza
ristretta di interlocutori, al fine di facilitare sia i gruppi di
lavoro con gli istituti sia gli incontri istituzionali, il primo dei
quali si è svolto a Palazzo Chigi nel dicembre 2000, proprio
con lo sherpa ambasciatore Olivieri. In quella circostanza fu
ribadita dall'ambasciatore Olivieri l'intenzione della Presidenza del
Consiglio di procedere sull'ipotesi del dialogo costruttivo. Da parte
del movimento, tra le varie anime
del dissenso, si era, nel frattempo, formato il cosiddetto «patto
di lavoro», prevalentemente per presentare le organizzazioni
italiane in maniera coordinata agli appuntamenti no global -
per ora utilizzerò questo termine anche se in seguito vorrei
specificare più nel dettaglio - che si sarebbero svolti a
Nizza, in dicembre, e poi a Porto Alegre, in febbraio. Il patto di
lavoro era dunque il modo in cui l'Italia si presentava agli
appuntamenti del dissenso internazionale. Il risultato di questo
primo periodo - da novembre a febbraio - è l'organizzazione di
un tavolo di coordinamento; il termine è importante anche se
poi questo tavolo non ha avuto grande fortuna, ma fu chiamato così
perché vedeva per la prima volta insieme una rappresentanza
abbastanza nutrita del patto di lavoro, che stava già
cominciando a diventare il Genoa social forum, tutti gli enti
locali, il questore, il prefetto e così via.
In questa
sede, da parte delle istituzioni locali e della regione, che in un
primo tempo si era dimostrata piuttosto refrattaria a questa ipotesi,
venne dichiarata la disponibilità a sostenere una serie
concordata di eventi che desse visibilità al dissenso in forme
pacifiche, escludendo tuttavia la settimana precedente il vertice.
Questo documento - che è stato citato, credo, in precedenti
audizioni - fu stilato perché era necessario che le
istituzioni locali si presentassero con un approccio unitario di
fronte alle richieste del Patto di lavoro e del Genoa social
forum: infatti, si era raggiunto l'accordo (anche da parte della
regione) da un lato, di dare sostegno ad una sorta di percorso degli
eventi paralleli al G8 e, dall'altro, di non oltrepassare il limite
temporale della settimana precedente il vertice, che costituiva la
preoccupazione del presidente Biasotti.
Comunicammo questa
posizione alla rappresentanza del Patto di lavoro, che ci espose
sommariamente le sue necessità
in termini di spazi ed attrezzature, nonché in termini di
contemporaneità degli eventi paralleli a quelli ufficiali; ci
venne inoltre fornita una mappa della città con le indicazioni
relative ad una prima ricognizione di luoghi e percorsi. Il verbale
dell'incontro tra le istituzioni ed il Genoa social forum,
insieme alla mappa, che per la prima volta riportava indicazioni
concrete sul terreno, venne poi consegnato alla struttura di missione
ed in seguito percorse il suo iter burocratico. Come nella fase
successiva, durante questo periodo ho svolto anche un'azione di
monitoraggio sulla documentazione che veniva prodotta dai famosi
quattro istituti, verificando la sua rispondenza ai termini di
riferimento fissati per questo lavoro: leggevo dunque tutta la
documentazione per capire se fosse corrispondente ai loro contratti e
soprattutto se cominciasse ad acquistare un certo significato, se
potesse essere interessante per indicarci una sorta di piattaforma
del movimento, delle sue componenti propositive. Come in tutte le
altre fasi, il mio compito era quello di tenere costantemente
aggiornato il capo della struttura di missione, ministro Vinci
Giacchi, sull'andamento delle trattative e sull'evoluzione
organizzativa e politica del GSF, valutando anche la fattibilità
del progetto complessivo.
Nel secondo periodo, da metà
febbraio a fine maggio, si sarebbe dovuto decidere se procedere o
meno con queste ipotesi e dare quindi inizio, almeno in parte, alla
realizzazione concordata del progetto; vi è stata una caduta
di interesse da parte del Governo, che si è subito avvertita,
nel senso che non si aveva più un interlocutore con cui
dialogare o degli input, delle direttive su questioni che
cominciavano a diventare scottanti. Ovviamente, le aspettative create
dai nostri primi contatti con il Genoa social forum si stavano
tramutando in inquietudine ed agitazione: evidentemente il Genoa
social
forum, sulla base di queste aspettative, aveva preso
contatti con movimenti e organizzazioni internazionali, pensando ad
un'organizzazione «in grande» del controvertice che
invece non si stava concretizzando, creando loro un grande imbarazzo.
Ciò poneva in grande difficoltà le componenti
propositive, cioè quelle maggiormente interessate a dialogare
con le istituzioni, rispetto a quelle più dure, non dico le
più violente, ma quelle che sostenevano che il dialogo con le
istituzioni fosse assolutamente inutile. A proposito di tale caduta
di interesse, ricordo che la gestione del G8 era stata trasferita, su
richiesta del Presidente Amato, dalla Presidenza del Consiglio al
Ministero degli affari esteri. Vi è stata dunque una
difficoltà nel passaggio ad interlocutori diversi: poiché
la questione del forum parallelo costituiva un problema più
di politica interna che di politica estera, il Ministero degli affari
esteri non era l'istituzione che potesse fornire un impulso decisivo
riguardo a tale questione. Durante questo periodo non era stato dato
più seguito alle richieste del Patto di lavoro (trasformatosi
a marzo nella struttura del Genoa social forum per adeguarsi
all'appuntamento internazionale di contestazione al G8), ma ho
mantenuto comunque rapporti informali con le ali propositive del
movimento, che il silenzio delle istituzioni indeboliva rispetto a
quelle più radicali. Anche la conclusione del lavoro dei
quattro istituti, nell'ambito di un convegno internazionale svoltosi
a Firenze ai primi di aprile, non ebbe seguito operativo e restò
lettera morta, nonostante avesse indicato un'ipotesi di confronto
piuttosto interessante. Firenze doveva essere il punto di partenza ed
invece, purtroppo, è stata la tappa di arrivo.
Di fronte
alla crescente insofferenza dei nostri interlocutori nel movimento,
ho cercato di sottolineare più volte all'autorità di
Governo, tramite la struttura di missione, la necessità di
fornire rapidamente risposte concrete - magari negative o anche
solo parziali - affinché il baricentro del movimento non si
spostasse progressivamente verso le componenti dure o affatto
interessate al dialogo, esistenti all'interno del GSF.
In questo
periodo (il 20 aprile) si svolse anche la seconda ed ultima, per
quanto riguarda la passata legislatura, riunione ufficiale di Genova,
convocata dal prefetto, che nel frattempo era stato incaricato di
gestire le trattative per conto del Viminale, ma senza istruzioni a
procedere in termini operativi. La seconda riunione del tavolo di
coordinamento ebbe carattere meramente interlocutorio e indispettì
moltissimo tutte le componenti del Genoa social forum, che
minacciarono addirittura di occupare la sala della prefettura dove ci
eravamo riuniti.
La situazione di stallo era dunque talmente
negativa che pensai seriamente di dimettermi, preannunciandolo sia al
ministro Vinci Giacchi che ad alcuni esponenti del Genoa social
forum. Mi fu fatto presente che le mie dimissioni avrebbero
interrotto l'ultimo filo di comunicazione diretta e non burocratica
tra le istituzioni ed i rappresentanti del movimento. Decisi quindi
di rimanere e di approfondire almeno il lavoro di analisi
dell'evoluzione del movimento, che era molto veloce, e delle sue
capacità organizzative e propositive. A maggio assistetti, in
qualità di osservatore, al convegno internazionale preparato
dal Genoa social forum per discutere l'organizzazione e la
piattaforma in vista del G8, per capirne umori e tendenze. Continuai,
naturalmente, a mantenere i rapporti, in maniera formale ed
amichevole, con le autorità locali e con il prefetto, ma non
ci furono più riunioni ufficiali per questioni di opportunità
e per non esasperare ulteriormente...
MARCO BOATO. Ricorda la data di questo convegno?
MARGHERITA PAOLINI. Si tenne
a maggio: in seguito potrò confermarlo con maggiore
precisione, perché ho la lista dei miei spostamenti a Genova.
Il terzo periodo inizia a giugno, quando si forma il nuovo
Governo, ed arriva fino al vertice di luglio; la situazione cambia
radicalmente, specialmente dopo i fatti di Göteborg, a cui erano
presenti il Presidente Berlusconi ed il ministro degli affari esteri.
Il nuovo Governo si convince della necessità di evitare il
peggio, dando sfogo alla contestazione non violenta, dando spazio al
dialogo e promettendo visibilità alla parte pacifica del
movimento: ricordo perfettamente che queste furono le parole che
vennero pronunciate. In questo nuovo contesto è stato
utilizzato il fatto di aver mantenuto collegamenti costanti e di aver
continuato il lavoro di analisi e di proposta. Il nuovo Governo
cercava affannosamente di recuperare il tempo perso e quindi le
informazioni supplementari, le indicazioni ed altro erano ben viste e
sollecitate.
Ho avuto, quindi, incontri di lavoro con gli uffici
della Presidenza del Consiglio, con il segretario generale della
Farnesina, con il ministro degli affari esteri ed il suo staff,
i quali si erano attivati per recuperare il tempo perduto. Ho
partecipato a due riunioni ufficiali, piuttosto importanti, tenutesi
presso il Ministero degli affari esteri, la prima delle quali, il 28
giugno, era la riunione famosa in cui il Governo ha incontrato tutta
la struttura rappresentativa del GSF: rappresentativa non
perché era quella scelta da noi, perché non coincideva
in toto con la nostra che era più ristretta e più
selettiva, bensì quella scelta dal Genoa social forum,
in cui - anche se potremo parlarne più diffusamente dopo -
erano presenti tutte le componenti del Social forum, le quali
naturalmente si controllavano un po' a vicenda, rispetto all'incontro
ufficiale. Il 14 luglio si tenne, invece, una seconda
riunione, che il ministro degli affari esteri volle convocare con
tutto il mondo delle ONG ufficiali e del terzo settore (quest'ultimo
comprende molte formule associative ed anche interessanti ipotesi di
microeconomia come l'Antiglobal o Per una nuova
globalizzazione, o come la Banca etica, il Commercio
equo e solidale e così via). Questa seconda riunione si
proponeva di lanciare un messaggio per la prosecuzione del dialogo
dopo Genova, anche nella prospettiva di allentare la tensione e per
dimostrare una disponibilità ad andare avanti sui temi che
interessavano la maggior parte del movimento.
Da allora e fino
alla conclusione del summit, ho seguito direttamente sul
terreno l'evolversi della situazione e del programma operativo di
implementazione del Social forum. Ma, soprattutto nei giorni
caldi del vertice, ho seguito sul terreno proprio lo svolgersi dei
fatti - per quanto mi era possibile - al fine di verificare
l'effettivo comportamento delle varie componenti del movimento, così
come le avevo individuate nel mio lavoro analitico.
PRESIDENTE. La ringrazio, architetto
Paolini, per la sua relazione.
Passiamo agli interventi dei
colleghi che hanno chiesto di parlare.
FABRIZIO CICCHITTO. La
ringrazio, architetto, in primo luogo per la sua esposizione, che ci
ha consentito di chiarire meglio la sua figura professionale ed,
altresì, di comprendere maggiormente la congruità del
suo profilo professionale con il ruolo e il compito da lei svolto.
Credo, quindi, che lei sia ulteriormente in grado di aiutarci a
capire alcuni altri aspetti.
Mi sembra che dalla sua esposizione
sia confermato quello che lei ha detto in un'intervista al Il
Secolo XIX: se il Governo precedente avesse avuto un po' più
di coraggio, il GSF avrebbe
potuto sviluppare una maggiore vigilanza senza l'affanno di dover accogliere 200 mila persone, e probabilmente le forze dell'ordine avrebbero potuto organizzarsi meglio anche per filtrare le frontiere. A me sembra che lei ci possa aiutare ad identificare un percorso che riguarda il precedente Governo, percorso che secondo me presenta dei buchi e delle carenze allucinanti. Il 30 gennaio, il Presidente del Consiglio le conferisce l'incarico, però poi in aprile affida un incarico sostanzialmente simile al prefetto. Il 2 febbraio, il Presidente del Consiglio delega tutto al ministro degli affari esteri; ciò ha una logica, per cui fino alla data che poi dirò, il ministro dell'interno praticamente scompare, o non compare mai, in questa vicenda: situazione assolutamente singolare. L'8 febbraio vi riunite e decidete di limitare al 15 luglio lo svolgimento di manifestazioni capaci di aggregare masse di persone. Ciò provoca, in data 19 marzo, una polemica violentissima da parte del Genoa social forum, il quale attacca il Governo, voi, accusando di non rispettare il diritto costituzionale di manifestazione. Avviene, poi, un fatto strano: in data 11 aprile - lei potrebbe aiutarci a comprendere tale circostanza, perché risulta contraddittoria con quanto detto prima ed anche con quanto affermato dopo tale data - il Genoa social forum invia una lettera in cui sostiene di aver apprezzato gli impegni assunti dal Governo nella sua collegialità, al fine di non procedere alla chiusura delle frontiere e di garantire il rispetto del diritto di espressione e manifestazione anche nei giorni del vertice del G8. Ciò non è, però, confermato da una riunione, svoltasi il 20, nella quale viene invece ribadita la riserva sulla contemporaneità delle manifestazioni. Dopodiché, c'è una sorta di fuga, nel senso che scompare un po' tutto (così come lei ci ha accennato): il Governo è assolutamente latitante rispetto alla situazione, ma si «risveglia» il 14 maggio quando
arriva una nota del segretario generale Vattani al ministro, nella
quale si afferma che, alla luce dei problemi organizzativi
evidenziati durante la tornata elettorale del giorno prima -
comprendiamo tutti il significato, è un leggero appunto alla
operatività del Ministero dell'interno -, risulta ancora più
urgente la necessità di affrontare con decisione gli aspetti
della sicurezza legati al vertice di Genova e di approfondire il
piano generale della sicurezza che includa la prevenzione e la
gestione delle previste manifestazioni antivertice. Quindi, le
manifestazioni antivertice, che scomparse il 20 aprile, in effetti
sono ricomparse silenziosamente e stanno sul tavolo del Governo che
le ha date per attuabili, cioè le ha di fatto concesse. Ciò
è confermato da una lettera che il ministro degli affari
esteri, in data 14 maggio, rispondendo alla sollecitazione di
Vattani, invia al professor Giuliano Amato, nella quale si dice: «Non
posso non rilevare come l'estrema ristrettezza del tempo che ci
separa dal vertice e il confermarsi di notizie allarmanti sulla
partecipazione ad eventi collaterali da parte di manifestanti
antiglobalizzazione, le ricadute negative di immagine per il nostro
paese che si sono avute con i resoconti dei media sullo
svolgersi delle consultazioni elettorali, rendano particolarmente
impegnativa e urgente la predisposizione di un piano dettagliato e
credibile per la sicurezza e l'ordine pubblico a Genova».
Questo viene scritto, ripeto, dal ministro degli affari esteri al
Presidente del Consiglio dei ministri in data 14 maggio. «Occorrerà
in particolare» - si legge ancora - «che il Ministero
dell'interno» - tale riferimento compare per la prima volta -
«illustri come intenda assicurare la funzionalità della
città e del vertice in presenza di un numero prevedibilmente
elevato di manifestanti antiglobalizzazione, parte dei quali
verosimilmente animati dall'obiettivo di impedire il
corretto svolgimento dell'evento». In data 18 maggio, il ministro degli affari esteri scrive al ministro dell'interno: «Per quanto riguarda le manifestazioni» - considerate tutte accettate ed acquisite dal precedente Governo, che però non se ne è occupato, in quanto compare solo in tale momento il riferimento alla figura del ministro dell'interno - «abbiamo preso nota che verranno emanate disposizioni affinché esse siano consentite soltanto in luoghi e con modalità tali da non interferire con lo svolgimento del vertice e con la sicurezza dei partecipanti. In particolare, verrà identificato un percorso unico predeterminato a sufficiente distanza dalla zona rossa». La concomitanza delle manifestazioni, quindi, è stata già assunta ed acquisita dal precedente Governo senza, però, che vi sia traccia di un lavorio più visibile per alcuni mesi. Tale impressione, ricavabile da una ricostruzione temporale degli avvenimenti, mi sembra convalidata dalla sua esposizione. La mia è una domanda in un certo senso retorica, in quanto le do atto della onestà intellettuale con la quale ci ha rappresentato l'andamento della situazione.
GIANNICOLA SINISI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
GIANNICOLA SINISI. Signor presidente, credo che il mio intervento possa giovare, se lei riterrà di condividerlo, all'ulteriore prosieguo dei nostri lavori. Lei, più volte, ci ha richiamato alla necessità che le domande abbiano effettivamente un contenuto propositivo e siano tese ad ottenere una risposta delle persone che abbiamo l'opportunità di ascoltare attraverso le audizioni. L'onorevole Cicchitto, nell'intervento testé svolto, ha invece introdotto, con le sue domande, un
insieme di tesi e di ipotesi suffragate, in qualche misura, da interpretazioni assolutamente non condivise in quanto smentite da documenti, fatti e audizioni già svolte. Colgo l'occasione per affermare che se il meccanismo è quello di introdurre surrettiziamente, attraverso le questioni, tesi ...
FABRIZIO CICCHITTO. C'è libertà di parola, onorevole Sinisi!
GIANNICOLA SINISI. Rispetto
fino in fondo la sua libertà di parola, onorevole Cicchitto,
ma in questo momento sono tenuto a rivolgermi al presidente.
Mi
rivolgo a lei, signor presidente, ma anche ai colleghi. Ciascuno di
noi si è formato o si sta formando un'idea, e, proprio per
tutelare la libertà di formazione delle nostre opinioni
attraverso le risposte degli auditi, le chiedo, signor presidente, di
volere rendere esplicito - qualora ciascuno di noi, me compreso,
dovesse fuoriuscire da questo binario - il richiamo che lei ha
formulato, affinché le domande siano effettivamente tali e non
costituiscano la proposizione di tesi.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Sinisi; credo di aver già espresso il mio convincimento al riguardo.
MARGHERITA PAOLINI. Vorrei svolgere un'osservazione - se mi permettete - forse di carattere induttivo. Ho avuto l'impressione, parlando con le forze di polizia e con il prefetto, che fosse ormai maturata la convinzione che le manifestazioni non si sarebbero svolte, ma che vi sarebbe stata una mobilitazione di piazza inevitabile. La preoccupazione principale - come si sa - è stata, quindi, quella di concentrare tutti gli aspetti della sicurezza sulla zona rossa. Ciò dimostra che occorreva evitare fatti particolari; non si trattava di un'operazione
di polizia, di ordine pubblico, ma quasi di carattere antiterroristico all'interno della zona rossa. Questa era prevalentemente la preoccupazione di Vattani. La mia impressione è stata che il Governo precedente avesse mantenuto una linea di generica disponibilità, ma che poi (come è successo per le consegne date al prefetto, che però non avevano indicazioni pratiche) di fatto la situazione si facesse pian piano «scivolare», in quanto si presentava molto difficile, ostica e pericolosa, e il Ministero degli affari esteri non fosse in grado di svolgere questa operazione politica di intelligence. Forse le strutture del Viminale sono state un po' deboli in tal senso: non lo so, può darsi. Da quanto ricordo, le forze di sicurezza, così come il prefetto, con il passare del tempo, con l'avvicinarsi della scadenza elettorale, erano assolutamente convinte che le manifestazioni, quelle regolari, non ci sarebbero state, mentre occorreva tutelarsi dai moti di piazza in quanto il processo di aggregazione verso Genova era ormai inarrestabile.
FRANCO BASSANINI. Vorrei porre
un insieme di domande: l'architetto Paolini valuterà a quali
di queste rispondere. Innanzitutto, non è chiaro quali
esperienze pregresse lei avesse in materia di globalizzazione e in
materia di ordine pubblico. Sicuramente lei ne avrà, ma non
sono citate nel curriculum, nel quale invece sono menzionate
esperienze riguardanti cooperazione, sviluppo territoriale,
ricostruzione, e così via, che non riguardano l'incarico
ricevuto.
Vorrei conoscere i soggetti ai quali lei riferiva in
base all'incarico ricevuto, cioè sapere quali fossero i suoi
interlocutori, quali le direttive, in particolare riguardo alla
scelta degli interlocutori (ONG, Social forum, associazioni
varie): era libera di sceglierli o aveva direttive precise in ordine
alle finalità del lavoro?
Pongo un'altra domanda. Lei ha parlato di una caduta di interesse
della Presidenza del Consiglio che è sembrata riferita
innanzitutto al passaggio della responsabilità
dell'organizzazione del G8 dalla Presidenza del Consiglio stessa al
Ministero degli affari esteri; caduta di interesse che - come lei sa
- è legata all'unificazione di responsabilità in capo
al Ministero degli affari esteri, che già ne aveva una parte.
A tale proposito non credo - lei ci può chiarire questo
aspetto - che ciò comprendesse anche la responsabilità
delle questioni relative all'ordine pubblico, che erano prima,
durante e dopo, di pertinenza del Ministero dell'interno. A me,
almeno, risulta ciò - nonostante le parole dell'onorevole
Cicchitto -; lei può confermare se fosse così oppure
no? Ho organizzato un'altra conferenza internazionale nella parte
che, nel caso in esame, è stata di competenza del Ministero
degli affari esteri, cioè il global forum di Napoli, e
la responsabilità della sicurezza e dell'ordine pubblico è
sempre stata del Ministero degli affari esteri, anche se non veniva
citato, in quanto era implicito che fosse così. Vorrei sapere
se fosse così anche in questo caso.
Le vorrei porre
un'ulteriore domanda. Lei mi è sembrata molto preoccupata di
garantire la visibilità alla parte pacifica del movimento. Lo
capisco, perché ciò rappresenta un modo per
disinnescare i rischi e per evitare che prevalgano le frange
violente. Le chiedo tuttavia se nello svolgimento delle varie
attività a lei affidate, così come negli incontri
dell'11 e del 20 aprile, nonché del 14 e del 18 maggio, si sia
cercato di avviare con tali organizzazioni (ONG, GSF) un ragionamento
su ciò che le istituzioni ed il movimento potevano fare,
collaborando, per isolare le frange violente e per evitare che queste
potessero produrre - danni, devastare e persino inquinare l'immagine
delle manifestazioni pacifiche del dissenso. Si è posto questo
problema? Se ciò è stato fatto, in che termini? Quali
risposte
si sono date? Cosa è stato fatto per cercare di organizzare, in funzione di questo, l'azione delle istituzioni, delle forze dell'ordine ed anche le facilities che venivano giustamente concesse alle organizzazioni che preparavano la manifestazione pacifica del dissenso? Si è cercato, per così dire, di capire come si potesse dare ospitalità ai manifestanti pacifici - che esercitavano un diritto legittimo di dissentire, di manifestare posizioni antagoniste - e, invece, isolare le organizzazioni violente che erano, sulla base della documentazione a nostra disposizione, ben note? Tutto ciò rappresenta una questione rilevante, su cui peraltro rivolgerò domande anche agli altri interlocutori politici. Lei aveva un ruolo operativo, e vorrei perciò capire cosa abbia visto e vissuto al riguardo.
MARGHERITA PAOLINI. Senatore
Bassanini, la ringrazio per avermi dato l'opportunità di
soffermarmi un po' di più sui dettagli. Ha ragione circa la
mancanza, da parte mia, di un'esperienza declarata sui problemi della
globalizzazione; devo dire però di possedere certamente una
cultura in materia. Nel caso in oggetto non si trattava comunque di
avere, o meno, una cultura in termini di globalizzazione (e comunque
ho cercato di colmare rapidamente certe lacune, perché faceva
parte anche del mio lavoro aggiornarmi sugli aspetti più
rilevanti): il mio compito era piuttosto di carattere analitico ed
eventualmente organizzativo, con esclusione però dei problemi
riguardanti la sicurezza, perché non avevo alcun titolo né
competenza per occuparmi di tali aspetti. Ciò che potevo
limitarmi a fare, e che in effetti ho fatto, era considerare se con
certi movimenti e certi personaggi si potesse dialogare, instaurare
un colloquio franco. Tale aspetto era infatti assolutamente
indispensabile.
Ciò che vorrei sottolineare è che
comunque non ci trovavamo di fronte al migliore dei mondi possibili,
bensì ad una
situazione che rischiava di diventare esplosiva. Sapevamo cioè che l'evento di contestazione al G8 era ineludibile e che sarebbero arrivate decine di migliaia di persone, anche se di preciso non sapevamo quante. Non solo, ma sapevamo che esistevano forze politiche ed organizzazioni all'interno della stessa Genova e nella Liguria che avrebbero comunque tentato di manifestare anche qualora si fosse vietata qualsiasi forma di manifestazione. Perciò era evidente per tutti la necessità di dover canalizzare in qualsiasi modo tali energie ed aspettative (quelle delle forze migliori) in una direzione positiva. Se si fossero chiuse tutte le porte, si sarebbe creata una pentola a pressione. Potevamo anche sigillare tutte le frontiere, ma le contestazioni sarebbero venute anche dall'interno e ciò avrebbe messo comunque a rischio la sicurezza del vertice perché era dentro la zona rossa che si sarebbero poi potuti verificare i problemi. Si può infatti sigillare tutto, persino i tombini, ma è dentro la stessa città che esistono comunque...
FRANCO BASSANINI. Di questo siamo convinti.
MARGHERITA PAOLINI. Mi
scusi, mi sono dilungata. Volevo solo chiarire come non si avessero
molte scelte, ma solo la possibilità di cercare di mantenere
un contatto con le forze più responsabili, per dare loro un
leggero margine di manovra, che esse avrebbero poi potuto usare con
le frange più ostiche. Sto comunque sempre parlando di
organizzazioni non violente che avevano però un concetto del
dialogo piuttosto particolare.
Rispetto alle sue domande circa i
miei interlocutori e le direttive che ricevevo, ribadisco quanto è
scritto nel mio contratto: riferivo cioè al responsabile di
missione, ma ho avuto anche alcuni incontri sporadici....
FRANCO BASSANINI. Il suo referente era il ministro Vinci Giacchi?
MARGHERITA PAOLINI. Si,
proprio così. Stavo dicendo che ho avuto però anche
alcuni incontri con i rappresentanti del Viminale all'interno della
struttura di missione, in particolare con il prefetto Gianni, con cui
ho scambiato anche alcune idee. Mi sembra invece di aver visto il
prefetto Andreassi solo nel corso di una riunione generale, e non ho
avuto quindi modo di parlargli.
Quanto alla caduta di interesse,
la intendevo come mancanza di input: essi non giungevano né
a noi, coinvolti nelle trattative, né al prefetto, sebbene le
funzioni svolte fossero diverse. L'incarico ricevuto dal prefetto da
parte del Viminale aveva infatti un contenuto molto preciso,
riguardante il compito di trattare con il GSF per quanto concerne gli
spazi, i percorsi e così via. Si trattava cioè di
aspetti riguardanti il territorio della città di Genova. Il
tipo di rapporto che avevo io presentava invece un carattere più
di contenuto e politico (di politica interna al GSF, non politico in
senso istituzionale).
FRANCO BASSANINI. Mi faccia capire cosa vuol dire che al riguardo non arrivavano input. Lei non doveva trattare le caratteristiche delle manifestazioni o i loro itinerari; non era suo compito farlo. Suo compito era invece avviare un rapporto sui problemi della globalizzazione, le proposte, le alternative. Lei su questo ha riferito all'unità di missione e al ministro Vinci Giacchi? Ha presentato delle proposte o una relazione? Può dire che le è mancato un input nel senso di una risposta? Esistono suoi documenti scritti su ipotesi e proposte derivanti dai rapporti da lei intrattenuti con il GSF?
MARGHERITA PAOLINI. Come ho spiegato, il mio compito riguardava due aspetti: monitorare il lavoro dei quattro istituti - e ciò rappresenta l'incarico più attinente ad una sorta di cultura sulla globalizzazione - e , soprattutto, vedere quali
potessero essere le posizioni complementari, assimilabili, o anche
di dissenso, che fossero comunque confrontabili con quelle del G8.
Questo lavoro è stato sviluppato con relativa facilità
e tranquillità, solo che si è fermato a Firenze e non è
più continuato. Tutti invece ci aspettavamo che Firenze fosse
la piattaforma da cui si sarebbe partiti per poi arrivare al summit.
Su tali aspetti gli istituti, in particolare l'IPALMO, ha
pubblicato un interessante rapporto che rappresenta però un
punto di partenza e non certo di arrivo.
Per quanto riguarda i
percorsi e quant'altro, era il prefetto ad avere il potere di
verificare e analizzare se i percorsi stessi e gli spazi fossero
compatibili o meno con gli aspetti della sicurezza.
Tuttavia, di
tale questione ho parlato anche con il Genoa social forum nel
periodo in cui si trattava di non mollare il filo dei rapporti. Ho
anche utilizzato il mio tempo per andare a visitare alcuni luoghi
(scuole, palestre eccetera) allo scopo di disporre di un quadro di
opzioni e di capire se potesse esserci fattibilità in merito a
tale vicenda. Ne ho parlato anche con il ministro Vinci Giacchi il
quale, al tempo stesso, seguiva la parte importante degli spostamenti
e della logistica delle delegazioni perché ciò influiva
sul fatto che uno spazio fosse dichiarato compatibile o meno.
L'ambasciatore Vattani ha affermato che il lavoro sulla questione
delle delegazioni è stato molto faticoso. Molte di esse fino
all'ultimo non hanno deciso; quindi gran parte della città
rimaneva off-limit a questo tipo di analisi.
Quando ho
parlato del tempo perduto, ho fatto riferimento a ciò perché
(senza parlare di manifestazioni o di cose più impegnative) un
segnale concreto, uno spazio si poteva, a mio
avviso, concedere al GSF perché potesse cominciare ad
organizzare i suoi inviti e quant'altro; una rappresentatività,
una visibilità anche minima si poteva dare.
Abbiamo fin
dall'inizio cercato il contatto con la parte pacifica e non violenta;
è stata la mia prima preoccupazione perché ciò
costituiva il mio compito. Il grosso problema è stato che, in
seguito alla mancanza di risposte e al fatto che il movimento più
ragionevole si fosse trovato spiazzato, si sono ingrossate le file
dei soggetti più movimentisti. È venuto meno
l'interesse, la priorità dei contenuti del dialogo rispetto al
fatto di essere in piazza e di contarsi, proprio per l'indebolimento
delle componenti maggiormente propositive.
FRANCO BASSANINI. Non è questo il senso della mia domanda. Posto che lei ha affermato che si è voluto dare spazio, visibilità alle componenti pacifiche, si è discusso con tali soggetti sulle modalità da utilizzare per isolare (con l'azione delle istituzioni) e separare le frange violente che erano state identificate dal lavoro preparatorio di intelligence?
MARGHERITA PAOLINI. Sì, mi scusi... non riuscivo più a leggere la mia pagina di appunti. Certamente, ne abbiamo parlato perché ciò costituiva anche una loro preoccupazione costante. Mi dicevano: più siamo indeboliti dalla mancanza di trattative, più queste frange crescono in arroganza e in capacità di catturare sempre più adepti, perché quella diventava la parte predominante. Con il GSF in particolare, con i miei interlocutori, anche se la questione non mi riguardava direttamente (era troppo importante per non parlarne), ho dialogato spesso su come pensassero di organizzare una sorta di servizio d'ordine (quello che una volta si usava nelle manifestazioni e nelle situazioni critiche) anche perché vi era un clima che preludeva ad una specie di chiamata alle armi.
È stato interpretato così. Si voleva probabilmente andare a catturare, influenzare le frange oltranziste; pertanto il pericolo esisteva. La difficoltà è stata che questo movimento, che non chiamerei più no global anche perché non ha più molto senso (esso stesso si sta definendo new global, cioè a favore di un nuovo tipo di globalizzazione), odia profondamente la questione del servizio d'ordine come se ciò richiamasse a modalità e mentalità dei partiti di vecchio stampo. Pertanto, per il fatto di volersi liberare dal passato, la questione del servizio di ordine è stata vista come fumo negli occhi anche se poi all'ultimo momento, quando ci siamo.... Mi scusi, senatore Bassanini (Commenti del senatore Bassanini)...
FRANCO BASSANINI. Le spiego la mia reazione. Chiedere a organizzazioni pacifiche di organizzare il servizio d'ordine è una cosa da Cominform, per intenderci. L'ordine, attraverso l'organizzazione di servizio d'ordine, viene gestito dalle istituzioni, dagli apparati dello Stato. La mia domanda è un'altra: si è discusso con tali soggetti sul problema di trovare una forma di collaborazione e di intesa in merito a ciò che lo Stato e costoro avrebbero dovuto fare, insieme, in collaborazione, ciascuno per la propria parte e competenza, senza chiedere loro di organizzare il servizio d'ordine per isolare e quindi non dare alcuno spazio alle frange violente?
PRESIDENTE. Mi sembra, senatore Bassanini, che la domanda fosse chiara fin dall'inizio. L'architetto ha così inteso rispondere, a meno che non abbia altro da aggiungere.
MARGHERITA PAOLINI. Nessuno ha chiesto loro di dotarsi di un servizio d'ordine ma, come ho detto anch'io, si trattava di un certo modo di vigilare. È anche vero che i tempi ristretti hanno spinto il Genoa social forum ad una corsa
velocissima per organizzarsi; pertanto i problemi a ciò connessi (trovare i siti, la collocazione negli alberghi per gli invitati, i treni che arrivavano, i punti di accoglienza) hanno fatto venir meno l'aspetto pratico ad una preoccupazione che essi, in effetti, hanno manifestato. Credo che vi fosse in una parte di loro una seria volontà di collaborare con gli ambienti giusti per scaricare tale problema, per delegarlo. Tuttavia, è arrivata una quantità di persone notevolmente superiore alle aspettative. La preparazione del forum è stata particolarmente affannosa; per quanto mi è stato possibile riscontrare in quei tre giorni, solo i giovani di Rifondazione comunista si erano in qualche modo autorganizzati (hanno spesso utilizzato lo strumento della catena umana per impedire che entrassero i black bloc). La preoccupazione sostanziale era che frange eversive e violente entrassero all'interno dei cortei, cosa che poi purtroppo si è verificata. Per le forze di polizia è stato estremamente difficile poter poi...... ho visto all'opera i black bloc e posso confermare il loro modus operandi; effettivamente non è stato facile collaborare o semplicemente, in quel momento, indicare a chi di dovere come inseguirli. La situazione è divenuta molto complicata. Comunque, possiamo ritornare successivamente sul punto.
MARCO BOATO. Ringrazio l'architetto Paolini per la sua relazione, che, a mio avviso, sembra particolarmente utile, salvo che non si pretenda di farle dire ciò che ciascuno di noi pensa. Noi dovremo valutare il suo contributo, molto importante e significativo, anche perché copre un versante informativo in parte soltanto accennato in altre audizioni; tuttavia, non possiamo pretendere che sia lei a tracciare il quadro generale, né tanto meno noi in queste circostanze. Questo lo dico senza polemica con alcuno, ma come una sorta di riflessione metodologica.
Per quanto riguarda le domande, dando per scontate le risposte che
lei ha già fornito ai colleghi che mi hanno preceduto, le
formulo in maniera puntuale.
Lei ha avuto ufficialmente come
referente, come più volte ripetuto, il ministro
plenipotenziario Vinci Giacchi. Mi sembra di aver capito - ciò
può essere utile anche per comprendere i meccanismi - che il
tramite effettivo, attraverso il quale lei è stata incaricata
di questa funzione, molto importante e delicata in questa vicenda,
sia stato l'ambasciatore Olivieri. Gradirei che lei ce lo
confermasse. Mi sembra che lei poi lo abbia citato ripetutamente,
definendolo con una tipica espressione tratta dal gergo diplomatico,
ovvero sherpa, essendo persona che è stata «a
cavallo» fra i due governi, nelle linee retrostanti, ma sempre
presente.
Vorrei inoltre chiederle, con riferimento al lavoro di
carattere più politico-culturale, se lo speciale della rivista
Limes dal titolo « I popoli di Seattle » abbia a
che fare con il lavoro cui lei ha fatto riferimento anche per i
quattro istituti citati (IPALMO, CESPI, IAI, ICEPS). È
qualcosa di analogo, di parallelo? Ha a che fare con quello cui lei
ha fatto riferimento?
È evidente inoltre, non soltanto per
quello che lei ci ha detto oggi ma in base alle ricostruzioni che
stiamo operando, che vi è stata una fase iniziale di rapporti
con le ONG tradizionali e le associazioni più conosciute ( le
ho fatto una domanda, mentre lei parlava, chiedendole tutti i nomi:
Tavolo della pace, ACLI, ARCI, Forum (del terzo
settore); successivamente, pur non tralasciando questi interlocutori,
ma in aggiunta ad essi, si è sviluppata quella che è
stata la configurazione più complessa del Genoa social
forum. Lei ha inoltre parlato della rete Lilliput, della Rete
anti G8, delle aggregazioni cattoliche di base. Se lei potesse, nei
limiti del
possibile, caratterizzarci meglio questa trasfigurazione presente
nel passaggio dagli interlocutori che lei inizialmente ha avuto agli
altri che vi si sono affiancati, diventando la parte prevalente,
sarebbe un utile contributo.
Vorrei inoltre chiedere
semplicemente quando si sia svolta la conferenza adriatico-jonica: a
maggio, se non ho capito male. Se potesse ricostruirci meglio la
fase, dal momento che lei aveva posto in atto in quell'occasione un
micromodello operativo che aveva cercato poi di proiettare....
MARGHERITA PAOLINI. Quando è stato?
MARCO BOATO. Nel 2001 o nel 2000?
MARGHERITA PAOLINI. Siamo nel 2000.
MARCO BOATO. Siamo in una fase
nella quale lei non aveva ancora assunto tale incarico. Tuttavia,
quell'esperienza è stata utile. Evito di formulare alcune
domande poste già da altri colleghi.
Questa vicenda della
caduta di interesse in una certa fase, molto più ristretta di
quella che apparirebbe, è in qualche modo rintracciabile anche
nelle note che ci ha fornito il prefetto di Genova. Ad un certo punto
quest'ultimo viene ufficialmente incaricato dei rapporti con il Genoa
social forum. Può spiegarci se ed in che misura lei ed
il prefetto di Genova, nelle due vesti istituzionali totalmente
diverse (il prefetto era l'autorità politica di pubblica
sicurezza a livello provinciale, mentre diversa era la sua veste),
avete interloquito in merito al rapporto con il Genoa social
forum?
Lei afferma inoltre che, successivamente alla riunione
del 20 aprile, la seconda ed ultima riunione a Genova convocata dal
prefetto nell'ambito del cosiddetto tavolo di coordinamento,
in una situazione di mancanza di risposta o di stallo cui lei ha
più volte fatto riferimento anche nel rispondere al collega
Bassanini, aveva pensato di dimettersi. Può spiegarci cosa è
successo in quelle circostanze, dal momento che, in genere, quando
qualcuno pensa di dimettersi lo fa o perché ritiene di avere
fallito ovvero di non essere in grado di assolvere il proprio
compito? Sarebbe utile un chiarimento al riguardo.
Lei ha detto
di avere assistito, nel maggio del 2001, ad un convegno del Genoa
social forum. Posso pregarla di ricordare la data, il luogo e le
caratteristiche di tale convegno?
Desidero rivolgerle altre tre
domande. Il 28 giugno - circostanza di cui abbiamo avuto notizia da
altre relazioni, ma che nel dettaglio non ci è stata descritta
- si è tenuta presso la Farnesina la riunione riguardante sia
l'interno sia gli esteri, con il Genoa social forum, cui lei
ha partecipato - nelle note del prefetto questo è riferito -,
ed in cui erano presenti tutte le componenti del Genoa social
forum, anche per controllarsi reciprocamente, come da lei stesso
affermato. Questo succede anche nei partiti politici, figurarsi se
non accade nel Genoa social forum! A parte la battuta, sarebbe
utile che lei ci spiegasse cosa è avvenuto nella riunione del
28 giugno, ovvero la dinamica.
Il 14 luglio si è tenuta un
altro tipo di riunione, in ordine alla quale il collega Sinisi ha
formulato una domanda. Probabilmente lei è la persona adatta a
fornirci delle risposte in proposito. Tale riunione, convocata dal
ministro Ruggiero con le ONG ufficiali e il Forum del terzo settore,
dove si è svolta? Che caratteristiche ha avuto? Su di essa
spesso il collega Sinisi ha posto una domanda ad altri interlocutori,
i quali non sapevano fornire risposte adeguate.
PRESIDENTE. Forse l'onorevole Sinisi non ha parlato oggi.
MARCO BOATO. Non oggi; il collega Sinisi in molte audizioni ha ripetutamente formulato questa domanda.
PRESIDENTE. Ponga la domanda, onorevole Boato. Se l'audito non sa a quale domanda lei fa riferimento...
MARCO BOATO. Era una mia forma di rispetto nei confronti del collega Sinisi.
PRESIDENTE. Diamo all'audito la possibilità di capire.
MARCO BOATO. Credo che
l'architetto abbia perfettamente capito. Lei ha detto che il 14
luglio si tiene una riunione convocata dal ministro Ruggiero con le
ONG ufficiali e il Forum del terzo settore, anche per garantire la
prosecuzione del dialogo dopo Genova. Personalmente ho capito questo.
Chiedevo all'architetto cosa sapesse di questa riunione.
Lei
inoltre ha detto che nei giorni caldi del G8 seguì i fatti sul
terreno per verificare l'effettivo comportamento delle varie
componenti. Non le chiedo valutazioni di ordine pubblico, che non
rientrano nella sua competenza istituzionale; le chiedo una
valutazione per quanto concerne il suo ruolo rispetto all'esperienza
che in concreto vi è stata in quei giorni.
MARGHERITA PAOLINI. Cercherò rapidamente di rispondere. Per quanto concerne la prima domanda, le confermo che il referente è stato il ministro plenipotenziario Vinci Giacchi. Tuttavia, in qualche occasione, ho provato a contattare l'ambasciatore Olivieri per verificare se su quel versante potessero scaturire input specifici. Tuttavia, l'ambasciatore Olivieri era molto impegnato con i lavori ufficiali del vertice e non ha potuto fornirmi aiuto.
MARCO BOATO. Se ho ben capito, lei è stata inizialmente contattata dall'ambasciatore Olivieri.
MARGHERITA PAOLINI.
Assolutamente sì.
Per quanto concerne il numero speciale
della rivista Limes dedicato ai popoli di Seattle, ciò
fa parte dell'insieme di quelle conoscenze sulla globalizzazione che
mi appartengono; sono infatti membro del comitato scientifico della
stessa rivista. In una riunione di redazione, parlammo
dell'importanza di predisporre un numero dedicato a tale tematica da
far uscire possibilmente prima del vertice, in modo da agevolare la
comprensione allargata di tale fenomeno, nonché per fare il
punto su diverse questioni trattate in maniera superficiale. La
stampa aveva infatti informato prevalentemente sugli aspetti
scenografici o di effetto, piuttosto che entrare nell'analisi della
genesi e dello sviluppo di tale movimento.
Questa iniziativa
venne vista con molto favore dal Ministero degli affari esteri, che
la appoggiò perché la riteneva complementare, a quella
dei quattro istituti, con la quale peraltro non aveva assolutamente
niente a che fare. Tra l'altro, è nata come iniziativa
autonoma dal punto di vista finanziario.
Per quanto riguarda
l'evoluzione dei rapporti dal patto di lavoro al Genoa social
forum, è sempre rimasto un nucleo referente, che
dall'inizio è arrivato fino in fondo e che si è
allargato ad altri soggetti, ad altri gruppi che via via si
affacciavano sulla scena: è evidente che non si poteva
trascurare una Rete Lilliput. Invece, riguardo alla Rete contro il G8
si trattava di capire se fosse una sigla che raggruppava e faceva da
ombrello a varie organizzazioni, oppure una rete che aveva una sua
capacità propulsiva e propositiva, come la Rete Lilliput.
Potrei cercare di dare una brevissima schematizzazione delle
componenti essenziali del movimento, così come le avevamo
individuate: questo spiega anche con chi trattavamo e con chi no, o
anche per via indiretta attraverso interlocutori
affidabili. Anzitutto, la componente propositiva, quella
decisamente non violenta, che non potremmo chiamare moderata, dal
momento che è fortemente determinata a mobilitarsi, in ragione
di una profonda motivazione nei suoi obiettivi e nei suoi contenuti
di fondo; poiché però è effettivamente e
profondamente non violenta, possiamo considerarla comunque moderata e
quindi funzionale alla nostra ricerca di interlocutori per
l'operazione del Forum parallelo. Il nucleo portante di questa
componente è la Rete Lilliput che, indipendentemente dalla
consistenza dei suoi membri, ha una organizzazione, una serietà
di contenuti e modalità di comportamento che effettivamente
rappresentano una grossa novità. Quindi, in realtà si
tratta di una componente che richiede di essere analizzata e valutata
perché potrebbe essere un elemento portante del nuovo futuro
movimento new global, intendendosi come tale un nuovo modello
di globalizzazione non selvaggia e non pericolosa, un modello verso
cui ci si sta tentando di orientare anche in ambienti economici,
perché quello attuale comporta degli scompensi abbastanza
vistosi. La rete Lilliput (e tutta la rete Intercampagne che fa capo
ad essa, ma non solo) ha due aspetti importanti: la testa pensante ma
anche l'organizzazione sul terreno, perché c'è tutto il
mondo delle Intercampagne che gravita al suo interno.
Esiste poi
c'è una componente, che possiamo definire di tipo più
movimentista, che esprime appunto un movimentismo di tipo più
tradizionale e che tende a porsi come anello di congiunzione tra la
prima che ho citato e l'ultima a cui farò riferimento. Si
tratta di un soggetto sostanzialmente riconducibile alla struttura
dell'ARCI ed ha avuto importanza a Genova perché la componente
genovese del Genoa social forum era in gran parte gestita da
personale dell'ARCI, anche competente, ma che aveva a che fare con la
rete dei centri
sociali del nord-ovest; le attività dell'ARCI si incrociano spesso con quelle dei centri sociali, e quindi si creano relazioni, contatti, operazioni comuni. Ciò ha portato l'ARCI a fare un po' da ombrello ad una parte dei centri sociali giudicati ragionevoli, non violenti, che sarebbe stato invece pericoloso emarginare perché si sarebbero potuti far slittare verso il terzo polo, quello degli antiistituzionali e dei duri. Infatti, il Genoa social forum aveva all'inizio adottato un patto di non violenza: chi non accettava di lavorare sulla base della non violenza non poteva essere accolto. Naturalmente, poiché sul concetto di violenza esistono varie interpretazioni - c'è la violenza contro le persone e quella contro le cose -, esso è stato un po' sfumato: la violenza verbale è concessa, qualche episodio di intolleranza è ancora concesso, la violenza su cose e persone no. Questo era il punto in cui si chiudeva il cerchio del Genoa social forum e lì si trattava di applicare la vigilanza a cui mi riferivo prima: in altre parole, vedere nei fatti come si comportava chi dichiarava di operare senza violenza.
MARCO BOATO. Le avevo chiesto delle due riunioni...
MARGHERITA PAOLINI. Sì.
Quando ho voluto verificare sul terreno se le componenti non violente
effettivamente si comportassero secondo i criteri della non violenza
profonda, strutturata, che viene da un training effettivo, da
un lavoro interiore importante, ho potuto riscontrare nei fatti che
quelle che avevamo individuato come non violente, così si sono
comportate. Tuttavia la non violenza certe volte porta al fatto che
non ci si sa difendere (non ci si può difendere) nei confronti
di chi attacca con la violenza, come è successo nel caso dei
black bloc.
Per quanto riguarda il famoso convegno del
Genoa social forum, quello che aveva carattere internazionale,
in cui sono
arrivati delegati da tutte le parti dell'Europa occidentale, dell'America e anche del terzo mondo, esso si è svolto a Genova il 3, il 4 e il 5. Riguardo alla riunione del 28 giugno, che si era svolta al Ministero degli affari esteri con tutto lo staff (il ministro degli esteri, il ministro Scajola, il prefetto De Gennaro, l'ambasciatore Vattani e i vari questori) il Genoa social forum era presente con una rappresentanza che era stata selezionata. Ai primi di giugno il social forum fece una riunione e formalmente nominò Agnoletto portavoce e una serie di referenti per settore, quelli a cui si sarebbe dovuto riferire Agnoletto, a seconda delle varie questioni e che dovevano essere tutti presenti nelle riunioni ufficiali. E veniamo alla composizione della delegazione di Ya Basta!; c'era la signora Cassurino, in rappresentanza delle tute bianche «extra Casarini», il quale non era presente. Per quanto riguarda la riunione del 28 giugno, sostanzialmente fu il Governo ad intervenire manifestando la propria disponibilità a procedere con l'operazione Forum parallelo, con la messa a disposizione di spazi e anche di risorse finanziarie: era stato predisposto il decreto per l'accoglienza che prevedeva l'erogazione di 3 miliardi agli enti locali, in particolare al comune e alla provincia, che avevano spazi ed edifici sotto la loro responsabilità. Da parte del Genoa social forum ci si limitò a ribadire gli aspetti relativi alle piazze tematiche e alla stazione di Brignole; si chiese poi che la polizia fosse disarmata.
Sostanzialmente si parlò molto poco, perché si riteneva che quella fosse una riunione interlocutoria; invece, fu una riunione decisiva e di carattere esecutivo. Probabilmente non se lo aspettavano, quindi, si limitarono a sentire, per poi consultarsi con le rispettive organizzazioni. Infatti, non vi fu una
dichiarazione compiuta del Genoa social forum, ma una di
stand-by, per così dire, che divenne più
positiva qualche giorno dopo.
La riunione del 14 luglio, cui ho
partecipato, mi è sembrata, in prospettiva, un grande segnale
che si voleva dare ad una parte già più strutturata e
organizzata del movimento e che, però, ha dato particolare
rilievo al terzo settore.
MARCO BOATO. Dove si è tenuta?
MARGHERITA PAOLINI. Si è tenuta al Ministero degli affari esteri, con la presenza dello stesso ministro Ruggiero, dei suoi collaboratori e, in particolare, del ministro Claudio Moreno che, occupandosi di tutta la parte dei diritti umani, ha seguito tale aspetto con maggior cura. Si è parlato della possibilità di avviare operazioni in collaborazione subito dopo Genova, di rivedersi e di stabilire un percorso di incontri di carattere operativo e propositivo. Credo di aver così risposto a tutte le domande.
GIAN FRANCO ANEDDA.Lei è
stata incaricata di occuparsi dei problemi del G8 nell'ottobre del
2000 e tale incarico è stato formalizzato successivamente. Ha
riferito che, per la sua pregressa esperienza, avrebbero partecipato
al G8 componenti propositive e componenti che lei, invece, ha
definito più dure. Le chiedo se, sin dal momento in cui ha
ricevuto l'incarico di occuparsi del G8, fossero previste azioni di
violenza.
Lei stamattina ha anche affermato che il Governo
auspicava il coinvolgimento della società civile. Si
riferisce, quanto ai tempi, all'inizio del 2001?
Ci ha anche
riferito che le contestazioni ineludibili del G8 - queste sono le
parole che lei ha adoperato testualmente - avrebbero portato «opzioni
di dissenso recepite dal Governo».
Vorrei chiederle quali fossero le opzioni di dissenso recepite e
chi le abbia detto che tali opzioni di dissenso sarebbero state
recepite.
Lei, inoltre, ha affermato che una delle finalità
del suo intervento, per la pregressa esperienza, avrebbe dovuto
essere quella di indirizzare le forze migliori - parliamo della
contestazione - verso una soluzione positiva. La domanda è la
seguente: che cosa avevate previsto per le forze peggiori?
MARGHERITA PAOLINI. Rispondo
partendo dall'ultima domanda: per le forze peggiori non potevo
prevedere niente, perché la questione non era di mia
competenza. Tutti avevano capito che tali manifestazioni vi sarebbero
state e che, se solamente si fossero blindate le città, vi
sarebbe stato un pericolo dall'interno. Il senso di pericolo che
poteva derivare dal dissenso certamente veniva recepito dal Governo e
dalle istituzioni con preoccupazione, preoccupazione che hanno
espresso in vari modi e con vari risultati l'ambasciatore Vattani, il
prefetto, il questore e così via.
Per quanto riguarda il
termine «società civile» nel 2001, ritengo che
tale espressione non abbia un connotato temporale. Per società
civile si intende l'insieme delle forze, organizzate o meno, che
hanno qualcosa da dire, una funzione sociale e opzioni di qualità
di vita, di cittadinanza e di rapporti comunitari civili.
Circa
le componenti propositive più dure, ovviamente si sapeva fin
dall'inizio che vi sarebbero state, ma si trattava di una
schematizzazione di principio. Infatti, il Patto di lavoro non era
ancora del tutto operativo e non si era ancora verificato - mi
riferisco al periodo iniziale - l'importante episodio di Porto
Alegre. Quest'ultimo non fu un episodio di contestazione di un
summit, ma un momento di creatività, di elaborazione e
di ampliamento degli interessi del movimento,
anche verso un aspetto molto importante che non ho citato, ma che probabilmente ci troveremo davanti nell'evoluzione positiva del movimento new global: quello della democrazia partecipativa e del modo di lavorare a livello locale. È una nuova formula che sta cominciando a diffondersi, tant'è che la recente creazione di tanti social forum risponde proprio alla necessità di lavorare più a livello della microscala del territorio che non della macroscala sui grandi temi. Spero di averle risposto, onorevole Anedda.
GIAN FRANCO ANEDDA. Rispondendo alla mia ultima domanda, lei ha affermato di non poter dire nulla sulle formazioni più dure (abbiamo adoperato questo termine), non rientrando esse nella sua competenza. Quando le è stato conferito l'incarico e durante tutto il periodo del suo svolgimento, lei ha avuto sentore che vi fossero tali componenti più dure, dando suggerimenti per discutere, per trattare, per fronteggiarle o quant'altro, oppure è rimasta inerte perché non erano di sua competenza?
MARGHERITA PAOLINI. È difficile che rimanga inerte di fronte a qualcosa, ma bisogna vedere se ci si può muovere nel modo più compatibile. Sapevamo che le formazioni più dure esistevano, ma ovviamente non spettava a me indagare sulle stesse. Era importante che non andassi a «pattumarmi» con le formazioni più dure e mantenessi il colloquio con quelle che, invece, presentavano aspetti propositivi e che avevano la caratteristica della non violenza e, soprattutto, avessero interesse a dialogare con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Architetto Paolini, il numero delle mie domande si ridotto, perché molti quesiti sono stati già posti da chi mi ha preceduto. Inoltre, l'intervento sull'ordine
dei lavori dell'onorevole Cicchitto tutto sommato è stato
utile ed ha consentito di ridurre i quesiti posti successivamente;
infatti, egli ha svolto un'ampia disamina di tutti i fatti e chiarito
una serie di dubbi che derivavano dalla sua relazione in merito ai
tempi, alle modalità ed agli esiti della sua attività,
ricostruiti dai documenti di cui l'onorevole Cicchitto ha dato
lettura. Pertanto, credo che alla domanda al riguardo si sia già
ampiamente risposto.
Mi rimane il dubbio su chi siano stati i
suoi interlocutori, nel ruolo specifico che lei aveva, e perché
sono stati scelti quei particolari interlocutori. Le pongo questa
domanda in relazione a due affermazioni da lei fatte. Lei ha parlato,
infatti, di interlocutori diversi con il precedente ed il successivo
Governo: vorrei, dunque, capire che diversità vi sia stata.
Rispetto, poi, alle frange, da voi individuate, che non volevano
avere dialogo con le istituzioni, lei afferma: «li abbiamo
allontanati, non abbiamo accettato il dialogo». Al di là
di questo, ed al di là della risposta da lei fornita
all'onorevole Anedda, secondo la quale lei non avrebbe avuto
competenza, quanto meno come soggetto incaricato di queste relazioni
e come componente di una struttura, ne ha dato comunicazione? Ha
fornito un'indicazione nominativa di questi soggetti alla struttura o
a chi abbia ritenuto competente ad intervenire in materia di
sicurezza?
Da ultimo, non approfondisco la sua affermazione sul
nuovo Governo, che ha tentato di recuperare il tempo perduto, perché
lei ha già fornito ampie risposte negli interventi precedenti.
In particolare, però, nell'incalzare delle domande del
senatore Bassanini, mi è sembrato che lei si sia contraddetta
rispetto al rapporto con i manifestanti in genere. Rispondendo alla
domanda riguardante il diritto a manifestare (se fosse stato concesso
o meno e da chi e se fosse stato
violato), lei afferma: «Mi ero convinta, dai dialoghi avuti, che non vi sarebbero state le manifestazioni». Dopo di che, proseguendo nelle risposte, aggiunge: «Sapevamo che le manifestazioni, pacifiche e non, erano ineludibili». In relazione a ciò vorrei capire: erano suoi pensieri che non ha esteso ad altri? Era la conferma di un atteggiamento di Governo che lei, poi, ha tradotto in queste espressioni? Si sono avuti rapporti, e di che natura, con gli interlocutori e i manifestanti in genere?
MARGHERITA PAOLINI. Mi scusi, non ho capito se lei, quando ha parlato di interlocutori, intendesse riferirsi agli interlocutori del Genoa social forum o agli interlocutori istituzionali.
ERMINIA MAZZONI. Ai manifestanti.
MARGHERITA PAOLINI. Non li abbiamo allontanati; magari fosse stato possibile! Li abbiamo trascurati, cioè non li abbiamo coinvolti nelle trattative: è questo il punto. Peraltro, non siamo mai entrati in contatto con quelli che hanno compiuto gli atti di violenza più spietata perché quello era un mondo che gravitava fuori dal Genoa social forum. Quindi, stiamo sempre parlando di una violenza relativa perché il black bloc è una realtà che si è manifestata a Genova nei giorni del G8. Nessuno ha mai avuto possibilità di avere rapporti con tali soggetti. Stiamo sempre riferendoci a componenti dure e, dunque, non interessate al dialogo con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Non facevo specifico riferimento al black bloc. Lei mi risponde: non abbiamo avuto un dialogo con i black bloc. Ci sono altri soggetti...
MARGHERITA PAOLINI. No, non abbiamo avuto un dialogo con quelli che non avevano interesse a parlare con le istituzioni.
ERMINIA MAZZONI. Vorrei sapere chi sono questi soggetti. Lei afferma che non li avete allontanati - e capisco anche il senso della sua battuta - e non li avete coinvolti. Dunque, li avete individuati, tanto da essere in grado di non coinvolgerli. Chi sono questi soggetti? Come li avete isolati? Gli atti violenti, infatti, non sono stati opera solo dei black bloc, ma di una moltitudine di strutture che hanno seguito le manifestazioni violente, si sono associate ad esse e le hanno anche, per così dire, gonfiate.
MARGHERITA PAOLINI.
Onorevole, non facevamo un lavoro di polizia, ma di contatti:
prendevamo i contatti con quelli che ci sembravano gli interlocutori
più opportuni e non parlavamo con gli altri. Di tali gruppi è
stata fatta una disamina sicuramente migliore di quella che posso
fare io. Sono conosciuti e catalogati: comprendono i centri sociali e
coinvolgono una parte dei Cobas e dei CUB. Sono soggetti ben
identificati per regione, per tipologia, per provenienza.
Per
quanto riguarda la mia contraddizione nel rispondere alle domande del
senatore Bassanini, vorrei specificare che abbiamo parlato di
manifestazioni ufficiali e di «sensazione» di movimenti
di piazza. Non erano state autorizzate manifestazioni ufficiali da
parte del precedente Governo: si parlava di queste manifestazioni a
proposito delle quali ci sono stati interventi e dichiarazioni, ma
nulla si è concretizzato sul piano esecutivo, attraverso
istruzioni al prefetto di procedere con la concessione degli spazi
(conditio sine qua non per procedere alle manifestazioni). Ho
parlato di sensazione che se si fosse blindata la città e si
fosse negato il diritto a manifestare, vi
sarebbero state manifestazioni di piazza: è una cosa un po' diversa.
PRESIDENTE. Fino a questo momento sono intervenuti cinque colleghi ed abbiamo impiegato circa un'ora e trenta minuti. La seconda persona convocata dal Comitato è già arrivata. Vi prego quindi, di considerare il ruolo che ha avuto l'architetto Paolini: sembra che ci debba riferire quanto hanno fatto i Servizi, il capo della polizia ed i carabinieri. Credo che il suo ruolo sia abbastanza chiaro per il Comitato. Se vi è ancora qualche domanda di interesse per il Comitato stesso, vi esorto a farla, ma nei limiti del tempo necessario.
GIANNICOLA SINISI. Signor
Presidente, ringrazio anch'io l'architetto Paolini per la sua
relazione e le rivolgo quattro domande.
La prima domanda, anche
se in qualche misura lei ha già risposto, così come ha
fatto il prefetto di Genova, riguarda la lettera del Genoa social
forum dell'11 aprile. Questa faceva riferimento ad un'effettiva
intesa intercorsa con il Governo?
La seconda domanda - l'ho già
posta a molti e la rivolgo anche a lei - riguarda il motivo per cui
il 2 giugno il prefetto dispose il divieto di manifestazione e di
volantinaggio nella zona gialla, mentre il questore, il 12 luglio, in
deroga all'ordinanza del prefetto, autorizzò manifestazioni in
tale zona. Lei formulò al riguardo un parere che fece mutare
questo orientamento?
La terza domanda è se nel corso della
riunione del 28 giugno alla Farnesina il Genoa social forum diede
garanzie sulla capacità di isolare i violenti.
Per quanto
riguarda la quarta domanda, lei ha parlato, finalmente, della
riunione del 14 luglio. Ciò che non mi è chiaro è
che lei ha affermato che il 28 giugno la riunione con
le organizzazioni ebbe carattere di definitività. Come mai, allora, venne convocata la riunione del 14 luglio, e con chi? A me sembra davvero singolare che il 14 luglio, cinque giorni prima del vertice di Genova, si parlasse del dopo G8. Qual è il collegamento tra 28 giugno e 14 luglio, e quali associazioni furono presenti il 14 luglio?
MARGHERITA PAOLINI. Mi domanda, dunque, se la lettera dell'11 aprile contenesse veramente un piano operativo?
GIANNICOLA SINISI. Il riferimento è ad effettive intese intercorse.
MARGHERITA PAOLINI.
Mancavano intese; tuttavia, il Genoa social forum rispondeva,
con una sorta di piano operativo - più preciso rispetto alle
indicazioni fornite dal medesimo a febbraio -, ad una precisa
richiesta del prefetto, che aveva incontrato la delegazione a Roma il
5 aprile, quando si era svolto il sit in, il cosiddetto
telegram day, in cui le prefetture erano state inondate di
richieste che sollecitavano risposte e, dunque, il prefetto - che
aveva avuto l'incarico dal ministro Dini e dal Viminale di riprendere
la trattativa ufficiale - prese tempo chiedendo al Genoa social
forum di preparare un piano operativo. Infatti, gli era stato
conferito, sì, un mandato, ma non un mandato a procedere e,
perciò, si è cercato di guadagnare tempo con la
richiesta di un piano operativo, nonché di indicazioni circa
le attrezzature, gli equipaggiamenti, insomma informazioni più
dettagliate circa le loro esigenze.
Mi si domanda, poi, come mai,
se il 2 giugno il prefetto ha emanato le disposizioni per poter
effettuare la blindatura della zona gialla, il 12 luglio, invece,
sono state autorizzate le
manifestazioni. La risposta è che l'autorizzazione per le
manifestazioni e le piazze tematiche, era stata ritenuta possibile
durante la riunione del 28 giugno. Infatti, come osservai, quando si
svolse la riunione del 28 giugno, i rappresentanti del Genoa
social forum non rilasciarono molte dichiarazioni, forse perché
non prevedevano di incontrare una tale disponibilità nei
confronti delle loro richieste. Quindi, rimasero un po' in stand
by; tuttavia, per quanto riguarda la questione della non
violenza, si era tenuta una riunione, piuttosto approfondita, dei
vertici (i cosiddetti «capetti») del Genoa social
forum, nel corso della quale era stato confermato, sia pure
faticosamente e con una discreta battaglia interna, il principio
rigoroso - come allora fu detto - della non violenza, salvo poi
consentire interpretazione più elastiche.
Per quanto
riguarda il collegamento tra le riunioni del 28 giugno e del 14
luglio, devo dire che si è trattato di eventi completamente
diversi. Infatti, da un lato, il 28 giugno veniva inaugurata, per
Genova, l'operazione del Genoa social forum - che si apriva e
doveva chiudersi colà - condotta con una rappresentatività
(molto variegata, sia pur nell'ambito della asserzione della non
violenza) di cui poi si sarebbe dovuto tener conto, visto che
effettivamente dava voce a chi sarebbe sceso in piazza; dall'altro,
la riunione del 14 luglio, al contrario, doveva veramente preparare
il terreno per tutto il lavoro successivo, cioè trasformare
questo filo, questo contatto in un piano di lavoro. Perciò,
sono stati invitati quanti già lavoravano per il dopo. In
particolare, penso che molti di voi sappiano cosa significhi «terzo
settore»; si tratta di componenti del movimento che operano nel
campo sociale, della microfinanza, dell'etica economica e che hanno
già sperimentato modelli di nuova globalizzazione; modelli
«micro», ma molto interessanti, i quali possono indicare
prospettive per
nuovi percorsi. È con costoro che si è svolta la riunione; potrei anche indicarvi i nomi ma, siccome i responsabili del terzo settore e delle tre organizzazioni non governative sono conosciuti.
GIANNICOLA SINISI. Quelle riconosciute.
MARGHERITA PAOLINI. Sì, certo, ma anche, per esempio, la comunità di Sant'Egidio, cioè tutta una serie di elementi rappresentativi di realtà costruttive e consolidate.
ANDREA PASTORE, Presidente
della 1a Commissione permanente del Senato. Dall'audizione
dell'architetto Paolini - colgo l'occasione per ringraziarlo della
sua esposizione - emerge la conferma che tra febbraio e giugno 2001
vi è una sorta di «buco nero» per quanto riguarda
le riunioni ufficiali, istituzionali, ma nel successivo periodo si è
compiuto un grande lavoro.
A molte perplessità ha risposto
l'architetto; qualche altra invece è sorta: personalmente
vorrei semplicemente ed anzitutto chiedere all'architetto, anche se
in parte ha già risposto, che fine abbiano fatto le ONG, visto
che mi sembra che, nell'ambito dell'organizzazione del Genoa
social forum, le organizzazioni non governative si siano, in
qualche modo, defilate, non partecipando, almeno in maniera visibile,
alle manifestazioni di piazza.
Inoltre, tornando alla lettera
dell'11 aprile, devo confessare che a me sembra che la dottoressa
Paolini abbia dato una sua lettura - difforme da quella del prefetto
di Genova e, in qualche modo, anche disattesa dagli altri documenti
letti prima dall'onorevole Cicchitto - circa una acquiescenza, se non
una vera e propria dichiarazione di disponibilità del Governo
a consentire manifestazioni in concomitanza con lo svolgimento del
vertice.
L'ultima domanda, invece, riguarda l'attività svolta dall'architetto Paolini nei giorni di svolgimento del vertice. Chiedo all'architetto se cortesemente possa riferire in merito a ciò, se la sua sia stata un'attività anche di contatto con le organizzazioni, di visita dei luoghi dove queste si erano insediate, di contatti personali con dirigenti o di contatti occasionali e se su tali fatti, nonché su quelli precedenti (e dunque su tutta la sua attività), esista una relazione ufficiale consegnata agli organi che le hanno conferito il mandato da lei adempiuto in quel periodo.
MARGHERITA PAOLINI. Rispondo anzitutto all'ultima domanda: ho trascorso quei tre giorni sul posto per osservare il corso degli eventi. Naturalmente, siccome vi erano «mille fuochi», era un po' difficile essere in tutti i luoghi; però, i protagonisti, in quei giorni, erano tre, cioè i manifestanti, le forze di sicurezza e i giornalisti. Personalmente - devo dire la verità - sono stata a lungo con il gruppo dei giornalisti, anche perché, per tale via, potevo confrontare una serie di impressioni; attraverso loro, potevo essere anche dove non ero stata, così cercando di avere un quadro il più possibile rappresentativo di come si atteggiavano le varie componenti del movimento.
ANDREA PASTORE, Presidente della 1a Commissione permanente del Senato. Si è recata anche nella sede ufficiale, nel quartier generale avendo contatti con Agnoletto o altri dirigenti?
MARGHERITA PAOLINI. Assolutamente no. Sono andata semplicemente per vedere, dal momento che non avevo niente da dire e che, a quel punto, il Forum poneva problemi solo politici e di sicurezza poiché era già in corso e, sostanzialmente,
io non potevo fare più niente se non osservare. Non ho
svolto una relazione su ciò, ma avevo steso precedenti
relazioni: quanto accaduto, la violenza, in particolare le azioni dei
black bloc - evenienze non prevedibili da nessuno - quanto
visto, il comportamento da me riscontrato sul terreno, ha corrisposto
alle analisi da me svolte, delle quali avevo scritto, ovviamente
anche circa la capacità delle varie componenti di
autoorganizzarsi, di sapersi difendere o relazionare ai moti di
piazza. Mi riferisco ad esempio, al fatto che la Rete Lilliput era
stata in grado di non farsi «fagocitare» per così
dire, dalla paura e dalla violenza, anche se si era trovata in mezzo
ad un forte scontro della polizia con i black bloc. Si sono
trovati in mezzo e in qualche modo sono stati anche coinvolti,
confermando il loro carattere strutturalmente non violento, anche a
costo di ricevere colpi dagli uni e dagli altri.
Lei diceva che
la mia versione su quanto presentato dal Genoa social forum
l'11 aprile, è difforme da altre interpretazione date. Ebbene,
devo confessarle di non aver potuto leggere i testi di tutte le
audizioni. Sinceramente, ho cercato di leggere quelle in cui venivo
citata, ma non ho potuto prendere visione di tutto e quindi non so in
cosa risieda tale difformità.
Per quanto concerne le ONG,
esse ci sono sempre state. Bisogna anche capire a chi ci riferiamo:
esistono organizzazioni non governative che sviluppano un lavoro
sostanzialmente di cooperazione nell'ambito del Ministero degli
affari esteri o che sono riconosciute dallo stesso, che svolgono
attività di cooperazione allo sviluppo prevalentemente
all'estero. Queste non sono organizzazioni di massa, non sono forze
organizzate sul territorio, ma svolgono un certo tipo di attività
e, i loro membri, con scelte individuali, preferiscono l'una o
l'altra organizzazione in cui si riconoscono meglio.
Esistono, invece, delle ONG - alcune riconosciute, altre no - che
hanno anche una struttura che opera sul territorio nazionale, con
attività sociali di formazione di vario genere. Ovviamente,
all'interno del GSF queste hanno lavorato di più perché,
in quel momento, a noi interessava un contatto con chi era presente
all'evento G8. Naturalmente, ci sono anche delle ONG che si occupano
di problemi di globalizzazione, sui quali hanno organizzato dei
seminari e sono intervenute sul tema ma, sostanzialmente, i soggetti
che sono entrati nella tematica della globalizzazione sono soggetti
particolari: Tavola intercampagna, Tavola della pace, e via dicendo.
Vorrei esprimere una personale e brevissima osservazione: se
vogliamo capire dove andrà questo movimento, un'indicazione
importante ci potrà venire, per esempio, dalla prossima marcia
Perugia-Assisi. In questo momento siamo preoccupati per il vertice
NATO, che certamente evidenzierà problemi di sicurezza, e sul
modo in cui organizzerà l'evento FAO, ma per la mia esperienza
ritengo che sia molto più importante esaminare e seguire con
interesse la marcia della pace Perugia-Assisi, in cui la parte
propositiva del movimento mostrerà come ha recepito
l'esperienza di Genova e dove intenda andare.
MICHELE SAPONARA. Architetto, nell'adempimento del suo incarico importante e gratificante, ancorché privo di contorni precisi - che, fra l'altro, era quello di prendere contatti con le associazioni che non volevano trattare con le istituzioni -, premesso che lei ha descritto la galassia dei manifestanti, vorrei sapere quali siano stati i suoi interlocutori - nominandoli, ovviamente, perché finora siamo stati nel vago -, quanti contatti abbia avuto con gli stessi, dove e quale grado di affidabilità abbia tratto da detti incontri.
MARGHERITA PAOLINI.
Giustamente lei ha affermato che era praticamente impossibile avere
contorni precisi di questa attività, proprio per il mondo con
cui ci si confrontava. Posso dire di aver avuto contatti
frequentissimi con il mondo cattolico, con l'ARCI, con la Rete
Lilliput, con il Tavolo intercampagne, perché le campagne
erano in gran parte connesse ai temi del G8 e, quindi, era importante
che il cosiddetto controforum di Genova potesse affrontare questi
argomenti, e con il forum del terzo settore in particolare
essendo quelli che venivano considerati già portatori di
esperienze di una nuova globalizzazione.
I padri storici delle
campagne posso citarli; altri, in quel momento, erano capi di campo,
avevano funzioni diverse: Gianfranco Bologna, il portavoce del WWF in
Italia, che ha una lunga esperienza e che mi è stato molto
utile anche per capire certe dinamiche del movimento e dei suoi
background; il presidente della federazione delle ONG, Sergio
Marelli; la dottoressa Raffaella Bolini, che era un personaggio
chiave della parte importante del GSF; gli appartenenti alla Rete
Lilliput.
MICHELE SAPONARA. Con Agnoletto ha parlato ?
MARGHERITA PAOLINI. No, con Agnoletto non ho mai parlato perché egli era un portavoce, mentre io parlavo con i rappresentanti dei gruppi, cioè quelli che avevano dietro di sé una struttura.
MARCO BOATO. Alcuni di quelli che lei ha citato li ascolteremo in settimana.
GABRIELE BOSCETTO. Dottoressa, anch'io mi unisco ai ringraziamenti dei colleghi per l'apporto che lei ha voluto
fornire durante questa audizione, un contributo di sostanza che ci
permette di conoscere meglio il contesto di queste organizzazioni,
poi riunite nel Genoa social forum.
Abbiamo letto che
queste associazioni erano 600, 700, 800, un numero enorme. Vorrei
chiederle se ci confermi tutto ciò, se queste associazioni,
dalle sigle più strane, fossero composte da poche o tante
persone - o, come è più logico, talune da poche, talune
da diverse ed altre da tante persone - e se vi fosse stata una
verifica della serietà e della congruità delle diverse
sigle, per escludere che dietro di esse non vi fosse niente e che
fossero richiamate esclusivamente per dare peso a queste centinaia di
associazioni.
Inoltre - le sembrerà strano - mi farebbe
piacere sapere - nonostante tutto ciò che abbiamo letto nelle
generali richieste anti-G8 di questi contestatori che cosa
esattamente essi si prefiggessero nel contrasto al G8 che si andava
tenendo in quei giorni a Genova.
Nell'ottica del concetto di
violenza del quale lei parlava, la loro intenzione di attaccare la
zona rossa era considerata una manifestazione pacifica ? Come si
inseriscono in questo pacifismo o in questa violenza, cui lei ha
fatto cenno e sulla quale io le chiedo ulteriori chiarimenti, le
organizzazioni dei corsi di scontro con le forze dell'ordine ? Noi
abbiamo visto come in piazza San Lorenzo si siano tenuti, con largo
apporto di mass media, per molti giorni o settimane - ma lei
può precisarmelo - dei corsi nei quali si simulavano attacchi
e contrasti alla polizia, nella riproduzione teorica di futuri
scontri di piazza.
All'inizio di maggio, in questo contesto, lei
disse che Agnoletto era stato nominato portavoce del complesso Genoa
social forum. Se non vado errato (ma lei me lo protrà
confermare), Agnoletto era candidato alle elezioni politiche per
il partito di Rifondazione comunista. Come ha giudicato lei o come
è stato spiegato che in un contesto di associazioni di questo
genere si andasse poi a scegliere come portavoce un uomo così
qualificato sul piano politico?
Da ultimo, vorrei chiederle se le
associazioni, le minori, ma soprattutto le principali, avessero
diretti collegamenti con partiti politici, cioè se in queste
trattative e in questi discorsi intervennero uomini o donne
rappresentanti istituzionali di partiti politici. In altri termini,
oltre alla posizione delle 600, 700, 800 organizzazioni, vi fu anche
un espresso appoggio politico portato avanti, attraverso la
partecipazione ai colloqui, da personaggi istituzionali, a diversi
livelli, dal consiglio di circoscrizione a quello comunale, a quello
provinciale, fino al Parlamento?
MARGHERITA PAOLINI. Sì,
700 organizzazioni, anche di più. È vero quello che lei
dice, vale a dire che alcune erano costituite da pochissime persone,
magari si erano formate sulla scia di questo appuntamento, erano
fenomeni di aggregazione anche di vecchie organizzazioni fuse in una
nuova realtà. Diciamo che vi sono stati travasi, nuove
aggregazioni, alcune importanti, mentre altre erano dei piccoli segni
nel firmamento della struttura del GSF.
Io ho fatto una
constatazione quando ho riferito la mia diversa impressione in merito
a due entità che si definiscono rete, la Rete Lilliput e la
Rete contro il G8, che hanno una realtà diversa; ed è
questo che poi siamo andati a verificare. La Rete Lilliput è
una realtà strutturata, omogenea, che ha una sua interna
propositività, mentre la Rete contro il G8 è stata più
che altro un network logistico, informatico, molto bene
organizzato, nel quale sono confluite moltissime organizzazioni di
tipo diverso, dal gruppo cattolico alla gran parte della serie dei
centri sociali o a gran parte delle sezioni, giovanili
e non, di Rifondazione comunista (tanto per dare un'idea).
Tuttavia, sul piano dei colloqui formali, degli incontri
ufficiali, nessun rappresentante formale di forze politiche ha
partecipato. Posso solo dire che Beppe De Cristoforo, che fa parte
dei referenti del Social forum per i giovani comunisti, è
nel Social forum e il giorno 28 era nella delegazione, ma
credo che ne facesse parte come Social forum e che non avesse
una caratterizzazione politica in quanto tale.
Per quanto
concerne la questione della visibilità, dopo l'appuntamento
internazionale di Porto Alegre, tutti volevano vedere a che punto era
arrivata la crescita del movimento. E allora le manifestazioni
servono per contarsi per avere un'idea precisa di quanti si è.
Infatti, è stato chiesto un percorso di otto chilometri per
vedere se corrispondevano i calcoli e quante decine di migliaia di
persone sarebbero arrivate.
Dato che non si era potuto - parlo
dal punto di vista del Genoa social forum - procedere sul
piano dei contenuti, in quanto le piazze tematiche sono state più
un simbolo che non una possibilità di mettersi in rapporto con
la popolazione e con i cittadini per spiegare e per discutere questi
temi, il discorso, della quantità, la possibilità di
avere un successo in termini anche numerici, era molto importante,
così come verificare il salto generazionale che si andava
definendo, rappresentando la punta di un movimento nuovo e in
espansione.
Ho dimenticato qualcosa?
GABRIELE BOSCETTO. L'attacco alla zona rossa, il concetto di violenza e l'organizzazione dei corsi per gli scontri.
MARGHERITA PAOLINI. Per quanto riguarda i corsi, ho visto (ma seguivo attraverso i loro documenti, i loro dibattiti interni, soprattutto scaricandoli dai rispettivi siti) che la
preparazione procedeva su due binari paralleli a seconda dei tipi
di movimento: alcuni movimenti, appunto, hanno iniziato con discreto
anticipo l'organizzazione in gruppi di affinità allo scopo di
mantenere la coesione, non avere atteggiamenti scomposti, anche se si
fossero verificati dei movimenti di piazza e di pericolo, dunque al
fine di mantenere freddezza e controllo delle proprie azioni; altri,
invece - come lei diceva - hanno fatto sceneggiature di preparazione
allo scontro.
Io penso che, laddove sono state date
manifestazioni palesi di questo genere, a queste poi non ha
corrisposto... é come quando si mostrano i muscoli: in realtà,
sono quelli che non li hanno mostrati che sono coloro che poi sono
stati pericolosi, altrimenti isolarli sarebbe stato ancora più
facile. Questa è stata, in gran parte, una sceneggiatura che
serviva per dare soddisfazione ai duri e credo che il Social
forum, nel suo complesso, l'abbia accettata perché era
come una sorta di sfogo fisico che doveva limitare sfoghi fisici di
tipo diverso, più pericolosi.
Allo stesso modo, la storia
dell'attacco alla zona rossa dalla gran parte è stata intesa
in maniera diversa. Il sit-in di Rete Lilliput in piazza
Manin, cioè in prossimità dell'assedio alla zona rossa,
era simbolico, ovviamente. Per altri invece, come in piazza Dante, si
era elaborata la teoria dello scontro fisico del corpo contro
l'ostacolo, che però era un ostacolo inanimato; questa teoria
portata avanti dalle tute bianche di Casarini doveva, appunto,
rappresentare un attacco simbolico attraverso un impedimento fisico,
ma inanimato. Questa è la spiegazione che veniva data.
Il
significato però era di un assedio «rumoroso» al
G8, oppure molto silenzioso - dipende - ma comunque significativo.
GABRIELE BOSCETTO. Lei non ritiene, invece, che la violenza verbale esercitata anche attraverso i mass media, la volontà di entrare con forza nella zona rossa, la preparazione agli scontri, la costruzione di scudi, di attrezzature per difendersi ed eventualmente per offendere abbiano creato una pubblicità negativa e abbiano finito per portare a Genova tante persone in più, tanti giovani all'avventura, aumentando così il livello di scontro?
MARGHERITA PAOLINI. Credo che la violenza verbale sia stata ormai giudicata negativamente da tutto il movimento (lo stesso Casarini sta facendo autocritica), ma penso che comunque avesse l'obiettivo, almeno da parte di Casarini, di attirare le frange più violente, esterne e di tenerle un po' più sotto il controllo delle tute bianche. L'operazione è fallita completamente e Casarini ne porta le conseguenze. Tuttavia, questa storia della guerra psicologica, verbale è ormai sostanzialmente rinnegata da tutto il movimento, perché si è dimostrata assolutamente inefficace; ma certamente non sono state le dichiarazioni di guerra di Casarini a portare a Genova i black bloc: quelli ci sarebbero venuti ugualmente.
GRAZIELLA MASCIA. Vorrei porle una sola domanda, alla quale può rispondermi anche solo con un sì o con un no. Lei ha lamentato la mancanza di indirizzo ad un certo punto del suo incarico e, tuttavia, non ho capito bene quale fosse la sua missione nel momento in cui accettava questo incarico. In altre parole, lei che vanta questa professionalità, o comunque una competenza dettagliata - lo deduco anche dalle risposte fornite ai miei colleghi - di questo movimento (Porto Alegre, tutti gli appuntamenti precedenti, non solo Ancona, ma anche Trieste, Bologna, Firenze) pensava realmente che fosse possibile «convogliare» queste manifestazioni semplicemente fuori
dal periodo del vertice? Pensava sul serio, quando ha accettato questa missione, che fosse possibile limitarle alla settimana precedente? Mi sembra di aver capito che questo fosse l'incarico da lei assunto: che si potesse contenere un'iniziativa come quella del movimento fuori dalle giornate del vertice.
MARGHERITA PAOLINI. Assolutamente no, ho detto il contrario, ma forse non sono stata sufficientemente chiara. Ho detto che a questo appuntamento di Genova era ineludibile avvenissero manifestazioni di massa. Il problema era fare in modo che esse non fossero assolutamente incontro