PARLAMENTO ITALIANO |
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Seduta di Mercoledì 5 settembre 2001 |
Audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol |
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Audizione del dottor Valerio Donnini, della Direzione centrale affari generali-Dipartimento di pubblica sicurezza |
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Audizione del generale Gianpaolo Ganzer, vicecomandante del ROS dell'Arma dei carabinieri |
Audizione del dottor Adriano Lauro, vicequestore aggiunto presso la questura di Roma |
Audizione del dottor Maurizio Fiorillo, vicequestore aggiunto presso la questura di Napoli |
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BOZZA NON CORRETTA |
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,50.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni,
dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso,
dovendo rendere alcune comunicazioni al Comitato.
Non essendovi
obiezioni, così rimane stabilito.
Do lettura di una
lettera inviatami ieri dall'ex Presidente del Consiglio Giuliano
Amato: «Caro Presidente, ho letto con sorpresa della
testimonianza resa stamane dalla dottoressa Paolini in sede di
indagine conoscitiva sui fatti di Genova, secondo cui, nel mese
precedente alle elezioni, il mio Governo avrebbe di fatto cessato di
avere rapporti con le Organizzazioni non governative. Spero di aver
letto un resoconto non esatto, perché quei rapporti erano
invece in corso, tanto in corso da aver avuto poi la loro conclusione
ben al di là delle elezioni.
Mi riferisco alla rete che
avevamo costituito con le ONG interessate a discutere dei contenuti
del G8. Da molti mesi era al lavoro quella che avevamo battezzato
«Genoa non governmental initiative», retta da un
comitato rappresentativo appunto delle ONG, compresi alcuni dei
promotori del Genoa social forum: Arci, Campagna Sdebitarsi,
WWF, Rete Lilliput, oltre alla presidenza italiana delle ONG. In
questo ambito si erano svolti seminari in Italia e in altri paesi (io
stesso avevo
partecipato a quello tenuto a Firenze in Palazzo Vecchio il 3
aprile) e il tutto doveva portare alla stesura di un documento, che
mi fu consegnato a Palazzo Chigi da un folto numero di rappresentanti
delle ONG il 5 giugno, cioè alla vigilia dello scambio delle
consegne tra me ed il Presidente Berlusconi. Di tale incontro mi
permetto di allegarti il resoconto, attraverso il comunicato stampa
allora diffuso.
Ti sarò grato se renderai partecipi di
questa mia i colleghi che concorrono all'indagine. Non ha grande
importanza rispetto ai fatti su cui state indagando. Ma la verità
è sempre importante«.
Comunico, inoltre, che la RAI,
con lettera datata 4 settembre, informa di aver consegnato tutto il
materiale che avevamo richiesto e specifica quanto segue: «Con
l'occasione, ed in esito alla nuova richiesta del 30 agosto ultimo
scorso, indirizzata al professor Roberto Zaccaria, si conferma quanto
già telefonicamente anticipato circa il fatto che allo stato,
»le trascrizioni« dei giornali radio e dei GR Parlamento
non sono disponibili, dal momento che i servizi sul G8 sono tutti
andati in onda in diretta e quindi per la quasi totalità senza
un vero e proprio testo scritto già predisposto».
Audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del dottor Francesco Gratteri, direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol, il quale ha chiesto di essere accompagnato dal dottor Andrea Grassi, funzionario del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato.
Non essendovi obiezioni, così rimane stabilito.
Prima
di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha
natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità
delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme
consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della
Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo
obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante
l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che
consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati
locali.
Non essendovi obiezioni, confermo l'attivazione
dell'impianto visivo a circuito chiuso.
Ringrazio il dottor
Gratteri e lo invito a riferire al Comitato.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore
del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Onorevole
Presidente, onorevoli membri del Comitato, sono qui per fornire il
mio contributo informativo in ordine ai fatti accaduti in occasione
del vertice G8 di Genova. Vorrei, quindi, dare lettura della
relazione da me predisposta in merito e consegnata al Comitato. Sono
a vostra disposizione per gli eventuali approfondimenti sull'attività
svolta a Genova dal Servizio centrale operativo della Polizia di
Stato e dalla mia persona in qualità di direttore
dell'ufficio, carica che ricopro dal giugno 2000.
Mi corre
l'obbligo di ricordare che, al riguardo, ho già reso
testimonianza all'autorità giudiziaria di Genova: sono stato
infatti audito nella qualità di persona informata sui fatti ed
ho reso dichiarazioni ai dirigenti incaricati dell'ispezione
ministeriale.
Il Servizio centrale operativo, costituito nel
1991, opera all'interno del dipartimento di pubblica sicurezza ed è
uno dei
servizi della direzione centrale della polizia criminale. I
profili funzionali e strutturali del servizio, mutati nel corso del
tempo a fronte di mirati interventi normativi, ne delineano una
struttura centrale di analisi, di raccordo informativo, di supporto
tecnico logistico in ordine alle attività investigative svolte
dai servizi interprovinciali di polizia giudiziaria. Si tratta,
quindi, di una struttura analoga a quella dell'Arma dei carabinieri -
Raggruppamento operativo speciale (ROS) - e della Guardia di finanza
- Servizio centrale investigativo criminalità organizzata
(GICO).
Al servizio è quindi attribuita la funzione di
organo centrale di riferimento per tutte le strutture investigative
operanti sul territorio, nonché di investigazione
specialistica a supporto delle stesse in tema di attività
sotto copertura, nel settore del traffico di armi, stupefacenti e
riciclaggio, e dei delitti indicati dall'articolo 51, comma 3-bis,
del codice di procedura penale, per le operazioni particolarmente
complesse e che impongono di accertare il possibile collegamento tra
criminalità di tipo diverso, comune, organizzata,
transnazionale, operanti sul territorio. Si avvale pertanto di
personale della struttura centrale e del personale delle squadre
mobili e delle sezioni appositamente istituite presso le squadre
mobili di ogni distretto di corte di appello.
Reputo quindi che
la flessibilità, l'agilità e specialità della
struttura hanno costituito in questa occasione, e non soltanto, il
motivo determinante che ha indotto il dipartimento ad avvalersi del
Servizio centrale operativo per le attività di cui parlerò.
Quanto ai tempi e alle modalità di impiego, il ricorso
alla struttura del Servizio centrale operativo non è stato
emergenziale, bensì calibrato ed elaborato ai fini della
pianificazione, predisposizione ed attuazione di un adeguato sistema
di
controlli ed investigazione preventiva, così come da
direttive del Capo della Polizia e del direttore centrale della
polizia criminale.
Al servizio centrale operativo della Polizia
di Stato sono stati infatti affidati compiti ed incarichi formali e
precisi, quali quelli di procedere alla attività di preventiva
bonifica della zona rossa e dei carrugi. Si tratta di un'azione
intesa come capillare controllo degli immobili e dei residenti
nell'area interessata, da attuarsi attraverso perquisizioni
domiciliari e personali, ricognizioni ed ispezioni dei luoghi,
servizi di controllo e di identificazione delle persone, servizi di
osservazione. Tale compito è stato svolto prima e durante il
vertice in una zona estesa per 8 chilometri e con una densità
di 30 mila residenti, per individuare e rimuovere ogni possibile
forma di insidia, di rischio, di allarme, nonché possibili e
indebite intrusioni idonee in qualunque modo a compromettere
l'inviolabilità della zona, a scapito del regolare svolgimento
del summit.
Nelle direttive del direttore centrale della
polizia criminale, pertanto, è evidenziata la necessità
di svolgere una capillare ed ininterrotta azione di controllo del
territorio, al fine di prevenire o neutralizzare - e comunque
segnalare a chi era preposto ai servizi di ordine pubblico -
l'insorgere di situazioni che potessero in qualunque modo costituire
fonte di pericolo o turbativa per il vertice. Il direttore centrale
dispose quindi che, nella mia qualità, pianificassi gli
interventi e mi avvalessi, oltre che di funzionari e personale del
Servizio centrale operativo, anche di funzionari e personale delle
squadre mobili e dei reparti di prevenzione crimine.
Per dare
attuazione ai compiti impartitimi, non sostenibili per qualità
e quantità soltanto con le risorse della questura di Genova,
il cui contributo è stato comunque imprescindibile,
attesa anche la loro competenza e conoscenza territoriale, il 30
giugno 2001 feci pervenire al direttore centrale un appunto relativo
alle modalità di attuazione dell'incarico affidatomi,
sottolineando, in particolare, che mi sarei avvalso, secondo quanto
consentitomi dalla normativa, oltre che dalle direttive, e con la
gradualità ritenuta opportuna, di personale particolarmente
qualificato delle squadre mobili e dei reparti di prevenzione crimine
per un complessivo numero di 400 unità, di cui 13 funzionari,
così suddivise: 57 della squadra mobile, 12 della Digos di
Genova, 300 di altre squadre mobili, 100 prelevati dai reparti di
prevenzione crimine, 13 del Servizio centrale operativo.
Le
operazioni svolte nella zona rossa sono state quindi condotte avendo
cura di impiegare il personale nell'arco delle ventiquattro ore,
diviso in squadre, distribuito in settori operativi prestabiliti,
specie in prossimità di obiettivi sensibili, secondo
un'attività di controllo comprendente: 1) una prima fase in
cui è stata svolta un'attività generale di tipo
conoscitivo del territorio e della popolazione censita, con specifica
attenzione per determinate categorie di soggetti; 2) una seconda fase
durante la quale si è svolta un'attività mirata di
bonifica e di intervento.
L'intera attività, per la quale
mi ha costantemente affiancato il vice direttore del Servizio
centrale operativo, dottor Caldarozzi, fino alla vigilia della data
del vertice, si è concretizzata in 22 persone arrestate, 92
perquisizioni domiciliari, 27 sequestri fra armi e sostanze
stupefacenti, 38 denunce di persone in stato di libertà, 4073
persone identificate, 694 controlli di autoveicoli, 273 ispezioni
locali.
Fra questi risultati, a titolo esemplificativo, segnalo
la denuncia per fabbricazione di materiale esplodente ed incendiario
di una persona con precedenti per banda armata, nota
per il suo legame ad aree dell'estremismo di sinistra, che dava
ospitalità ad un giovane precedentemente sorpreso nell'atto di
fotografare le aree della zona rossa. Segnalo ancora l'arresto per
detenzione di armi da guerra e armi comuni, nonché di oggetti
contundenti, di un soggetto residente nelle vicinanze del palazzo
Ducale, sede dei lavori del vertice.
È forse non superfluo
ricordare che, anche grazie a questa capillare attività,
nessuna turbativa al vertice si è registrata all'interno della
zona rossa, fatto per il quale risultano - mi permetto di ricordarlo
- essere stati esternati apprezzamenti anche da parte di autorità
internazionali.
Nella primissima mattinata del 20 luglio,
giornata di avvio del vertice, svolsi personalmente, come prassi dei
giorni precedenti, un sopralluogo lungo tutta l'area perimetrale
della zona rossa e, effettuato qualche ulteriore correttivo, sempre a
tutela dell'inviolabilità della zona, decisi di raggiungere la
questura di Genova e di stabilirmi in quegli uffici. Ritenni infatti
che dalla questura si potessero meglio garantire forme di costante
comunicazione fra me ed il vice direttore del servizio, disponendo
che egli restasse all'interno della zona rossa con gli uomini lì
impiegati, mentre io avrei seguito dalla questura lo svolgersi di
tutti quegli eventi che potevano avere riflessi sulla sicurezza ed
inviolabilità della zona di nostra competenza.
Per la
specifica esperienza mia e degli uomini da me diretti nell'attività
di polizia giudiziaria, ho ritenuto, anche in considerazione
dell'evolversi della situazione ed in accordo con gli altri
funzionari di polizia territorialmente competenti, di mettermi a
disposizione del procuratore della Repubblica di Genova, così
come ho fatto, assistendolo negli atti urgenti connessi all'accesso
ai luoghi ove era deceduto il giovane Carlo Giuliani.
Nessun compito di ordine pubblico è stato svolto dal
Servizio centrale operativo, né tantomeno dal personale delle
squadre mobili alle mie dipendenze. L'attività svolta a Genova
si è sempre realizzata nel rispetto delle specifiche
competenze connesse alle investigazioni di carattere preventivo e
giudiziario, nonché nel rispetto dell'ordinanza di servizio
emanata dal questore in materia di ordine e sicurezza pubblica per il
vertice dei Capi di Stato e di Governo dei paesi del G8. Laddove le
attività, specie investigative, lo hanno richiesto, gli stessi
compiti di indagine preventiva e giudiziaria sono sempre stati
attivati e svolti con l'ausilio degli organismi territoriali
competenti. Ciò è accaduto anche con riferimento agli
specifici episodi delle perquisizioni e degli arresti effettuati
nelle scuole Paul Klee e Diaz-Pascoli.
Per quanto riguarda il
primo episodio, nella tarda mattinata di sabato 21 luglio disposi che
venisse perquisito il furgone segnalato e notato nel corso delle
manifestazioni e dal quale erano stati distribuiti bastoni ed altri
oggetti contundenti. Il furgone, seguito attraverso le immagini
riprese da un elicottero della Polizia di Stato, trovò
ricovero in un'area attigua alla scuola Paul Klee. Detti incarico
allora al vice dirigente della squadra mobile di Genova, che faceva
parte del gruppo di lavoro a mia disposizione, di provvedere a
svolgere attività mirate di polizia giudiziaria. Si pervenne
così alla individuazione del mezzo, alla identificazione di
persone, al successivo sequestro di vario materiale illegale (tra cui
ricordo 75 sbarre di ferro lunghe un metro e mezzo ciascuna), di
altro materiale da guerriglia urbana, nonché di un manganello
tipo tonfa in dotazione ai reparti dell'Arma dei carabinieri, che
risulta essere stato sottratto ad un carabiniere durante gli scontri
avvenuti nella giornata, di un lacrimogeno dei reparti mobili della
Polizia di Stato. L'operazione ha portato quindi
all'arresto di 23 soggetti per il delitto di associazione per
delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, nonché
per il reato di ricettazione e possesso di strumenti atti ad
offendere.
Sui fatti occorsi, invece, presso la scuola
Diaz-Pascoli, rammento di essere stato sentito, come ho detto
all'inizio, dall'autorità giudiziaria di Genova nella qualità
di persona informata sui fatti. Pertanto, sui possibili chiarimenti
che mi venissero richiesti, sarà mia cura di evitare che le
risposte possano interferire con le indagini in corso o violare il
segreto di atti. Posso comunque riferire che nella giornata di
sabato, quindi all'indomani della morte di Carlo Giuliani, episodio
che fece mutare ulteriormente la situazione dell'ordine e della
sicurezza pubblica, quando ormai si erano concluse le manifestazioni
di piazza, con i lavori del summit che sarebbero proseguiti il
giorno successivo, si convenne di predisporre 6 pattuglioni a
formazione mista con personale DIGOS, squadre mobili, Servizio
centrale operativo, reparti prevenzioni e crimine, reparti mobili,
per meglio seguire il deflusso dei manifestanti, prevenire o
reprimere eventuali ed ulteriori reati, individuare la presenza di
quei gruppi ritenuti più violenti e pericolosi.
Nella
serata, pattuglie impegnate in tali servizi si stavano recando in
ausilio di altre che stavano svolgendo controlli di persone presso
una birreria di via Trento, verosimilmente le persone resesi
protagoniste di violenze negli scontri del pomeriggio. In via
Battisti, mentre transitavano le pattuglie andate in ausilio
all'altezza della scuola Diaz-Pascoli, occupata da rappresentanti del
Genoa social forum, vennero colpite dal lancio di oggetti. Le
pattuglie, dirette dal dottor Di Bernardini
della squadra mobile di Roma, dovettero far uso di segnali di
emergenza per sottrarsi a tentativi di aggressione con possibili
gravi conseguenze.
Nell'occasione, il personale notò la
presenza di numerose persone verosimilmente riconducibili ai
cosiddetti black bloc. Rientrato in questura - ed è
stato fatto rientrare da me -, il funzionario mi riferì
l'episodio che in quel momento poteva connotarsi anche per aspetti di
ordine pubblico e, nel rispetto delle competenze che ho già
precisato, provvidi ad accompagnare il dottor Di Bernardini perché
riferisse l'episodio al questore di Genova. Nella stanza del questore
di Genova si trovavano anche altri dirigenti, tra i quali il prefetto
Andreassi, il prefetto La Barbera, il collega Luperi, il dottor
Murgolo ed altri funzionari. Il questore, sentito il racconto del
dottor Di Bernardini, attivò il dirigente della DIGOS, dottor
Mortola, che, a seguito di un suo personale sopralluogo, appena
rientrato in ufficio riferì di avere constatato la presenza in
via Battisti di persone verosimilmente riconducibili ai cosiddetti
black bloc. Lo stesso dottor Mortola in merito riferì
di aver avuto un contatto telefonico con un rappresentante del Genoa
social forum, che permise di acquisire ulteriore contezza che
presso la scuola era possibile una infiltrazione di elementi non
conosciuti al Genoa social forum, anche per la confusione
conseguente alla partenza di migliaia di manifestanti, dopo la
conclusione del corteo del pomeriggio.
Nella circostanza si
decise, con il questore e con gli altri dirigenti citati, di
procedere ad una perquisizione a norma dell'articolo 41 del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, per la ricerca di armi che,
com'è noto, furono poi rinvenute: mazze di ferro, coltelli,
bottiglie molotov. Si stabilirono pertanto le modalità di
intervento perché all'operazione prendessero parte il reparto
mobile di Roma, il personale della
DIGOS e della squadra mobile di Genova, nonché del reparto prevenzione e crimine dei carabinieri. Hanno concorso all'atto di polizia giudiziaria anche 60 dei 482 uomini a mia disposizione, dei quali soltanto sette appartenenti al Servizio centrale operativo, guidati da sei funzionari. Con il dottor Caldarozzi e una aliquota del personale del Servizio centrale operativo che ho già detto, sono giunto in via Battisti quando già i reparti avevano fatto ingresso nella scuola e non ho pertanto cognizione diretta delle fasi della irruzione. Il personale del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili ha cooperato all'attività di perquisizione e di individuazione delle persone presenti. Il verbale di perquisizione e di arresto è stato quindi trasmesso, con la sottoscrizione degli operanti, all'autorità giudiziaria di Genova dalla squadra mobile e dalla DIGOS di quella questura. Resto a loro disposizione per eventuali domande o chiarimenti.
PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Gratteri.
GRAZIELLA MASCIA. Dottor
Gratteri, la ringrazio per averci esposto un resoconto dettagliato
delle funzioni che svolgevate a Genova in particolare riguardo alla
vicenda della scuola Diaz, a seguito della quale abbiamo ritenuto
opportuno chiedere l'audizione, allo scopo di comprendere e chiarire
una serie di questioni non ancora chiare.
Naturalmente, abbiamo
ricostruito ormai il grosso di questa vicenda, per quanto siano
emerse versioni un po' diverse le une dalle altre. Rimangono ancora
alcuni punti su cui vorrei capire se lei sia in grado di aiutarci,
ferma restando la premessa che ha svolto all'inizio e la sua
posizione di testimone della vicenda rispetto all'autorità
giudiziaria. In particolare, visto che lei ha detto di non essere
presente sul posto ma di essere arrivato dopo, credo che, nella fase
preliminare, nelle due riunioni svolte, si siano distribuiti i
compiti e allora vorrei chiederle quali fossero i reparti che
sarebbero dovuti entrare prima, con quali compiti, chi fosse il
responsabile di questa perquisizione, perché finora non
l'abbiamo compreso.
Inoltre, le chiedo come fossero le divise
delle diverse squadre. Al riguardo, ci sono state testimonianze
diverse, molte delle quali fanno riferimento ad agenti in borghese
con le scritte sui fratini, che sarebbero stati i responsabili primi
di una serie di violenze perpetrate all'interno della scuola. In
particolare, vorrei anche capire, come fossero le divise, perché
riguardo alla divisa atlantica non ho ancora compreso se, come ci è
stato detto ieri, si tratta di quella con le maniche corte: ne avevo
viste ben poche quella notte.
Riguardo agli agenti che si
trovavano nella scuola Diaz, dove era collocato il Genoa social
forum con il centro stampa, da cui poi sono stati sottratti dei
dischetti ed è stato distrutto del materiale, che non
c'entrava con la perquisizione che avevate deciso, le chiedo chi
fossero questi uomini che erano entrati, perché lì mi è
stato negato che ci fosse un responsabile: comunque c'erano 20
persone distribuite nei corridoi. Vorrei, quindi, capire con lei
quali fossero i reparti e le diverse responsabilità.
Infine,
ho letto nei verbali e, non solo sui giornali, che un infiltrato
ossia una persona in borghese, avrebbe aperto il portoncino di
sinistra descritto anche ieri; infatti, al momento dell'ingresso,
dopo il cancello, sono stati sfondati o comunque aperti due portoni:
quello di sinistra sarebbe stato aperto da un poliziotto in borghese
infiltrato che aveva contribuito anche a segnalare in tempo l'ora più
opportuna per compiere la perquisizione. Naturalmente, ciò si
presta ad ulteriori letture, anche perché - come lei avrà
forse sentito nell'audizione di
ieri - di questa ipotetica perquisizione si sentiva parlare già nel pomeriggio. Vorrei che lei ci aiutasse a comprendere meglio quali siano state le dinamiche per arrivare alle ultime decisioni.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Rispetterò l'ordine delle domande prospettate dall'onorevole Mascia. Una volta assunta, nell'ufficio del questore, la decisione di procedere a perquisizione domiciliare dello stabile ai sensi dell'articolo 41, si svolse una brevissima riunione presso la sala riunioni della questura di Genova alla quale, escluso il prefetto Andreassi, parteciparono tutti i dirigenti ed i funzionari che ho citato prima e, in aggiunta, il collega Canterini ed altri funzionari che posso indicare e che, comunque, erano stati interessati allo svolgimento della perquisizione. La riunione aveva il compito di stabilire le modalità di intervento, come giungere sull'obiettivo e, soprattutto, come predisporsi per arrivare all'istituto. Le modalità furono stabilite secondo il seguente criterio.
MARCO BOATO. Lei ha detto che Andreassi non era presente, ma era escluso anche il questore?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il prefetto Andreassi era escluso, mentre il questore era presente.
PRESIDENTE. Il dottor Gratteri ha affermato che durante la riunione Andreassi non era presente.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Durante l'incontro presso la sala riunioni, quindi nella seconda fase della riunione stessa.
FILIPPO MANCUSO. Quando fu presente Andreassi?
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Nella
seconda fase della riunione, quando si dovettero stabilire le
modalità operative - che vennero decise presso la sala
riunioni della questura -, il prefetto Andreassi era assente.
Si
stabilì come procedere, anche grazie alle indicazioni fornite
dal collega Mortola, acquisite nel corso del sopralluogo. Si decise
di procedere con due schieramenti e, in pratica, di raggiungere
l'istituto da due diverse strade. Ricordo che, al riguardo, il
collega Mortola fece uno schizzo per indicare, ovviamente a chi non
ne avesse conoscenza, il sito ove l'istituto si trovava e le strade
che il personale avrebbe dovuto seguire per raggiungerlo. Si stabilì
anche che a guidare i due gruppi che dovevano giungere sul posto
dovessero essere il dottor Mortola - che ritengo dovesse arrivarvi
con un mezzo del reparto mobile - ed un funzionario della DIGOS di
Genova, un funzionario del dottor Mortola, che doveva svolgere la
funzione di guida dell'altro gruppo.
In quell'occasione non si
esplicitò il nominativo del funzionario che avrebbe dovuto
dirigere l'operazione per un fatto semplicissimo, e cioè
perché a ciascun gruppo era preposto un funzionario; soltanto
per le squadre mobili e per il Servizio centrale operativo - come ho
detto prima - erano presenti sei funzionari, così come erano
presenti funzionari degli altri uffici. S'intende che per chi svolge
attività di polizia giudiziaria, nel corso di una
perquisizione, la responsabilità del gruppo fa capo al
funzionario, che ovviamente ha il compito di impartire direttive e di
controllare che le stesse vengano svolte correttamente.
Purtroppo,
non ho cognizione diretta di ciò che avvenne quando il
personale che doveva svolgere la perquisizione
giunse alla scuola. Io vi sono giunto una volta che l'irruzione
era già stata effettuata e l'immobile era stato «occupato»
dalla Polizia e cioè una volta che la Polizia di Stato era
presente all'interno dell'immobile. Ovviamente mi adoperai per quelle
che dovevano essere, in quel momento, le esigenze da affrontare.
Per
quanto riguarda la seconda domanda, escludo che fosse presente o
avesse partecipato alla perquisizione personale che indossava la
divisa atlantica e che dovrebbe appartenere al reparto prevenzione
crimine. Si era, infatti, stabilito - lo ripeto - che il reparto
mobile rappresentasse la prima cinturazione, cioè il primo
stadio, che il personale delle squadre mobili e della DIGOS venisse
subito dopo, essendo personale qualificato a svolgere operazioni di
polizia giudiziaria e, nella fattispecie, la perquisizione, e che il
reparto prevenzione crimine, ossia quello che indossa la divisa
atlantica, costituisse una sorta di cinturazione del perimetro
esterno del sito.
LUCIANO VIOLANTE. I carabinieri?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I carabinieri dovevano stare ancora dietro, a presidio del territorio, nell'eventualità in cui vi fosse la necessità di fronteggiare emergenze dall'esterno. Quindi, lo ripeto, le modalità stabilite nell'occasione furono le seguenti: reparto mobile, DIGOS e squadre mobili avevano il compito di svolgere materialmente la perquisizione e, quindi, l'operazione di polizia giudiziaria, il reparto prevenzione crimine doveva stare all'esterno e quindi svolgere attività di cinturazione dell'immobile - attività che, d'altro canto, questo reparto svolge abitualmente - ed i carabinieri dovevano occupare l'ultima posizione sempre all'esterno della scuola.
FILIPPO MANCUSO. Il reparto mobile di Roma?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il reparto mobile doveva occupare il primo livello.
PRESIDENTE. Scusatemi, ognuno di noi
può rivolgere domande per chiedere, chiarimenti, ma se si
procede in questo modo diventa difficile verbalizzare gli interventi.
Sarebbe più corretto consentire al dottor Gratteri di
rispondere e passare poi agli interventi degli altri colleghi
(Commenti del deputato Mancuso).
Onorevole Mancuso, se non
attiva il microfono non si sente nulla e dal resoconto stenografico
non sarà possibile comprendere a cosa lei abbia fatto
riferimento.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Vorrei
ribadire che queste erano le intese raggiunte nel corso della
brevissima riunione. Non so se poi tale criterio sia stato attuato,
non ne ho conoscenza.
Per quanto attiene la perquisizione
all'istituto in cui si trovava il centro stampa, so anche, in ragione
di ciò, che personale della Polizia di Stato, che faceva parte
di uno dei due gruppi, si recò al centro stampa per mero
errore; infatti, colui che faceva da guida condusse per errore il
personale che aveva al seguito al centro stampa. Quando giunsi sul
posto, ad irruzione già effettuata, mi venne incontro un
funzionario che mi disse che personale di Polizia si trovava
all'interno del centro stampa; io gli chiesi di raggiungere il centro
stampa ed invitare il personale a ritornare in strada.
Non mi
risulta alcuna indicazione, informazione o notizia circa l'esistenza
di un infiltrato che avrebbe consentito alla Polizia di entrare
all'interno della scuola. Posso esternare
alcune mie considerazioni, ma non so se sia opportuno. Dico
soltanto che, per quanto mi consta personalmente, la perquisizione
all'istituto fu determinata soltanto dalla circostanza che ho
indicato, cioè dal fatto che la pattuglia comandata dal dottor
Di Bernardini transitò per caso, intorno alle ore 21,30 di
sabato sera, nell'intento di raggiungere un collega e prestare
ausilio da quella strada.
La ragione che determinò la
perquisizione all'istituto, per quanto mi consta - ed io mi sono
assunto la responsabilità dell'effettuazione della
perquisizione - è solo questa.
FRANCO BASSANINI. Vi sono
molti aspetti che, non riesco a capire e vorrei che il dottor
Gratteri, di cui sono note l'efficienza e la competenza, ci aiutasse
a comprenderli.
Innanzitutto, nella stanza accanto abbiamo alcuni
rapporti scritti di funzionari di pubblica sicurezza che hanno
partecipato all'operazione, che ci sono stati trasmessi dal dottor
Canterini; da essi risulta che tra quelli entrati vi erano operatori
di pubblica sicurezza con divisa atlantica e che un infiltrato
avrebbe dato il segnale per il momento dell'ingresso. Tale
circostanza, dunque, non ci è stata riferita a voce, ma
risulta da un rapporto redatto da un funzionario e verificato dal
dirigente che ce lo ha trasmesso. Da diversi di quei rapporti risulta
anche che già alle 21,30 erano stati tutti allertati per
un'operazione da compiere intorno alle 22,45-23. Lei dice che intorno
alle 21,30, casualmente, si è verificato questo fatto che poi
ha dato luogo, al ritorno del dottor Di Bernardini in questura, ad
una serie di riunioni, e così via. Vi è incongruenza
tra questi tempi, perché se il fatto è avvenuto alle
21,30, non è possibile che alla stessa ora già fosse
stato previsto. Addirittura, i giornalisti affermano di essere stati
preavvisati alcune ore prima che sarebbe successo qualcosa del
genere.
Inoltre, se è vero che le modalità operative
erano quelle descritte - e di queste ci può parlare perché
rientrano nella gestione dell'ordine pubblico - vi sono alcune
circostanze che non si riescono a capire. Essendo state previste
addirittura due cinture di protezione all'esterno (quella del reparto
prevenzione crimini e quella dei carabinieri), come mai si dice e si
scrive che vi sarebbero stati dei black blockers o, comunque,
dei presenti nella scuola che sono riusciti ad eclissarsi? Lei ha
partecipato alla definizione delle modalità operative: almeno
di queste ci potrebbe parlare. Trattandosi di una perquisizione,
nelle modalità operative si è precisato che occorreva
acquisire reperti e possibili corpi di reato accertando in quali
stanze venissero prelevati, come avviene in una perquisizione? Questa
infatti era la motivazione formale dell'irruzione. Come mai al centro
stampa, invece di lasciare tutto com'era (o, eventualmente, di
sigillare) vi sono stati episodi, a quanto pare abbastanza
sistematici, di distruzione di computer, apparati di trasmissione, e
così via? Nelle direttive era stato stabilito che non si
sarebbe dovuto toccare niente, ma solo acquisire referti perché
si trattava di una perquisizione? Sono state effettivamente impartite
direttive di questo genere? E, in caso contrario, quali direttive
sono state date? Si trattava di una perquisizione oppure no? Se si
fosse trattato di una perquisizione, la prima direttiva da impartire
a tutti gli uomini sarebbe stata quella di classificare
immediatamente tutto il materiale rinvenuto e suddividerlo a seconda
del luogo di ritrovamento, senza distruggere niente. Infatti, è
proprio l'opposto dell'obiettivo di una perquisizione distruggere
potenziali corpi di reato che, poi, verranno valutati dall'autorità
giudiziaria.
Inoltre, è normale che, in casi di questo
genere, fra le modalità operative non sia stabilito a chi
attribuire la responsabilità
della direzione dell'operazione? Lei è, per ora, l'unico
che ci ha detto che ciò è normale. Tutti gli altri
(ieri anche il dottor Canterini), di fronte a questa domanda, hanno
risposto di non sapere chi fosse ma non ci hanno detto che si
trattava di una domanda senza senso, perché in questi casi è
normale che ciascuna unità sia diretta dai suoi dirigenti e
non si usa nominare un responsabile dell'operazione. Le chiedo se ciò
sia normale perché non ho competenza al riguardo, però
penso che in operazioni di questo genere, a cui partecipano diversi
corpi, un responsabile del coordinamento sia necessario. In caso
contrario, c'è il rischio che si verifichi esattamente quello
che pare sia successo: si fa a gomitate e pugni per entrare per
primi, non si capisce chi è responsabile di chi, non si
capisce chi ha fatto una cosa e chi ne ha fatta un'altra, chi ha
cercato di agire correttamente - probabilmente la maggior parte di
quelli che sono entrati - e chi, invece, si è lasciato andare
a violenze o distruzioni che non sono ammesse nei casi di
perquisizione. Forse, questo deriva anche dalla mancata designazione
di un responsabile, per cui ciascuno faceva quel che voleva e cercava
di pestare i piedi agli altri. Vi erano unità diverse che
facevano la stessa cosa, mentre altri compiti non venivano svolti da
alcuno: ciò non è la conseguenza del fatto che non si
sia individuato un responsabile dell'operazione?
Infine, le
rivolgo una domanda che non riguarda la questione Diaz-Pascoli. Lei,
a quanto abbiamo capito, era responsabile soprattutto di ciò
che avveniva nella zona rossa ed ai suoi confini. Tuttavia, che idea
si è fatto di quanto è successo nei giorni del G8 al di
fuori della zona rossa? Mi riferisco, in particolare, ad una
circostanza che a molti di noi risulta incomprensibile: come hanno
potuto le squadre appartenenti alle organizzazioni violente,
innanzitutto ai black
bloc, devastare, incendiare, distruggere in maniera quasi indisturbata? Noi, finora, abbiamo avuto un'unica spiegazione (anche se discutibile) dal dottor Andreassi, il quale ha affermato che si è scelta la strada di una linea flessibile sulle devastazioni alle cose perché quello che veramente importa era evitare violenze sulle persone. Si tratta di una linea, a mio avviso, discutibile, perché penso che tutti i reati e tutte le violenze vadano fermamente prevenuti e repressi. Infatti, spesso una violenza ne tira un'altra ed il confine fra la violenza sulle cose e quella sulle persone è difficile da stabilire nel fuoco di queste vicende. Lei, per quello che ha potuto vedere o per gli episodi a cui ha partecipato, quale idea ha maturato su quanto è successo in quei giorni sotto questo aspetto, che è uno dei più delicati?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Spero di riuscire a rispettare l'ordine delle sue domande, senatore. Tornando alla questione dell'infiltrato, a me assolutamente non risulta la sua presenza all'interno della scuola. Devo ribadire che preferisco limitarmi agli argomenti conosciuti per scienza diretta.
FRANCO BASSANINI. Non vi sarebbe nulla di male.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. A me non risulta. Mi è capitato di fronteggiare simili evenienze ma, nel caso in discussione, non mi risulta. Anzi, non mi pare - sebbene di ciò non abbia avuto conoscenza diretta, avendo acquisito tale notizia dalla lettura di atti trasmessi all'autorità giudiziaria di Genova, autorità competente sulla questione - che nei documenti che ho letto sia contenuto alcun riferimento a tale vicenda. Non mi pare che la circostanza che ha determinato la perquisizione dell'istituto sia esposta in termini diversi.
FRANCO BASSANINI. Le posso assicurare che tra le carte trasmesse ufficialmente al Comitato vi sono...
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Io sto
riferendo di quanto a me risulta sulla base della lettura di carte
trasmesse all'autorità giudiziaria competente.
Per quanto
attiene all'orario, potevano essere le 21,30 ovvero le 22; per quanto
a me consta, la circostanza che ha fatto propendere per la
perquisizione è quella citata e si è verificata
all'incirca tra le 21,30 e le 22 di sabato. Non ho guardato
l'orologio ma i tempi sono questi. Come ciò risulti ai
giornalisti, lo ignoro; credo che, per saperlo, i magistrati o il
Comitato debbano rivolgersi a costoro.
Per quanto attiene alle
modalità della perquisizione ed anzi, ancor prima, alla fase
della irruzione, premetto che esporrò ciò che ho visto
con i miei occhi, direttamente, ciò che ho letto sulle carte e
ciò che mi è stato raccontato. Posso anche dire di aver
letto, credo nell'esposizione del prefetto La Barbera, che il
personale della Polizia di Stato, di cui era imminente l'arrivo sul
posto, ha notato, quando, ormai, era nei pressi del perimetro esterno
dell'istituto, un gruppo di persone, nel cortile esterno
dell'istituto, tra il cancello e l'ingresso del medesimo, rifugiarsi,
alla vista della Polizia, all'interno dell'edificio, chiudendosi il
portone alle spalle. Siccome ritengo che, su tali fatti, siano
possibili tutti i dubbi, ma non che non fossero presenti, uomini
della Polizia o comunque appartenenti alle forze dell'ordine,
evidentemente, nell'atto dell'ingresso si era già
preventivamente valutata una possibile resistenza all'interno
dell'istituto. Ciò vuole anche significare che, in un contesto
del genere, tutto quanto attiene all'acquisizione dei reperti o del
materiale - materiale che comunque è connesso ad una
fattispecie di reato - non avviene secondo
quella linearità che immaginiamo. Molto modestamente,
(avendo svolto) 20 anni di servizio, per quasi 19 anni ho effettuato
perquisizioni domiciliari: non dico giornalmente, ma senz'altro con
una certa frequenza. Ebbene, per prassi, quando si svolge una
perquisizione in un ambiente particolare, ambiente del quale già
si immaginano le condizioni (che poi verranno accertate una volta
entrati), anzitutto si provvede a bonificare, occupare il sito, allo
scopo di garantire la sicurezza dei presenti, di assicurare che le
tracce di reato non vengano alterate o occultate ed allo scopo di
garantire, anche, la sicurezza degli operatori. Siffatte operazioni,
ovviamente, non vengono compiute, anche in considerazione dello
specifico interlocutore, in maniera garbata; piuttosto, si procede in
maniera decisa ed energica. Penso che la decisione e la condotta
energica, purtroppo, siano state legittimamente adottate (dico
purtroppo alla luce degli avvenimenti poi occorsi).
Per quanto
attiene al responsabile della perquisizione - e mi correggo se mi
sono espresso male - non ho asserito che sia normale l'assenza di un
responsabile; nel momento in cui un organismo di polizia giudiziaria
presta ausilio ad un altro analogo organismo che ha una connessione
con il territorio, l'ufficiale di polizia giudiziaria più alto
in grado, il quale sia preposto al servizio di polizia giudiziaria
che opera in un determinato territorio, risponde verso l'autorità
giudiziaria di quanto viene compiuto, tant'è che firma gli
atti che lo svolgimento dell'operazione comporta.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non sto dicendo che sia responsabile di tutto quanto venga operato dai singoli; gli atti sono stati firmati dal dirigente della squadra mobile di Genova, dal
dirigente della DIGOS della medesima città, ma ciò
non significa che siano responsabili di quanto chi, componente di
quella squadra, commetta, nella perquisizione un atto illecito. Se
mai, sono responsabili nel momento in cui, avendo visto, non
dovessero impedire il fatto. Va anche tenuta in considerazione la
circostanza che si trattava di un gruppo non omogeneo ma composito.
Certo, l'omogeneità era data dal fatto che ciascuno dei membri
del gruppo aveva sicuramente avuto occasione di maturare nel tempo
grande esperienza in materia di perquisizione e di operazioni di
polizia giudiziaria; però, era un gruppo composito nel quale i
singoli provenivano da uffici e realtà territoriali diversi.
Per quanto attiene alle mie personali valutazioni su quanto,
purtroppo, tragicamente è accaduto al di fuori della zona in
relazione alla quale mi era stato conferito l'incarico da me svolto,
se mi consente, vorrei astenermi. Infatti, il tema dell'ordine
pubblico è talmente delicato che penso che anche chi abbia
maturato negli anni una grandissima esperienza trovi difficoltà
a enunciare regole valide per tutti. Se mi si chiede di dare una
valutazione su una questione che attiene alla criminalità
organizzata, alla criminalità comune o ad un fenomeno
criminale che, in un momento storico particolare, colpisce un
determinato territorio, ho il dovere - e penso di saperlo adempiere -
di esprimere mie valutazioni, che si devono concretizzare in termini
di iniziative. Vorrei astenermi dal fare ciò, perché
penso che ci si debba anche trovare personalmente e direttamente in
quelle situazioni per potere, poi, esprimere un giudizio sereno e
misurato.
MARCO BOATO. La ringrazio, dottor Gratteri. Le siamo tutti grati per il lavoro da lei svolto in quei giorni a Genova; la parte principale delle sue incombenze è stata da lei già esposta nella parte introduttiva della sua relazione e riguardava
la sicurezza all'interno della zona rossa, sia nella fase di
prevenzione sia durante lo svolgimento del vertice. Si è
trattato di una attività che, forse, ha richiesto maggiore
impegno e non è mai stata messa in discussione conseguendo un
risultato positivo di cui viene dato atto. Dunque la nostra
attenzione si focalizza su altri aspetti, forse minori se confrontati
con la complessità dei compiti da lei e dai suoi colleghi
affrontati che, tuttavia, sono quelli che hanno dato origine alla
nostra indagine conoscitiva. Le dico ciò per esprimerle
apprezzamento; non sottovalutiamo la gravità, l'importanza, la
mole del lavoro svolto da lei e dai suoi collaboratori in questa
circostanza. Molte domande sono state già formulate dai
colleghi che mi hanno preceduto, quindi mi limiterò a
rivolgerle quesiti più specifici. Ad un certo punto, parlando
della giornata del 20 luglio, ha detto di essersi messo a
disposizione della procura della Repubblica di Genova - credo dopo la
morte di Giuliani, nel pomeriggio del 20 luglio - per l'accesso ai
luoghi dove era deceduto Carlo Giuliani. Può specificare
meglio, visto anche che sull'episodio dovremo tornare nel corso di
altre audizioni oggi stesso, questo aspetto da lei citato solo en
passant e che forse potrebbe essere utile conoscere?
Riguardo
agli avvenimenti occorsi la sera, credo di essermi fatto un quadro
della situazione; lei, invero, ha citato vari istituti, tra i quali
la scuola Paul Klee, ma, trattandosi di un episodio legato al furgone
vorrei, per il momento, sorvolare. Piuttosto, abbiamo sentito parlare
di scuola Diaz, scuola ex Diaz, scuola Pertini; adesso, lei usa,
nella sua relazione, la dizione scuola Diaz-Pascoli. Siccome lei si è
trovato lì ed io no, la pregherei di fornirmi un chiarimento.
Infatti, io ho capito che vi erano due scuole comunali, la Diaz e la
Pascoli, ed una scuola un di competenza della provincia, l'istituto
Pertini. Mi pare di aver capito che in via Battisti si trovassero,
affiancate,
le scuole Diaz e Pertini (una delle due era in fase di
ristrutturazione, con la presenza di un cantiere) e che, di fronte -
ma parlo solo per induzione, visto che non sono mai stato sul posto -
si trovasse l'istituto Pascoli, anche esso di competenza del comune
(credo una scuola media, mentre la Diaz è una scuola
elementare ed il Pertini un istituto superiore, circostanze inferite
dalla lettura delle carte).
Mi pare di aver capito che i reparti
sono entrati in tutti questi istituti, ma in uno non hanno operato
alcunché. Ho visto delle immagini televisive di ragazzi seduti
per terra, terrorizzati, che dicevano agli operatori: «Restate
qui perché finché rimanete voi non ci succede nulla».
Questo testimonia il clima che respira chi ha preso visione di tali
fatti solo per via mediatica.
L'altro istituto, il Pertini (ma
vorrei che me lo specificasse) era l'obiettivo della perquisizione.
Ancora, quello a fianco - dove erano collocati il centro stampa, il
centro legale e via dicendo - è stato semidistrutto,
addirittura lei dice per un errore, tanto che ha comunicato al
funzionario responsabile di uscire dai locali e di smettere con
quella operazione, operazione che è stata distruttiva per gli
strumenti lì presenti.
Questo è quello che ho
ricostruito e le chiedo di farci un quadro dei siti specifici in cui
sono avvenute le operazioni, perché nella sua relazione lei ha
utilizzato sempre la definizione Diaz-Pascoli: a volte sentiamo Diaz,
a volte Pertini, a volte ex Diaz e via dicendo.
Le chiedo
un'ultima cosa (perché molte domande le hanno già poste
i colleghi e credo che sia corretto non essere ripetitivi) su un tema
sul quale ha giustamente molto insistito il senatore Bassanini. Lei
non ha detto «è normale» - formalmente io ho
scritto così, ma sono appunti -, ma «non
si disse chi doveva dirigere l'operazione» e «ogni
gruppo era diretto da un funzionario ed essendo numerosi i gruppi,
molti erano i funzionari». Queste le sue parole.
Tuttavia,
se qualcuno nelle circostanze operative avesse deciso o volesse
proporre di interrompere un'operazione che si prospettava diversa da
quella che, invece, era stata discussa nelle riunioni in questura, a
chi doveva rivolgersi? Chi doveva assumersi la responsabilità
dell'eventuale interruzione dell'operazione ? Questa non è una
domanda retorica, lei ha capito che al riguardo vi è una
discordanza di versione e le chiedo se lei, che è stato molto
corretto nel fornirci le sue prospettazioni, sia in grado di
riferirci chi avrebbe eventualmente dovuto o potuto decidere
l'interruzione o la modifica delle modalità di operazione.
Devo dire che lei ci ha prospettato con molta linearità la
definizione delle intese dicendo: «non so se poi siano state
rispettate, ma le abbiamo concordate prima con il reparto mobile, poi
con la DIGOS e la squadra mobile, il reparto prevenzione crimine e i
carabinieri. Questo lei ha riferito ed è la prima volta che lo
sentiamo dire in modo lineare. Tuttavia, i vertici del corpo di
Polizia che abbiamo ascoltato - non parlo del capo della Polizia ma
degli altri che erano presenti - hanno detto che era stato chiesto
l'intervento del reparto mobile perché si temeva che alcune
migliaia di manifestanti, presenti nei pressi della stazione di
Genova-Brignole e non ancora partiti, nel momento in cui avessero
saputo che era in corso una qualche operazione di polizia potessero
ritornare nei pressi di via Battisti e creare problemi di ordine
pubblico.
Quindi, nella versione che noi abbiamo ripetutamente
avuto, la richiesta di intervento del reparto mobile è a
tutela
dell'esterno rispetto ad eventuali arrivi di «alcune
migliaia cito testualmente di manifestanti ancora in circolazione nei
pressi di Genova-Brignole».
Nella sua prospettazione lei
parla delle intese raggiunte: all'esterno sta il reparto prevenzione
crimine e i carabinieri ancora più all'esterno, invece
l'irruzione viene compiuta - o almeno si decide che venga fatta - dal
reparto mobile. Vorrei chiederle se della mia ricostruzione, seppure
sintetica, ha avuto notizia, se di questa mia valutazione - riportata
dai vertici della Polizia che erano sul luogo, non voglio rifare i
nomi perché abbiamo i resoconti - in qualche modo le risulti
qualcosa.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per ciò
che attiene al sopralluogo, quel pomeriggio mi offrii di accompagnare
il procuratore della Repubblica di Genova sul posto dove era stato
ucciso il giovane Giuliani. Per cui mi recai presso la procura della
Repubblica ed accompagnai, insieme ad altri funzionari delle
strutture locali della Polizia di Stato, il procuratore della
Repubblica sul luogo dove giaceva il cadavere del ragazzo.
Aiutai
i colleghi a prestare collaborazione al magistrato affinché
acquisisse elementi in relazione a ciò che era accaduto. A
tale riguardo posso anche dire che in quella circostanza un
funzionario della squadra mobile di Genova consegnò un
bossolo, evidentemente repertato per terra, al procuratore della
Repubblica di Genova. Ce ne andammo subito, anche perché la
situazione era estremamente tesa, dopodiché mi occupai con
l'aiuto dei miei collaboratori, anche della identificazione del
cadavere, operazione che avvenne dopo alcune ore.
Per quanto
attiene alla posizione degli istituti, confermo la sua idea e
preferirei esprimermi negli stessi suoi termini
perché non vorrei anch'io fare confusione sulla
denominazione degli istituti. Ricordo da una parte un plesso unico,
anche perché se c'erano due palazzi, erano attaccati; ricordo
appena arrivai - perché su quel punto mi soffermai un attimo -
che, guardando il palazzo sulla sinistra dove poi avvenne la
perquisizione, sul lato sinistro (non ricordo se anche sul lato
frontale) vi erano delle impalcature come se si stessero realizzando
dei lavori.
Rammento che mi soffermai sul lato del perimetro
sempre esterno ed estremo della scuola, perché si sentivano
dei ragazzi che, evidentemente, attraverso le impalcature stavano
cercando di guadagnare la fuga. Ordinai, quindi, ad alcuni poliziotti
o carabinieri, adesso non ricordo, che si trovavano lì di
fermarli ed identificarli. Ricordo che i due istituti erano uno di
fronte all'altro: l'istituto dove avvenne la perquisizione era di
fronte a quello dove si entrò per errore.
MARCO BOATO. Dall'altra parte della strada.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. No, confluivano tutti e due sulla stessa strada; se poi l'ingresso dell'altro fosse dall'altra parte, non lo so; a me, sul momento, si è presentata la realtà che ho descritto.
MARCO BOATO. Nel senso che si trovavano uno da una parte ed uno dall'altra della strada o erano contigui?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. C'è una strada in mezzo e sulla stessa si affacciano tutti e due gli istituti. Ritengo che l'ingresso dell'istituto dove c'era il centro stampa fosse dall'altro lato, non sulla stessa strada dove c'era l'ingresso dell'istituto perquisito, ma dall'altra parte o lateralmente.
FRANCO BASSANINI. Gli istituti sono tre: lei parla di due.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non so se i tre istituti siano su tre fabbricati separati e distinti.
MARCO BOATO. Due sono contigui e uno è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sono due istituti, uno probabilmente che ne comprende due, ma il blocco è unico...
MARCO BOATO. È il Pertini-Diaz, il Pascoli è di fronte.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Esatto,
quindi il Pertini-Diaz è quello perquisito ed è
composto di due istituti che costituiscono un blocco unico; l'altro è
quello di fronte, dove c'è il centro stampa.
Per quanto
riguarda la valutazione sull'opportunità dell'impiego del
reparto mobile o l'illustrazione delle modalità di
schieramento, penso che il suo riferimento possa - almeno per ciò
che mi consta - collegarsi ad un'altra circostanza, ma non vorrei
dare delle indicazioni errate. Nel momento in cui si stava svolgendo
comunque la perquisizione all'interno dell'istituto Diaz-Pascoli, si
diffuse la voce tra tutti i presenti (all'esterno del cancello
dell'istituto si era costituita una consistente massa di persone) che
stessero arrivando - e questa voce era diffusa anche tra gli stessi
giornalisti - persone dai centri sociali con l'intenzione di opporre
quanto meno resistenza, armati anche di bottiglie molotov. Per
questa ragione io stesso ed il collega Luperi, che è direttore
di un servizio della direzione centrale della polizia di prevenzione,
sollecitammo i funzionari allo scopo di accelerare lo svolgimento
delle operazioni, al fine di impedire - non so se la notizia fosse vera o falsa: in quel momento poteva essere verosimile - che la situazione degenerasse ulteriormente.
MARCO BOATO. L'operazione durò circa due ore?
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Più
di due ore, sicuramente.
Io non so se questo fatto possa
collegarsi alla circostanza che lei ha esposto; io ricordo questo.
Non conosco, comunque - anche se posso immaginare, evidentemente - le
valutazioni di chi ha ritenuto di impiegare il reparto mobile per
quella circostanza. Deduco, per essere stato presente, quindi per
cognizione diretta, che il reparto mobile dovesse occupare la prima
posizione perché avevo compreso che il dirigente della DIGOS
di Genova, che in quel momento aveva funzioni di guida e che aveva
svolto il sopralluogo, per raggiungere il posto dovesse procedere a
fianco del gruppo comandato dal collega Canterini. Dunque, per questa
sola ragione, ritengo che il reparto mobile dovesse, rispetto
all'immobile, occupare la prima posizione.
MARCO BOATO. Le avevo chiesto, nell'ipotesi che ci fosse stata una decisione di sospendere l'operazione, chi avrebbe dovuto assumerla.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Ritengo di aver risposto prima a tale domanda. Se io dirigo una squadra mobile in un capoluogo di provincia...
PRESIDENTE. Quello territorialmente competente.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. ...e un funzionario viene a chiedere di
svolgere una perquisizione, non avendo evidentemente un mandato di altra autorità giudiziaria, ritengo che si debba in qualche maniera rimettere alle valutazioni, decisioni e responsabilità del funzionario che su quel territorio è preposto al servizio. Ciò non vuol dire - ripeto - che il dirigente della squadra mobile o della DIGOS debba rispondere...
MARCO BOATO. La questione della catena di comando.
SAURO TURRONI. Vorrei soffermarmi
un attimo sulla vicenda dell'errore e successivamente le farò
altre domande, perché, in questi giorni, abbiamo cercato di
comprendere come si sia potuta verificare l'irruzione nel centro
stampa.
Lei per primo ci ha descritto come si è svolta la
vicenda. Ci ha detto che quando vi siete allontanati, quando stavate
decidendo come compiere la perquisizione, avevate addirittura una
piantina (disegnata da chi aveva fatto il secondo sopralluogo,
immagino il dottor Mortola) che indicava esattamente da dove si
doveva arrivare, in modo tale che non ci si potesse confondere e si
potesse compiere l'azione nel migliore dei modi. Mi risulta che
l'edificio - come lei ha confermato - fosse addirittura prospiciente
l'altra parte della strada; mi risulta anche che i venti agenti di
polizia fossero entrati non dalla porta principale, quella che
affaccia sulla strada, ma da una porta posta sul retro.
Non
riusciamo a capire come possa succedere che venti persone guidate da
un funzionario in un'azione che fino alla porta viene così ben
organizzata vadano in un edificio addirittura diverso, mentre tutti
gli altri 255 uomini (erano, infatti, in tutto 275) si dirigono da
un'altra parte. Vorremmo capire bene come si sarebbe svolta la
vicenda.
Seconda questione: non mi pare che in quel luogo siano state
tirate sassate, siano stati chiusi cancelli o portoni. Quindi è
stato possibile entrare. Abbiamo appreso che, in quella circostanza,
oltre ad essere state trattate in modo energico - come lei ha detto -
alcune persone, sono stati anche rotti - è stato detto da
altri colleghi - ma, soprattutto, sottratti hard disk,
elenchi, denunce fatte dai legali e così via. Vorremmo sapere
che fine ha fatto tutto questo materiale, dov'è andato a
finire, se è stato restituito, se è da qualche parte.
Se si comprende che è stato commesso un errore, si provveda
immediatamente a risanarlo. D'altronde, lei ha detto di avere
immediatamente inviato un collega, un suo sottoposto, al fine di
interrompere l'azione che si stava compiendo; l'interruzione vi è
stata, ma il materiale è scomparso. Quindi, vorremmo sapere
che fine ha fatto, ammesso che si sia agito correttamente.
Un'ulteriore questione riguarda gli orari. Già il collega
Bassanini è intervenuto sul punto. Abbiamo diversi orari che
si accavallano e lei, per il mestiere che svolge, sa che molto spesso
l'ora in cui si è verificato un fatto è importante per
stabilirne le modalità. Ebbene, alcuni dicono che le cose sono
cominciate - come lei ci ha riferito - alle 21,30; lo stesso
ispettore che ha relazionato al ministro dell'interno, invece, parla
delle 22,30. Un'ora di differenza dall'inizio della vicenda è
assai importante per cercare di capire come sono andate le cose, per
farci un'idea.
Sarebbe difficile pensare che in un'ora sola si
sia potuto organizzare tutto quel complesso di attività,
compreso il disegno della piantina, per poi arrivare a quella
perquisizione e a tutto il resto. D'altronde, immagino che le
relazioni siano precise a questo proposito.
Inoltre, ieri ci è stato detto che non c'era alcuna
cintura attorno all'edificio. Lei, invece, questa mattina, ha
affermato che vi era una cintura per impedire che la gente scappasse:
vuole essere più preciso a questo proposito?
Infine, lei
ha parlato di «energia»: le pare energico il trattamento
che è stato riservato a tre persone in prognosi riservata?
Quanti erano gli agenti che sono entrati lì dentro come
perquisitori? Ben 62 sono le persone colpite, anche in modo grave.
Ammesso che 20 si fossero persi e che circa 120 o 130 fossero rimasti
fuori a costituire le due cinture, poco più di 100 agenti
saranno entrati a fare attività di perquisizione, ma anche
attività «energica»! Per quanto tempo è
durata quell'attività «energica» che ha colpito
«energicamente» 62 persone?
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per
quanto riguarda l'ingresso della polizia nella scuola ove era stato
installato il centro stampa, mi richiamo a ciò che ho detto e
cioè che non ho diretta cognizione delle fasi dell'irruzione,
sia nell'uno che nell'altro istituto. Sicuramente non era previsto
che si perquisisse anche il centro stampa. So - per averlo compreso
ed averne avuto conferma successivamente - che chi vi entrò lo
fece per errore. Non so se nella circostanza sia scomparso o sia
stato danneggiato o sequestrato del materiale - non sono entrato per
fare un sopralluogo, ma ho visto immagini televisive e filmati -, ma
questo a me non risulta. Se sono stati commessi degli illeciti
all'interno dell'istituto, spero vengano accertati. Non penso che sia
stato sequestrato indebitamente del materiale perché se fosse
stato così, questo sarebbe già stato restituito
dall'autorità giudiziaria.
Per quanto attiene all'orario
della perquisizione, ho letto gli atti, ho dei ricordi e ritengo che
qualcuno nel redigere
relazioni o rapporti di servizio abbia potuto fare un po' di
confusione. Mi pare, anche per logica, che per gli orari possa far
fede anche il rapporto di servizio del collega Mortola, che indica
nelle 22,30 (più o meno) l'ora in cui svolse il sopralluogo.
Per quanto attiene alla mancata cinturazione (o ad una presunta
mancata cinturazione), io so che essa era prevista. Quando sono
giunto in prossimità del perimetro della scuola, in effetti -
come ho detto poc'anzi - vi era personale dei carabinieri e della
polizia che presidiava quel perimetro. Se poi, al momento
dell'irruzione la cinturazione non vi è stata, questo non lo
so, perché non c'ero. Però era stata prevista.
Per
quanto attiene all'intervento «energico», ovviamente non
posso condividere eventuali abusi che siano stati commessi nel corso
della perquisizione. Ho detto semplicemente che, a fronte delle
condizioni che si stavano realizzando - perché era palese che
si stesse avvicinando una forza di polizia -, invece di chiudere un
portone, evidentemente si sarebbe potuto anche consentire l'accesso,
se non vi era nulla di male. Questo non vuol dire che vengano o
possano in tal modo essere legittimati degli abusi; vuol dire che
un'operazione di polizia va svolta in una certa maniera. Ciò,
lo ripeto, non vuol dire assolutamente che un comportamento energico
possa legittimare degli abusi da parte dei singoli.
GIANCLAUDIO BRESSA.
Ringrazio il dottor Francesco Gratteri per il rigore delle sue
risposte. Non tutti quelli che abbiamo ascoltato hanno avuto la
serietà che lei sta dimostrando in questo momento. Lascerei
perdere per un attimo la questione della scuola Diaz e tornerei sulla
questione dei compiti dello SCO a Genova.
Nelle attività
che lei ci ha illustrato, ha sottolineato che i compiti che vi erano
stati affidati erano di bonificare la zona
rossa e di renderla sicura. In queste attività, avete avuto
contatti o azioni in comune con il ROS oppure si è trattato di
due azioni completamente disgiunte? Dalle audizioni precedenti è
emersa in maniera precisa la presenza della direzione centrale del
ROS (il generale Ganzer ed altri). In questa attività, ci sono
stati contatti o azioni comuni, oppure ciascuno ha agito per proprio
conto?
La seconda domanda è la seguente: lei affermava che
tra i compiti che le erano stati assegnati vi era anche quello di
svolgere una capillare ed ininterrotta azione di controllo. Durante i
giorni del vertice, questa capillare ed ininterrotta azione di
controllo si è svolta esclusivamente nella zona rossa oppure
siete stati impiegati anche al di fuori di essa? Lei ci ha
testimoniato di aver condotto un'azione nella scuola Paul Klee, dove
avete proceduto a degli arresti. Questo è avvenuto perché
siete stati mandati là o perché si è trattato di
un'azione di controllo che voi esercitavate al di fuori della zona
rossa? E, se avete agito al di fuori della zona rossa, ci può
illustrare l'attività svolta in quei giorni?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I compiti di bonifica e di controllo investigativo comportavano un'attività finalizzata alla individuazione di eventuali insidie, all'interno della zona rossa, che potevano essere tante. Forse, l'esempio più semplice per rendere l'idea è quello di alcuni stabili con un doppio ingresso, uno che partiva dalla zona rossa e un altro dalla zona gialla (quindi al di fuori del perimetro). Inoltre, vi erano degli edifici disabitati - nei giorni del vertice o nell'immediatezza della celebrazione del vertice - che potevano essere indebitamente occupati da estranei, che avrebbero potuto compiere attività illecite.
L'attività del Servizio centrale operativo, cioè
l'attività di bonifica, si caratterizzava prevalentemente per
questo. Io ho appreso della presenza del ROS e del generale Ganzer in
particolare anche ascoltando l'audizione del colonnello Tesseri, se
non vado errato. All'interno della zona rossa non mi consta che
l'arma o il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri abbia
svolto delle attività. Se lo ha fatto, io non ne sono a
conoscenza. Si era convenuto che questo tipo di operazione fosse
svolta soltanto dal Servizio centrale operativo. E il Servizio
centrale operativo, al di là dei casi che ho indicato - i
quali riguardano personalmente più me che il servizio - ha
svolto, in via quasi esclusiva - direi esclusiva - la sua attività
all'interno della zona rossa.
La disposizione di svolgere una
perquisizione alla scuola Paul Klee è stata una mia
iniziativa, perché ho visto e riscontrato direttamente che dal
furgone bianco venivano distribuiti mazze e bastoni di ferro, per
consentire lo svolgimento di attività illecite. Attraverso
l'elicottero ho verificato che il furgone fu parcheggiato in
quell'area. Non ho distolto, in quel momento, il personale del
Servizio centrale operativo dalle attività che lo vedevano
impegnato all'interno della zona rossa, ma ho chiamoto un funzionario
della squadra mobile di Genova al quale ho dato l'incarico di
svolgere la perquisizione, con altri agenti, di acquisire i materiali
necessari e di compiere tutti gli atti del caso.
GIANCLAUDIO BRESSA. Quindi, è stata una sua iniziativa?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. È stata una mia iniziativa.
FABRIZIO CICCHITTO. La prima domanda è forse banale. Alla luce di quanto da lei affermato sulle funzioni svolte,
concentrate sulla zona rossa - ci ha spiegato anche che lei non ha
mai svolto funzioni di ordine pubblico bensì investigative -
vorrei capire perché quella sera lei fosse alla Diaz. Aggiungo
che evidentemente c'era un'attenzione particolare nei confronti della
scuola perché si registra una singolare concentrazione di
dirigenti di alto livello all'istituto Diaz.
Mi rendo conto che
probabilmente lei non sarà in grado di fornire una risposta,
visto ciò che ha detto in premessa, ma devo riproporre il
quesito perché, su questa vicenda, rischiamo di vivere una
situazione alla Rashômon nel senso che gli interrogativi
fondamentali sul caso Diaz, ai quali il Comitato attende risposte
sono due e ad essi può rispondere solo chi è entrato in
campo.
Primo interrogativo: gli agenti entrati alla Diaz hanno
incontrato una resistenza tale da giustificare gli scontri che si
sono verificati, oppure sono entrati in una situazione di tensione e
hanno picchiato indiscriminatamente persone che stavano nei sacchi a
pelo? Queste due ipotesi sono molto diverse l'una dall'altra. Nessuno
è stato in grado di fornire una risposta a questo
interrogativo di fondo.
Il secondo interrogativo di fondo con il
quale dobbiamo misurarci e non ipocritamente - perché lo
abbiamo davanti al Comitato ed anche se non è stato
esplicitato totalmente ieri tuttavia è negli atti presenti -
riguarda il fatto che da relazioni di operatori del settore entrati
con il nucleo mobile emerge sostanzialmente che essi sono stati
preceduti da agenti in borghese non meglio identificati per ciò
che riguarda i corpi di appartenenza, e che questi avrebbero
proceduto allo scontro con coloro che stavano all'interno della
scuola. È una questione di straordinaria importanza che
ripropongo sotto forma di domanda, anche se non so se lei sarà
in grado di rispondere.
Terza domanda. È vero o meno che alla Diaz era stata
approntata una sorta di infermeria che accoglieva coloro che non
potevano essere ricoverati in ospedale perché incriminati per
fatti precedenti?
Ultima questione: per ciò che riguarda
il famoso centro stampa - la cui distruzione è stato un fatto
negativo - emerge da varie testimonianze che Kovac, interpellato
prima che l'azione avesse inizio, aveva dichiarato che il Genoa
social forum non controllava più la situazione
complessivamente intesa per ciò che riguardava la Diaz e
annessi, compreso il centro stampa del Genoa social forum, che
non era più quindi qualificabile come tale per l'ingresso di
soggetti non controllati. Chiarire questo aspetto non è da
poco anche tenendo presenti le discussioni e le polemiche che ci sono
state.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche qui devo, purtroppo, distinguere, onorevole Cicchitto, ciò che mi consta personalmente per averne avuto cognizione diretta da ciò che mi è stato detto o da ciò che mi è stato possibile acquisire attraverso la lettura degli atti dei quali, ovviamente, per ragioni d'ufficio, potevo essere in possesso. Per ciò che attiene all'accesso alla Diaz - e, ripeto, non penso che le modalità e i tempi dell'irruzione siano lunghissimi in nessuna operazione di polizia, soprattutto in un'operazione di polizia che presenta queste particolari condizioni - ho letto di resistenza attiva opposta dai presenti. Ho letto, come ho detto prima, della presenza di un gruppo di persone nel cortile che, nel vedere la polizia giungere sul posto, si è rifugiato all'interno dell'istituto, chiudendosi dietro il portone. Ho letto - e questo mi è stato anche riferito personalmente dal poliziotto al quale l'incidente è occorso - che un agente del reparto mobile nel fare ingresso all'istituto, nel forzare evidentemente una stanza o qualcos'altro -
quando già era sicuramente dentro l'istituto - ha subìto un accoltellamento (e il poliziotto ha mostrato a me e ad altri un giubbotto, un corpetto protettivo, tranciato proprio da un coltello). Ho visto - tant'è che mi sono trovato costretto, ed era la prima volta che lo facevo, ad indossare un casco protettivo - che vi è stato anche un lancio di oggetti dall'alto dell'istituto.
SAURO TURRONI. Lei è arrivato dopo?
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Sì,
sono arrivato dopo, ma sono ugualmente munito di un casco perché
temevo che questo lancio potesse continuare. Non ho realizzato subito
quale fosse la situazione, ma appena l'ho fatto mi sono regolato di
conseguenza.
Non so dire nulla sulla presenza di agenti che si
trovassero già all'interno dell'istituto prima dell'arrivo di
coloro formalmente legittimati ad entrare. Posso dire che, per
logica, mi pare strano, anche perché dentro, tutto sommato, vi
erano 98 persone, sicuramente, non tutte animate da intendimenti di
resistenza. C'erano, però, molti coltelli, due bottiglie
molotov, delle mazze e dei bastoni. Non voglio superare il
limite che mi è consentito, ma credo che, quanto meno per
solidarietà, quando si vede una persona che sta per essere
aggredita e bastonata sia naturale cercare di aiutarla. Tuttavia non
intendo pronunciarmi perché non conosco i fatti, non ero
presente e c'è un'inchiesta giudiziaria in corso che spero
chiarisca questa vicenda.
Non mi consta personalmente - l'ho
appreso da colleghi che me lo hanno riferito, per aver assunto delle
testimonianze di iniziativa propria o delegata dall'autorità
giudiziaria - che, all'interno di quella struttura venissero
ricoverate persone che
erano state ferite nel corso della manifestazione. Penso che questo atto sia stato trasmesso anche all'autorità giudiziaria...
FABRIZIO CICCHITTO. Questo vuol dire che una parte dei refertati non sono vittime degli scontri con gli agenti penetrati nell'istituto bensì di vicende precedenti. Si tratta di un'ipotesi.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Non sto
dicendo questo, onorevole Cicchitto; ho premesso che non ho
conoscenza diretta di questa vicenda. Mi è stato riferito da
qualche collega, in una fase successiva a quella dell'intervento
(quindi in una fase in cui vi sono già delle indagini in
corso), di testimonianze di persone che avrebbero parlato della
presenza di feriti all'intero della struttura, nei giorni precedenti.
Altro non voglio e non posso dire, perché nulla mi risulta.
Per quanto riguarda il signor Kovac, penso che sia la persona
contattata dal dottor Mortola; nella mia relazione ho riferito del
contatto che il dottor Mortola ha avuto con un rappresentante del
Genoa social forum, dal quale ha avuto le indicazioni cui lei
si riferisce e che io ho riportato nella relazione.
ANTONIO SODA. Dottor Gratteri, leggo alcune risposte che ci ha dato ieri il dottor Canterini per quanto riguarda l'organizzazione. Faccio riferimento al resoconto stenografico della seduta di ieri e precisamente alle pagine 134 e 143, laddove il dottor Canterini sostiene che anche alcuni suoi uomini hanno visto fuggire persone dall'istituto perché mancava una cintura di protezione, mentre lei ha parlato di questi anelli costituiti dai carabinieri e dai reparti di prevenzione, organizzati in modo tale da consentire di svolgere l'operazione all'interno.
Per quanto riguarda l'ingresso, cioè l'inizio delle
operazioni, il dottor Canterini dice: «una volta aperto il
cancello» - questo lo afferma in un primo momento, ma poi
vedremo che si smentirà - «tutti, cioè il nostro
reparto, il personale in borghese che usava la pettorina con la
scritta »Polizia« e il personale del nucleo anticrimine,
siamo entrati nel cortile della scuola». Per quanto riguarda i
funzionari, il dottor Canterini dice: «qualcuno dei funzionari
è entrato» - si riferisce a questa sequenza dell'inizio
dell'operazione - «lo fece il dottor Luperi, il dottor
Gratteri, il dottor Mortara, il dottor Mortola». È
chiaro - ribadisce - che entrarono. Mentre lei, dottor Gratteri, dice
di non essere entrato!
Successivamente, con riferimento a notizie
di stampa e ad indicazioni di relazioni pervenute sulla presenza di
altro personale di Polizia all'interno dell'istituto, quando è
entrato il suo reparto, quindi già con interventi operati,
richiesto di chiarire quale sia la sua ricostruzione di questa
operazione, con riferimento, in particolare, al presunto ingresso del
suo reparto, successivo ad altre forze, nella scuola, dichiara: «non
posso né confermare né smentire».
In
sostanza, le domande sono le seguenti: qual è la sua verità
sulla dinamica dell'operazione? Quali reparti sono entrati, come sono
entrati, con quale sequenza, chi erano i funzionari presenti? In
particolare, vorrei sapere se, contrariamente a quanto emerso in un
primo momento, ci fosse personale della prevenzione anticrimine,
poliziotti in borghese, poliziotti solo con le pettorine - il dottor
Canterini parla anche di personale con la divisa atlantica, con le
magliette -, perché mettendo insieme relazioni, testimonianze,
audizioni e dichiarazioni non si è capito assolutamente nulla.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Premetto, ancora una volta, onorevole
Soda, che io sono arrivato sul posto in un momento in cui l'irruzione era terminata, nel senso che l'edificio era, per dirlo con parole mie - me lo consenta - presidiato dalla Polizia, sia all'interno che all'esterno. Sono entrato e mi sono fermato al piano terra, che - ricordo - presentava le caratteristiche tipiche di una palestra. Non ho visitato gli altri ambienti della scuola. Nel momento in cui sono entrato, ho incontrato il dottor Luperi, il dottor Mortola e il dottor Canterini. Tutto ciò che è avvenuto prima io, per mia conoscenza diretta, non ho avuto occasione di vederlo direttamente.
ANTONIO SODA. Lei capisce, le sequenze dell'operazione ....
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Questo non l'ho visto, non ero ancora arrivato, le riferisco ciò che era stato concordato preventivamente e cioè le modalità di accesso e l'ordine di accesso all'istituto, cioè quelle che ho indicato e che erano state concordate in sede di riunione tenutasi in questura. Se poi le cose siano andate diversamente, non lo so. Sicuramente non era stato richiesto al reparto prevenzione crimine di entrare nell'istituto; al reparto prevenzione crimine era stato chiesto di presidiare, dall'esterno, l'istituto, così come ai carabinieri era stato chiesto di occupare una zona retrostante rispetto a quella presidiata dal reparto prevenzione crimine.
FILIPPO MANCUSO. Prima di svolgere il mio intervento, vorrei un'informazione, spero definitiva, in ordine alla decisione dell'ufficio di presidenza circa l'eventuale audizione degli ispettori ministeriali, perché da questo dipendono le mie domande.
PRESIDENTE. Presidente Mancuso, l'ufficio di presidenza, riunitosi ieri sera, ha stabilito di non procedere ad ulteriori
audizioni, ad eccezione di quella del generale Ganzer, convocato oggi alle ore 15, attesa la ristrettezza dei tempi a disposizione. Nel contempo, questa mattina ho firmato tre lettere di richiesta indirizzate ai tre ispettori del Ministero dell'interno affinché, qualora lo ritengano opportuno, ci inviino una relazione, in aggiunta al documento ispettivo che ci hanno fornito. Questa decisione è stata assunta ieri, con il consenso unanime delle varie componenti politiche rappresentate in seno all'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.
FILIPPO MANCUSO. Prendo atto di ciò con dispiacere e mi rivolgo al dottor Gratteri: lei ci ha fornito informazioni, sebbene senza indicare una precisa sequenza (che io e il collega Soda invece auspicavamo) circa lo svolgimento dell'operazione. Mi interessa però la fase antecedente, cioè quella che lei ha contrassegnato con la fase della decisione, dell'assenso all'operazione, pacificamente, di polizia giudiziaria che, secondo la sua relazione, sarebbe stata assunta negli uffici della questura in presenza di personaggi romani e quindi anche della sua persona. Dottor Gratteri, le chiedo puntualmente quanto segue: chi partecipò (se si tratta di ripeterlo, lo ripeta) alla discussione al riguardo? Quali organi di polizia giudiziaria erano presenti quando fu assunta la decisione? Tali organi hanno partecipato volitivamente alla decisione medesima? Quali persone erano incarnate in questi organi? Inoltre, quali furono gli elementi discussi, se lei ne percepì il contenuto, che portarono all'assenso? Chi formalizzò l'atto di polizia giudiziaria della cosiddetta perquisizione? Le chiedo ancora informazioni riguardo a questa decisione, sia prima della sua adozione formale - le ho rivolto la domanda sugli autori formali - sia dopo, come notizia, se e quale organo abbia comunicato tale decisione, e quando, al Comandante
generale dei carabinieri. Le chiedo anche, in particolare, se il Comandante generale dei carabinieri sia stato interpellato telefonicamente o semplicemente notiziato e quando, da questa sorta di commissione o da altri, perché riguardo questa informazione abbiamo l'ammissione dello stesso Comandante generale. Domando quale possa essere stata la ragione per cui il Comandante generale ha mentito in questa sede, per poi lasciarsi smentire dal suo dipendente Tesser, asserendo che non vi fosse altro ufficiale superiore al colonnello Tesser a Genova in quel contesto, neppure giustificandosi con il pretesto che la domanda, che gli fu posta esattamente da me, si riferiva alla presenza di un ufficiale generale emanazione del comando generale. Questa menzogna è tanto più grave perché non solo era presente il generale Ganzer, ma egli era anche emanazione, essendo il comandante del ROS, proprio del comando generale. Si tratta di una menzogna di doppio livello: prima negazione, poi negazione rafforzata dal pretesto di una formula, secondo il Comandante generale, non felice, tanto è vero che nella sua lettera di smentita non affronta il problema; ma il ROS è emanazione del comando generale e quindi, comunque interpretata la mia domanda, ad essa ha fatto seguito un duplice livello di menzogna ed è grave che questo sia avvenuto da parte del Comandante generale di un'arma. Un'arma, non una persona, a cui va tutta la nostra stima e fiducia storica. Quando lei, dottor Gratteri, risponde al collega Soda dicendo di non poter stabilire la sequenza degli interventi, noi teniamo conto che lei ci ha fornito la sequenza teorica, quella stabilita; nella sequenza teorica in quale fase era previsto il suo personale intervento operativo, giacché esso comunque ebbe luogo?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. I dirigenti e i funzionari presenti presso
l'ufficio del questore nel momento in cui chiamai il dottor Di Bernardini, che telefonicamente mi aveva anticipato ciò che era accaduto (ed al quale chiesi di venire in questura ad esporre ai presenti quanto si era verificato) erano, in ordine di grado e nel mio ricordo: io stesso, il prefetto Andreassi, il prefetto La Barbera, il questore di Genova, il dirigente superiore dottor Luperi, il dottor Murgolo, vicario della questura di Bologna; non ricordo se il dottor Mortola fosse presente in quel momento o se intervenne a richiesta del questore, ma sicuramente era presente in quella fase. Nel momento in cui entrò il dottor Di Bernardini, Canterini non era presente. Io rappresentavo il Servizio centrale operativo, il dottor Mortola rappresentava la DIGOS di Genova e tutti ci trovammo d'accordo sulla decisione, sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno della scuola Diaz ...
FILIPPO MANCUSO. Anche La Barbera ?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Anche il prefetto La Barbera: tutti i presenti furono d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione all'interno del scuola Diaz (Commenti). Ovviamente, chiunque - chi più, chi meno - poteva esternare delle considerazioni di carattere tecnico: in quella circostanza non avevo ragioni, non essendo organico ad un servizio antiterrorismo o a quel tipo di investigazione, per esprimere considerazioni di carattere tecnico, sui possibili presenti o altro. Tutti ci trovammo d'accordo sull'opportunità di svolgere la perquisizione tanto che, perdonatemi se lo ricordo, l'atto di polizia giudiziaria eseguito, cioè la perquisizione ai sensi dell'articolo 41 del TULPS, non è stato invalidato dall'autorità giudiziaria, che ha pure convalidato il sequestro degli oggetti. In quella sede, venne preventivamente informato un magistrato della
procura di Genova della decisione assunta; nel caso previsto
dall'articolo 41 del TULPS non vi è obbligo giuridico da parte
dell'ufficio di polizia giudiziaria di informare l'autorità
giudiziaria: però, fu fatto.
Presidente Mancuso, tutto ciò
che attiene ai rapporti e alle comunicazioni con il comando generale
dell'Arma purtroppo non spetta né alla mia persona né
alla mia funzione, e non ne sono neppure a conoscenza; non lo
consideri uno sgarbo.
Per quanto riguarda la sequenza
dell'intervento, il modo in cui le forze si dovevano predisporre per
lo svolgimento dell'irruzione e della perquisizione (Commenti del
deputato Mancuso)... L'attività conseguente allo
svolgimento della perquisizione fu firmata in questo modo:
l'informativa, dal dirigente della DIGOS, dal dirigente della squadra
mobile, ed i singoli atti dai singoli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria intervenuti.
Per quanto attiene al personale dello
SCO, esso doveva occupare il secondo livello, cioè quello
rappresentato da coloro i quali dovevano svolgere le operazioni di
polizia giudiziaria.
Quanto alla mia persona, non sono più
un ufficiale di polizia giudiziaria. Ho ritenuto di essere presente,
a fianco del mio personale, come faccio abitualmente per mia
impostazione professionale. Per quella specifica attività
penso che, tra personale di squadra mobile e personale dello SCO,
fossero presenti circa settanta unità.
MICHELE SAPONARA. Le chiedo, dottor Gratteri, di precisare meglio, se le è possibile, la cronologia degli avvenimenti che hanno preceduto e determinato la decisione di procedere alla perquisizione della scuola Diaz. Vorrei sapere, in particolare, dopo che aveva effettuato l'intervento di sopralluogo richiesto dalla procura della Repubblica di Genova, a che ora lei sia stato informato della situazione, quando ha
avuto, cioè, le prime notizie, che poi hanno portato a quella decisione.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Nel tardo pomeriggio di quel sabato si dispone lo svolgimento, così come ho precisato nella relazione, di alcuni pattuglioni, con il compito di svolgere una sorta di controllo preventivo o repressivo, di tipo dinamico del territorio e che, per quella circostanza specifica, rispetto alle altre forze sul territorio - essendo peraltro terminate le manifestazioni -, avevano proprio il compito specifico di svolgere sul territorio un controllo dinamico e agile, allo scopo di impedire che altri atti vandalici o di saccheggio potessero ripetersi. Da quel che ricordo, intorno alle 21,30, venni contattato telefonicamente dal dottor Caldarozzi, che era a capo di uno di questi pattuglioni, il quale mi spiega quanto era poc'anzi accaduto e cioè che si stava accingendo a svolgere un controllo presso una birreria dove era stato notato un gruppo di persone, verosimilmente identificabili come black bloc, e aveva chiesto aiuto per tale ragione ad un a pattuglione vicino. Risponde il dottor Di Bernardini, il quale si accinge a raggiungere il dottor Caldarozzi, cerca di raggiungere quella strada e percorre per caso via Cesare Battisti. A quel punto il dottor Caldarozzi e il dottor Di Bernardini mi chiamano ed io li invito a venire in ufficio per esporre quanto era accaduto, non essendo quella una mia materia specifica, giacché se si fosse trattato di delinquenti comuni probabilmente mi sarei assunto, nel rispetto delle competenze del collega del posto, una diversa responsabilità tecnica. Il dottor Mortola, leggendo gli atti, mi pare abbia effettuato il sopralluogo intorno alle 22,30.
MICHELE SAPONARA. Chi è il dottor Caldarozzi?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il dottor Caldarozzi è il vicedirettore del Servizio centrale operativo.
LUCIANO FALCIER. Mi associo
anch'io, come mi pare abbiano già fatto altri colleghi, ai
ringraziamenti rivolti al dottor Gratteri, non solo per i dati che ci
ha fornito, ma anche per la precisione e la sicurezza delle sue
risposte, certamente indice di professionalità e di efficienza
nello svolgimento del suo lavoro. Ritengo che ciò ci sia di
conforto e non solo per i lavori del Comitato.
Detto ciò,
come lei sa, noi siamo qui per cercare di conoscere ciò che è
veramente avvenuto, prima e durante il vertice del G8: se vi siano
stati, in particolare, carenze, ritardi, responsabilità,
provocazioni o iniziative volutamente violente e quant'altro. Sotto
tale aspetto, mi soffermo su alcuni episodi in merito ai quali lei è,
o dovrebbe essere, particolarmente informato. Uno di questi episodi è
sempre il solito, cioè quello della perquisizione alla scuola
Diaz e se anch'io vi ritorno sopra è perché, nonostante
le notizie, nonostante gli approfondimenti, c'è ancora
qualcosa di non chiaro, di complesso o, almeno da parte mia - non so
se anche da parte del Comitato -, di difficile comprensione nel suo
esatto svolgersi, non sotto il profilo teorico od
organizzativo-programmatico, bensì sotto il profilo pratico.
Pertanto, la mia domanda è la seguente: c'erano una
piantina o un grafico del fabbricato, degli edifici, nei quali siete
entrati?
Inoltre, lei ha chiarito che non è arrivato tra i
primi, perché non era sua competenza, però ad un certo
momento - alla fine, o verso la fine - è entrato, se non ho
capito male, al piano terra. In base a quello che lei ha potuto
verificare, e fermi restando i vincoli o l'opportunità di
rispettare quanto è
stato detto all'autorità giudiziaria, può dirci cosa
ha visto, in termini di materiale, di persone e di feriti in quei
locali?
Non so se lei sa che in un commento in diretta al Tg3-RAI
su quell'evento, era stato detto che vi potevano essere tre morti
dei quali erano stati forse rimossi i corpi - l'ho personalmente
sentito - e che vi erano giovani che stavano portandosi sul posto. Le
chiedo se abbia mai sentito parlare di tutto ciò e se abbia
notizia di quale sia stata la fonte del complesso delle informazioni
della RAI.
Inoltre, lei ha chiarito che sotto la sua tutela vi
era soprattutto la zona rossa, quindi la sicurezza dei Capi di Stato,
delle delegazioni, così come dei genovesi e di Genova.
Pertanto, lei ci conferma che la zona rossa non è stata
violata? O meglio, non è stata violata perché non c'è
stato nessun tentativo di violarla o perché voi lo avete
impedito? Se lo avete impedito, a chi, in quali termini e in base a
quale situazione di necessità?
Infine, lei ci ha chiarito
che, per quanto di sua conoscenza, non risulta che nessun infiltrato,
per capirci, collaboratore abbia cooperato ad aprire le porte per far
entrare le forze dell'ordine nella scuola Diaz. Inoltre, in base a
quanto le risulta, può escludere che nessuno, in altra forma,
abbia collaborato all'interno dell'edificio della Diaz al buon esito
della perquisizione o affinché avesse il suo corso regolare,
legittimo, per i fini che vi eravate dati in questura?
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. La
ringrazio, prima di tutto, per le parole di apprezzamento. Nel
risponderle, seguirò l'ordine di esposizione delle sue
domande.
Esisteva, come ho detto per ciò che mi risulta e
in base a quanto ho avuto occasione di vedere in occasione
dell'incontro presso la sala riunioni della questura, una piantina
che era
stata redatta, mi pare sul momento, dal collega Mortola, la quale
aveva il senso di spiegare agli altri le strade e il percorso che
occorreva seguire per giungere sul luogo e, altresì, il modo
in cui dividere i due gruppi che si stavano predisponendo per
giungere sul posto secondo le modalità che ho indicato.
Non
ricordo se la piantina prevedesse la collocazione virtuale dei due
edifici, però può darsi che una piantina sia stata
rimessa agli atti del fascicolo processuale.
Per quanto riguarda
ciò che ho visto direttamente al momento in cui sono entrato
nell'istituto scolastico, ricordo bene che nel grande salone sulla
sinistra vi erano persone bloccate dalla polizia, nel senso che
qualche poliziotto le stava controllando, e tra queste qualche
persona era visibilmente ferita. Nel frattempo altri individui,
alcuni dei quali feriti, venivano accompagnati ai piani superiori: mi
adoperai, quindi, con altri affinché venissero subito fatte
confluire sul posto delle autoambulanze.
Spero di chiarire una
volta per tutte - almeno per ciò che mi riguarda, senza alcuna
presunzione - la questione dei morti. Il collega, che ho riconosciuto
attraverso i filmati, al quale ho dato incarico di assumersi la
responsabilità dell'atto di polizia giudiziaria della
perquisizione - in quanto ovviamente vi era un po' di confusione - e
che aveva il compito di repertare ciò che era stato reperito
all'interno dell'istituto, portava all'interno del sacco soltanto il
materiale che era stato sequestrato. Credo di essere, oltre che un
poliziotto, un funzionario dello Stato e penso, sia per ciò
che mi riguarda sia per ciò che riguarda gli altri colleghi
che stavano sul posto, che se vi fosse stata qualche scomparsa - per
così dire - o fosse accaduto qualcosa di più grave (si
diceva morti o feriti) ognuno di noi, secondo un criterio di
coscienza non solo professionale ma anche umana e personale, sarebbe
sicuramente
andato da un magistrato, oltre che dai superiori, a riferire e ad
accertare ciò che era successo. Non mi risulta che si possa
dare credito a chiacchiere del genere. Ribadisco (e spero che sia
chiaro: per ciò che mi riguarda è chiarissimo) che nel
sacco, ripreso dalle immagini diffuse dai mezzi televisivi, vi era
soltanto materiale repertato e sequestrato in quella occasione.
I
compiti che allo SCO erano stati assegnati per il controllo della
zona rossa - come spero di aver chiarito nell'ordinanza - non
attenevano alla materia dell'ordine pubblico. Lo SCO aveva il compito
di svolgere un controllo investigativo della zona rossa, nel senso di
individuare - come ho detto prima - possibili insidie e pericoli. Se
vi fosse stato un attacco alla zona rossa, lo SCO non avrebbe dovuto
respingerlo, ma gli investigatori dello SCO avrebbero dovuto
segnalare l'eventuale attacco (in quanto avevano anche tale compito
di osservazione) ai responsabili dell'ordine pubblico che erano
all'interno della zona rossa, così come era previsto.
Per
quanto attiene alla questione dell'infiltrato, purtroppo richiamo
quanto già detto: se ragiono per logica, lo escluderei, ma,
per quanto attiene alla mia cognizione diretta, non ho assolutamente
notizia di appartenenti alla Polizia di Stato o ad altre forze
dell'ordine che potessero essersi nascosti, di propria iniziativa o
comandati, all'interno dell'istituto.
KATIA ZANOTTI. Dottor Gratteri, vorrei tornare su una questione che è già stata affrontata da altri colleghi, in quanto penso che rivesta una rilevanza assai importante. Dagli atti a nostra disposizione risulta che nel cortile davanti alla scuola vi fosse numeroso personale in borghese con pettorina della polizia, ubbot, sfollagenti, e personale in divisa atlantica. Risulta soprattutto che il personale con pettorine portava, nella quasi totalità, fazzoletti che coprivano parte del volto.
Risulta inoltre che vi fu una fortissima pressione per entrare
nella scuola Diaz e che tale pressione proveniva in modo particolare
dalla presenza massiccia degli agenti in borghese. Le chiedo, dottor
Gratteri, di farci sapere - glielo hanno già chiesto altri
colleghi- di quali corpi facesse parte tale gruppo di agenti in
borghese, sempre che sia nelle condizioni di dircelo per quanto è
a sua conoscenza e che intenda dircelo.
Le chiedo, inoltre, se
può descriverci la divisa atlantica, in quanto ne sentiamo
parlare da giorni ma personalmente non ho ancora capito: ho sentito
parlare solo di una maglietta con maniche corte. Le chiedo, infine,
se ci può dire - glielo ha già chiesto l'onorevole
Mascia ma non ha avuto risposta, e sono interessata anch'io - quali
erano le divise degli agenti che hanno operato alla Diaz.
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Per ciò che attiene, onorevole Zanotti, alla presenza dei vari organismi della Polizia di Stato all'esterno della scuola, all'esterno del perimetro e della cancellata, penso di ricordare bene la scena. Ricordo anch'io che vi erano poliziotti con il corpetto della Polizia di Stato - noi lo chiamiamo fratino identificativo - che al personale del Servizio centrale operativo e al personale delle squadre mobili (che operano abitualmente in borghese) con funzioni di polizia giudiziaria era stato imposto in base ad una mia ordinanza: infatti non era consentito ad alcun poliziotto all'interno della zona rossa di circolare senza un segno visibilmente identificativo. Ho l'ordinanza qui con me: al personale era stato imposto di indossare il giubbotto identificativo con la scritta Polizia...
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. L'ubbot
è un casco. Ritengo che il fazzoletto - così ho avuto
modo di vedere attraverso qualche filmato televisivo - sia stato
utilizzato dal personale della polizia dal momento in cui sul posto
sono giunti gli strumenti televisivi. Quest'ultimi sono arrivati non
più di 5 o 10 minuti dopo l'inizio delle operazioni.
Per
quanto attiene alle divise, quella atlantica è costituita da
un pantalone ed una camicia, ed è diversa dalla divisa che
indossano i poliziotti inquadrati in reparti di ordine pubblico, che
è tutta di un colore (una sorta di tuta). La divisa atlantica
è indossata dal personale del servizio controllo del
territorio, cioè quei servizi che svolgono attività di
controllo preventivo sul territorio.
GRAZIELLA MASCIA. Con le maniche lunghe?
FRANCESCO GRATTERI, Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. D'estate sono previste maniche corte.
PIERLUIGI PETRINI. Signor
presidente, dottor Gratteri, se non ho frainteso, lei ha detto di
aver visto alcune persone nel cortile della scuola che, all'arrivo
della polizia, si sono ritirate all'interno della stessa chiudendo il
portone.
Ha poi affermato di aver dovuto indossare lei stesso un
casco per ripararsi dalla pioggia di oggetti lanciati da coloro che
erano all'interno della scuola; di seguito, ha detto di essere
sopraggiunto sul luogo della perquisizione in un momento successivo
al culmine degli eventi, quando l'edificio era presidiato - lei così
lo definisce - dalla Polizia. Non riesco a comprendere la coerenza di
queste diverse affermazioni (può darsi che «presidio»
voglia dire qualcosa di diverso da ciò che immagino).
Lei riporta poi una voce secondo la quale all'interno della
scuola sarebbero stati portati numerosi feriti: ciò lascerebbe
intendere che all'interno della stessa funzionasse una sorta di
ospedale clandestino. Questo naturalmente giustificherebbe il fatto
che molte delle persone poi arrestate sul luogo presentassero lesioni
traumatiche. Tale fatto, che sicuramente è un elemento
dirimente rispetto a molte questioni, non dovrebbe essere difficile
da acclarare: pertanto vorrei sapere da lei se tra le persone
arrestate all'interno della scuola vi fossero soggetti che avevano
ricevuto un trattamento medico che andasse al di là del
ricorso a pomate o cerotti (e che mostravano quindi suture o altre
medicazioni professionali) e se tra gli oggetti sequestrati
all'interno dell'edificio vi fosse materiale sanitario, quali trousse
chirurgiche o kit di sutura.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Senatore
Petrini, vorrei fare una precisazione: ho detto di aver appreso che
all'interno del cortile, al momento dell'arrivo della Polizia, erano
presenti alcune persone, le quali hanno poi trovato rifugio
all'interno dell'istituto chiudendo la porta dietro di loro. Ciò
mi è stato riferito: non l'ho constatato personalmente in
quanto, lo ripeto, non ero presente in quella fase. Mi pare di averlo
letto o di averlo ascoltato anche dal prefetto La Barbera durante la
sua audizione.
Ho indossato il casco protettivo nel momento in
cui sono arrivato, perché mi era stato detto (- che, tra
l'altro, mi fu portato dal mio collaboratore -) che si era verificato
un lancio di oggetti al momento della perquisizione: vi era quindi il
timore, la possibilità che tale lancio proseguisse. Infatti
all'esterno dell'istituto vi erano condizioni che definirei precarie
per l'ordine e la sicurezza pubblica a causa di ciò che stava
accadendo.
Per quanto attiene ai feriti all'interno dell'istituto, vorrei
ricordare che su tale vicenda è in corso un accertamento da
parte dell'autorità giudiziaria. Ribadisco quanto già
detto, cioè di aver appreso da qualche funzionario, in una
fase ovviamente successiva ai fatti, della presenza di testimoni che
riferirebbero della sussistenza di tali circostanze. Non so se tra i
feriti di quella sera vi fossero persone eventualmente ferite in
momenti precedenti. Non ho detto questo e non voglio assolutamente
che sulla base delle mie parole si possa ipotizzare una cosa del
genere, perché voglio essere assolutamente «asettico»
su questo argomento. Posso solo ribadire di aver appreso da un
funzionario che vi sarebbero testimoni (uno o più di uno) che
avrebbero riferito circostanze del genere. Questo, se mi consente,
non è comunque un fatto sul quale vorrei addentrarmi, in
quanto è oggetto di un accertamento giudiziario in corso.
GIANNICOLA SINISI. Saluto e
ringrazio il dottor Gratteri. Non siamo qui per formulare
complimenti, ma per svolgere un'indagine: ciò nondimeno, credo
di avere il dovere, assieme ai colleghi che mi hanno preceduto, di
esprimere l'apprezzamento per il rigore, non soltanto formale, con
cui lei ha esposto l'andamento dei fatti. Purtroppo anch'io debbo
sottolineare che in precedenza altri non sono stati egualmente
rigorosi come lo è stato lei.
Innanzitutto vorrei fare una
precisazione, che credo sia utile venga conosciuta anche dagli altri
componenti del Comitato, circa il ruolo del Servizio centrale
operativo della Polizia di Stato, che svolge ormai da qualche anno
compiti di mero coordinamento delle squadre mobili e di supporto
tecnico-logistico. La responsabilità operativa, se non vado
errato, è quindi dei reparti territoriali, cioè delle
squadre mobili. Ciò con riferimento agli atti della Polizia
giudiziaria e,
nel caso di specie, della squadra mobile e del responsabile della
DIGOS (così come lei ha chiaramente esposto).
Ciò
detto, le vorrei porre le seguenti domande: innanzitutto, vorrei
sapere se il dottor Canterini era presente nel momento in cui fu
presa la decisione relativa alla pianificazione operativa della
perquisizione, cioè quando venne specificato chi dovesse fare
che cosa, nella fase finale dell'incontro tenuto nella sala riunioni
della questura. In secondo luogo - credo che lei lo abbia già
detto - le volevo chiedere se lo stesso reparto mobile accompagnò
il funzionario della DIGOS alla scuola Diaz quando si doveva
effettuare la perquisizione. Mi sembra infatti di aver capito che
fosse lo stesso reparto mobile a dover accompagnare il funzionario
della DIGOS.
Al Comitato è stato poi riferito della
presenza di due ufficiali dei carabinieri durante la pianificazione
operativa: volevo sapere - così fornisco un aiuto
sull'argomento al presidente Mancuso - se lei si ricorda chi fossero
questi due ufficiali. Infine, volevo sapere se tra i sessanta uomini
che dipendevano da lei a vario titolo, anche se non direttamente,
qualcuno sia rimasto contuso durante la perquisizione.
FRANCESCO GRATTERI,
Direttore del Servizio centrale operativo-Criminalpol. Il
dottor Canterini era certamente presente nella fase ultima della
riunione, quando già l'atto deliberatorio era intervenuto e
quando si stavano determinando le modalità di partecipazione
alla perquisizione. Per maggiore chiarezza ricordo che il dottor
Canterini, nel momento in cui si stava valutando, come svolgere la
perquisizione, propose l'utilizzo dei lacrimogeni, ma fu
immediatamente «stoppato» dal prefetto La Barbera.
Ricordo poi che il dottor Mortola - su questo punto lo stesso può
essere più preciso; non vorrei dire inesattezze, ma questi
sono i miei ricordi - avrebbe dovuto fare da guida al
reparto mobile per giungere sul posto, così come un altro funzionario della DIGOS avrebbe dovuto guidare l'altro contingente che doveva raggiungere la scuola Diaz. Confermo la presenza, mi sembra, di due sottotenenti o tenenti dell'Arma, che ritengo fossero preposti al contingente dei carabinieri che doveva assumere la posizione che ho detto, cioè l'ultima tra i vari anelli che dovevano costituire il fronte dell'intervento. Tra il personale del comparto squadre mobili - SCO mi risulta vi siano stati un paio di contusi: penso si tratti di appartenenti alle squadre mobili che erano state aggregate al mio ufficio, ma in questo momento non so dire chi siano né a quale ufficio specifico appartengano.
PRESIDENTE. Dottor Gratteri, la ringrazio, anche a nome dell'intero Comitato, per le sue risposte e dichiaro conclusa l'audizione.
MARCO BOATO. Vorrei sottoporre alla
sua attenzione due questioni. Nel corso dell'audizione del colonnello
Tesser avevo rivolto una domanda al medesimo chiedendogli una
ricostruzione dettagliata dell'impiego dei reparti dei carabinieri
nel primo pomeriggio di venerdì 20 (momento delicato e
cruciale). Il colonnello si è riservato di farlo
tempestivamente. Al termine dell'audizione, mentre si allontanava, è
venuto a salutarmi, dicendomi anche di lasciargli qualche ora di
tempo per riposare prima di rispondere. Poiché, da allora, è
trascorso qualche giorno, le chiedo se si possa garbatamente
sollecitare questa ricostruzione.
La seconda questione che vorrei
segnalare è la seguente: su alcuni giornali di oggi, il
Resto del Carlino, La Nazione, il
Giorno, Il Secolo XIX e la Repubblica, viene ricostruito un aspetto della testimonianza del dottor Canterini in relazione al contatto che ha avuto con l'avvocato Taormina. Il dottor Canterini ci ha detto di non aver lasciato alcun documento all'avvocato Taormina (lo qualifico così poiché il dottor Canterini lo ha contattato in questa veste), mentre il sottosegretario Taormina ha dichiarato ai giornali di aver ricevuto i documenti in questione dal dottor Canterini e di averli immediatamente trasmessi alla procura della Repubblica; «in serata», come viene riportato dai giornali, che ho citato prima, il dottor Canterini ha dichiarato di avere sbagliato a riferire a noi e di aver dato quei documenti. Sarebbe opportuno che lei, a nome del Comitato, in base alle notizie giornalistiche sulle quali dobbiamo basarci sollecitasse il dottor Canterini a segnalare le eventuali correzioni che volesse apportare alla sua relazione poiché a noi ha detto una cosa non vera.
PRESIDENTE. Provvederemo in tal senso.
Audizione del dottor Valerio Donnini, della Direzione centrale affari generali-dipartimento di pubblica sicurezza.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno
reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in
occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del dottor
Valerio Donnini, funzionario della direzione centrale affari
generali-dipartimento pubblica sicurezza.
Prima di dare inizio
all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente
conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute
del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste
dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono
la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo
obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante
l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che
consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati
locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione
dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio il dottor
Valerio Donnini e lo invito a riferire. Ci scusiamo per il ritardo ma
avrà compreso che i lavori di questo Comitato hanno tempi
abbastanza ristretti.
VALERIO DONNINI, Funzionario
direzione centrale affari generali-dipartimento pubblica sicurezza.
Signor presidente, in relazione alla convocazione pervenutami, ho
ritenuto di redigere una memoria, che consegno al Comitato, in ordine
agli argomenti sui quali ritengo presumibilmente di essere ascoltato
da questo spettabile Comitato da lei presieduto.
Al termine del
corso di alta formazione svolto presso la scuola di perfezionamento
per le forze di polizia, in data 28-12-2000, con l'ordinanza del 28
dicembre 2000 del Capo della Polizia fui assegnato alla direzione
centrale per affari generali della Polizia di Stato in qualità
di consigliere ministeriale aggiunto, con la funzione di effettuare
la riorganizzazione dei reparti mobili e di accordare l'attività
con quella della direzione centrale dei servizi tecnico-logistici e
della gestione patrimoniale.
In funzione del mandato conferitomi,
sono stato interessato ad un progetto di riassetto organizzativo dei
reparti mobili e di riqualificazione operativa del personale degli
stessi per adeguarli alle nuove, mutate esigenze nei servizi di
ordine pubblico. Il progetto, ormai datato, risale infatti, ad un
gruppo di lavoro costituito con decreto del 16 giugno del 1999 e
presieduto dal direttore generale centrale per gli affari generali
pro tempore, su input dell'allora vicecapo della
Polizia vicario,
prefetto De Gennaro. Si evidenziava, infatti, come i reparti
mobili avessero subìto, nel corso degli anni, una progressiva
diversificazione di impiego. Snaturati dalla loro originaria
funzione, potevano definirsi i serbatoi di personale cui attingere
per lo svolgimento dei servizi più vari, caratterizzandosi
sempre meno come reparti di ordine pubblico.
Successivamente, nel
settembre 2000, ebbi l'incarico di presiedere un gruppo di lavoro e
di effettuare un monitoraggio sulle tecniche di intervento e sulle
dotazioni utilizzate, in occasione di servizi di ordine pubblico,
dalle principali forze di polizia dell'Unione europea. Ricordo che
l'attività di screening, richiesta dal capo della
Polizia ed affidata per l'organizzazione alla direzione centrale
della Polizia di prevenzione, il cui direttore centrale all'epoca era
il prefetto Ansoino Andreassi, riguardò le realtà di
Londra (con riferimento alla polizia metropolitana), Colonia (con
riferimento alla stessa città