PARLAMENTO ITALIANO

Seduta di Venerdì 7 settembre 2001



BOZZA NON CORRETTA

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

COMITATO PARITETICO

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di venerdì 7 settembre 2001


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La seduta comincia alle 9,45.

Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione del senatore Lamberto Dini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del senatore Lamberto Dini.
Ricordo che l'indagine ha natura puramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio, a nome personale e del Comitato, il senatore Lamberto Dini per aver accettato il nostro invito. Le sarei grato, senatore Dini, se potesse dare lettura della sua relazione.

LAMBERTO DINI. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, svolgerò una breve introduzione cominciando col dire


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che ho preso visione della testimonianza resa dall'ambasciatore Vattani davanti a questo Comitato giovedì 30 agosto 2001 e posso confermare quanto da lui dichiarato circa l'azione svolta dal Ministero degli affari esteri, in stretto collegamento con la Presidenza del Consiglio, per l'organizzazione del vertice G8 di Genova, nel periodo precedente il 6 giugno, quando è cessato il mio incarico di ministro degli esteri.
Il ministro Vinci Giacchi ha poi fornito con la sua testimonianza, sempre del 30 agosto 2001, un'illustrazione più dettagliata del ruolo svolto dalla struttura di missione, in particolare dopo il 2 febbraio di quest'anno, quando il Presidente del Consiglio conferì al Ministero degli affari esteri l'incarico di coordinare i lavori relativi all'organizzazione del G8, che, fino ad allora, erano stati eseguiti in parte dai funzionari della Presidenza del Consiglio, attraverso la struttura di missione, la quale inevitabilmente si serviva per competenza anche di funzionari addetti a vari servizi del Ministero degli esteri. Pertanto, in un primo tempo, il ministro Vinci Giacchi riferiva periodicamente a me dei progressi fatti, come degli ostacoli incontrati dalla missione nei lavori preparatori del vertice. Viste però le vischiosità incontrate in quei mesi nel far avanzare i lavori e l'emergere di inquietanti ritardi, alla fine di marzo decisi di chiedere all'ambasciatore Vattani di occuparsi personalmente delle questioni di competenza della struttura di missione e di coordinarne i lavori con gli organi territoriali competenti e con i rappresentanti dei paesi del G8 partecipanti al vertice.
L'ambasciatore Vattani ha riferito ampiamente delle difficoltà incontrate nel convincere le delegazioni ufficiali ad accettare la loro sistemazione sulla grande nave da crociera European Vision, che era stata contrattata in febbraio per il periodo del vertice. Io stesso svolsi opera di persuasione,


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d'intesa con l'ambasciatore Vattani, in particolare con i ministri degli esteri russo e giapponese, con successo. Maggiori difficoltà incontrai, invece, con il ministro americano Colin Powell, al quale parlai durante la mia visita a Washington il 22 febbraio, dell'opportunità, per ragioni logistiche e di sicurezza, che la delegazione degli Stati Uniti accettasse, come quella francese ed altre dopo, di alloggiare comodamente sulla European Vision. Il Comitato conosce la scelta definitiva effettuata dagli Stati Uniti.
Per le responsabilità organizzative di coordinamento attribuite dal Presidente del Consiglio al Ministero degli esteri, ho poi seguito personalmente gli aspetti riguardanti il recepimento dei fondi necessari all'organizzazione del vertice, i cui costi, come è stato documentato, tendevano a superare, per specifiche e giustificate esigenze, quelli previsti dalla legge n. 149 del 2000. Il Governo provvide all'integrazione di quei fondi con appositi provvedimenti legislativi.
Durante il mio mandato di ministro, non mi è stato richiesto di occuparmi dei rapporti con le organizzazioni non governative, né del dialogo intrapreso dal Governo con queste e il Genoa social forum, in primis dalla Presidenza del Consiglio e, successivamente, dal mio successore ministro Ruggiero e dal ministro dell'interno in carica.
Per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza, essi, istituzionalmente, competevano al Ministero dell'interno. Il mio intervento si è limitato, in particolare durante il mese di maggio, a richiamare l'attenzione del ministro Bianco e del Presidente del Consiglio sull'urgenza di definire rapidamente un piano complessivo per garantire la sicurezza del vertice, anche in vista delle notizie allarmanti che ci pervenivano circa possibili


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manifestazioni da parte dei gruppi «antiglobalizzazione» e di altri. La mia corrispondenza al riguardo è stata portata gli atti di questo Comitato.
Vorrei confermare che, anche se un quadro preciso della sistemazione definitiva sulle navi delle delegazioni ufficiali e dei giornalisti è emerso soltanto nell'ultima parte di maggio, non si può dire che ciò abbia complicato la predisposizione del meccanismo di sicurezza, offrendo anzi quella decisione una notevole semplificazione dei necessari accorgimenti per assicurare la sicurezza delle delegazioni e i loro movimenti.
Signor presidente, sono a disposizione dell'onorevole Comitato per fornire ogni risposta alle domande di competenza che mi saranno rivolte.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che non vi hanno partecipato che nella riunione dell'ufficio di presidenza svoltasi questa mattina è stato stabilito, con riferimento alle audizioni alle quali procederemo nella giornata odierna, che, successivamente alla formulazione delle domande da parte dei componenti il Comitato, ciascun audito svolga un complessivo intervento di replica.

MICHELE SAPONARA. Senatore Dini, mi debbo complementare con lei e debbo ringraziarla. Infatti, dalla sua relazione e, soprattutto, dalla corrispondenza e dalle carte in nostro possesso, risulta che lei è stato l'unico rappresentante delle istituzioni a comprendere in tempo la delicatezza della situazione, a rappresentarla al Presidente Amato e al ministro Bianco e a seguirla.
Poi vedremo quanto sia stato seguito il suo consiglio.
La ringrazio perché in quest'aula abbiamo sentito l'architetto Paolini parlare di ritardo e, addirittura, di latitanza del Governo e abbiamo letto anche di una rettifica amara del


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senatore Giuliano Amato, il quale contraddice la Paolini negando che vi siano stati ritardi. Per dare un senso, una conferma e un'interpretazione più ampia alla sua relazione, leggo la lettera che lei ha inviato il 14 maggio 2001 al professor Giuliano Amato, nella quale dichiara: «Non posso non rilevare come l'estrema ristrettezza del tempo che ci separa del vertice, il confermarsi di notizie allarmanti sulla partecipazione ad eventi collaterali da parte di manifestanti antiglobalizzazione, le ricadute negative di immagine per il nostro paese avute con i resoconti dei media sullo svolgersi delle consultazioni elettorali, rendono particolarmente impegnativa ed urgente la predisposizione di un piano dettagliato e credibile per la sicurezza dell'ordine pubblico a Genova. Occorrerà, in particolare, che il Ministero dell'interno illustri come intenda assicurare la funzionalità della città e del vertice in presenza di un numero prevedibilmente elevato di manifestanti antiglobalizzazione, parte dei quali verosimilmente animati dall'obiettivo di impedire il corretto svolgimento dell'evento».
In pari data, scriveva al ministro Bianco suggerendo gli elementi e gli aspetti da approfondire: il piano generale della sicurezza, che include la prevenzione e la gestione delle previste manifestazioni antivertice. Aggiunge che il ritardo con cui le delegazioni straniere hanno fatto conoscere il luogo dove avrebbero alloggiato non ha impedito che un piano di sicurezza venisse approntato. Noi abbiamo appreso, invece, dai vertici della Polizia che questo ritardo ha creato dei problemi e ha impedito che il piano di sicurezza fosse definito in tempo. Senatore Dini, lei conferma questa corrispondenza che ha già richiamato nella sua relazione e tali ritardi? Conferma che si sapeva da tempo che ci sarebbero state manifestazioni che avevano lo scopo di impedire il vertice?


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GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei chiedere solo un piccolo chiarimento rispetto alle dichiarazioni del senatore Dini. Credo sia opinione comune di questo Comitato che l'aver concentrato tutte le delegazioni sulla European Vision sia stata una scelta più che opportuna, logica e vincente anche dal punto di vista della definizione della sicurezza. Tuttavia, affinché le cose che lei ha detto non vengano fraintese, le chiederei di chiarire un passaggio della sua relazione. Se, da un lato, siamo tutti d'accordo che concentrare le delegazioni su una nave sia stato molto positivo ai fini della sicurezza, dall'altra mi sembra altrettanto evidente che fintanto che, tutte le delegazioni non avessero dato il proprio assenso, restava aperto il problema della sicurezza generale. Vorrei che lei ci confermasse, per lo meno per il periodo in cui era ministro - risulta dalle dichiarazioni rese a questo Comitato dal prefetto e da altri rappresentanti della pubblica sicurezza e, seppur con una certa difficoltà espositiva, alla fine è emerso abbastanza chiaramente anche da quanto riferito dall'ambasciatore Vattani - che la delegazione statunitense ha sciolto la riserva sulla presenza del Presidente Bush solo alla fine di giugno. A noi il prefetto ha detto che la delegazione americana ha desistito dall'idea di Rapallo solo negli ultimi dieci giorni di giugno: non ricordava esattamente la data, ma si trattava della fase finale di giugno. Ciò è stato confermato anche dall'ambasciatore Vattani, il quale ha dichiarato che ciò è avvenuto nella seconda metà di giugno.
Volevo solo sottolineare questo fatto perché risponde sicuramente a verità ciò che lei ha dichiarato. Concentrare tutte le delegazioni su una nave significava semplificare ai fini della sicurezza, ma, fintanto che non avessimo avuto la certezza che tutti sarebbero andati lì, restavano aperti problemi grandissimi. Se, infatti, la delegazione americana e il Presidente Bush


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avessero confermato la propria presenza a Rapallo, è evidente che sarebbero cambiati completamente i termini di sicurezza; pertanto, fin quando non è stato sciolto questo nodo, i piani operativi, relativi alla dislocazione delle forze e all'organizzazione del sistema di sicurezza, non potevano evidentemente essere definiti. Vorrei che lei confermasse questa mia impressione.

ROBERTO MENIA. Senatore Dini, abbiamo potuto verificare, sia attraverso la corrispondenza che lei ci ha fornito, sia attraverso il lavoro svolto dagli uffici, i diversi interventi del suo Ministero. In particolare, possiamo notare una singolare coincidenza, ossia che il 30 gennaio 2001 - proprio mentre si conclude a Porto Alegre, in Brasile, il forum sociale mondiale di organizzazione del movimento antiglobalizzazione, da cui poi deriveranno tutta una serie di decisioni e determinazioni in ordine a ciò che tale movimento prevedeva di fare nei mesi successivi - è stato affidato l'incarico all'architetto Paolini, da parte del ministro plenipotenziario Vinci Giacchi, di coordinare le iniziative riconducibili alle organizzazioni non governative. Come è già stato ricordato dal collega di Forza Italia, nel corso dell'audizione l'architetto Paolini ha manifestato diverse perplessità in ordine al comportamento del Governo, dichiarando che vi sono stati ritardi, inefficienze, eccetera.
Per quanto la riguarda personalmente, effettivamente, nel marzo 2001, con una lettera, lei sollecita il ministro dell'interno ad un'iniziativa congiunta al fine di stabilire entro quali termini potrà essere tollerata la manifestazione del dissenso. Successivamente lei scrive al Presidente del Consiglio, in vista della riunione del comitato nazionale per la sicurezza e l'ordine pubblico (siamo al 14 maggio 2001), mentre il 22 maggio si svolge la riunione al Ministero degli esteri con gli ambasciatori e il capo della Polizia De Gennaro. Queste sono


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sostanzialmente le iniziative intorno alle quali si focalizza l'iniziativa del Ministero degli esteri.
Come lei ha ricordato, peraltro, doveva, invece, essere compito soprattutto del Ministero dell'interno provvedere alla definizione del piano complessivo della sicurezza ma, mi pare di capire, anche attraverso i suoi riferimenti, che ritiene di non avere ricevuto risposte concludenti. In particolare, a differenza di quanto rilevava poco fa il collega Bressa, lei ci ha detto che il quadro complessivo della sistemazione sulle navi - la questione più afferente alle competenze del Ministero degli esteri - viene definito entro fine maggio ma, comunque, questo non avrebbe dovuto pregiudicare la valutazione generale del controllo dell'ordine pubblico nella città poiché il luogo di svolgimento era già definito. Quindi, una valutazione sul controllo dell'ordine pubblico nella città di Genova si sarebbe dovuta fare a prescindere dalla vicenda della sistemazione delle delegazioni.
Le chiedo, inoltre, se la ritiene possibile, una valutazione sul ruolo del Presidente del Consiglio e del ministro dell'interno dell'epoca, sui loro comportamenti e sulle risposte che da costoro ha avuto, in particolare attraverso quali fatti concludenti abbiano risposto alle questioni da lei poste. Mi pare infatti che vi sia stata, paradossalmente, una maggiore sensibilità in ordine alla questione della sicurezza da parte del Ministero degli esteri rispetto al Ministero dell'interno, a cui queste funzioni erano delegate.

LUCIANO VIOLANTE. Presidente Dini, vorrei porle, brevemente, alcune domande. La prima è la seguente: per quale motivo la struttura fu spostata dalla Presidenza del Consiglio al Ministero degli esteri?
In secondo luogo, vorrei sapere se vi furono problemi complessi in ordine alla composizione delle delegazioni, alla


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sede delle stesse ed alle richieste di sicurezza da esse poste. Vorrei cioè sapere se il problema dell'ordine pubblico e della sicurezza era un problema autonomo rispetto alla collocazione delle delegazioni o collegato a questa.
Da ultimo, vorrei conoscere le ragioni per le quali fu aggiunto l'ambasciatore Vattani all'ambasciatore Vinci Giacchi.

MARCO BOATO. Presidente Dini, molte delle domande che avrei voluto farle sono già state poste dai colleghi che mi hanno preceduto.
Vorrei sapere - sia per quanto riguarda la sua responsabilità istituzionale sia per quanto è a sua conoscenza nella collegialità del Governo di cui faceva parte - come sia avvenuta e da chi sia stata proposta la nomina dei responsabili della preparazione del vertice del G8, ed in particolare quella dell'ambasciatore Vinci Giacchi, come capo della struttura di missione, e quella dell'ambasciatore Olivieri, come sherpa, nel senso di persona che porta i pesi, cioè prepara il lavoro.
La domanda che sto per farle le è già stata posta, in parte, dal presidente Violante, e riguarda il punto della sua relazione in cui lei parla di «vischiosità incontrata in quei mesi». Mi pare che i mesi a cui si fa riferimento siano quelli del passaggio, deciso dal Presidente Amato, della responsabilità primaria dalla Presidenza del Consiglio (responsabilità prevista, peraltro, istituzionalmente, dalla legge che istituisce il G8) al Ministero degli affari esteri. Lei usa l'espressione «vischiosità e ritardi» - le chiedo scusa se le mie citazioni non sono del tutto esatte - e poi afferma: «A fine marzo chiesi all'ambasciatore Vattani di coordinare i lavori della struttura di missione e di sovrintendere un po' a tutto». Vorrei dei chiarimenti su questo punto e mi associo alla domanda già posta dall'onorevole Violante.


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Ancora, lei afferma: «Non ho avuto compiti in relazione al rapporto con le ONG oltre che al Genoa social forum». Vorrei chiederle, per completare il quadro già in parte acquisito, chi aveva questi compiti per quanto riguarda il Ministero degli esteri.
Con riferimento alla lettera da lei inviata, in qualità di ministro degli affari esteri, all'allora Presidente del Consiglio Amato (che risulta nella nostra documentazione e che è stata poco fa ampiamente citata dal collega Saponara) al fine di sollecitare la predisposizione di un piano per la sicurezza e l'ordine pubblico a Genova in previsione delle manifestazioni anti G8, le chiedo conferma della data. La sua lettera infatti è datata 14 maggio 2001, cioè il giorno successivo alle elezioni, quando si sapeva con certezza che sarebbe cambiato non solo il Governo (come è ovvio quando vi è un cambio di legislatura), ma anche lo schieramento politico chiamato a governare non appena le procedure parlamentari e istituzionali sarebbero state completate, il che, come lei ha ricordato, avvenne all'inizio di giugno. Volevo chiederle qual è il significato della sua decisione di assumere questa iniziativa in data 14 maggio.
Un'ultima domanda al fine di completare il nostro quadro informativo.
Dagli atti del Ministero degli esteri, in parte riservati - anche se devo dire che tale riservatezza è stata superata da altri responsabili istituzionali del Ministero dell'interno che ci hanno parlato in maniera esplicita -, emergono particolari difficoltà nella cooperazione con la Grecia sotto il profilo della predisposizione dei meccanismi preventivi di sicurezza: c'è uno scambio di lettere e traspaiono situazioni di tensione. Tali tensioni, peraltro, al di là della riservatezza di cui dicevo prima, si riscontrano sia sul versante del Ministero degli esteri che su quello del Ministero dell'interno. Vorrei chiederle se lei


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era a conoscenza di queste difficoltà, se abbia dovuto affrontare tale questione e se vi sia una spiegazione di queste difficoltà che risultano, ripeto, sia dagli atti del Ministero degli esteri, ancora coperti da riservatezza, sia da quelli del Ministero dell'interno che ci ha, invece, riferito ampiamente al riguardo.

MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Ministro, la ringraziamo per la sua chiara, anche se stringata, relazione; se possibile, vorrei che mi fossero chiariti alcuni punti che non ho ben compreso. Lei ha detto che la sistemazione definitiva delle delegazioni è avvenuta nell'ultima parte di maggio, ma che comunque ciò non ha minimamente scalfito né mutato il piano di sicurezza che il ministero aveva preparato e che poi, come abbiamo visto, ha funzionato perfettamente; vorrei sapere se ciò è esatto.
Ministro, lei ha detto ancora che non ha avuto rapporti né con le organizzazioni non governative né con il Genoa social forum. Da tutti gli atti risulta però che il suo Ministero ha avuto rapporti ravvicinati - anzi, molto ravvicinati - con le organizzazioni non governative (li ha anche per legge), che poi sono diventate il Genoa social forum. Questa mancanza di rapporti è da attribuire a lei personalmente e non al Ministero; quindi, poiché l'organizzazione del Dicastero faceva capo a lei, quale indicazione ha fornito ai dipendenti ed agli ambasciatori riguardo ai rapporti con il Genoa social forum? Risulterebbe inoltre che l'architetto Paolini, che è stata indicata come soggetto più accreditato per parlare con il Genoa social forum, sia stata individuata da un ambasciatore e poi nominata da Vinci Giacchi.


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Le chiedo infine se lei, senatore Dini, ricevesse le informative dei Servizi segreti sulle organizzazioni violente che, si dice, appartenessero successivamente anche al Genoa social forum.

GRAZIANO MAFFIOLI. Mi associo agli apprezzamenti rivolti dall'onorevole Saponara per la prontezza con la quale il senatore Dini, in qualità di ministro, ha segnalato i ritardi ed i pericoli che si delineavano in vista del G8. Senatore, le chiedo chi le abbia segnalato questi pericoli. Quali fatti e quali notizie l'hanno indotta ad assumere l'importante e significativa decisione di inviare la lettera al Presidente del Consiglio, in data 14 maggio?

GRAZIA LABATE. Presidente Dini, le rivolgerò solo due domande.
L'architetto Paolini nella sua relazione al Comitato ha messo in evidenza una sorta di periodo grigio, una zona grigia, che ha definito anche in termini di latitanza del Governo nell'assunzione di decisioni circa le modalità con cui diverse parti del movimento avrebbero partecipato all'iniziativa in occasione del G8. Poiché ciò risulta agli atti ed anche nelle relazioni svolte da altri soggetti che il Comitato ha ascoltato, sia a livello locale sia a livello di responsabilità nazionale, le chiedo che cosa determinò il cambiamento nell'atteggiamento del Governo, in relazione al fatto che il Governo stesso aveva accettato manifestazioni ed iniziative in occasione del G8 che si concludessero una settimana prima dell'inizio degli eventi. Che cosa ha determinato questo cambiamento? Lei era a conoscenza di questa sollecitazione dell'architetto Paolini, che comunque dipendeva dalla struttura di missione?
La seconda domanda riguarda un passaggio della relazione in cui lei, riferendosi alla lettera del 14 maggio, si dice


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preoccupato dell'andamento che le manifestazioni anti globalizzazione potevano assumere in occasione del vertice. Poiché abbiamo potuto, in maniera riservata, prendere visione dei rapporti SISDE, desidererei sapere se il Ministero (ancorché dai rapporti si evince che questi, per conoscenza, erano inviati anche alla Farnesina) avesse piena conoscenza dell'attività di intelligence, quasi quotidiana, che si è protratta sino al periodo in cui le responsabilità di Governo del senatore Dini sono cessate.

LUCIANO FALCIER. Ringrazio il Presidente Dini, non solo per la sua relazione ma anche per la sua presenza e disponibilità. Vorrei fare una premessa prima di formulare la mia domanda.
Mi risulta che prima di ogni summit di carattere internazionale il mondo delle organizzazioni non governative, delle associazioni che gravitano intorno alla cooperazione internazionale, soprattutto espressione dell'ambiente cattolico, puntualmente organizzi incontri per fornire proposte, attraverso forum e discussioni, al summit; si tratta di un mondo che, ben prima della scadenza di Genova, era presente con una propria capacità organizzativa per offrire proposte ai capi di Stato e di Governo.
In questa occasione, risulterebbe che a Firenze, il 2 ed il 3 aprile, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, alcune organizzazioni (cito le più importanti: CESPI, IAI, ICEPS, IPALMO) si siano incontrate e, con i massimi esperti internazionali del settore, abbiano svolto un proprio forum, pervenendo a conclusioni che sono contenute in alcune relazioni. Posta questa premessa, chiedo al senatore Dini se fosse a conoscenza di tali iniziative e, in caso positivo, se fossero pervenute, a lui o al Ministero, proposte di questo mondo - soprattutto dopo il forum di Firenze - in preparazione


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delle decisioni del tavolo del G8 di Genova. Quello che poi è risultato il Genoa social forum o il Patto di lavoro o i rappresentanti che poi si sono ritrovati in quell'organizzazione hanno mai fatto pervenire proposte circa i contenuti del lavoro che si è svolto a Genova?

GIANNICOLA SINISI. Vorrei rivolgere al senatore Dini una semplice domanda. Abbiamo appreso che la pianificazione della sicurezza era condizionata da tre elementi: la dislocazione degli eventi a Palazzo ducale e ai Magazzini del cotone, l'allocazione delle delegazioni ufficiali e l'autorizzazione delle manifestazioni. Ci è noto che le manifestazioni vennero autorizzate, sostanzialmente, tra il 12 ed il 19 luglio 2001. Rimane ancora abbastanza incerta la data in cui venne definita la sistemazione delle delegazioni ufficiali; un paio di colleghi hanno parlato di maggio (intervengo proprio perché due colleghi hanno ripetuto quella data), ma risulterebbe molto chiaro che dovrebbe essere avvenuto tra il 15 ed il 30 giugno. Mi sembra che le delegazioni ufficiali, in particolare quella degli Stati Uniti, che era costituita da quasi 500 componenti, fossero state definite alla fine del mese di giugno. Chiedo conferma di queste circostanze.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro chiede di parlare, do la parola al presidente Dini, pregandolo di rispondere nell'ordine in cui le domande sono state poste e di citare anche il collega che ha rivolto la domanda, in modo da consentire un ordinato svolgimento dei nostri lavori.

LAMBERTO DINI. Presidente, mi pare che le domande degli onorevoli deputati e senatori siano molto simili l'una all'altra e si intreccino tra loro per quanto riguarda gli aspetti concernenti, in particolare, le delegazioni e le predisposizioni del piano di sicurezza.


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Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Saponara, vorrei cominciare dicendo che non ho mai conosciuto l'architetto Paolini. La nomina è stata fatta dalla struttura di missione, su proposta della Presidenza del Consiglio ed in particolare del segretario generale di palazzo Chigi. L'architetto si doveva occupare dei rapporti con le organizzazioni non governative perché il Presidente del Consiglio aveva sin dall'inizio pensato che fosse utile coinvolgere le organizzazioni non governative in dialoghi, ma anche in convegni, relazioni, seminari che potevano essere tenuti al di fuori e prima del vertice.
Ciò in parte avvenne, come del resto è stato ricordato il fatto che alcune di queste organizzazioni incontrarono, in una riunione svoltasi a Firenze il 2-3 aprile, lo stesso Presidente del Consiglio. Il numero delle organizzazioni non governative, quelle che intendevano manifestare contro la globalizzazione e addirittura impedire il vertice, aumentò nel corso del tempo. Rispetto a tali organizzazioni, anche dopo la fine del mio Governo, fu compiuto il massimo sforzo di coinvolgimento al fine di ottenere che le manifestazioni venissero autorizzate e potessero svolgersi pacificamente. Mi pare che l'atteggiamento sia del Governo Amato, sia del Governo Berlusconi nei confronti delle organizzazioni non governative sia stato positivo. È stato lodevole il fatto di aver ricercato il dialogo senza impedire le manifestazioni stesse. Purtroppo la situazione è poi degenerata a causa di infiltrazioni di elementi violenti dei quali, evidentemente, non si era avuta notizia o, in ogni caso, non si aveva grande timore.
Confermo, onorevole Saponara, che l'insieme delle delegazioni - a parte gli Stati Uniti - durante il mese di maggio avevano accettato la sistemazione sull'European vision. Pertanto, ritenevo - infatti l'ho detto nella mia introduzione - che


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verso la fine di maggio il quadro fosse completo. Rimaneva, mi dite - esattamente questo non lo ricordo -, una definitiva accettazione da parte del governo degli Stati Uniti, che probabilmente, come è stato detto, avvenne più tardi, ma riguardò soltanto il presidente Bush e i suoi stretti collaboratori, perché il resto della delegazione statunitense sarebbe stata alloggiata sull'European vision, così come tutte le altre delegazioni. Pertanto, tenderei a confermare (ma spetterà poi al Comitato esprimere un giudizio) che questo ritardo può avere soltanto in minima parte complicato il lavoro degli organi di sicurezza; anzi, come dicevo nella mia introduzione, secondo me lo ha semplificato. Mi domando che cosa sarebbe accaduto se otto delegazioni così numerose fossero state sparpagliate per la Liguria, con la necessità di assicurare il loro spostamento e la loro sicurezza. Per questa ragione, sin da febbraio avevo concordato che si contrattasse l'European vision con l'intendimento di collocare le delegazioni su questa bellissima nave, la quale poteva ospitare tutte le delegazioni ufficiali separatamente e in ambienti estremamente confortevoli.
L'opinione del Ministero degli affari esteri partiva dall'assunto che, in occasione di ogni vertice, le delegazioni ufficiali accettano il luogo in cui il governo ospitante decide di alloggiarle. Pertanto, non ci aspettavamo, che il sito scelto, pur essendo non un albergo su terraferma ma di una nave attraccata nel porto di Genova, potesse provocare tante esitazioni da parte delle delegazioni. D'altronde, accade sempre che alcune delegazioni, fino a quando le altre non accettano la sistemazione, tendono a ritardare la loro decisione. Ciò è avvenuto anche se avevamo fatto tutto il possibile per portare a conoscenza dei rappresentanti dei paesi partecipanti al vertice la bontà della scelta della nave. È vero che


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il Presidente Bush decise di alloggiare in un albergo molto vicino al porto, ma il resto della delegazione aveva accettato di essere ospitata sulla nave.
Perciò, tenderei a confermare - questa domanda, oltre che dall'onorevole Sinisi, è stata posta anche da altri -, che il ritardo non può che aver complicato in minima parte il lavoro di predisposizione del piano di sicurezza, perché l'albergo dove fu alloggiato il presidente Bush era contiguo al porto di Genova. Peraltro, era tutto all'interno di quella che, poi, è stata definita la zona rossa.
All'onorevole Bressa, il quale ha sottolineato questo aspetto, devo dire che quando le delegazioni sciolsero la riserva a fine maggio, o fine giugno, credo che vi fu soltanto l'annuncio ufficiale da parte della delegazione degli Stati Uniti - anche se avevamo avuto già un consenso di massima, ad eccezione del presidente Bush - che quella sarebbe stata la sistemazione. Quindi, con riferimento ai problemi di sicurezza, credo che le questioni poste dall'alloggio delle delegazioni non abbiano rappresentato un elemento determinante.
Quanto all'incarico all'architetto Paolini, esso fu dato da Vinci Giacchi perché era il titolare della struttura di missione, ma, come ho detto, su suggerimento e incarico diretto da parte della Presidenza del Consiglio, che, si occupava in quei mesi dei collegamenti con le organizzazioni non governative. Ciò è provato anche dal fatto che lo stesso presidente Amato tenne una riunione di una giornata, a Firenze, con le organizzazioni non governative che erano state contattate. In effetti, già nei primi mesi dell'anno la Presidenza del Consiglio aveva pensato, ripeto, di organizzare una serie di seminari a latere, di preparazione, che avrebbero potuto anche concludersi con la predisposizione di un documento, relativo a quella che lo stesso Presidente Amato aveva chiamato Genoa non governmental


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initiative, che avrebbe dovuto portare a conoscenza dei capi di Stato e di governo i punti di vista di queste organizzazioni. Le cose si sono complicate, successivamente, con l'aumento del numero delle organizzazioni non governative con la creazione del Genoa social forum; effettivamente, tutto si svolse dopo la fine di maggio, direi anche durante il mese di giugno e nella prima parte di luglio.
Non ritengo vi sia stata, da parte del Ministero degli affari esteri, una sensibilità maggiore per la sicurezza. Ciò che evidentemente ci preoccupava è che da parte del Ministero dell'interno fosse definito rapidamente, il più rapidamente possibile, il piano complessivo della sicurezza, anche se riconosco, onorevole Sinisi, che rimaneva qualche incertezza sull'alloggio, in particolare, della delegazione statunitense.
L'onorevole Violante ha chiesto per quali motivi la competenza e la supervisione dei lavori della struttura di missione fu trasferita da palazzo Chigi, quindi dalla Presidenza del Consiglio, al Ministero degli affari esteri. In effetti, questa decisione fu assunta dal Presidente Amato, il quale mi scrisse una lettera al riguardo (non so se sia gli atti della Commissione). La ragione era che lo stesso Presidente Amato aveva notato che si stavano sviluppando due filoni di attività, quella esercitata direttamente da funzionari della Presidenza del Consiglio e quella svolta dal Ministero degli affari esteri, per competenza, con riferimento al cerimoniale, ai rapporti con la stampa, e così via.
Per evitare confusioni, cioè per avere un solo centro di responsabilità, il Presidente Amato decise di chiedere al Ministero degli affari esteri di effettuare il pieno controllo e, quindi, la supervisione dei lavori preparatori del vertice, in particolare, in esecuzione della legge n. 149 del 2000.


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Onorevole Boato, per quanto riguarda la nomina dei responsabili, l'ambasciatore Olivieri era già da tempo consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio e lo era stato già durante il Governo D'Alema (era stato confermato dal Governo Amato). Egli aveva la responsabilità, in quanto sherpa, di seguire tutti i lavori preparatori della sostanza, l'agenda, le tematiche che sarebbero state discusse al vertice e anche la predisposizione dei documenti di base che sarebbero confluiti successivamente nei comunicati ufficiali. L'incarico, quindi, dell'ambasciatore Olivieri era di carattere istituzionale. Anche tutti gli altri paesi nominano un consigliere del Presidente del Consiglio o del capo del Governo per attuare tali raccordi e seguire i lavori preparatori. Come è avvenuta la nomina dell'ambasciatore Olivieri? Era normale, de plano, che fosse il consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio a svolgere questo ruolo. Per ciò che riguarda la nomina di Vinci Giacchi come responsabile della struttura di missione, devo dire che in precedenza la preparazione dei vertici, per gli aspetti logistici e organizzativi, era sempre stata sotto la responsabilità dei ministeri degli affari esteri, sia in Italia, sia negli altri paesi: ricordo chiaramente il vertice G7-G8 di Napoli nel quale una piccola struttura del Ministero degli affari esteri seguiva gli aspetti relativi alle delegazioni, ai movimenti, alle sedi delle riunioni, al modo di assicurare tali aspetti. In questa occasione la nomina del ministro Vinci Giacchi venne suggerita al Presidente del Consiglio dal Ministero degli affari esteri: l'ambasciatore Vattani avanzò la proposta che fosse il ministro Vinci Giacchi (che del resto era stato, in precedenza, consigliere diplomatico del ministro dei trasporti per un lungo periodo) ad assumere la responsabilità della struttura di missione, io la appoggiai e il Presidente del Consiglio la accettò. Nella mia relazione, in effetti, onorevole


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Boato, ho detto che già dal mese di febbraio e dall'inizio di marzo si erano manifestate vischiosità nel portare avanti i lavori del vertice. Ciò si riferiva, in particolare, alla questione delle delegazioni, alla loro sistemazione, e anche ai ritardi nelle opere pubbliche che dovevano essere completate con i fondi messi a disposizione dal Governo (si trattava di circa di 80-90 miliardi destinati a opere pubbliche, per risolvere problemi logistici e per il miglioramento, in vari aspetti, della città di Genova): ciò risultava sotto la responsabilità del prefetto di Genova e degli enti territoriali (la provincia e, in particolare, il sindaco di Genova). Notavamo che quei cantieri non partivano o procedevano molto lentamente e che era necessario attivarsi. Per tale ragione, ma anche per avere contatti diretti, a più alto livello, con le delegazioni dei paesi membri, presi la decisione di chiedere al segretario generale della Farnesina (che ha una grande esperienza, in particolare, nei rapporti internazionali) di fungere da liaison e assicurare il coordinamento, sia con i rappresentanti dei paesi del G8, sia con gli organi delle istituzioni locali ai quali ho fatto riferimento.
Onorevole Boato, non vi è stato nessun compito relativo alle ONG, salvo quello di seguire le iniziative della Presidenza del Consiglio durante il mio mandato, per le quali effettivamente la Presidenza aveva mostrato sensibilità nei modi che ho riferito (organizzazione di convegni e altro). A tale riguardo erano anche stati predisposti fondi (in un primo tempo 400 milioni) per l'organizzazione degli incontri delle organizzazioni non governative. Chi aveva tali compiti nel Ministero degli affari esteri? La struttura di missione, e nessun altro, doveva occuparsi di tali aspetti.
Riguardo al significato della mia decisione di scrivere, credo di avere risposto, nel senso che si era nel mese di maggio e


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ancora non si era concretizzato, anche in vista delle notizie che ci pervenivano, in particolare, attraverso la stampa: non ho mai letto, né è stato portato mai a mia conoscenza, un rapporto del SISDE a tale riguardo. Credo che questi rapporti probabilmente siano stati inviati al Ministero, in particolare alla segreteria generale, ma io non ne ho avuto conoscenza durante il mio mandato. Devo dire e sottolineare che gli aspetti di sicurezza legati alle organizzazioni non governative, al Genoa social forum e ad altri soggetti, si intensificarono dopo, nel mese di giugno e nella prima parte del mese di luglio. Ricordo, a tale riguardo, le iniziative del ministro Ruggiero proprio per cercare, attraverso il dialogo, una composizione e per evitare, quindi, che vi fossero manifestazioni che uscissero dal tracciato e che, in particolare, si svolgessero non pacificamente. Riguardo alle difficoltà di cooperazione con la Grecia, onorevole Boato, non ne ho mai sentito parlare, nessuno me ne ha parlato.
Senatrice Ioannucci, per quanto riguarda il mio giudizio sulla sistemazione delle delegazioni sulle navi per il piano di sicurezza, credo di avere risposto e confermo anche di non essermi occupato dei rapporti con le organizzazioni non governative. Tanto ciò è vero che non avevo neppure sentito parlare della nomina dell'architetto Paolini: si trattava di una questione interna, che riguardava più la Presidenza del Consiglio per l'organizzazione di convegni e riunioni. Non ho ricevuto, senatrice Ioannucci, informative dei servizi segreti. Avevamo notizia, in particolare attraverso gli organi di stampa e i rapporti che ci venivano inviati, anche verbalmente, di ciò che tali organizzazioni intendevano fare e vi erano alcune di esse che volevano impedire che il vertice si tenesse. Da ciò nascevano le preoccupazioni - credo naturali - che avrebbe


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dovuto avere e che ha avuto anche il Ministero degli affari esteri, e che ho avuto io personalmente. Ciò risponde, senatore Maffioli, in parte anche alla sua domanda.
Onorevole Labate, l'architetto Paolini ha denunciato ritardi? Non conosco questa persona e considero sorprendenti le sue dichiarazioni sui ritardi da parte del Governo. Effettivamente - come è stato detto da lei, onorevole Labate - il Governo Amato aveva lavorato ad un'ipotesi: le manifestazioni si sarebbero potute tenere in un periodo precedente il vertice, e poi un documento, se possibile unitario, avrebbe potuto essere presentato al vertice stesso. Di ciò io ero al corrente, ma non lo sono stato successivamente rispetto agli sviluppi della ricerca del dialogo, quando aumentavano le preoccupazioni.
Onorevole Labate, dei rapporti del SISDE non è ero quindi a conoscenza.
Senatore Falcier, è vero che in condizioni più normali - prima cioè che scoppiasse questa protesta antiglobal e quindi prima ancora degli avvenimenti di Göteborg di metà giugno - in tutti i vertici si era fatto in modo che coloro che volevano manifestare il dissenso, o che intendevano portare specifiche tematiche sostenute da associazioni non governative all'attenzione dei capi di governo, lo potessero fare prima ancora degli stessi. Personalmente ho partecipato a diversi summit, e mi riferisco non solo al G7 e al G8, ma anche a quelli dell'Unione europea, in cui ugualmente vi sono organismi che intendono presentare le loro proposte ai capi di governo. Non mi risulta che le proposte degli organismi non governativi che erano stati contattati (mi riferisco, in particolare, alle organizzazioni che hanno avuti contatti con la Presidenza del Consiglio e che sono elencate nelle testimonianze rese) siano infine state presentate al vertice. Onorevole Sinisi, con quanto detto credo di aver risposto anche alle domande da lei poste.


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PRESIDENTE. Presidente Dini, la ringrazio - anche a nome di tutto il Comitato - e dichiaro conclusa l'audizione. Per facilitare i nostri lavori, le sarei molto grato se potesse consegnare la sua relazione al Comitato, in modo che se ne possa distribuire copia a tutti i componenti.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11,30 con l'audizione del ministro Ruggiero.

La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11, 30.

Audizione del ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero il quale chiede di essere accompagnato dal ministro Francesco Caruso, dal ministro Antonio Zanardi Landi e dal consigliere Liborio Stellino.
Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.


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Ringrazio il ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero, a nome mio e dell'lintero Comitato e lo invito a riferire.

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Signor presidente, onorevoli senatori, onorevoli deputati, permettetemi innanzitutto di esprimere il mio più sincero ringraziamento per l'opportunità che, ancora una volta, mi si offre di illustrare al Parlamento il ruolo del Ministero degli affari esteri nella predisposizione del vertice G8 di Genova.
Nella mia relazione mi concentrerò naturalmente sugli eventi a cui ho partecipato nel quadro delle specifiche competenze del Ministero degli affari esteri, comprendenti: i contatti di natura diplomatica con gli altri paesi; la discussione ed il negoziato sui contenuti di politica estera legati sia alla riunione ministeriale di Roma del 18-19 luglio, sia al vertice stesso dei Capi di Stato e di Governo; la definizione del comunicato finale dell'incontro con riferimento ai suoi punti più qualificanti, primi fra tutti l'istituzione del fondo globale per la salute e la conferma degli impegni riguardanti la cancellazione o la riduzione del debito dei paesi più poveri.
Il nostro impegno ha altresì compreso la preparazione - prima del vertice ed in margine ad esso - rispettivamente dell'incontro delle massime autorità dello Stato con alte personalità morali internazionali e con il Segretario generale delle Nazioni Unite, insieme ad una significativa rappresentanza dei leader di paesi in via di sviluppo.
Tralascerei invece gli aspetti organizzativi - ovviamente sempre riferibili alle competenze del Ministero degli affari esteri - sui quali ha riferito il segretario generale ambasciatore Vattani.
Alla base di questa intensa attività preparatoria vi era un grande obiettivo: fare di Genova un vertice «per la vita», in


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particolare, per l'istituzione del fondo anti AIDS, un'occasione privilegiata di dialogo fra il nord e il sud del mondo, in grado di fornire risposte concrete alle istanze sempre più pressanti circa l'esigenza di uno sviluppo globale più equilibrato e sostenibile.
Come vi è noto, ho più volte accolto l'invito rivoltomi dal Parlamento per esporre prima del vertice le scelte, impostate dai precedenti governi e portare a conclusione dall'attuale Governo, che ne guidavano la filosofia innovativa, quanto ai contenuti e all'inedita cornice che ho sopra tratteggiato e per valutarne dopo i risultati sul piano della politica internazionale e del ruolo dell'Italia in tale scenario. Mi riferisco ai miei interventi in Assemblea (3-4 luglio in aula alla Camera; 11 luglio in aula al Senato; 25 luglio in aula alla Camera) e nelle Commissioni Affari esteri (4 luglio alla Camera e 10 luglio al Senato). In tali occasioni, ho potuto sottolineare quali fossero, a mio avviso, le ragioni oggettive che non solo facevano di Genova un passo in avanti nella lotta per un mondo più giusto, ma segnavano anche un avvio di riforma dei vertici che non mancherà di condizionare la struttura, l'agenda e gli obiettivi delle analoghe scadenze internazionali.
Vorrei dunque soffermarmi sulla successione delle varie tappe di costruzione del vertice, cercando di fornire a questa cronologia un denominatore comune: l'esigenza di governabilità della crescente interdipendenza che caratterizza la società internazionale e quindi della conseguente globalizzazione.
In questo sforzo, ero e resto convinto che le istituzioni possano avvalersi degli spunti provenienti da un dialogo autentico con la società civile, riservando lo spazio e l'ascolto al dissenso nelle forme doverosamente accettabili in paesi democratici.


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Ribadisco che la ricerca del dialogo con le componenti della società civile - linea che continuo sempre a ritenere corretta e necessaria - non ha costituito solo una scelta di carattere precauzionale. In altri termini, essa non era volta solo a ridurre il tenore e la dimensione degli scontri temuti, a non esacerbare cioè le forti tensioni che si erano sviluppate ai margini dei precedenti vertici internazionali. Essa intendeva essere anche una vera e propria risorsa aggiuntiva di un vertice che teneva a caratterizzarsi per il suo grado di considerevole apertura sul mondo esterno e per un'agenda che rispondeva alle oggettive sollecitazioni della sua componente più penalizzata.
Tali miei convincimenti di fondo si sono ulteriormente rafforzati già durante i giorni del Consiglio europeo di Göteborg, allorché, dopo gli scontri del 16 giugno, manifestai sia ai colleghi europei, sia agli organi di informazione, la necessità di insistere sul dialogo con chi intendeva manifestare pacificamente per dare voce a quei fermenti, spesso condivisibili, presenti oggi in tutte le società civili del pianeta.
Ciò che mi colpì a Göteborg fu il fatto che quel vertice era dominato da due grandi eventi positivi: la definizione di una strategia europea d'avanguardia in materia di politica ambientale per inserire l'ecologia come dimensione necessaria ad ogni altra politica di sviluppo; l'incontro di 24 paesi europei rappresentati al più alto livello per decidere di iniziare un nuovo capitolo nella storia del vecchio continente: quello di vivere insieme ed organizzare assieme lo sviluppo in una cornice di pace e libertà.
Chiudevamo in quel momento secoli di rivalità, di guerre, di conquiste territoriali, di tentativi di dominazioni egemoniche per estendere quel disegno di pace e di progresso che è stata ed è la costruzione dell'Unione europea.


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Tuttavia, mentre questi due grandi eventi si producevano e si discutevano, al di fuori del centro conferenze di Göteborg i dimostranti lanciavano pietre, scontrandosi duramente con le forze dell'ordine e dando origine ai conseguenti gravi incidenti che tutti conoscete.
Perché mai una simile incomprensione fra quanto accadeva all'interno delle sale del vertice e la violenta protesta all'esterno?
Risalgono a quei giorni, peraltro immediatamente successivi al mio arrivo alla Farnesina, due miei intendimenti: discutere con i colleghi dell'Unione europea e del G8 della necessità del dialogo verso l'esterno; invitare alcune personalità internazionali di riconosciuta autorità morale per fare sentire la loro voce ai partecipanti al vertice di Genova. Inoltre, organizzare alcuni incontri con componenti qualificate della società civile impegnate sui temi della globalizzazione e della solidarietà, proprio per approfondire i concreti contenuti dell'agenda del vertice che andavano incontestabilmente in favore della lotta contro le ingiustizie del mondo.
Certo non portavano ad una loro eliminazione, ma era un primo passo. Ho accompagnato questa azione con una serie di dichiarazioni pubbliche per illustrare la vera agenda del vertice.
Con gli stessi intenti, e con identico spirito di apertura e disponibilità, incontrai, rispettivamente il 20 e 21 giugno al Viminale con il ministro Scajola, gli onorevoli Francescato e Bertinotti, nonché una delegazione di parlamentari liguri che espressero nella circostanza unanime apprezzamento per la linea di dialogo intrapresa. Da parte mia, cercai in queste occasioni di valorizzare i temi e le finalità del vertice. Risultò chiaro fin da quei primi contatti come per il Governo l'espressione di una protesta in forma pacifica costituisse un


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diritto legittimo in qualsiasi ordinamento democratico, mentre il ricorso ad atti di violenza per esprimere il dissenso non sarebbe stato ritenuto accettabile.
Continuava negli stessi giorni, di intesa con il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, il mio impegno personale per promuovere a Roma, alla vigilia del vertice, una riunione con eminenti personalità mondiali indipendenti di riconosciuta autorità morale.
Obiettivo di tale iniziativa non era certo quello di fornire un avallo ai lavori del vertice, ma piuttosto di acquisire la particolare esperienza delle autorevoli personalità su temi specifici in discussione a Genova (lotta alla povertà, cancellazione del debito, emergenze sanitarie) e lanciare un dialogo su basi più autorevoli. Il loro messaggio è giunto sin nelle stanze del vertice, poiché trasmesso, tramite la presidenza italiana, alla valutazione dei governanti dei paesi maggiormente industrializzati convenuti a Genova. Per questo, ho incontrato il 25 giugno a Lussemburgo l'Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani, Mary Robinson, richiedendo ed ottenendo un contributo all'organizzazione di tale incontro, anche attraverso la sua autorevole presenza. Ho al contempo avviato contatti telefonici con le altre personalità prescelte, quali l'ex presidente sudafricano Mandela, per invitarle a Roma. Nello stesso periodo, ho provveduto personalmente ad invitare il Segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, a Genova per partecipare al lancio del fondo per la salute.
Questa attività preparatoria è proseguita fino alla data della riunione a Roma, il 13 luglio, a cui hanno preso parte personalmente, oltre alla già citata Robinson, il premio Nobel per la medicina, professoressa Rita Levi Montalcini, l'ex l'alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati, signora Ogata, l'arcivescovo brasiliano monsignor Mendes de Almeida, il


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pakistano Sattar Edhi, presidente della omonima fondazione, attivamente impegnato nell'assistenza dei poveri e degli emarginati. Le alte personalità, che hanno purtroppo declinato l'invito per problemi di agenda, hanno comunque fatto pervenire al Capo dello Stato o al Governo italiano messaggi di grande apprezzamento per l'iniziativa. Mi riferisco allo stesso Nelson Mandela, al premio Nobel per l'economia Sen, alla vedova di Martin Luther King, al premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù, all'ex presidente finlandese Ahtisaari, al premio Nobel per la letteratura Soyinka.
Questo «filone» di dialogo ed apertura del vertice al mondo esterno si concludeva quindi positivamente con l'arrivo di queste personalità a Roma e i loro incontri con il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e me stesso. L'Italia, insomma, contribuiva a marcare l'avvio di un nuovo approccio di cooperazione con la società civile e di un fruttuoso scambio di opinioni con le più aggiornate riflessioni indipendenti internazionali su temi umanitari, recepite poi nelle conclusioni operative del vertice di Genova e testimoniate dall'adesione a recarsi a Genova da parte del Segretario generale delle Nazioni Unite, di una significativa rappresentanza di Capi di Stato di paesi in via di sviluppo e di vertici di organizzazioni internazionali.
Accanto a questa azione, sui temi del dialogo - che a me appariva fondamentale - non ho mancato peraltro di sensibilizzare i miei colleghi europei nel corso di un fitto giro di visite e di incontri che mi hanno condotto il 26 giugno a Parigi, il 27 a Berlino, il 5 luglio a Londra, il 9 a Madrid, mentre a Roma l'11 luglio incontravo il ministro degli esteri belga Michel, quale presidente di turno del Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione Europea. In tutti questi contatti ho insistito sull'esigenza di dare risposte innovative ai fenomeni


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di contestazione della globalizzazione, poiché essi si basano in molti casi su problemi e valori interamente condivisibili, quali i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la tutela dell'ambiente, l'opposizione al lavoro minorile, la tutela della salute, dell'identità culturale, la lotta alla povertà, la riduzione delle ineguaglianze.
La disponibilità al dialogo e la contestuale necessità di isolare le frange violente, che hanno caratterizzato tutte le manifestazioni antiglobalizzazione, a partire da Ginevra nel maggio 1998, sono state ampiamente condivise dai colleghi europei, così come dai ministri degli esteri del G8, nella riunione di Roma che ha preceduto di qualche giorno il vertice genovese.
In queste discussioni è emersa anche l'insufficienza di una appropriata comunicazione da parte degli organi di informazione sui reali temi del vertice e sulla volontà di fare della riunione di Genova un nuovo punto di partenza nella lotta contro la povertà, l'AIDS e le disuguaglianze.
Si doveva altresì cercare di eliminare due rilievi che apparivano centrali nelle posizioni della contestazione. Il primo, della cosiddetta «illegittimità» della riunione, il secondo dell'accusa di costituire un centro decisionale al di fuori e al di sopra dei normali circuiti istituzionali della vita internazionale.
Sul primo punto, come sul secondo, le risposte partecipative e le pubbliche richieste fatte dai paesi di un intero continente, come l'Africa, e dalle principali personalità delle grandi istituzioni mondiali, come l'ONU, smentivano in modo chiaro la validità di quei due rilievi.
Il vero problema della società internazionale è oggi non quello di rifiutare di l'interdipendenza delle nazioni, delle economie, dei popoli, che è un fatto eminentemente positivo.


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Questo rifiuto fermerebbe il progresso e riporterebbe il mondo alle barriere nazionali, con tutte le conseguenze che le vicende della storia ci hanno inequivocabilmente insegnato. Il problema è il miglioramento sostanziale della governabilità del sistema e non il suo rifiuto. Ecco perché il dialogo diventava, ed è, un elemento essenziale, da valorizzare in ogni modo.
Tali posizioni venivano ribadite dall'Italia - e riprese nelle conclusioni dell'incontro - al Consiglio affari generali di Bruxelles del 16 luglio, in cui i 15 ministri degli esteri si sono ulteriormente soffermati sull'importanza di chiari segnali circa la volontà di dialogo con settori della società civile sui temi di fondo della globalizzazione. Anche le notizie che leggiamo tutti sulla stampa in questi giorni, relativamente ai contatti tra francesi, tedeschi ed altri, dimostrano che questo tema è diventato ormai un tema dell'agenda politica dei paesi europei. Naturalmente nel perseguimento dell'opzione del dialogo con la società civile, non poteva mancare - parallelamente ai miei contatti con gli ambienti internazionali - un impegno altrettanto intenso sul fronte interno, esplicitato in una serie di incontri tenuti sul significato del vertice e sull'approfondimento dei temi in agenda con esponenti di associazioni, organizzazioni non governative e sindacati.
Il più noto - per la particolare eco avuta sugli organi di informazione - è stato quello condotto alla Farnesina con il ministro Scajola, il 28 giugno, con una delegazione del Genoa social forum, guidata dal portavoce, dottor Agnoletto. Anche in questo caso, come nelle precedenti circostanze che ci avevano visto fianco a fianco (gli incontri con gli onorevoli Bertinotti, Francescato e con parlamentari liguri), mentre il titolare dell'interno si soffermava sulle varie problematiche relative all'ordine pubblico, il mio compito consisteva nello spiegare i contenuti del vertice ed il suo carattere innovativo.


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Di questo incontro esiste peraltro una mia dichiarazione introduttiva, di cui intendo rimettere copia a questo Comitato, dove emerge chiaramente la volontà del Governo in favore dell'avvio di un dialogo concreto sulle questioni vitali che interessano il pianeta e che sono state portate dall'Italia al centro del dibattito fra i leader delle maggiori potenze industrializzate.
Il Genoa social forum appariva in quel momento un contenitore abbastanza rappresentativo del vasto arcipelago della protesta, parlando a nome di oltre 750 associazioni e organizzazioni non governative. In esso, peraltro, risultava essere confluita buona parte delle sigle precedentemente appartenenti al cosiddetto Patto di lavoro che aveva costituito già un interlocutore per il precedente esecutivo. Ciò nondimeno, la scelta di incontrare i rappresentanti del Genoa social forum non è stata esclusiva, né ha inteso fornire particolari credenziali di rappresentatività a tali interlocutori rispetto ad altri.
Fra gli incontri da me avuti prima del vertice, vorrei ricordare infatti quelli del 13 luglio con il fondatore del Servizio giovani missionari, Ernesto Olivero, con la Comunità di Sant'Egidio, con i segretari nazionali di CGIL, CISL e UIL. Questi ultimi, in particolare, esprimevano la loro soddisfazione per essere stato previsto, tra le iniziative collaterali al vertice di Genova, l'incontro del 19 luglio, aperto ad organizzazioni sindacali e del mondo imprenditoriale internazionale.
Il mio programma proseguiva l'indomani, 14 luglio, sempre a Roma, con un incontro-dibattito con i rappresentanti dell'Associazione ONGitaliane, che riunisce 165 organizzazioni non governative nazionali di area laica e cattolica ed altre 65 del Forum permanente del terzo settore. Rilevo, peraltro, che di tali associazioni e ONG facevano parte anche numerosi


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gruppi aderenti al Genoa social forum. Come si può notare, la coerente linea del dialogo si è rivolta in tutte le direzioni verso chi ha accettato questa impostazione e si è mostrato interessato a comprendere le vere ragioni del vertice ed il ruolo svolto dall'Italia in quest'anno di presidenza di esercizio.
Arriviamo dunque alla cornice vera e propria del vertice, dove vengono raccolte le fila di questa ampia azione diplomatica e di dialogo volta anche a valorizzare il dialogo con l'esterno. Come ho detto all'inizio del mio intervento, vorrei evitare di dilungarmi sull'impegno profuso dai precedenti Governi - non uno solo -, così come dall'attuale, relativamente alla definizione dei temi di sostanza del vertice, alla predisposizione dei relativi documenti, alla costante e talvolta non facile opera di consultazione e convincimento dei partner su un'agenda che ha esteso nella forma e nella sostanza i tradizionali confini concettuali del G8. Il mio intervento alla Camera del 25 luglio scorso contiene un ampio resoconto di questi fatti. Vorrei comunque testimoniare come il complessivo sforzo in favore del dialogo non sia stato fine a se stesso, ma si sia riverberato nei contenuti, nella struttura e nelle conclusioni del vertice. L'ampia azione di dialogo è stata sempre concepita e diretta a fare conoscere meglio e a divulgare i contenuti del vertice, sia perché essi rappresentavano una risposta a talune richieste che la società civile va avanzando, sia per colmare la carenza degli organi di informazione, prevalentemente interessati alle questioni dell'ordine pubblico.
Vorrei dunque limitarmi, in questa sede, a ricordare i tre principali eventi svoltisi dal 18 al 22 luglio. In primo luogo, l'incontro a Roma dei ministri degli affari esteri del G8. Esso ha posto le basi per le successive dichiarazioni dei Capi di Stato e di Governo, in particolare, sulle drammatiche crisi mediorientale e macedone: quest'ultima, speriamo stia diventando


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meno drammatica rispetto al passato. Anche nel corso di questa riunione ho potuto avviare una approfondita discussione sull'esigenza del dialogo con i movimenti e le associazioni che lo accettano e che si dissociano dalla violenza. Su impulso italiano, tale dibattito proseguirà a settembre, nel corso della tradizionale riunione di lavoro dei ministri degli esteri del G8, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, anche in vista delle iniziative concrete che potranno al riguardo prevedersi nel corso della successiva presidenza canadese del G8.
In secondo luogo, l'evento di «apertura» del vertice nei confronti dei paesi in via di sviluppo (20 luglio), anch'esso frutto dell'iniziativa diplomatica che ho compiutamente esposto in Parlamento e che è culminata, in questo caso, nella presenza a Genova dei Capi di Stato e di Governo di Algeria, Bangladesh, El Salvador, Mali, Nigeria, Senegal, Sudafrica, quali espressione di tutte le istanze, sia a livello delle Nazioni Unite sia in ambito regionale, dei principali problemi del sud del mondo. Erano altresì presenti i vertici di importanti organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, la FAO, la Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale del commercio e l'Organizzazione mondiale della sanità. Vorrei in proposito sottolineare come la presenza di Kofi Annan ai vertici non debba essere considerata un dato acquisito. Egli, a differenza di altre occasioni, ha tenuto ad essere a Genova proprio a testimonianza del taglio impresso dalla nostra presidenza e dell'interesse per le decisioni prese.
Infine, la riunione dei Capi di Stato e di Governo dal 20 al 22 luglio, i cui esiti sono stati illustrati nel comunicato finale del vertice, anch'esso oggetto di un'approfondita analisi nel corso dei miei precedenti interventi alle Camere sopra richiamati. Elenco in maniera rapidissima la decisione di creare un


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gruppo di lavoro per la partnership Africa-G8 (questa è una novità assoluta nelle relazioni tra il nord ed il sud del mondo), nel nuovo spirito di partenariato che i paesi africani hanno deciso nel recente vertice di Lusaka; il lancio del fondo globale per la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, con la disponibilità immediata di 1.300 milioni di dollari da parte degli Otto e di 500 milioni di dollari provenienti dal settore privato; i progressi nel processo di cancellazione del debito che vede l'Italia all'avanguardia rispetto alla comunità dei creditori bilaterali; il sostegno al lancio di un nuovo round di negoziati globali in materia commerciale a Doha, con un'agenda più equilibrata e che vogliamo più attenta ai temi di prevalente interesse per i paesi in via di sviluppo; la valorizzazione della task force sulle opportunità delle tecnologie digitali, quale fattore di accelerazione dello sviluppo delle aree più penalizzate del mondo; la volontà comune di affrontare costruttivamente il problema dei cambiamenti climatici; l'esito positivo dei colloqui Bush-Putin in tema di difesa missilistica.
A Ginevra... a Genova - scusi, questo è un errore freudiano - non abbiamo certamente cambiato il mondo, ma la centralità di alcuni temi trattati per la prima volta in quella sede, insieme alle proposte di raccordo fra il G8 e i paesi in via di sviluppo, hanno certo contribuito a far compiere dei passi verso la giusta direzione.
In questo vertice, la necessità di approfondire alcune questioni capitali aperte dalla crescente interdipendenza degli Stati, delle economie, dei popoli, si è ormai affermata in modo chiaro: è adesso entrata in tutte le discussioni che si hanno a livello internazionale. Le riflessioni sul miglioramento della governabilità del sistema, su come proseguire in modo più efficace il dialogo con la società civile e, infine, sull'organizzazione stessa dei vertici dei Capi di Stato e di Governo -


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quanti e come farli, quale estensione debbano avere -, sono ormai temi iscritti nell'agenda dei dibattiti internazionali. Ripeto: il problema non è quello di rifiutare l'interdipendenza e la globalizzazione, che significano inclusione dei problemi del mondo nell'agenda internazionale. Interdipendenza e globalizzazione esigono l'inclusione dei problemi del mondo nell'agenda internazionale e lo dimostra il fatto stesso che la lotta contro la povertà sia stata inclusa per la prima volta come tema centrale del vertice.
L'alternativa sarebbe quella di ripristinare le tradizionali barriere che hanno sempre diviso gli Stati e i popoli. L'alternativa è, dunque, «l'esclusione degli altri».
L'Italia continuerà ad adoperarsi, come ha fatto finora, nella ricerca di soluzioni che possano dare a questo mondo, sempre più interdipendente e quindi globalizzato, un volto umano.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Ruggiero, al quale chiedo di lasciare al Comitato una copia della sua relazione.

FILIPPO MANCUSO. Signor ministro, muovo dalla sua conclusione: interdipendenza e globalizzazione, valori della storia attuale ai quali è data, secondo la sua tesi, una alternativa o delle alternative, comunque contraddittorie, rispetto alle esigenze del mondo; ciò, dunque, oltre che un fatto sociologico e storico è un fatto filosofico. Qual è la ragione per cui, ammessa la legittimità del dissenso da questo ideale, esso debba essere necessariamente manifestato in tutte le sedi in cui il problema si è presentato con modi violenti e assassini? Quale può essere la ragione che coincide con il contenuto della contrapposizione ideale in proposito? C'è qualcosa di più, qualcosa di diverso o qualcosa di avverso al dialogo democratico fra le genti?


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MICHELE SAPONARA. Signor ministro, la ringrazio per la sua relazione chiara, convinta e convincente e per l'importante opera da lei svolta per il successo del vertice, che è consistita, tra l'altro, nell'averlo arricchito di nuovi contenuti (mi riferisco ai rapporti che lei ha instaurato con la società civile sia nazionale sia internazionale). Le rivolgo solo una domanda che può interessare il discorso dell'ordine pubblico e che ha appannato il successo del vertice. Lei il 28 giugno ha partecipato con il ministro Scajola all'incontro con il dottor Agnoletto e con il Genoa social forum, che aveva ereditato gran parte dei contenuti del Patto di lavoro. Lei afferma che il Genoa social forum appariva un contenitore abbastanza rappresentativo (avendovi aderito 750-800 sigle). Orbene, il dottore Agnoletto aveva dato sufficienti garanzie di poter controllare il movimento e il comportamento dei suoi rappresentati? Avevate, comunque, avuto rassicurazioni ed avevate tratto elementi di tranquillità dal dottor Agnoletto, da come agiva, dai discorsi che svolgeva e da tutto ciò che vi aveva fatto ritenere che egli rappresentasse e quindi fosse legittimato a rivestire il ruolo di portavoce o di leader del Genoa social forum?

PRESIDENTE. Poiché il presidente Mancuso si dovrà allontanare per un serio motivo, mi ha rappresentato l'esigenza di ascoltare la risposta alla sua domanda; pregherei, quindi, il ministro Ruggiero di rispondergli.

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Cercherò di rispondere alla domanda molto brevemente. Chiaramente, l'interdipendenza e la globalizzazione hanno dato risalto ai grandi problemi del mondo, poiché in precedenza questi ultimi, in un mondo di Stati nazionali con alte barriere, si vedevano e si sentivano meno. Oggi, con i mezzi di comunicazione


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può accadere che di sera accendiamo la televisione e, mentre mangiamo, magari una bistecca, vediamo scene di fame, di povertà e di ingiustizia nel mondo; ciò crea nella coscienza di tutti un sentimento di ribellione. Quindi, nelle opinioni pubbliche mondiali vi è la nuova esigenza di appartenere ad un mondo più giusto; queste sono le ragioni principali delle manifestazioni.
In verità, in tutte le manifestazioni, da quella di Ginevra del maggio 1998 fino ad oggi, vi è sempre stata una piccola parte di partecipanti numericamente poco rappresentativa, ma certamente rappresentativa sul piano della violenza e dei danni prodotti. Al riguardo, tuttavia, non ho una risposta sociologica da dare, tranne il fatto che, purtroppo, nelle manifestazioni di protesta è facile immaginare che vi sia un gruppo di persone che, per motivi ideologici o molte volte semplicemente per motivi di violenza personale, approfittano di quelle circostanze per fare ciò che vogliono.
Personalmente, ritengo che lo Stato abbia due doveri: il primo è quello di permettere le manifestazioni di protesta; il secondo è quello di proteggere, nelle manifestazioni di protesta, i cittadini e i beni pubblici e privati da chi compie atti di violenza. Credo che con tale equilibrio le cose possano essere organizzate in maniera soddisfacente e accettabile, anche se poi non è facile passare dal dire al fare. Credo, dunque, che questo debba essere il tentativo da compiere. Mi dispiace di non averle dato una risposta più complessa.

GRAZIA LABATE. Signor presidente, ho ascoltato con molta attenzione la relazione del ministro Ruggiero, della quale ho apprezzato anche l'enfasi con cui sono stati sottolineati i piccoli passi compiuti di fronte a problemi che effettivamente sono molto complicati.


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Tra l'altro, conosco il ministro per il contributo fornito nell'ambito del WTO quando, nella passata legislatura, si discuteva in merito alle regole del commercio con l'estero. Già allora ponevamo un problema che non riguarda solo i contenuti, ma i meccanismi regolativi democratici del governo mondiale. Tengo ad evidenziare sottolineare tale aspetto perché è stata sottolineata, anche nelle modalità - e voglio darne atto al ministro - la continuità di agende e contenuti dei Governi precedenti, poiché le cose complicate sono all'attenzione dei Governi del mondo.
Detto ciò, volevo rivolgere due domande. Mi ha particolarmente colpito la sua riflessione su Göteborg, quando ella ha affermato che i temi in discussione presentavano similitudini con ciò che si agita nei movimenti antiglobalizzazione, però fuori le pietre e gli scontri. Le pongo la prima domanda, visto che lei è l'artefice dell'incontro del 28 giugno con il ministro dell'interno - che, peraltro, ascolteremo oggi - e del dialogo con la galassia, che poi si è configurata anche in termini molto ampi, del Genoa social forum.
In quell'occasione, quali furono i punti di contatto sui contenuti (essendo deputata genovese, li conosco perché vi sono stati molti dibattiti nella mia città) che il Genoa social forum poneva come questioni di merito rispetto al G8? Vorrei, quindi, capire se è stato solo un dialogo di comprensione in generale o se, in qualche modo, si era raggiunto un confronto anche sul merito delle questioni. Mi chiedo se la sua grande preoccupazione, successiva all'esperienza di Göteborg, fosse che il movimento avrebbe potuto reagire, fosse legata ai problemi della sicurezza, relativamente ai quali chiedeste delle referenze (tenuto conto che anche lei ammette che vi era una galassia amplissima di associazioni). Mi chiedo se lei abbia discusso in sede di Governo di tale sua preoccupazione e abbia


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trovato anche in quell'ambito l'idea di un governo democratico - uso questo termine sperando che i colleghi non mi fraintendano - delle ragioni contenutistiche e della garanzia dei due principi che con lei condivido: sicurezza e libertà di manifestare democraticamente.
Concludo domandandole se, oltre a questo, faceva parte della sua conoscenza globale anche tutta l'azione di intelligence, di cui abbiamo avuto occasione di leggere, e che - questa è una mia opinione personale - forse poteva costituire un elemento di maggiore prevenzione e non già di repressione.

MARCO BOATO. Non parlerò soltanto di quanto ho già avuto modo di dirle in un dibattito preventivo alla Camera e che le ho detto anche informalmente più volte. Personalmente condivido totalmente l'impostazione che lei ha dato al modo innovativo di affrontare non solo la questione del G8 ma, in generale, i problemi che riguardano l'ambiente, la povertà, la sanità, e così via. Credo che, per quanto il presente Comitato non sia stato istituito per questo motivo (dato che lei ha come referenti il Parlamento e le Commissioni affari esteri di Camera e Senato), sia opportuno che, anche in questa sede, tale aspetto venga rimarcato. Ripeto, ritengo che l'impostazione da lei data nel breve periodo trascorso dal momento in cui ha assunto la responsabilità del Ministero degli affari esteri (come lei ha detto, e le riconosco anche questa correttezza, in continuità con quanto era stato fatto dai Governi precedenti) sia pienamente condivisibile. Le do anche atto della grande mole di lavoro che ha svolto e dello spirito con cui ha lavorato. Ovviamente, la finalità di questo Comitato è, in questo quadro generale, più specifica e per certi aspetti più complessa. Tale complessità deriva dal tipo di problemi che si sono verificati, non solo in Italia ma, come lei giustamente ha ricordato, da circa tre anni in quasi tutte le sedi ed occasioni internazionali.


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Qualcuna di esse si è anche conclusa anticipatamente; qualcuna, come Barcellona, è stata annullata; qualcun'altra è stata spostata nel Qatar e così via.
Vorrei rivolgerle tre domande. Innanzitutto, vorrei sapere cosa è cambiato, per la sua esperienza e la sua conoscenza, nell'affrontare questi problemi (mi riferisco all'intreccio tra gli aspetti istituzionali, il dialogo con la società civile ed il modo di organizzare i vertici), prima e dopo l'esperienza di Göteborg. Mi pare, infatti, sia il primo vertice che lei (così come il Presidente del Consiglio) affronti in qualità di ministro degli affari esteri del Governo italiano. Mi riferisco, dunque, al prima e al dopo Göteborg.
La seconda domanda che le rivolgo è volta a conoscere il modo in cui si è sviluppato il rapporto sia con il Genoa social forum (lei ha citato in modo particolare la riunione del 28 giugno alla Farnesina e credo sia molto utile che consegni il testo che ha letto al Comitato) sia con le altre ONG. Alcune di queste ultime - come lei ha detto giustamente - fanno anche parte del Genoa social forum, altre, invece, hanno una storia più lunga. In particolare, le chiedo se può dirci qualcosa in più sulla riunione che si è svolta alla Farnesina il 14 luglio con le ONG. Più volte, infatti, il collega Sinisi ha chiesto ai vari interlocutori approfondimenti su questa fantomatica riunione e non si è riusciti a capire esattamente che tipo di riunione fosse.
Vorrei rivolgerle un'ultima domanda, connessa alle finalità di questo Comitato. Lei ha ricordato giustamente, e si tratta di finalità sostanzialmente condivisibili, che vi erano tre obiettivi: la piena realizzazione del G8; il dialogo con la società civile e il diritto al dissenso pacifico; il contrasto alle forme di violenza a tutela dei cittadini, degli stessi manifestanti pacifici e dei beni pubblici e privati. Il primo di tali obiettivi è stato


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conseguito, al contrario del secondo e del terzo. Vorrei sapere se, da parte sua, vi sia stata una riflessione a tale proposito anche per il futuro (che non riguarderà, nell'immediato, l'Italia, salvo altri vertici).
Lei ha parlato di un avvio della riforma dei vertici e di una riflessione sulla natura e sull'organizzazione dei vertici per il futuro anche finalizzato ad un miglioramento della governabilità del sistema, e questo è l'aspetto istituzionale. Vi è, però, anche un problema di modalità di organizzazione dei vertici, sia per la loro funzionalità istituzionale sia anche per come si rappresentano all'opinione pubblica. L'interrogativo è: perché tanto divario? Le chiedo di fornirci qualche riflessione al riguardo.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor ministro, desidero ringraziarla per quanto ci ha detto questa mattina ed anche per l'azione che lei ha svolto in preparazione dei lavori del G8. Purtroppo - e si tratta di una riflessione già affrontata in sede di Comitato - i temi veri di quel confronto internazionale sono in qualche modo stati offuscati dalla tragicità degli avvenimenti di quei giorni. Questo, però, nulla toglie al significato importante dell'inizio di un nuovo cammino da parte degli otto paesi più potenti della terra in una direzione da noi tutti auspicata. Non le rivolgerò, pertanto, domande relativamente a tutte queste cose che - ripeto - condivido pienamente. Le porrò due questioni, apparentemente laterali ma che, invece, ci servono per comprendere alcune cose importanti.
Innanzitutto, vorrei sapere quali sono state le sue valutazioni personali e, più in generale, le valutazioni del Governo (se ci sono state) all'indomani del vertice di Göteborg e della situazione che si era verificata per quanto riguarda la questione dell'ordine pubblico. Vorrei sapere, cioè, se vi è stata da parte vostra una preoccupazione aggiuntiva rispetto a precedenti


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vertici in relazione al tipo di escalation verificatasi. Vi è stata una preoccupazione supplementare, da parte sua e del Governo, rispetto alle questioni riguardanti la gestione dell'ordine pubblico all'indomani di Göteborg?
L'altra domanda che intendo rivolgerle è la seguente. Abbiamo ascoltato dal dottor Agnoletto il racconto dell'incontro del 28 giugno tenutosi, alla presenza sua e del ministro Scajola, alla Farnesina. Il dottor Agnoletto ha riferito della circostanza che lei aveva presentato una sorta di documento, invitando in qualche modo il Genoa social forum a farlo proprio. Il dottor Agnoletto ha riferito che il movimento non vi si poteva riconoscere, in quanto alcune questioni, considerate fondamentali - quali, ad esempio, la Tobin tax e la riduzione drastica della durata dei diritti di esclusiva dei brevetti per i medicinali - non erano trattate; pertanto, non potevano riconoscersi in simile documento. Ebbene, la circostanza per cui il Genoa social forum non poteva convenire sui contenuti del documento perché mancavano, in esso, quelli da lei proposti - da me, ad ogni modo, ritenuti molto importanti ed avanzati - ha costituito per voi una preoccupazione? Oppure avete considerato l'evenienza normale, nell'ambito di una logica e naturale dialettica? Specifico meglio la domanda: lei ha avuto la percezione che tale divergenza di opinioni sui contenuti potesse avere conseguenze pratiche, poi, durante i giorni del G8? Se sì, all'interno del Governo se ne è discusso? E in quali termini?

GRAZIELLA MASCIA. Signor ministro, lei ha svolto, nella odierna occasione, considerazioni con le quali ha tracciato la linea politica già più volte illustrata in Parlamento. Io, a ragione dell'esiguo tempo a disposizione, non posso, e spiegare da parte mia, non sarebbe corretto, perché abbiamo contestato la legittimità dei vertici, le ragioni che mi portano a non


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condividere per nulla detta linea. Tuttavia, abbiamo apprezzato il dialogo; dialogo che, quale scelta di fondo, continuo ad apprezzare. Però, vorrei chiederle se, dopo le vicende di Genova, non ritenga opportuno che tale scelta debba essere ponderata anche sulla base di quanto avvenuto. Voglio dire che il dialogo ha un senso se compiuto non solamente allo scopo di intervenire nel merito delle questioni che debbono essere affrontate, ma anche in vista di una sua traduzione vera in diritto a manifestare appieno. Ciò mi sembra evidente dalle testimonianze raccolte in questa sede; certo, le valutazioni, alla fine, saranno anche diverse, ma sostenere che debba essere riconosciuto il diritto a manifestare significa dire che si tratta di un diritto effettivo. A Genova ciò non si è verificato; infatti, al diritto a manifestare non ha corrisposto la difesa dei manifestanti (e si trattava di manifestanti pacifici).
Le vorrei chiedere se quanto avveniva a Genova in quelle ore non abbia influito sul dibattito. Ormai, in questa sede, abbiamo ascoltato diverse relazioni - non so se lei voglia aggiungere altro - rispetto ai rapporti intrattenuti con gli altri paesi; al di là del merito dei vertici di cui lei è responsabile e titolare, vorrei chiederle se quegli avvenimenti non abbiano interferito con il dibattito che voi avevate in corso.
Infine, e devo dire che ciò mi ha molto impressionato la sera del 20 luglio, io mi aspettavo - ma era l'aspettativa di migliaia di ragazzi in quel momento - che voi interrompeste o almeno sospendeste il vertice dopo la morte di Carlo Giuliani. Nessuno di voi, nessuno dei capi di Governo ha evidenziato tale opportunità?

ROBERTO MENIA. Ringrazio il ministro degli affari esteri, anche per la relazione approfondita, densa di contenuti, assolutamente positiva, in particolare per ciò che ha significato o ha voluto significare in ordine all'atteggiamento tenuto sul


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vertice dal nostro ministero, e dal nostro Governo. Ho apprezzato, per esempio, gli aspetti che il ministro ha voluto sottolineare, aspetti che hanno determinato comunque - nonostante il fatto che quanto è accaduto abbia conferito un contorno negativo il vertice - passi in avanti verso un mondo più giusto, come lei, signor ministro, ha detto.
Desidero, soffermarmi tuttavia, anche su altre circostanze, che interessano più da vicino la materia trattata dal Comitato. Il Governo, e lei in particolare, aveva auspicato una politica del dialogo; aveva affermato l'esigenza che si esprimesse il dissenso, purché, evidentemente, in forme accettabili. Abbiamo saputo che il Governo ha previsto, attraverso un decreto-legge, lo stanziamento di una somma non irrilevante, per andare incontro alle esigenze dei manifestanti (almeno di quelli «civili»). Ma, per quanto di competenza del Ministero degli esteri, cosa si è fatto ai fini della prevenzione, attesa la previsione dell'arrivo, da paesi esteri, di persone già note come artefici di episodi di violenza in manifestazioni analoghe? Le chiedo, in particolare, come si siano attivate le nostre ambasciate; le chiedo - tralasciando il lavoro di intelligence e quello svolto dall'Interpol - di riferirci sul lavoro compiuto dalle nostre ambasciate nell'acquisizione preventiva di segnalazioni per quanto riguardava la presumibile presenza di cittadini stranieri pericolosi, che avrebbero potuto turbare lo svolgimento del vertice. Le chiedo ciò anche in considerazione di quanto abbiamo sentito, per esempio, ieri, dal portavoce del Genoa social forum Agnoletto, con dichiarazioni, a mio modo di vedere, assai contraddittorie. Da un lato, infatti, diceva che il Genoa social forum chiedeva libertà assoluta alle frontiere; dall'altro, sosteneva che non fosse stato fatto abbastanza perché non erano stati fermati i violenti alle frontiere. Allora, le chiedo, quale azione preventiva, da parte delle nostre


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ambasciate, sia stata svolta e quali risultati abbia sortito. In particolare, a proposito del nucleo tedesco - che poi più drammaticamente degli altri ha infierito su Genova, le chiedo se risulti, dai rapporti della nostra ambasciata a Berlino, che tutti i manifestanti tedeschi, fermati poi a Genova, erano già stati raggiunti da misure giudiziarie per atti violenti compiuti in manifestazioni svoltesi in Germania o in altri paesi.

KATIA ZANOTTI. Signor ministro, la mia è una domanda molto breve. I colleghi si sono già soffermati nell'apprezzare la sua importante opera, consistita in un'azione di dialogo condotta su diversi piani; penso anche a quella sua valorizzazione dei «fermenti», sui quali ha insistito e dei quali ha detto che erano spesso condivisibili.
Volevo chiederle - alla luce anche di considerazioni di merito svolte da altri colleghi, sulle quali lei si soffermerà al momento della replica - se, dopo le sue riflessioni sull'incomprensione delle istanze dei vertici e dopo le pietre delle piazze, insomma, lei pensi, nella sua riflessione politica e persino nella sua agenda di ministro, di proseguire il dialogo con il Genoa social forum.

LUCIANO FALCIER. Signor ministro, la ringrazio, non solo per i contenuti della sua esposizione, ma anche per la passione che emerge dall'esercizio del suo gravoso impegno di ministro, nell'occasione presente e per l'impegno nel «relazionarci» sugli eventi del G8 e di Genova.
Le rivolgo una domanda analoga - per non dire la stessa - a quella che ho già rivolto al precedente audito di stamattina, il senatore Dini. Alcuni passaggi ed alcuni contenuti della sua relazione me ne danno particolare motivo, visto che ho colto, in essa, sottolineature di aspetti che, almeno a me, erano sfuggiti in passato. Conseguentemente le do atto -


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e sarò subito più chiaro - che l'averli lei posti all'attenzione è servito, almeno a me, per ripristinare e ricercare meglio la verità dei fatti.
Faccio riferimento, in particolare, al fatto che le vicende di Genova e l'informazione fornita sui relativi avvenimenti avevano suscitato in me - ma ritengo anche ad altri - la sensazione che il Genoa social forum ed i suoi rappresentanti avessero la rappresentanza effettiva e quasi esclusiva di un mondo associativo che è interessato ad eventi, a summit, a manifestazioni, come quelle che si sono svolte a Genova e che da molti anni si svolgono in altre parti del mondo, magari con temi diversi.
Invece, mi risulta - il riferimento ai contenuti della sua relazione - che prima di ogni summit da decenni le organizzazioni non governative, le associazioni - soprattutto quelle del mondo cattolico e a quelle che gravitano intorno alla cooperazione internazionale - si incontrano, discutono, avanzano delle proposte che pervengono al tavolo dei Capi di Stato in modo che se ne possa tenere conto, nel limite del possibile, per le decisioni da assumere.
Le chiedo se lei sapesse che, proprio in prossimità della scadenza del G8 di Genova, il 2-3 aprile a Firenze, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, vi era stato un importante forum, nel corso del quale tali associazioni e significativi centri studi che si interessano del problema avevano svolto il loro forum, predisposto delle relazioni e - credo - tentato di farle pervenire ai rappresentanti dei Governi che stavano per assumere le decisioni di loro competenza a Genova.
Le chiedo, quindi, se fosse a conoscenza di tale iniziativa, se siano pervenute al suo tavolo o al suo Dicastero proposte da quel mondo, se sia stato possibile tenerne conto e se, invece,


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da parte del Genoa social forum siano pervenute proposte relative ai temi che il G8 stava per affrontare, oltre a quelli dell'ordine pubblico, delle manifestazioni, delle piazze tematiche od altre questioni collaterali.
Vorrei chiederle se, in preparazione di altri futuri vertici, vista l'esperienza di Genova, gli interlocutori sono o saranno gli stessi, se quel mondo molto attivo - da sempre attento e presente nelle manifestazioni relative alla povertà, alla miseria, all'associazionismo, alla cooperazione internazionale e le cui attività risultano un po' offuscate da ciò che è successo, se non addirittura demonizzate per essersi trovato involontariamente coinvolto in tante violenze, almeno verbali, a Genova - le sia presente e se per i futuri impegni lo riconosca ancora come un interlocutore valido e capace di contribuire agli esiti e dalle proposte dei vari summit.

GIANNICOLA SINISI. Signor ministro, la ringrazio per la sua relazione e per il modo in cui l'ha illustrata in quest'aula. Le pongo molto rapidamente sei questioni.
La prima è più da lettore di giornali che non da uomo politico. Nel periodo che ha preceduto il vertice dalla lettura dei giornali emergeva una sorta di distinzione fra la sua posizione, largamente condivisibile, favorevole al dialogo sulle manifestazioni di dissenso - che poi, in buona sostanza, sono anch'esse un'espressione della globalizzazione - la posizione di altri che, pur appartenendo alla stessa compagine governativa, reputavano questa linea, in qualche misura, imprudente. Le chiedo se la linea del dialogo, che lei ha portato avanti in quel mese - largamente condivisibile, almeno nelle intenzioni, e che certamente condivise il ministro Scajola - fu condivisa e discussa dal Governo nella sua collegialità.
Seconda questione: lei era a Genova con il Presidente Berlusconi a guidare una difficilissima quanto importantissima


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missione; a distanza di poche centinaia di metri da voi si trovavano anche il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e il ministro della giustizia: voi foste informati della loro presenza a Genova ? In che modo?
Terza questione, fermo restando che, secondo me, discutere di manifestazioni di dissenso significa discutere di globalizzazione: anche alla luce delle informazioni che via via pervenivano e dei fatti di Göteborg lei reputa che quel dialogo fu condotto e concluso in maniera prudente o se da ciò che poi è accaduto ha tratto qualche insegnamento che vuole consegnare agli atti di questo Comitato e che in futuro, che possa essere utile a noi e al nostro paese?
La quarta questione che vorrei porle, in base alla sua esperienza è la seguente: lei non reputa che, quando ci si occupa di povertà, malattie e disuguaglianze, gli stessi vertici debbano in qualche modo svolgersi con una maggiore sobrietà? Credo che uno degli elementi - è una mia opinione, ma chiedo anche la sua perché è importante ed utile per il futuro -, una delle ragioni della mancanza di credibilità dei contenuti politici che lei ha mirabilmente espresso è che essi confliggono con la manifestazione esteriore: discutere di povertà su una nave lussuosissima, a cinque stelle, crea una certa caduta di credibilità. Non è un'accusa che rivolgo né a questo Governo a lei personalmente (ho apprezzato molto quello che lei ha riferito), ma ritengo possa servire per il futuro, visto che lei ha avuto l'abilità e la capacità di introdurre questi temi nell'agenda del G8.
Quinta questione: noi ci siamo affannati a comprendere una sorta di cronologia degli eventi organizzativi. Abbiamo appreso che le tre questioni che hanno determinato la pianificazione della sicurezza erano l'ubicazione degli eventi, l'allocazione delle delegazioni ufficiali e l'autorizzazione delle


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manifestazioni. Quando le delegazioni ufficiali sciolsero ufficialmente la riserva sulla loro allocazione e, segnatamente, quando decisero l'ubicazione sulla European Vision la delegazione francese del Presidente Chirac e quella degli Stati Uniti?
Sesta questione: come fu il rapporto di collaborazione con il Ministero dell'interno ? Le strutture dello stesso le garantirono, come io credo, tutta la collaborazione necessaria per realizzare nel migliore dei modi l'evento?

FABRIZIO CICCHITTO. Poiché apprezzo i contenuti della sua relazione, per l'impegno e anche per i risultati del Governo sul nodo del G8, in parte offuscati dal fatto che, come lei ha riferito, fuori da quel palazzo succedeva quello che conosciamo, vorrei porle una domanda specifica e di basso profilo che si riallaccia ad un'osservazione già avanzata da un altro collega.
Il Governo tedesco ha criticato il nostro paese con riferimento al trattamento di alcune persone e così via. A parte il fatto che - come è stato già detto dall'onorevole Menia - emerge che il nucleo fondamentale del black bloc era costituito per metà da tedeschi, dalla documentazione che ci è stata fornita dai Servizi e anche da una riflessione del dottor La Barbera si evince che il paese che ha meno collaborato con noi nella fase, diciamo così, pregiudiziale su tali temi è stato proprio la Germania. Tale riflessione, fatta a livello dell'intelligence o della Polizia, è conforme a quanto risulta al Ministero degli esteri?

ANTONIO IOVENE. Signor ministro, questo Comitato ha ovviamente un campo d'azione molto limitato, relativo a


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quanto avvenne attorno al G8 e, dunque, non ha la possibilità di discutere o di entrare nel merito di quanto nel G8 si decise e si fece.
Lei è stato, nei giorni che precedettero il vertice, comunque, il protagonista della ripresa del dialogo tra il Governo e il Genoa social forum, che si era interrotto per la vicenda elettorale. Vorrei, dunque, porle tre brevissime domande. La prima è la seguente: ieri il dottor Agnoletto, nella sua audizione e nel materiale che ci ha consegnato, ha ricordato l'incontro del 28 giugno 2001 presso la Farnesina e, all'interno della sua ricostruzione, ha fatto riferimento ad un passaggio della riunione, in cui - dice Agnoletto - si arrivò a discutere dei problemi dell'ordine pubblico e anche della sicurezza delle manifestazioni e il ministro Scajola, in qualche modo, sconfessò le dichiarazioni che, il giorno prima, aveva fatto il Vicepresidente del Consiglio Fini, relativamente all'uso dell'esercito in piazza per fronteggiare i manifestanti. Vorrei avere da lei una conferma della circostanza: se di questo si discusse, se ci fu questa smentita.
La seconda domanda è direttamente collegata alla precedente. Da quanto da lei affermato in questa sede, da quanto fatto prima di Genova e che ho avuto modo di seguire, non le pare che nei confronti delle manifestazioni e dello stesso GSF ci fosse, da parte dei diversi esponenti del Governo, un atteggiamento diverso? Che, in qualche modo, lei fosse paragonabile ad una sorta di Penelope che tesseva una tela che la notte veniva disfatta? Io ho avuto questa impressione; una serie di interventi, di interviste, alimentavano, in qualche modo, un clima di tensione, mentre lei ed altri si facevano carico di tenere aperto questo dialogo. Questa impressione in me è stata fortissima, vorrei sapere che idea ha lei in proposito.


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Infine, sempre nello stesso ambito: nei giorni del vertice lei e il Presidente Berlusconi eravate lì a Genova, impegnati nei lavori del G8 e credo che foste continuamente informati di quanto avveniva fuori dalla zona rossa; vi rendevate conto che non c'era solo la zona rossa nella sua pacifica - per fortuna - sistemazione, e anche di quanto accadeva fuori, nella zona gialla? Avevate modo di seguire e di intervenire rispetto a quanto stava avvenendo, oppure questa attività era delegata ad altri (ad esempio, al Vicepresidente Fini, che era lì presente a Genova in altro ambito?

SAURO TURRONI. Ringrazio il ministro Ruggiero, il quale con sincerità e impegno ha inteso operare per il dialogo, il confronto, adoperandosi anche affinché l'agenda del G8 contenesse i temi proposti dalla molteplicità delle organizzazioni non governative e dalle associazioni del dissenso.
Ho avuto modo di proporle tali decisioni e di incoraggiarla in questo senso. Ricordo ancora le sue parole per le quali la ringrazio. Credo però sia successo qualcosa, signor ministro e che questo qualcosa - come nei fossi che non hanno una riva sola - non sia addebitabile ad un destino cinico e baro, ma possa derivare da talune scelte, da talune decisioni che credo non l'abbiano riguardata. Non credo che ciò sia dipeso esclusivamente dai violenti, mi sono fatto idee diverse e vorrei conoscere la sua, se è possibile.
La seconda domanda riguarda le espulsioni. Abbiamo potuto vedere come taluni provvedimenti di arresto siano stati annullati dall'autorità giudiziaria, sulla base dell'insussistenza dei motivi che avevano portato all'adozione degli stessi. Contemporaneamente, però, sono state disposte dall'autorità di pubblica sicurezza molte espulsioni di cittadini stranieri. Certo si può ricorrere con un provvedimento di carattere amministrativo entro 30 giorni, al TAR del Lazio oppure, nel caso di


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cittadini europei, questi ultimi possono presentare una semplice domanda.
Tuttavia, signor ministro - visto che in relazione a taluni provvedimenti di espulsione e di arresto, che hanno riguardato alcuni cittadini stranieri, è stata dimostrata l'insussistenza delle motivazioni - non ritiene, alla luce di quanto sta emergendo (cioè delle modalità di questi arresti), di doversi far carico, sulla base delle richieste che provengono da taluni paesi stranieri, delle espulsioni sbagliate che sono state compiute sulla base di erronee valutazioni? Le dico questo, signor ministro, in quanto in un paese democratico spetta all'accusa l'onere della prova.
Terza domanda. Questa mattina ho letto la descrizione delle condizioni fisiche di molti cittadini stranieri arrestati in varie circostanze. La vicenda più significativa e dolorosa credo riguardi quelli colpiti nella cosiddetta perquisizione; ci sono descrizioni che a me impressionano moltissimo (non avrei mai potuto fare il medico).
Vorrei sapere se ci sono state domande di chiarimento, da parte dei paesi stranieri, in merito alle ferite, alla gravità delle stesse e alle circostanze in cui tali soggetti sono stati colpiti. Se vi è stata una risposta da parte sua e se, infine, sia a conoscenza di un'iniziativa, in sede internazionale, volta a condannare l'Italia per quanto è avvenuto nelle circostanze che hanno riguardato la scuola Diaz e il cosiddetto carcere di Bolzaneto.
Inoltre, vorrei chiedere al ministro se il vertice abbia concluso i suoi lavori con un documento e, in caso affermativo, se questo documento possa essere messo a disposizione del Comitato.

MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor ministro, la ringrazio non soltanto per essere qui presente e per la sua relazione,


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ma anche per tutto quello che sta facendo per il nostro paese, non solo per il G8.
Sono state indicate date diverse per quanto riguarda la determinazione dell'allocazione da parte delle delegazioni straniere. L'ex ministro Dini ha detto che, in realtà, alla fine di maggio, anche se non formalmente, tutte le indicazioni in merito alle allocazioni erano state comunicate dai vari paesi. Riallacciandomi anche alla domanda dell'onorevole Sinisi, vorrei sapere se alla fine di maggio, sostanzialmente, anche se non formalmente, questa allocazione fosse definita, se, per caso, vi siano state indicazioni successive e se tutto questo abbia influito sul piano della sicurezza.
Un altro elemento che vorrei conoscere riguarda lo svolgimento dell'iter per la preparazione del G8. Il Governo Berlusconi e il suo Ministero si sono insediati in un periodo molto vicino al vertice e, quindi, necessariamente hanno dovuto riprendere quanto era stato fatto dal precedente Governo. Vorrei sapere se vi sia stato uno stravolgimento della linea del precedente Governo, oltre al fatto che, al fine di prestare volendo dare maggiore attenzione alla povertà, alle malattie e alla necessità di collaborazione, sono stati cancellati tutti quegli impegni mondani già indicati dal precedente Governo della sinistra e, per la prima volta, non sono state invitate le signore.
Inoltre, poiché mi sembra che durante il precedente Governo fosse emersa una scarsa collaborazione - se non un contrasto - fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno e il ministro degli affari esteri - tanto è vero che, a un certo punto, il Presidente Amato è stato costretto ad attribuire ogni competenza al Ministero degli affari esteri -,


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vorremmo sapere se nell'ambito del nuovo Governo siano mai sorti contrasti fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno e il ministro degli affari esteri.

PRESIDENTE. Credo che il ministro abbia bisogno di un po' di tempo per riordinare le domande e procedere, quindi, alle risposte.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 13,05.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro degli affari esteri per la replica ai quesiti formulati dal colleghi.

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Vorrei iniziare dall'onorevole Saponara il quale, in particolare, mi ha chiesto se durante la riunione del 28 giugno con il Genoa social forum avessimo avuto l'impressione che Agnoletto offrisse delle garanzie e se questi elementi ci inducessero ad essere tranquilli. Ho riassunto la domanda. In realtà, non ci fu una discussione - per quanto mi ricordo, perché la stessa fu tra il ministro Scajola e Agnoletto - sulle garanzie o meno. La discussione fu sulla zona gialla e sulla possibilità di disporre di mezzi di trasporto che potessero condurre i dimostranti a Genova, quindi su una serie di questioni organizzative. Fu convenuto - se non erro - che la discussione sarebbe stata approfondita nel corso di un incontro successivo che Agnoletto e il GSF avrebbero avuto con il Capo della Polizia.

MARCO BOATO. E che si tenne due giorni dopo...

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Esattamente. Credo che due giorni dopo si siano incontrati e che, in quella sede, abbiano preso una serie di decisioni. Quindi, con


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tutta onestà, non posso dire che vi fossero elementi di tranquillità né di preoccupazione. Fu un dibattito nei limiti entro i quali possono avvenire dibattiti di questo genere: si svolgono tra due parti che certamente non vogliono scambiarsi dei segni di cordialità ma neppure segni di particolare rottura.
L'onorevole Labate - mi spiace che non sia presente in questo momento - mi ha rivolto una domanda fondamentale: il problema dei meccanismi regolatori mondiali. In realtà, uno dei maggiori problemi che produce la globalizzazione è che cittadini di qualunque Stato sentono che vi sono delle realtà le quali vengono determinate senza un reale controllo. Chi vive in un paese democratico sa che un provvedimento viene adottato dal Governo e discusso in Parlamento; se poi il cittadino non è contento sa che vi sono le elezioni alle quali può votare contro e scegliere chi preferisce. Quando oggi passiamo al fenomeno della globalizzazione, abbiamo una serie di ricadute perché la globalizzazione è interdipendenza e quest'ultima fa sì che ciò che accade in un paese abbia ripercussioni in un altro o che delle decisioni, prese in un settore, si ripercuotano in altri paesi. Tutto questo però non avviene con un meccanismo che sia chiaro. Quindi, uno dei maggiori problemi, quando parlo di miglioramento della governabilità del sistema, è di introdurre nel sistema internazionale dei meccanismi che consentano l'individuazione di responsabilità. Tali meccanismi devono poi riferire ad altri organi. Non possono prendere decisioni senza che vi sia un controllo, così come avviene in tutti i regimi democratici.
Ma ancora di più. Questo non è sufficiente, perché uno dei problemi dell'insicurezza che l'interdipendenza e la globalizzazione hanno provocato è che i centri decisionali si allontanano molto dalla possibilità del cittadino di esercitare il controllo. Quindi, bisognerà sempre fare in modo che tali


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processi possano riferirsi anche agli altri Stati nazionali, ad altri tipi di organizzazioni. Quando parliamo di meccanismi regolatori, parliamo di un problema di grandissima complessità istituzionale e che incide sul rapporto tra il cittadino e le istituzioni. Si tratta di una delle grandi riflessioni che bisogna fare.
Mi è stato chiesto se il dialogo con il Ministero dell'interno fosse per ragioni di politica interna. No. Onestamente all'inizio - anche per ragioni di buonsenso - il ministro dell'interno ed io ci siamo detti: è inutile che faccia io un incontro con il Genoa social forum e lo faccia tu il giorno dopo. Facciamolo insieme: tu ti occupi di discutere sugli aspetti di ordine pubblico, io su quello che maggiormente mi interessa, cioè il dialogo sull'agenda e possibilmente sui modi con i quali risolvere i problemi. Non abbiamo stabilito un legame tra il dialogo e le questioni dell'ordine pubblico, anche perché ciò non era possibile e l'altra parte non lo avrebbe accettato. Ognuno svolgeva la propria azione senza interferire sull'azione degli altri.
Per quanto riguarda l'intelligence, vi posso dire, con assoluta onestà, che non ho letto un solo rapporto; anzi, quando ho visto il comandante dei carabinieri - ero appena stato nominato ministro - ho domandato se avessero delle informazioni. Mi si rispondeva vagamente; mai un elemento di chiarezza, come se si trattasse di una materia ancora molto labile o magmatica (come mi suggerisce l'onorevole Boato). A ciò non attribuisco alcun motivo legato ad una particolare riservatezza nei miei confronti. Probabilmente non c'erano questi elementi di grande importanza.
L'onorevole Boato mi ha rivolto un'altra domanda molto importante su cosa sia cambiato nell'affrontare questi temi prima e dopo Göteborg. Rispondo con una sola parola: la


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consapevolezza. Fino a Göteborg, non so per quale motivo, non vi era la consapevolezza dell'importanza di questa protesta, la consapevolezza che tale protesta conteneva elementi che rappresentavano valori nuovi e vecchi ma che nessuno poteva mettere in discussione, come i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la protezione dei bambini, l'ecologia, la protezione dell'ambiente, la lotta alla povertà, eccetera; questi temi non dico che fossero visti burocraticamente, ma non erano entrati nella coscienza e nel dibattito. Direi che dopo Göteborg tali argomenti sono entrati nel dibattito, tanto è vero che Göteborg ha avuto, forse, un'influenza positiva nel convincere tutte le delegazioni che questi dovevano essere i temi del vertice di Genova e che, in effetti, ciò che noi cercavamo di fare - cioè portare i rappresentanti di molti paesi in via di sviluppo al vertice di Genova - era necessario perché non potevamo più pretendere di vivere da soli.
Dunque il problema della riforma del vertice - questione che lei, onorevole Boato, pone nell'ultima domanda, ma alla quale risponderò ora - è un punto attualmente in discussione e lo sarà anche a New York. Non che siamo tutti d'accordo, affatto, però già, ad esempio, il Presidente Chirac ha annunciato che nel 2003, quando sarà la Francia ad organizzare il vertice, tenterà un'apertura ai paesi in via di sviluppo ed alle organizzazioni internazionali che sia più istituzionale di quanto sia stato fatto a Genova.
Appare evidente che il meccanismo si è innescato e si capisce che, al di fuori e al di sopra del G8, è necessario creare qualcosa di diverso. Questo elemento non è sicuramente sufficiente a risolvere i problemi di cui discutevamo prima - cioè il rapporto del cittadino con le realtà della globalizzazione


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o con le decisioni - ma certamente rappresenta un raccordo di coordinamento, al più alto livello internazionale, che segna un progresso nella giusta direzione.
Già da molto tempo sto proponendo la creazione, oltre al G8, di un G25 che secondo certi calcoli potrebbe racchiudere i rappresentanti di tutte le categorie dello sviluppo, dai più poveri del mondo ai più ricchi, ed anche i rappresentanti di tutte le grandi regioni del mondo che potrebbero, con delle constituency interne, a rotazione, partecipare ai vertici, in modo tale che ognuno abbia il diritto di partecipare, ammettendo, però, alla discussione un numero limitato di rappresentanti per volta. Sarebbe infatti impossibile ottenere una discussione proficua riunendo contemporaneamente 178 rappresentanti (poiché tanti sono, attualmente, gli Stati del mondo).
Può darsi che questa idea abbia un seguito; se ne inizia a parlare adesso, mentre in passato era considerata soltanto una stranezza. In ogni caso non so affatto se il prossimo vertice, quello canadese, andrà in questa direzione. Per il momento è stata scelta l'opzione di un vertice molto sobrio, molto ristretto, in una località di montagna isolata, accessibile soltanto da una strada, dunque facilmente difendibile dal punto di vista dell'ordine pubblico. Mi sembra, dunque, che sia stata fatta una scelta più attenta all'ordine pubblico che non all'apertura. Si tratta di problemi che dovranno essere affrontati e discussi.
Per quanto riguarda il rapporto con il Genoa social forum, devo dire onestamente che non è stato uno dei rapporti più proficui. C'era, chiaramente, una certa diffidenza da parte di Agnoletto; ricorderete che ad un certo momento mi aveva definito «il peggior nemico», anche se non capisco per quale motivo avrei potuto essere il peggior nemico!


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Attribuisco una grande importanza alla «Dichiarazione del millennio» sottoscritta da 178 Capi di Stato e di Governo: o siamo seri o non lo siamo! Se una dichiarazione, cui si arriva, non a caso, ma con una negoziazione, è stata sottoscritta da 178 Capi di Stato e fissa determinati obiettivi, credo che sia nostro interesse creare un monitoraggio strettissimo per verificare chi persegue gli obiettivi e chi no. Avevo, pertanto, proposto al Genoa social forum, quale rappresentante delle organizzazioni non governative, di condurre un monitoraggio severo che sottoponesse poi i problemi all'opinione pubblica, verificando se gli impegni sottoscritti dagli Stati siano realizzati o meno o, perlomeno, ci si avvicini alla loro realizzazione, perché molte volte gli impegni sono stati sottoscritti e poi non è successo nulla! Quando ho tentato, non di far sottoscrivere un documento (documento che consegnerò e che leggerete) ma di definire questa funzione, che ritengo importantissima per le organizzazioni non governative, ho avuto una reazione piuttosto...così... Rispetto chi ha opinioni diverse e non voglio assolutamente polemizzare, ma non posso certo dire che ci fossimo ben capiti su ciò che io consideravo non un documento da sottoscrivere ma una proposta, per affidare al Genoa social forum un ruolo che a me sembra importantissimo. Proporrò, infatti, quando mi recherò alle Nazioni Unite, un monitoraggio continuo e severissimo, perché altrimenti le dichiarazioni che sottoscriviamo finiscono per fare più male che bene in quanto i paesi poveri, la gente che ha fame, ne sono a conoscenza; tutti sanno che noi ci impegniamo a ridurre la fame nel mondo del 50 per cento in un certo numero di anni e, dunque, credo che questi impegni non si possano ignorare completamente.


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Per quanto riguarda la riunione del 14 luglio, andò molto bene (così com'era andata bene la riunione con i tre rappresentanti dei sindacati), si trattò di vero dialogo. Io illustrai l'agenda...

MARCO BOATO. Può spiegare chi fossero gli interlocutori?

RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Sì, le leggo la lista.
Con i rappresentanti delle 165 ONG italiane erano presenti: Antonio Patriarca (portavoce forum permanente del Terzo settore e Presidente AGESCI); Sergio Marelli (presidente associazione ONG italiane e membro Coordinamento nazionale forum permanente del Terzo settore); Mario Gay (membro esecutivo associazione ONG italiane e presidente COCIS); Giampaolo Gualaccini (membro Coordinamento nazionale associazione ONG italiane e vicepresidente della Compagnia delle Opere); Agostino Mantovani (membro del Consiglio nazionale associazione ONG italiane e presidente dei volontari nel mondo FOCSIV); Fabio Protasoni (segretario del forum permanente del Terzo settore e membro della presidenza ACLI); Luigi Bobba (presidente ACLI) e Mario Giro (responsabile relazioni internazionali della Comunità di S. Egidio).
L'incontro che andò molto bene, fu un vero e proprio scambio di vedute e, naturalmente, la conclusione di questo scambio, che fu ripetuta nella trasmissione televisiva Porta a porta, sfociò in una legittima richiesta di consultazioni continue e non soltanto in occasione di vertici; una consultazione permanente, cosa che, peraltro, già avviene perché - questo è uno dei punti - il dialogo è continuo, non si interrompe soltanto perché non c'è un vertice.
Di recente mi sono recato a Durban, dove ho avuto una riunione con tutte le organizzazioni non governative in cui

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