PARLAMENTO ITALIANO |
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Seduta di Venerdì 7 settembre 2001 |
BOZZA NON CORRETTA |
COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI,
DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
1a (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL
CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
COMITATO PARITETICO
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 9,45.
Indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione del vertice G8 tenutosi a Genova.
(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del senatore Lamberto Dini.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione
del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del senatore Lamberto
Dini.
Ricordo che l'indagine ha natura puramente conoscitiva e
non inquisitoria.
La pubblicità delle sedute del Comitato
è realizzata secondo le forme consuete previste dagli articoli
65 e 144 del regolamento della Camera, che prevedono la
resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità
dei lavori è garantita, salvo obiezioni da parte di componenti
il Comitato, anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a
circuito chiuso, che consente alla stampa di seguire lo svolgimento
dei lavori in separati locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo
l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio, a nome personale e del Comitato, il senatore Lamberto
Dini per aver accettato il nostro invito. Le sarei grato, senatore
Dini, se potesse dare lettura della sua relazione.
LAMBERTO DINI. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, svolgerò una breve introduzione cominciando col dire
che ho preso visione della testimonianza resa dall'ambasciatore
Vattani davanti a questo Comitato giovedì 30 agosto 2001 e
posso confermare quanto da lui dichiarato circa l'azione svolta dal
Ministero degli affari esteri, in stretto collegamento con la
Presidenza del Consiglio, per l'organizzazione del vertice G8 di
Genova, nel periodo precedente il 6 giugno, quando è cessato
il mio incarico di ministro degli esteri.
Il ministro Vinci
Giacchi ha poi fornito con la sua testimonianza, sempre del 30 agosto
2001, un'illustrazione più dettagliata del ruolo svolto dalla
struttura di missione, in particolare dopo il 2 febbraio di
quest'anno, quando il Presidente del Consiglio conferì al
Ministero degli affari esteri l'incarico di coordinare i lavori
relativi all'organizzazione del G8, che, fino ad allora, erano stati
eseguiti in parte dai funzionari della Presidenza del Consiglio,
attraverso la struttura di missione, la quale inevitabilmente si
serviva per competenza anche di funzionari addetti a vari servizi del
Ministero degli esteri. Pertanto, in un primo tempo, il ministro
Vinci Giacchi riferiva periodicamente a me dei progressi fatti, come
degli ostacoli incontrati dalla missione nei lavori preparatori del
vertice. Viste però le vischiosità incontrate in quei
mesi nel far avanzare i lavori e l'emergere di inquietanti ritardi,
alla fine di marzo decisi di chiedere all'ambasciatore Vattani di
occuparsi personalmente delle questioni di competenza della struttura
di missione e di coordinarne i lavori con gli organi territoriali
competenti e con i rappresentanti dei paesi del G8 partecipanti al
vertice.
L'ambasciatore Vattani ha riferito ampiamente delle
difficoltà incontrate nel convincere le delegazioni ufficiali
ad accettare la loro sistemazione sulla grande nave da crociera
European Vision, che era stata contrattata in febbraio per il
periodo del vertice. Io stesso svolsi opera di persuasione,
d'intesa con l'ambasciatore Vattani, in particolare con i ministri
degli esteri russo e giapponese, con successo. Maggiori difficoltà
incontrai, invece, con il ministro americano Colin Powell, al quale
parlai durante la mia visita a Washington il 22 febbraio,
dell'opportunità, per ragioni logistiche e di sicurezza, che
la delegazione degli Stati Uniti accettasse, come quella francese ed
altre dopo, di alloggiare comodamente sulla European Vision.
Il Comitato conosce la scelta definitiva effettuata dagli Stati
Uniti.
Per le responsabilità organizzative di
coordinamento attribuite dal Presidente del Consiglio al Ministero
degli esteri, ho poi seguito personalmente gli aspetti riguardanti il
recepimento dei fondi necessari all'organizzazione del vertice, i cui
costi, come è stato documentato, tendevano a superare, per
specifiche e giustificate esigenze, quelli previsti dalla legge n.
149 del 2000. Il Governo provvide all'integrazione di quei fondi con
appositi provvedimenti legislativi.
Durante il mio mandato di
ministro, non mi è stato richiesto di occuparmi dei rapporti
con le organizzazioni non governative, né del dialogo
intrapreso dal Governo con queste e il Genoa social forum, in
primis dalla Presidenza del Consiglio e, successivamente, dal mio
successore ministro Ruggiero e dal ministro dell'interno in carica.
Per quanto riguarda gli aspetti di sicurezza, essi,
istituzionalmente, competevano al Ministero dell'interno. Il mio
intervento si è limitato, in particolare durante il mese di
maggio, a richiamare l'attenzione del ministro Bianco e del
Presidente del Consiglio sull'urgenza di definire rapidamente un
piano complessivo per garantire la sicurezza del vertice, anche in
vista delle notizie allarmanti che ci pervenivano circa possibili
manifestazioni da parte dei gruppi «antiglobalizzazione»
e di altri. La mia corrispondenza al riguardo è stata portata
gli atti di questo Comitato.
Vorrei confermare che, anche se un
quadro preciso della sistemazione definitiva sulle navi delle
delegazioni ufficiali e dei giornalisti è emerso soltanto
nell'ultima parte di maggio, non si può dire che ciò
abbia complicato la predisposizione del meccanismo di sicurezza,
offrendo anzi quella decisione una notevole semplificazione dei
necessari accorgimenti per assicurare la sicurezza delle delegazioni
e i loro movimenti.
Signor presidente, sono a disposizione
dell'onorevole Comitato per fornire ogni risposta alle domande di
competenza che mi saranno rivolte.
PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che non vi hanno partecipato che nella riunione dell'ufficio di presidenza svoltasi questa mattina è stato stabilito, con riferimento alle audizioni alle quali procederemo nella giornata odierna, che, successivamente alla formulazione delle domande da parte dei componenti il Comitato, ciascun audito svolga un complessivo intervento di replica.
MICHELE SAPONARA. Senatore
Dini, mi debbo complementare con lei e debbo ringraziarla. Infatti,
dalla sua relazione e, soprattutto, dalla corrispondenza e dalle
carte in nostro possesso, risulta che lei è stato l'unico
rappresentante delle istituzioni a comprendere in tempo la
delicatezza della situazione, a rappresentarla al Presidente Amato e
al ministro Bianco e a seguirla.
Poi vedremo quanto sia stato
seguito il suo consiglio.
La ringrazio perché in
quest'aula abbiamo sentito l'architetto Paolini parlare di ritardo e,
addirittura, di latitanza del Governo e abbiamo letto anche di una
rettifica amara del
senatore Giuliano Amato, il quale contraddice la Paolini negando
che vi siano stati ritardi. Per dare un senso, una conferma e
un'interpretazione più ampia alla sua relazione, leggo la
lettera che lei ha inviato il 14 maggio 2001 al professor Giuliano
Amato, nella quale dichiara: «Non posso non rilevare come
l'estrema ristrettezza del tempo che ci separa del vertice, il
confermarsi di notizie allarmanti sulla partecipazione ad eventi
collaterali da parte di manifestanti antiglobalizzazione, le ricadute
negative di immagine per il nostro paese avute con i resoconti dei
media sullo svolgersi delle consultazioni elettorali, rendono
particolarmente impegnativa ed urgente la predisposizione di un piano
dettagliato e credibile per la sicurezza dell'ordine pubblico a
Genova. Occorrerà, in particolare, che il Ministero
dell'interno illustri come intenda assicurare la funzionalità
della città e del vertice in presenza di un numero
prevedibilmente elevato di manifestanti antiglobalizzazione, parte
dei quali verosimilmente animati dall'obiettivo di impedire il
corretto svolgimento dell'evento».
In pari data, scriveva
al ministro Bianco suggerendo gli elementi e gli aspetti da
approfondire: il piano generale della sicurezza, che include la
prevenzione e la gestione delle previste manifestazioni antivertice.
Aggiunge che il ritardo con cui le delegazioni straniere hanno fatto
conoscere il luogo dove avrebbero alloggiato non ha impedito che un
piano di sicurezza venisse approntato. Noi abbiamo appreso, invece,
dai vertici della Polizia che questo ritardo ha creato dei problemi e
ha impedito che il piano di sicurezza fosse definito in tempo.
Senatore Dini, lei conferma questa corrispondenza che ha già
richiamato nella sua relazione e tali ritardi? Conferma che si sapeva
da tempo che ci sarebbero state manifestazioni che avevano lo scopo
di impedire il vertice?
GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei
chiedere solo un piccolo chiarimento rispetto alle dichiarazioni del
senatore Dini. Credo sia opinione comune di questo Comitato che
l'aver concentrato tutte le delegazioni sulla European Vision
sia stata una scelta più che opportuna, logica e vincente
anche dal punto di vista della definizione della sicurezza. Tuttavia,
affinché le cose che lei ha detto non vengano fraintese, le
chiederei di chiarire un passaggio della sua relazione. Se, da un
lato, siamo tutti d'accordo che concentrare le delegazioni su una
nave sia stato molto positivo ai fini della sicurezza, dall'altra mi
sembra altrettanto evidente che fintanto che, tutte le delegazioni
non avessero dato il proprio assenso, restava aperto il problema
della sicurezza generale. Vorrei che lei ci confermasse, per lo meno
per il periodo in cui era ministro - risulta dalle dichiarazioni rese
a questo Comitato dal prefetto e da altri rappresentanti della
pubblica sicurezza e, seppur con una certa difficoltà
espositiva, alla fine è emerso abbastanza chiaramente anche da
quanto riferito dall'ambasciatore Vattani - che la delegazione
statunitense ha sciolto la riserva sulla presenza del Presidente Bush
solo alla fine di giugno. A noi il prefetto ha detto che la
delegazione americana ha desistito dall'idea di Rapallo solo negli
ultimi dieci giorni di giugno: non ricordava esattamente la data, ma
si trattava della fase finale di giugno. Ciò è stato
confermato anche dall'ambasciatore Vattani, il quale ha dichiarato
che ciò è avvenuto nella seconda metà di giugno.
Volevo solo sottolineare questo fatto perché risponde
sicuramente a verità ciò che lei ha dichiarato.
Concentrare tutte le delegazioni su una nave significava semplificare
ai fini della sicurezza, ma, fintanto che non avessimo avuto la
certezza che tutti sarebbero andati lì, restavano aperti
problemi grandissimi. Se, infatti, la delegazione americana e il
Presidente Bush
avessero confermato la propria presenza a Rapallo, è evidente che sarebbero cambiati completamente i termini di sicurezza; pertanto, fin quando non è stato sciolto questo nodo, i piani operativi, relativi alla dislocazione delle forze e all'organizzazione del sistema di sicurezza, non potevano evidentemente essere definiti. Vorrei che lei confermasse questa mia impressione.
ROBERTO MENIA. Senatore Dini,
abbiamo potuto verificare, sia attraverso la corrispondenza che lei
ci ha fornito, sia attraverso il lavoro svolto dagli uffici, i
diversi interventi del suo Ministero. In particolare, possiamo notare
una singolare coincidenza, ossia che il 30 gennaio 2001 - proprio
mentre si conclude a Porto Alegre, in Brasile, il forum
sociale mondiale di organizzazione del movimento antiglobalizzazione,
da cui poi deriveranno tutta una serie di decisioni e determinazioni
in ordine a ciò che tale movimento prevedeva di fare nei mesi
successivi - è stato affidato l'incarico all'architetto
Paolini, da parte del ministro plenipotenziario Vinci Giacchi, di
coordinare le iniziative riconducibili alle organizzazioni non
governative. Come è già stato ricordato dal collega di
Forza Italia, nel corso dell'audizione l'architetto Paolini ha
manifestato diverse perplessità in ordine al comportamento del
Governo, dichiarando che vi sono stati ritardi, inefficienze,
eccetera.
Per quanto la riguarda personalmente, effettivamente,
nel marzo 2001, con una lettera, lei sollecita il ministro
dell'interno ad un'iniziativa congiunta al fine di stabilire entro
quali termini potrà essere tollerata la manifestazione del
dissenso. Successivamente lei scrive al Presidente del Consiglio, in
vista della riunione del comitato nazionale per la sicurezza e
l'ordine pubblico (siamo al 14 maggio 2001), mentre il 22 maggio si
svolge la riunione al Ministero degli esteri con gli ambasciatori e
il capo della Polizia De Gennaro. Queste sono
sostanzialmente le iniziative intorno alle quali si focalizza
l'iniziativa del Ministero degli esteri.
Come lei ha ricordato,
peraltro, doveva, invece, essere compito soprattutto del Ministero
dell'interno provvedere alla definizione del piano complessivo della
sicurezza ma, mi pare di capire, anche attraverso i suoi riferimenti,
che ritiene di non avere ricevuto risposte concludenti. In
particolare, a differenza di quanto rilevava poco fa il collega
Bressa, lei ci ha detto che il quadro complessivo della sistemazione
sulle navi - la questione più afferente alle competenze del
Ministero degli esteri - viene definito entro fine maggio ma,
comunque, questo non avrebbe dovuto pregiudicare la valutazione
generale del controllo dell'ordine pubblico nella città poiché
il luogo di svolgimento era già definito. Quindi, una
valutazione sul controllo dell'ordine pubblico nella città di
Genova si sarebbe dovuta fare a prescindere dalla vicenda della
sistemazione delle delegazioni.
Le chiedo, inoltre, se la ritiene
possibile, una valutazione sul ruolo del Presidente del Consiglio e
del ministro dell'interno dell'epoca, sui loro comportamenti e sulle
risposte che da costoro ha avuto, in particolare attraverso quali
fatti concludenti abbiano risposto alle questioni da lei poste. Mi
pare infatti che vi sia stata, paradossalmente, una maggiore
sensibilità in ordine alla questione della sicurezza da parte
del Ministero degli esteri rispetto al Ministero dell'interno, a cui
queste funzioni erano delegate.
LUCIANO VIOLANTE. Presidente
Dini, vorrei porle, brevemente, alcune domande. La prima è la
seguente: per quale motivo la struttura fu spostata dalla Presidenza
del Consiglio al Ministero degli esteri?
In secondo luogo, vorrei
sapere se vi furono problemi complessi in ordine alla composizione
delle delegazioni, alla
sede delle stesse ed alle richieste di sicurezza da esse poste.
Vorrei cioè sapere se il problema dell'ordine pubblico e della
sicurezza era un problema autonomo rispetto alla collocazione delle
delegazioni o collegato a questa.
Da ultimo, vorrei conoscere le
ragioni per le quali fu aggiunto l'ambasciatore Vattani
all'ambasciatore Vinci Giacchi.
MARCO BOATO. Presidente Dini, molte
delle domande che avrei voluto farle sono già state poste dai
colleghi che mi hanno preceduto.
Vorrei sapere - sia per quanto
riguarda la sua responsabilità istituzionale sia per quanto è
a sua conoscenza nella collegialità del Governo di cui faceva
parte - come sia avvenuta e da chi sia stata proposta la nomina dei
responsabili della preparazione del vertice del G8, ed in particolare
quella dell'ambasciatore Vinci Giacchi, come capo della struttura di
missione, e quella dell'ambasciatore Olivieri, come sherpa,
nel senso di persona che porta i pesi, cioè prepara il lavoro.
La domanda che sto per farle le è già stata posta,
in parte, dal presidente Violante, e riguarda il punto della sua
relazione in cui lei parla di «vischiosità incontrata in
quei mesi». Mi pare che i mesi a cui si fa riferimento siano
quelli del passaggio, deciso dal Presidente Amato, della
responsabilità primaria dalla Presidenza del Consiglio
(responsabilità prevista, peraltro, istituzionalmente, dalla
legge che istituisce il G8) al Ministero degli affari esteri. Lei usa
l'espressione «vischiosità e ritardi» - le chiedo
scusa se le mie citazioni non sono del tutto esatte - e poi afferma:
«A fine marzo chiesi all'ambasciatore Vattani di coordinare i
lavori della struttura di missione e di sovrintendere un po' a
tutto». Vorrei dei chiarimenti su questo punto e mi associo
alla domanda già posta dall'onorevole Violante.
Ancora, lei afferma: «Non ho avuto compiti in relazione
al rapporto con le ONG oltre che al Genoa social forum».
Vorrei chiederle, per completare il quadro già in parte
acquisito, chi aveva questi compiti per quanto riguarda il Ministero
degli esteri.
Con riferimento alla lettera da lei inviata, in
qualità di ministro degli affari esteri, all'allora Presidente
del Consiglio Amato (che risulta nella nostra documentazione e che è
stata poco fa ampiamente citata dal collega Saponara) al fine di
sollecitare la predisposizione di un piano per la sicurezza e
l'ordine pubblico a Genova in previsione delle manifestazioni anti
G8, le chiedo conferma della data. La sua lettera infatti è
datata 14 maggio 2001, cioè il giorno successivo alle
elezioni, quando si sapeva con certezza che sarebbe cambiato non solo
il Governo (come è ovvio quando vi è un cambio di
legislatura), ma anche lo schieramento politico chiamato a governare
non appena le procedure parlamentari e istituzionali sarebbero state
completate, il che, come lei ha ricordato, avvenne all'inizio di
giugno. Volevo chiederle qual è il significato della sua
decisione di assumere questa iniziativa in data 14 maggio.
Un'ultima
domanda al fine di completare il nostro quadro informativo.
Dagli
atti del Ministero degli esteri, in parte riservati - anche se devo
dire che tale riservatezza è stata superata da altri
responsabili istituzionali del Ministero dell'interno che ci hanno
parlato in maniera esplicita -, emergono particolari difficoltà
nella cooperazione con la Grecia sotto il profilo della
predisposizione dei meccanismi preventivi di sicurezza: c'è
uno scambio di lettere e traspaiono situazioni di tensione. Tali
tensioni, peraltro, al di là della riservatezza di cui dicevo
prima, si riscontrano sia sul versante del Ministero degli esteri che
su quello del Ministero dell'interno. Vorrei chiederle se lei
era a conoscenza di queste difficoltà, se abbia dovuto affrontare tale questione e se vi sia una spiegazione di queste difficoltà che risultano, ripeto, sia dagli atti del Ministero degli esteri, ancora coperti da riservatezza, sia da quelli del Ministero dell'interno che ci ha, invece, riferito ampiamente al riguardo.
MARIA CLAUDIA
IOANNUCCI. Ministro, la ringraziamo per la sua chiara, anche se
stringata, relazione; se possibile, vorrei che mi fossero chiariti
alcuni punti che non ho ben compreso. Lei ha detto che la
sistemazione definitiva delle delegazioni è avvenuta
nell'ultima parte di maggio, ma che comunque ciò non ha
minimamente scalfito né mutato il piano di sicurezza che il
ministero aveva preparato e che poi, come abbiamo visto, ha
funzionato perfettamente; vorrei sapere se ciò è
esatto.
Ministro, lei ha detto ancora che non ha avuto rapporti
né con le organizzazioni non governative né con il
Genoa social forum. Da tutti gli atti risulta però che
il suo Ministero ha avuto rapporti ravvicinati - anzi, molto
ravvicinati - con le organizzazioni non governative (li ha anche per
legge), che poi sono diventate il Genoa social forum. Questa
mancanza di rapporti è da attribuire a lei personalmente e non
al Ministero; quindi, poiché l'organizzazione del Dicastero
faceva capo a lei, quale indicazione ha fornito ai dipendenti ed agli
ambasciatori riguardo ai rapporti con il Genoa social forum?
Risulterebbe inoltre che l'architetto Paolini, che è stata
indicata come soggetto più accreditato per parlare con il
Genoa social forum, sia stata individuata da un ambasciatore e
poi nominata da Vinci Giacchi.
Le chiedo infine se lei, senatore Dini, ricevesse le
informative dei Servizi segreti sulle organizzazioni violente che, si
dice, appartenessero successivamente anche al Genoa social forum.
GRAZIANO MAFFIOLI. Mi associo agli apprezzamenti rivolti dall'onorevole Saponara per la prontezza con la quale il senatore Dini, in qualità di ministro, ha segnalato i ritardi ed i pericoli che si delineavano in vista del G8. Senatore, le chiedo chi le abbia segnalato questi pericoli. Quali fatti e quali notizie l'hanno indotta ad assumere l'importante e significativa decisione di inviare la lettera al Presidente del Consiglio, in data 14 maggio?
GRAZIA LABATE. Presidente Dini,
le rivolgerò solo due domande.
L'architetto Paolini nella
sua relazione al Comitato ha messo in evidenza una sorta di periodo
grigio, una zona grigia, che ha definito anche in termini di
latitanza del Governo nell'assunzione di decisioni circa le modalità
con cui diverse parti del movimento avrebbero partecipato
all'iniziativa in occasione del G8. Poiché ciò risulta
agli atti ed anche nelle relazioni svolte da altri soggetti che il
Comitato ha ascoltato, sia a livello locale sia a livello di
responsabilità nazionale, le chiedo che cosa determinò
il cambiamento nell'atteggiamento del Governo, in relazione al fatto
che il Governo stesso aveva accettato manifestazioni ed iniziative in
occasione del G8 che si concludessero una settimana prima dell'inizio
degli eventi. Che cosa ha determinato questo cambiamento? Lei era a
conoscenza di questa sollecitazione dell'architetto Paolini, che
comunque dipendeva dalla struttura di missione?
La seconda
domanda riguarda un passaggio della relazione in cui lei, riferendosi
alla lettera del 14 maggio, si dice
preoccupato dell'andamento che le manifestazioni anti globalizzazione potevano assumere in occasione del vertice. Poiché abbiamo potuto, in maniera riservata, prendere visione dei rapporti SISDE, desidererei sapere se il Ministero (ancorché dai rapporti si evince che questi, per conoscenza, erano inviati anche alla Farnesina) avesse piena conoscenza dell'attività di intelligence, quasi quotidiana, che si è protratta sino al periodo in cui le responsabilità di Governo del senatore Dini sono cessate.
LUCIANO FALCIER. Ringrazio il
Presidente Dini, non solo per la sua relazione ma anche per la sua
presenza e disponibilità. Vorrei fare una premessa prima di
formulare la mia domanda.
Mi risulta che prima di ogni summit
di carattere internazionale il mondo delle organizzazioni non
governative, delle associazioni che gravitano intorno alla
cooperazione internazionale, soprattutto espressione dell'ambiente
cattolico, puntualmente organizzi incontri per fornire proposte,
attraverso forum e discussioni, al summit; si tratta di
un mondo che, ben prima della scadenza di Genova, era presente con
una propria capacità organizzativa per offrire proposte ai
capi di Stato e di Governo.
In questa occasione, risulterebbe che
a Firenze, il 2 ed il 3 aprile, con il patrocinio della Presidenza
del Consiglio dei ministri, alcune organizzazioni (cito le più
importanti: CESPI, IAI, ICEPS, IPALMO) si siano incontrate e, con i
massimi esperti internazionali del settore, abbiano svolto un proprio
forum, pervenendo a conclusioni che sono contenute in alcune
relazioni. Posta questa premessa, chiedo al senatore Dini se fosse a
conoscenza di tali iniziative e, in caso positivo, se fossero
pervenute, a lui o al Ministero, proposte di questo mondo -
soprattutto dopo il forum di Firenze - in preparazione
delle decisioni del tavolo del G8 di Genova. Quello che poi è risultato il Genoa social forum o il Patto di lavoro o i rappresentanti che poi si sono ritrovati in quell'organizzazione hanno mai fatto pervenire proposte circa i contenuti del lavoro che si è svolto a Genova?
GIANNICOLA SINISI. Vorrei rivolgere al senatore Dini una semplice domanda. Abbiamo appreso che la pianificazione della sicurezza era condizionata da tre elementi: la dislocazione degli eventi a Palazzo ducale e ai Magazzini del cotone, l'allocazione delle delegazioni ufficiali e l'autorizzazione delle manifestazioni. Ci è noto che le manifestazioni vennero autorizzate, sostanzialmente, tra il 12 ed il 19 luglio 2001. Rimane ancora abbastanza incerta la data in cui venne definita la sistemazione delle delegazioni ufficiali; un paio di colleghi hanno parlato di maggio (intervengo proprio perché due colleghi hanno ripetuto quella data), ma risulterebbe molto chiaro che dovrebbe essere avvenuto tra il 15 ed il 30 giugno. Mi sembra che le delegazioni ufficiali, in particolare quella degli Stati Uniti, che era costituita da quasi 500 componenti, fossero state definite alla fine del mese di giugno. Chiedo conferma di queste circostanze.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro chiede di parlare, do la parola al presidente Dini, pregandolo di rispondere nell'ordine in cui le domande sono state poste e di citare anche il collega che ha rivolto la domanda, in modo da consentire un ordinato svolgimento dei nostri lavori.
LAMBERTO DINI. Presidente, mi pare che le domande degli onorevoli deputati e senatori siano molto simili l'una all'altra e si intreccino tra loro per quanto riguarda gli aspetti concernenti, in particolare, le delegazioni e le predisposizioni del piano di sicurezza.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Saponara, vorrei
cominciare dicendo che non ho mai conosciuto l'architetto Paolini. La
nomina è stata fatta dalla struttura di missione, su proposta
della Presidenza del Consiglio ed in particolare del segretario
generale di palazzo Chigi. L'architetto si doveva occupare dei
rapporti con le organizzazioni non governative perché il
Presidente del Consiglio aveva sin dall'inizio pensato che fosse
utile coinvolgere le organizzazioni non governative in dialoghi, ma
anche in convegni, relazioni, seminari che potevano essere tenuti al
di fuori e prima del vertice.
Ciò in parte avvenne, come
del resto è stato ricordato il fatto che alcune di queste
organizzazioni incontrarono, in una riunione svoltasi a Firenze il
2-3 aprile, lo stesso Presidente del Consiglio. Il numero delle
organizzazioni non governative, quelle che intendevano manifestare
contro la globalizzazione e addirittura impedire il vertice, aumentò
nel corso del tempo. Rispetto a tali organizzazioni, anche dopo la
fine del mio Governo, fu compiuto il massimo sforzo di coinvolgimento
al fine di ottenere che le manifestazioni venissero autorizzate e
potessero svolgersi pacificamente. Mi pare che l'atteggiamento sia
del Governo Amato, sia del Governo Berlusconi nei confronti delle
organizzazioni non governative sia stato positivo. È stato
lodevole il fatto di aver ricercato il dialogo senza impedire le
manifestazioni stesse. Purtroppo la situazione è poi
degenerata a causa di infiltrazioni di elementi violenti dei quali,
evidentemente, non si era avuta notizia o, in ogni caso, non si aveva
grande timore.
Confermo, onorevole Saponara, che l'insieme delle
delegazioni - a parte gli Stati Uniti - durante il mese di maggio
avevano accettato la sistemazione sull'European vision.
Pertanto, ritenevo - infatti l'ho detto nella mia introduzione - che
verso la fine di maggio il quadro fosse completo. Rimaneva, mi
dite - esattamente questo non lo ricordo -, una definitiva
accettazione da parte del governo degli Stati Uniti, che
probabilmente, come è stato detto, avvenne più tardi,
ma riguardò soltanto il presidente Bush e i suoi stretti
collaboratori, perché il resto della delegazione statunitense
sarebbe stata alloggiata sull'European vision, così
come tutte le altre delegazioni. Pertanto, tenderei a confermare (ma
spetterà poi al Comitato esprimere un giudizio) che questo
ritardo può avere soltanto in minima parte complicato il
lavoro degli organi di sicurezza; anzi, come dicevo nella mia
introduzione, secondo me lo ha semplificato. Mi domando che cosa
sarebbe accaduto se otto delegazioni così numerose fossero
state sparpagliate per la Liguria, con la necessità di
assicurare il loro spostamento e la loro sicurezza. Per questa
ragione, sin da febbraio avevo concordato che si contrattasse
l'European vision con l'intendimento di collocare le
delegazioni su questa bellissima nave, la quale poteva ospitare tutte
le delegazioni ufficiali separatamente e in ambienti estremamente
confortevoli.
L'opinione del Ministero degli affari esteri
partiva dall'assunto che, in occasione di ogni vertice, le
delegazioni ufficiali accettano il luogo in cui il governo ospitante
decide di alloggiarle. Pertanto, non ci aspettavamo, che il sito
scelto, pur essendo non un albergo su terraferma ma di una nave
attraccata nel porto di Genova, potesse provocare tante esitazioni da
parte delle delegazioni. D'altronde, accade sempre che alcune
delegazioni, fino a quando le altre non accettano la sistemazione,
tendono a ritardare la loro decisione. Ciò è avvenuto
anche se avevamo fatto tutto il possibile per portare a conoscenza
dei rappresentanti dei paesi partecipanti al vertice la bontà
della scelta della nave. È vero che
il Presidente Bush decise di alloggiare in un albergo molto vicino
al porto, ma il resto della delegazione aveva accettato di essere
ospitata sulla nave.
Perciò, tenderei a confermare -
questa domanda, oltre che dall'onorevole Sinisi, è stata posta
anche da altri -, che il ritardo non può che aver complicato
in minima parte il lavoro di predisposizione del piano di sicurezza,
perché l'albergo dove fu alloggiato il presidente Bush era
contiguo al porto di Genova. Peraltro, era tutto all'interno di
quella che, poi, è stata definita la zona rossa.
All'onorevole Bressa, il quale ha sottolineato questo aspetto,
devo dire che quando le delegazioni sciolsero la riserva a fine
maggio, o fine giugno, credo che vi fu soltanto l'annuncio ufficiale
da parte della delegazione degli Stati Uniti - anche se avevamo avuto
già un consenso di massima, ad eccezione del presidente Bush -
che quella sarebbe stata la sistemazione. Quindi, con riferimento ai
problemi di sicurezza, credo che le questioni poste dall'alloggio
delle delegazioni non abbiano rappresentato un elemento determinante.
Quanto all'incarico all'architetto Paolini, esso fu dato da Vinci
Giacchi perché era il titolare della struttura di missione,
ma, come ho detto, su suggerimento e incarico diretto da parte della
Presidenza del Consiglio, che, si occupava in quei mesi dei
collegamenti con le organizzazioni non governative. Ciò è
provato anche dal fatto che lo stesso presidente Amato tenne una
riunione di una giornata, a Firenze, con le organizzazioni non
governative che erano state contattate. In effetti, già nei
primi mesi dell'anno la Presidenza del Consiglio aveva pensato,
ripeto, di organizzare una serie di seminari a latere, di
preparazione, che avrebbero potuto anche concludersi con la
predisposizione di un documento, relativo a quella che lo stesso
Presidente Amato aveva chiamato Genoa non governmental
initiative, che avrebbe dovuto portare a conoscenza dei
capi di Stato e di governo i punti di vista di queste organizzazioni.
Le cose si sono complicate, successivamente, con l'aumento del numero
delle organizzazioni non governative con la creazione del Genoa
social forum; effettivamente, tutto si svolse dopo la fine di
maggio, direi anche durante il mese di giugno e nella prima parte di
luglio.
Non ritengo vi sia stata, da parte del Ministero degli
affari esteri, una sensibilità maggiore per la sicurezza. Ciò
che evidentemente ci preoccupava è che da parte del Ministero
dell'interno fosse definito rapidamente, il più rapidamente
possibile, il piano complessivo della sicurezza, anche se riconosco,
onorevole Sinisi, che rimaneva qualche incertezza sull'alloggio, in
particolare, della delegazione statunitense.
L'onorevole Violante
ha chiesto per quali motivi la competenza e la supervisione dei
lavori della struttura di missione fu trasferita da palazzo Chigi,
quindi dalla Presidenza del Consiglio, al Ministero degli affari
esteri. In effetti, questa decisione fu assunta dal Presidente Amato,
il quale mi scrisse una lettera al riguardo (non so se sia gli atti
della Commissione). La ragione era che lo stesso Presidente Amato
aveva notato che si stavano sviluppando due filoni di attività,
quella esercitata direttamente da funzionari della Presidenza del
Consiglio e quella svolta dal Ministero degli affari esteri, per
competenza, con riferimento al cerimoniale, ai rapporti con la
stampa, e così via.
Per evitare confusioni, cioè
per avere un solo centro di responsabilità, il Presidente
Amato decise di chiedere al Ministero degli affari esteri di
effettuare il pieno controllo e, quindi, la supervisione dei lavori
preparatori del vertice, in particolare, in esecuzione della legge n.
149 del 2000.
Onorevole Boato, per quanto riguarda la nomina dei
responsabili, l'ambasciatore Olivieri era già da tempo
consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio e lo era stato
già durante il Governo D'Alema (era stato confermato dal
Governo Amato). Egli aveva la responsabilità, in quanto
sherpa, di seguire tutti i lavori preparatori della sostanza,
l'agenda, le tematiche che sarebbero state discusse al vertice e
anche la predisposizione dei documenti di base che sarebbero
confluiti successivamente nei comunicati ufficiali. L'incarico,
quindi, dell'ambasciatore Olivieri era di carattere istituzionale.
Anche tutti gli altri paesi nominano un consigliere del Presidente
del Consiglio o del capo del Governo per attuare tali raccordi e
seguire i lavori preparatori. Come è avvenuta la nomina
dell'ambasciatore Olivieri? Era normale, de plano, che fosse
il consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio a svolgere
questo ruolo. Per ciò che riguarda la nomina di Vinci Giacchi
come responsabile della struttura di missione, devo dire che in
precedenza la preparazione dei vertici, per gli aspetti logistici e
organizzativi, era sempre stata sotto la responsabilità dei
ministeri degli affari esteri, sia in Italia, sia negli altri paesi:
ricordo chiaramente il vertice G7-G8 di Napoli nel quale una piccola
struttura del Ministero degli affari esteri seguiva gli aspetti
relativi alle delegazioni, ai movimenti, alle sedi delle riunioni, al
modo di assicurare tali aspetti. In questa occasione la nomina del
ministro Vinci Giacchi venne suggerita al Presidente del Consiglio
dal Ministero degli affari esteri: l'ambasciatore Vattani avanzò
la proposta che fosse il ministro Vinci Giacchi (che del resto era
stato, in precedenza, consigliere diplomatico del ministro dei
trasporti per un lungo periodo) ad assumere la responsabilità
della struttura di missione, io la appoggiai e il Presidente del
Consiglio la accettò. Nella mia relazione, in effetti,
onorevole
Boato, ho detto che già dal mese di febbraio e dall'inizio
di marzo si erano manifestate vischiosità nel portare avanti i
lavori del vertice. Ciò si riferiva, in particolare, alla
questione delle delegazioni, alla loro sistemazione, e anche ai
ritardi nelle opere pubbliche che dovevano essere completate con i
fondi messi a disposizione dal Governo (si trattava di circa di 80-90
miliardi destinati a opere pubbliche, per risolvere problemi
logistici e per il miglioramento, in vari aspetti, della città
di Genova): ciò risultava sotto la responsabilità del
prefetto di Genova e degli enti territoriali (la provincia e, in
particolare, il sindaco di Genova). Notavamo che quei cantieri non
partivano o procedevano molto lentamente e che era necessario
attivarsi. Per tale ragione, ma anche per avere contatti diretti, a
più alto livello, con le delegazioni dei paesi membri, presi
la decisione di chiedere al segretario generale della Farnesina (che
ha una grande esperienza, in particolare, nei rapporti
internazionali) di fungere da liaison e assicurare il
coordinamento, sia con i rappresentanti dei paesi del G8, sia con gli
organi delle istituzioni locali ai quali ho fatto riferimento.
Onorevole Boato, non vi è stato nessun compito relativo
alle ONG, salvo quello di seguire le iniziative della Presidenza del
Consiglio durante il mio mandato, per le quali effettivamente la
Presidenza aveva mostrato sensibilità nei modi che ho riferito
(organizzazione di convegni e altro). A tale riguardo erano anche
stati predisposti fondi (in un primo tempo 400 milioni) per
l'organizzazione degli incontri delle organizzazioni non governative.
Chi aveva tali compiti nel Ministero degli affari esteri? La
struttura di missione, e nessun altro, doveva occuparsi di tali
aspetti.
Riguardo al significato della mia decisione di scrivere,
credo di avere risposto, nel senso che si era nel mese di maggio e
ancora non si era concretizzato, anche in vista delle notizie che
ci pervenivano, in particolare, attraverso la stampa: non ho mai
letto, né è stato portato mai a mia conoscenza, un
rapporto del SISDE a tale riguardo. Credo che questi rapporti
probabilmente siano stati inviati al Ministero, in particolare alla
segreteria generale, ma io non ne ho avuto conoscenza durante il mio
mandato. Devo dire e sottolineare che gli aspetti di sicurezza legati
alle organizzazioni non governative, al Genoa social forum e
ad altri soggetti, si intensificarono dopo, nel mese di giugno e
nella prima parte del mese di luglio. Ricordo, a tale riguardo, le
iniziative del ministro Ruggiero proprio per cercare, attraverso il
dialogo, una composizione e per evitare, quindi, che vi fossero
manifestazioni che uscissero dal tracciato e che, in particolare, si
svolgessero non pacificamente. Riguardo alle difficoltà di
cooperazione con la Grecia, onorevole Boato, non ne ho mai sentito
parlare, nessuno me ne ha parlato.
Senatrice Ioannucci, per
quanto riguarda il mio giudizio sulla sistemazione delle delegazioni
sulle navi per il piano di sicurezza, credo di avere risposto e
confermo anche di non essermi occupato dei rapporti con le
organizzazioni non governative. Tanto ciò è vero che
non avevo neppure sentito parlare della nomina dell'architetto
Paolini: si trattava di una questione interna, che riguardava più
la Presidenza del Consiglio per l'organizzazione di convegni e
riunioni. Non ho ricevuto, senatrice Ioannucci, informative dei
servizi segreti. Avevamo notizia, in particolare attraverso gli
organi di stampa e i rapporti che ci venivano inviati, anche
verbalmente, di ciò che tali organizzazioni intendevano fare e
vi erano alcune di esse che volevano impedire che il vertice si
tenesse. Da ciò nascevano le preoccupazioni - credo naturali -
che avrebbe
dovuto avere e che ha avuto anche il Ministero degli affari
esteri, e che ho avuto io personalmente. Ciò risponde,
senatore Maffioli, in parte anche alla sua domanda.
Onorevole
Labate, l'architetto Paolini ha denunciato ritardi? Non conosco
questa persona e considero sorprendenti le sue dichiarazioni sui
ritardi da parte del Governo. Effettivamente - come è stato
detto da lei, onorevole Labate - il Governo Amato aveva lavorato ad
un'ipotesi: le manifestazioni si sarebbero potute tenere in un
periodo precedente il vertice, e poi un documento, se possibile
unitario, avrebbe potuto essere presentato al vertice stesso. Di ciò
io ero al corrente, ma non lo sono stato successivamente rispetto
agli sviluppi della ricerca del dialogo, quando aumentavano le
preoccupazioni.
Onorevole Labate, dei rapporti del SISDE non è
ero quindi a conoscenza.
Senatore Falcier, è vero che in
condizioni più normali - prima cioè che scoppiasse
questa protesta antiglobal e quindi prima ancora degli
avvenimenti di Göteborg di metà giugno - in tutti i
vertici si era fatto in modo che coloro che volevano manifestare il
dissenso, o che intendevano portare specifiche tematiche sostenute da
associazioni non governative all'attenzione dei capi di governo, lo
potessero fare prima ancora degli stessi. Personalmente ho
partecipato a diversi summit, e mi riferisco non solo al G7 e
al G8, ma anche a quelli dell'Unione europea, in cui ugualmente vi
sono organismi che intendono presentare le loro proposte ai capi di
governo. Non mi risulta che le proposte degli organismi non
governativi che erano stati contattati (mi riferisco, in particolare,
alle organizzazioni che hanno avuti contatti con la Presidenza del
Consiglio e che sono elencate nelle testimonianze rese) siano infine
state presentate al vertice. Onorevole Sinisi, con quanto detto credo
di aver risposto anche alle domande da lei poste.
PRESIDENTE. Presidente Dini, la
ringrazio - anche a nome di tutto il Comitato - e dichiaro conclusa
l'audizione. Per facilitare i nostri lavori, le sarei molto grato se
potesse consegnare la sua relazione al Comitato, in modo che se ne
possa distribuire copia a tutti i componenti.
Sospendo la seduta,
che riprenderà alle ore 11,30 con l'audizione del ministro
Ruggiero.
La seduta, sospesa alle 10,40, è ripresa alle 11, 30.
Audizione del ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno
reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui fatti accaduti in
occasione del vertice G8 tenutosi a Genova, l'audizione del ministro
degli affari esteri, ambasciatore Renato Ruggiero il quale chiede di
essere accompagnato dal ministro Francesco Caruso, dal ministro
Antonio Zanardi Landi e dal consigliere Liborio Stellino.
Se non
vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
Prima di dare
inizio all'audizione in titolo, ricordo che l'indagine ha natura
meramente conoscitiva e non inquisitoria.
La pubblicità
delle sedute del Comitato è realizzata secondo le forme
consuete previste dagli articoli 65 e 144 del regolamento della
Camera, che prevedono la resocontazione stenografica della seduta.
La pubblicità dei lavori è garantita, salvo
obiezioni da parte dei componenti il Comitato, anche mediante
l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, che
consente alla stampa di seguire lo svolgimento dei lavori in separati
locali.
Non essendovi obiezioni, dispongo l'attivazione
dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Ringrazio il ministro degli affari esteri, ambasciatore Renato
Ruggiero, a nome mio e dell'lintero Comitato e lo invito a riferire.
RENATO RUGGIERO, Ministro
degli affari esteri. Signor presidente, onorevoli senatori,
onorevoli deputati, permettetemi innanzitutto di esprimere il mio più
sincero ringraziamento per l'opportunità che, ancora una
volta, mi si offre di illustrare al Parlamento il ruolo del Ministero
degli affari esteri nella predisposizione del vertice G8 di Genova.
Nella mia relazione mi concentrerò naturalmente sugli
eventi a cui ho partecipato nel quadro delle specifiche competenze
del Ministero degli affari esteri, comprendenti: i contatti di natura
diplomatica con gli altri paesi; la discussione ed il negoziato sui
contenuti di politica estera legati sia alla riunione ministeriale di
Roma del 18-19 luglio, sia al vertice stesso dei Capi di Stato e di
Governo; la definizione del comunicato finale dell'incontro con
riferimento ai suoi punti più qualificanti, primi fra tutti
l'istituzione del fondo globale per la salute e la conferma degli
impegni riguardanti la cancellazione o la riduzione del debito dei
paesi più poveri.
Il nostro impegno ha altresì
compreso la preparazione - prima del vertice ed in margine ad esso -
rispettivamente dell'incontro delle massime autorità dello
Stato con alte personalità morali internazionali e con il
Segretario generale delle Nazioni Unite, insieme ad una significativa
rappresentanza dei leader di paesi in via di sviluppo.
Tralascerei invece gli aspetti organizzativi - ovviamente sempre
riferibili alle competenze del Ministero degli affari esteri - sui
quali ha riferito il segretario generale ambasciatore Vattani.
Alla
base di questa intensa attività preparatoria vi era un grande
obiettivo: fare di Genova un vertice «per la vita», in
particolare, per l'istituzione del fondo anti AIDS, un'occasione
privilegiata di dialogo fra il nord e il sud del mondo, in grado di
fornire risposte concrete alle istanze sempre più pressanti
circa l'esigenza di uno sviluppo globale più equilibrato e
sostenibile.
Come vi è noto, ho più volte accolto
l'invito rivoltomi dal Parlamento per esporre prima del vertice le
scelte, impostate dai precedenti governi e portare a conclusione
dall'attuale Governo, che ne guidavano la filosofia innovativa,
quanto ai contenuti e all'inedita cornice che ho sopra tratteggiato e
per valutarne dopo i risultati sul piano della politica
internazionale e del ruolo dell'Italia in tale scenario. Mi riferisco
ai miei interventi in Assemblea (3-4 luglio in aula alla Camera; 11
luglio in aula al Senato; 25 luglio in aula alla Camera) e nelle
Commissioni Affari esteri (4 luglio alla Camera e 10 luglio al
Senato). In tali occasioni, ho potuto sottolineare quali fossero, a
mio avviso, le ragioni oggettive che non solo facevano di Genova un
passo in avanti nella lotta per un mondo più giusto, ma
segnavano anche un avvio di riforma dei vertici che non mancherà
di condizionare la struttura, l'agenda e gli obiettivi delle analoghe
scadenze internazionali.
Vorrei dunque soffermarmi sulla
successione delle varie tappe di costruzione del vertice, cercando di
fornire a questa cronologia un denominatore comune: l'esigenza di
governabilità della crescente interdipendenza che caratterizza
la società internazionale e quindi della conseguente
globalizzazione.
In questo sforzo, ero e resto convinto che le
istituzioni possano avvalersi degli spunti provenienti da un dialogo
autentico con la società civile, riservando lo spazio e
l'ascolto al dissenso nelle forme doverosamente accettabili in paesi
democratici.
Ribadisco che la ricerca del dialogo con le componenti della
società civile - linea che continuo sempre a ritenere corretta
e necessaria - non ha costituito solo una scelta di carattere
precauzionale. In altri termini, essa non era volta solo a ridurre il
tenore e la dimensione degli scontri temuti, a non esacerbare cioè
le forti tensioni che si erano sviluppate ai margini dei precedenti
vertici internazionali. Essa intendeva essere anche una vera e
propria risorsa aggiuntiva di un vertice che teneva a caratterizzarsi
per il suo grado di considerevole apertura sul mondo esterno e per
un'agenda che rispondeva alle oggettive sollecitazioni della sua
componente più penalizzata.
Tali miei convincimenti di
fondo si sono ulteriormente rafforzati già durante i giorni
del Consiglio europeo di Göteborg, allorché, dopo gli
scontri del 16 giugno, manifestai sia ai colleghi europei, sia agli
organi di informazione, la necessità di insistere sul dialogo
con chi intendeva manifestare pacificamente per dare voce a quei
fermenti, spesso condivisibili, presenti oggi in tutte le società
civili del pianeta.
Ciò che mi colpì a Göteborg
fu il fatto che quel vertice era dominato da due grandi eventi
positivi: la definizione di una strategia europea d'avanguardia in
materia di politica ambientale per inserire l'ecologia come
dimensione necessaria ad ogni altra politica di sviluppo; l'incontro
di 24 paesi europei rappresentati al più alto livello per
decidere di iniziare un nuovo capitolo nella storia del vecchio
continente: quello di vivere insieme ed organizzare assieme lo
sviluppo in una cornice di pace e libertà.
Chiudevamo in
quel momento secoli di rivalità, di guerre, di conquiste
territoriali, di tentativi di dominazioni egemoniche per estendere
quel disegno di pace e di progresso che è stata ed è la
costruzione dell'Unione europea.
Tuttavia, mentre questi due grandi eventi si producevano e si
discutevano, al di fuori del centro conferenze di Göteborg i
dimostranti lanciavano pietre, scontrandosi duramente con le forze
dell'ordine e dando origine ai conseguenti gravi incidenti che tutti
conoscete.
Perché mai una simile incomprensione fra quanto
accadeva all'interno delle sale del vertice e la violenta protesta
all'esterno?
Risalgono a quei giorni, peraltro immediatamente
successivi al mio arrivo alla Farnesina, due miei intendimenti:
discutere con i colleghi dell'Unione europea e del G8 della necessità
del dialogo verso l'esterno; invitare alcune personalità
internazionali di riconosciuta autorità morale per fare
sentire la loro voce ai partecipanti al vertice di Genova. Inoltre,
organizzare alcuni incontri con componenti qualificate della società
civile impegnate sui temi della globalizzazione e della solidarietà,
proprio per approfondire i concreti contenuti dell'agenda del vertice
che andavano incontestabilmente in favore della lotta contro le
ingiustizie del mondo.
Certo non portavano ad una loro
eliminazione, ma era un primo passo. Ho accompagnato questa azione
con una serie di dichiarazioni pubbliche per illustrare la vera
agenda del vertice.
Con gli stessi intenti, e con identico
spirito di apertura e disponibilità, incontrai,
rispettivamente il 20 e 21 giugno al Viminale con il ministro
Scajola, gli onorevoli Francescato e Bertinotti, nonché una
delegazione di parlamentari liguri che espressero nella circostanza
unanime apprezzamento per la linea di dialogo intrapresa. Da parte
mia, cercai in queste occasioni di valorizzare i temi e le finalità
del vertice. Risultò chiaro fin da quei primi contatti come
per il Governo l'espressione di una protesta in forma pacifica
costituisse un
diritto legittimo in qualsiasi ordinamento democratico, mentre il
ricorso ad atti di violenza per esprimere il dissenso non sarebbe
stato ritenuto accettabile.
Continuava negli stessi giorni, di
intesa con il Presidente della Repubblica ed il Presidente del
Consiglio, il mio impegno personale per promuovere a Roma, alla
vigilia del vertice, una riunione con eminenti personalità
mondiali indipendenti di riconosciuta autorità morale.
Obiettivo di tale iniziativa non era certo quello di fornire un
avallo ai lavori del vertice, ma piuttosto di acquisire la
particolare esperienza delle autorevoli personalità su temi
specifici in discussione a Genova (lotta alla povertà,
cancellazione del debito, emergenze sanitarie) e lanciare un dialogo
su basi più autorevoli. Il loro messaggio è giunto sin
nelle stanze del vertice, poiché trasmesso, tramite la
presidenza italiana, alla valutazione dei governanti dei paesi
maggiormente industrializzati convenuti a Genova. Per questo, ho
incontrato il 25 giugno a Lussemburgo l'Alto commissario delle
Nazioni unite per i diritti umani, Mary Robinson, richiedendo ed
ottenendo un contributo all'organizzazione di tale incontro, anche
attraverso la sua autorevole presenza. Ho al contempo avviato
contatti telefonici con le altre personalità prescelte, quali
l'ex presidente sudafricano Mandela, per invitarle a Roma. Nello
stesso periodo, ho provveduto personalmente ad invitare il Segretario
generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, a Genova per partecipare al
lancio del fondo per la salute.
Questa attività
preparatoria è proseguita fino alla data della riunione a
Roma, il 13 luglio, a cui hanno preso parte personalmente, oltre alla
già citata Robinson, il premio Nobel per la medicina,
professoressa Rita Levi Montalcini, l'ex l'alto commissario delle
Nazioni unite per i rifugiati, signora Ogata, l'arcivescovo
brasiliano monsignor Mendes de Almeida, il
pakistano Sattar Edhi, presidente della omonima fondazione,
attivamente impegnato nell'assistenza dei poveri e degli emarginati.
Le alte personalità, che hanno purtroppo declinato l'invito
per problemi di agenda, hanno comunque fatto pervenire al Capo dello
Stato o al Governo italiano messaggi di grande apprezzamento per
l'iniziativa. Mi riferisco allo stesso Nelson Mandela, al premio
Nobel per l'economia Sen, alla vedova di Martin Luther King, al
premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù, all'ex presidente
finlandese Ahtisaari, al premio Nobel per la letteratura Soyinka.
Questo «filone» di dialogo ed apertura del vertice al
mondo esterno si concludeva quindi positivamente con l'arrivo di
queste personalità a Roma e i loro incontri con il Presidente
della Repubblica, il Presidente del Consiglio e me stesso. L'Italia,
insomma, contribuiva a marcare l'avvio di un nuovo approccio di
cooperazione con la società civile e di un fruttuoso scambio
di opinioni con le più aggiornate riflessioni indipendenti
internazionali su temi umanitari, recepite poi nelle conclusioni
operative del vertice di Genova e testimoniate dall'adesione a
recarsi a Genova da parte del Segretario generale delle Nazioni
Unite, di una significativa rappresentanza di Capi di Stato di paesi
in via di sviluppo e di vertici di organizzazioni internazionali.
Accanto a questa azione, sui temi del dialogo - che a me appariva
fondamentale - non ho mancato peraltro di sensibilizzare i miei
colleghi europei nel corso di un fitto giro di visite e di incontri
che mi hanno condotto il 26 giugno a Parigi, il 27 a Berlino, il 5
luglio a Londra, il 9 a Madrid, mentre a Roma l'11 luglio incontravo
il ministro degli esteri belga Michel, quale presidente di turno del
Consiglio dei ministri degli esteri dell'Unione Europea. In tutti
questi contatti ho insistito sull'esigenza di dare risposte
innovative ai fenomeni
di contestazione della globalizzazione, poiché essi si
basano in molti casi su problemi e valori interamente condivisibili,
quali i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la tutela
dell'ambiente, l'opposizione al lavoro minorile, la tutela della
salute, dell'identità culturale, la lotta alla povertà,
la riduzione delle ineguaglianze.
La disponibilità al
dialogo e la contestuale necessità di isolare le frange
violente, che hanno caratterizzato tutte le manifestazioni
antiglobalizzazione, a partire da Ginevra nel maggio 1998, sono state
ampiamente condivise dai colleghi europei, così come dai
ministri degli esteri del G8, nella riunione di Roma che ha preceduto
di qualche giorno il vertice genovese.
In queste discussioni è
emersa anche l'insufficienza di una appropriata comunicazione da
parte degli organi di informazione sui reali temi del vertice e sulla
volontà di fare della riunione di Genova un nuovo punto di
partenza nella lotta contro la povertà, l'AIDS e le
disuguaglianze.
Si doveva altresì cercare di eliminare due
rilievi che apparivano centrali nelle posizioni della contestazione.
Il primo, della cosiddetta «illegittimità» della
riunione, il secondo dell'accusa di costituire un centro decisionale
al di fuori e al di sopra dei normali circuiti istituzionali della
vita internazionale.
Sul primo punto, come sul secondo, le
risposte partecipative e le pubbliche richieste fatte dai paesi di un
intero continente, come l'Africa, e dalle principali personalità
delle grandi istituzioni mondiali, come l'ONU, smentivano in modo
chiaro la validità di quei due rilievi.
Il vero problema
della società internazionale è oggi non quello di
rifiutare di l'interdipendenza delle nazioni, delle economie, dei
popoli, che è un fatto eminentemente positivo.
Questo rifiuto fermerebbe il progresso e riporterebbe il mondo
alle barriere nazionali, con tutte le conseguenze che le vicende
della storia ci hanno inequivocabilmente insegnato. Il problema è
il miglioramento sostanziale della governabilità del sistema e
non il suo rifiuto. Ecco perché il dialogo diventava, ed è,
un elemento essenziale, da valorizzare in ogni modo.
Tali
posizioni venivano ribadite dall'Italia - e riprese nelle conclusioni
dell'incontro - al Consiglio affari generali di Bruxelles del 16
luglio, in cui i 15 ministri degli esteri si sono ulteriormente
soffermati sull'importanza di chiari segnali circa la volontà
di dialogo con settori della società civile sui temi di fondo
della globalizzazione. Anche le notizie che leggiamo tutti sulla
stampa in questi giorni, relativamente ai contatti tra francesi,
tedeschi ed altri, dimostrano che questo tema è diventato
ormai un tema dell'agenda politica dei paesi europei. Naturalmente
nel perseguimento dell'opzione del dialogo con la società
civile, non poteva mancare - parallelamente ai miei contatti con gli
ambienti internazionali - un impegno altrettanto intenso sul fronte
interno, esplicitato in una serie di incontri tenuti sul significato
del vertice e sull'approfondimento dei temi in agenda con esponenti
di associazioni, organizzazioni non governative e sindacati.
Il
più noto - per la particolare eco avuta sugli organi di
informazione - è stato quello condotto alla Farnesina con il
ministro Scajola, il 28 giugno, con una delegazione del Genoa
social forum, guidata dal portavoce, dottor Agnoletto. Anche in
questo caso, come nelle precedenti circostanze che ci avevano visto
fianco a fianco (gli incontri con gli onorevoli Bertinotti,
Francescato e con parlamentari liguri), mentre il titolare
dell'interno si soffermava sulle varie problematiche relative
all'ordine pubblico, il mio compito consisteva nello spiegare i
contenuti del vertice ed il suo carattere innovativo.
Di questo incontro esiste peraltro una mia dichiarazione
introduttiva, di cui intendo rimettere copia a questo Comitato, dove
emerge chiaramente la volontà del Governo in favore dell'avvio
di un dialogo concreto sulle questioni vitali che interessano il
pianeta e che sono state portate dall'Italia al centro del dibattito
fra i leader delle maggiori potenze industrializzate.
Il Genoa
social forum appariva in quel momento un contenitore abbastanza
rappresentativo del vasto arcipelago della protesta, parlando a nome
di oltre 750 associazioni e organizzazioni non governative. In esso,
peraltro, risultava essere confluita buona parte delle sigle
precedentemente appartenenti al cosiddetto Patto di lavoro che aveva
costituito già un interlocutore per il precedente esecutivo.
Ciò nondimeno, la scelta di incontrare i rappresentanti del
Genoa social forum non è stata esclusiva, né ha
inteso fornire particolari credenziali di rappresentatività a
tali interlocutori rispetto ad altri.
Fra gli incontri da me
avuti prima del vertice, vorrei ricordare infatti quelli del 13
luglio con il fondatore del Servizio giovani missionari, Ernesto
Olivero, con la Comunità di Sant'Egidio, con i segretari
nazionali di CGIL, CISL e UIL. Questi ultimi, in particolare,
esprimevano la loro soddisfazione per essere stato previsto, tra le
iniziative collaterali al vertice di Genova, l'incontro del 19
luglio, aperto ad organizzazioni sindacali e del mondo
imprenditoriale internazionale.
Il mio programma proseguiva
l'indomani, 14 luglio, sempre a Roma, con un incontro-dibattito con i
rappresentanti dell'Associazione ONGitaliane, che riunisce 165
organizzazioni non governative nazionali di area laica e cattolica ed
altre 65 del Forum permanente del terzo settore. Rilevo, peraltro,
che di tali associazioni e ONG facevano parte anche numerosi
gruppi aderenti al Genoa social forum. Come si può
notare, la coerente linea del dialogo si è rivolta in tutte le
direzioni verso chi ha accettato questa impostazione e si è
mostrato interessato a comprendere le vere ragioni del vertice ed il
ruolo svolto dall'Italia in quest'anno di presidenza di esercizio.
Arriviamo dunque alla cornice vera e propria del vertice, dove
vengono raccolte le fila di questa ampia azione diplomatica e di
dialogo volta anche a valorizzare il dialogo con l'esterno. Come ho
detto all'inizio del mio intervento, vorrei evitare di dilungarmi
sull'impegno profuso dai precedenti Governi - non uno solo -, così
come dall'attuale, relativamente alla definizione dei temi di
sostanza del vertice, alla predisposizione dei relativi documenti,
alla costante e talvolta non facile opera di consultazione e
convincimento dei partner su un'agenda che ha esteso nella
forma e nella sostanza i tradizionali confini concettuali del G8. Il
mio intervento alla Camera del 25 luglio scorso contiene un ampio
resoconto di questi fatti. Vorrei comunque testimoniare come il
complessivo sforzo in favore del dialogo non sia stato fine a se
stesso, ma si sia riverberato nei contenuti, nella struttura e nelle
conclusioni del vertice. L'ampia azione di dialogo è stata
sempre concepita e diretta a fare conoscere meglio e a divulgare i
contenuti del vertice, sia perché essi rappresentavano una
risposta a talune richieste che la società civile va
avanzando, sia per colmare la carenza degli organi di informazione,
prevalentemente interessati alle questioni dell'ordine pubblico.
Vorrei dunque limitarmi, in questa sede, a ricordare i tre
principali eventi svoltisi dal 18 al 22 luglio. In primo luogo,
l'incontro a Roma dei ministri degli affari esteri del G8. Esso ha
posto le basi per le successive dichiarazioni dei Capi di Stato e di
Governo, in particolare, sulle drammatiche crisi mediorientale e
macedone: quest'ultima, speriamo stia diventando
meno drammatica rispetto al passato. Anche nel corso di questa
riunione ho potuto avviare una approfondita discussione sull'esigenza
del dialogo con i movimenti e le associazioni che lo accettano e che
si dissociano dalla violenza. Su impulso italiano, tale dibattito
proseguirà a settembre, nel corso della tradizionale riunione
di lavoro dei ministri degli esteri del G8, a margine dell'Assemblea
generale delle Nazioni Unite, anche in vista delle iniziative
concrete che potranno al riguardo prevedersi nel corso della
successiva presidenza canadese del G8.
In secondo luogo, l'evento
di «apertura» del vertice nei confronti dei paesi in via
di sviluppo (20 luglio), anch'esso frutto dell'iniziativa diplomatica
che ho compiutamente esposto in Parlamento e che è culminata,
in questo caso, nella presenza a Genova dei Capi di Stato e di
Governo di Algeria, Bangladesh, El Salvador, Mali, Nigeria, Senegal,
Sudafrica, quali espressione di tutte le istanze, sia a livello delle
Nazioni Unite sia in ambito regionale, dei principali problemi del
sud del mondo. Erano altresì presenti i vertici di importanti
organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, la FAO, la
Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale del commercio e
l'Organizzazione mondiale della sanità. Vorrei in proposito
sottolineare come la presenza di Kofi Annan ai vertici non debba
essere considerata un dato acquisito. Egli, a differenza di altre
occasioni, ha tenuto ad essere a Genova proprio a testimonianza del
taglio impresso dalla nostra presidenza e dell'interesse per le
decisioni prese.
Infine, la riunione dei Capi di Stato e di
Governo dal 20 al 22 luglio, i cui esiti sono stati illustrati nel
comunicato finale del vertice, anch'esso oggetto di un'approfondita
analisi nel corso dei miei precedenti interventi alle Camere sopra
richiamati. Elenco in maniera rapidissima la decisione di creare un
gruppo di lavoro per la partnership Africa-G8 (questa è
una novità assoluta nelle relazioni tra il nord ed il sud del
mondo), nel nuovo spirito di partenariato che i paesi africani hanno
deciso nel recente vertice di Lusaka; il lancio del fondo globale per
la lotta all'AIDS, alla malaria e alla tubercolosi, con la
disponibilità immediata di 1.300 milioni di dollari da parte
degli Otto e di 500 milioni di dollari provenienti dal settore
privato; i progressi nel processo di cancellazione del debito che
vede l'Italia all'avanguardia rispetto alla comunità dei
creditori bilaterali; il sostegno al lancio di un nuovo round di
negoziati globali in materia commerciale a Doha, con un'agenda più
equilibrata e che vogliamo più attenta ai temi di prevalente
interesse per i paesi in via di sviluppo; la valorizzazione della
task force sulle opportunità delle tecnologie digitali,
quale fattore di accelerazione dello sviluppo delle aree più
penalizzate del mondo; la volontà comune di affrontare
costruttivamente il problema dei cambiamenti climatici; l'esito
positivo dei colloqui Bush-Putin in tema di difesa missilistica.
A
Ginevra... a Genova - scusi, questo è un errore freudiano -
non abbiamo certamente cambiato il mondo, ma la centralità di
alcuni temi trattati per la prima volta in quella sede, insieme alle
proposte di raccordo fra il G8 e i paesi in via di sviluppo, hanno
certo contribuito a far compiere dei passi verso la giusta direzione.
In questo vertice, la necessità di approfondire alcune
questioni capitali aperte dalla crescente interdipendenza degli
Stati, delle economie, dei popoli, si è ormai affermata in
modo chiaro: è adesso entrata in tutte le discussioni che si
hanno a livello internazionale. Le riflessioni sul miglioramento
della governabilità del sistema, su come proseguire in modo
più efficace il dialogo con la società civile e,
infine, sull'organizzazione stessa dei vertici dei Capi di Stato e di
Governo -
quanti e come farli, quale estensione debbano avere -, sono ormai
temi iscritti nell'agenda dei dibattiti internazionali. Ripeto: il
problema non è quello di rifiutare l'interdipendenza e la
globalizzazione, che significano inclusione dei problemi del mondo
nell'agenda internazionale. Interdipendenza e globalizzazione esigono
l'inclusione dei problemi del mondo nell'agenda internazionale e lo
dimostra il fatto stesso che la lotta contro la povertà sia
stata inclusa per la prima volta come tema centrale del vertice.
L'alternativa sarebbe quella di ripristinare le tradizionali
barriere che hanno sempre diviso gli Stati e i popoli. L'alternativa
è, dunque, «l'esclusione degli altri».
L'Italia
continuerà ad adoperarsi, come ha fatto finora, nella ricerca
di soluzioni che possano dare a questo mondo, sempre più
interdipendente e quindi globalizzato, un volto umano.
PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Ruggiero, al quale chiedo di lasciare al Comitato una copia della sua relazione.
FILIPPO MANCUSO. Signor ministro, muovo dalla sua conclusione: interdipendenza e globalizzazione, valori della storia attuale ai quali è data, secondo la sua tesi, una alternativa o delle alternative, comunque contraddittorie, rispetto alle esigenze del mondo; ciò, dunque, oltre che un fatto sociologico e storico è un fatto filosofico. Qual è la ragione per cui, ammessa la legittimità del dissenso da questo ideale, esso debba essere necessariamente manifestato in tutte le sedi in cui il problema si è presentato con modi violenti e assassini? Quale può essere la ragione che coincide con il contenuto della contrapposizione ideale in proposito? C'è qualcosa di più, qualcosa di diverso o qualcosa di avverso al dialogo democratico fra le genti?
MICHELE SAPONARA. Signor ministro, la ringrazio per la sua relazione chiara, convinta e convincente e per l'importante opera da lei svolta per il successo del vertice, che è consistita, tra l'altro, nell'averlo arricchito di nuovi contenuti (mi riferisco ai rapporti che lei ha instaurato con la società civile sia nazionale sia internazionale). Le rivolgo solo una domanda che può interessare il discorso dell'ordine pubblico e che ha appannato il successo del vertice. Lei il 28 giugno ha partecipato con il ministro Scajola all'incontro con il dottor Agnoletto e con il Genoa social forum, che aveva ereditato gran parte dei contenuti del Patto di lavoro. Lei afferma che il Genoa social forum appariva un contenitore abbastanza rappresentativo (avendovi aderito 750-800 sigle). Orbene, il dottore Agnoletto aveva dato sufficienti garanzie di poter controllare il movimento e il comportamento dei suoi rappresentati? Avevate, comunque, avuto rassicurazioni ed avevate tratto elementi di tranquillità dal dottor Agnoletto, da come agiva, dai discorsi che svolgeva e da tutto ciò che vi aveva fatto ritenere che egli rappresentasse e quindi fosse legittimato a rivestire il ruolo di portavoce o di leader del Genoa social forum?
PRESIDENTE. Poiché il presidente Mancuso si dovrà allontanare per un serio motivo, mi ha rappresentato l'esigenza di ascoltare la risposta alla sua domanda; pregherei, quindi, il ministro Ruggiero di rispondergli.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Cercherò di rispondere alla domanda molto brevemente. Chiaramente, l'interdipendenza e la globalizzazione hanno dato risalto ai grandi problemi del mondo, poiché in precedenza questi ultimi, in un mondo di Stati nazionali con alte barriere, si vedevano e si sentivano meno. Oggi, con i mezzi di comunicazione
può accadere che di sera accendiamo la televisione e,
mentre mangiamo, magari una bistecca, vediamo scene di fame, di
povertà e di ingiustizia nel mondo; ciò crea nella
coscienza di tutti un sentimento di ribellione. Quindi, nelle
opinioni pubbliche mondiali vi è la nuova esigenza di
appartenere ad un mondo più giusto; queste sono le ragioni
principali delle manifestazioni.
In verità, in tutte le
manifestazioni, da quella di Ginevra del maggio 1998 fino ad oggi, vi
è sempre stata una piccola parte di partecipanti numericamente
poco rappresentativa, ma certamente rappresentativa sul piano della
violenza e dei danni prodotti. Al riguardo, tuttavia, non ho una
risposta sociologica da dare, tranne il fatto che, purtroppo, nelle
manifestazioni di protesta è facile immaginare che vi sia un
gruppo di persone che, per motivi ideologici o molte volte
semplicemente per motivi di violenza personale, approfittano di
quelle circostanze per fare ciò che vogliono.
Personalmente,
ritengo che lo Stato abbia due doveri: il primo è quello di
permettere le manifestazioni di protesta; il secondo è quello
di proteggere, nelle manifestazioni di protesta, i cittadini e i beni
pubblici e privati da chi compie atti di violenza. Credo che con tale
equilibrio le cose possano essere organizzate in maniera
soddisfacente e accettabile, anche se poi non è facile passare
dal dire al fare. Credo, dunque, che questo debba essere il tentativo
da compiere. Mi dispiace di non averle dato una risposta più
complessa.
GRAZIA LABATE. Signor presidente, ho ascoltato con molta attenzione la relazione del ministro Ruggiero, della quale ho apprezzato anche l'enfasi con cui sono stati sottolineati i piccoli passi compiuti di fronte a problemi che effettivamente sono molto complicati.
Tra l'altro, conosco il ministro per il contributo fornito
nell'ambito del WTO quando, nella passata legislatura, si discuteva
in merito alle regole del commercio con l'estero. Già allora
ponevamo un problema che non riguarda solo i contenuti, ma i
meccanismi regolativi democratici del governo mondiale. Tengo ad
evidenziare sottolineare tale aspetto perché è stata
sottolineata, anche nelle modalità - e voglio darne atto al
ministro - la continuità di agende e contenuti dei Governi
precedenti, poiché le cose complicate sono all'attenzione dei
Governi del mondo.
Detto ciò, volevo rivolgere due
domande. Mi ha particolarmente colpito la sua riflessione su
Göteborg, quando ella ha affermato che i temi in discussione
presentavano similitudini con ciò che si agita nei movimenti
antiglobalizzazione, però fuori le pietre e gli scontri. Le
pongo la prima domanda, visto che lei è l'artefice
dell'incontro del 28 giugno con il ministro dell'interno - che,
peraltro, ascolteremo oggi - e del dialogo con la galassia, che poi
si è configurata anche in termini molto ampi, del Genoa
social forum.
In quell'occasione, quali furono i punti di
contatto sui contenuti (essendo deputata genovese, li conosco perché
vi sono stati molti dibattiti nella mia città) che il Genoa
social forum poneva come questioni di merito rispetto al G8?
Vorrei, quindi, capire se è stato solo un dialogo di
comprensione in generale o se, in qualche modo, si era raggiunto un
confronto anche sul merito delle questioni. Mi chiedo se la sua
grande preoccupazione, successiva all'esperienza di Göteborg,
fosse che il movimento avrebbe potuto reagire, fosse legata ai
problemi della sicurezza, relativamente ai quali chiedeste delle
referenze (tenuto conto che anche lei ammette che vi era una galassia
amplissima di associazioni). Mi chiedo se lei abbia discusso in sede
di Governo di tale sua preoccupazione e abbia
trovato anche in quell'ambito l'idea di un governo democratico -
uso questo termine sperando che i colleghi non mi fraintendano -
delle ragioni contenutistiche e della garanzia dei due principi che
con lei condivido: sicurezza e libertà di manifestare
democraticamente.
Concludo domandandole se, oltre a questo,
faceva parte della sua conoscenza globale anche tutta l'azione di
intelligence, di cui abbiamo avuto occasione di leggere, e che
- questa è una mia opinione personale - forse poteva
costituire un elemento di maggiore prevenzione e non già di
repressione.
MARCO BOATO. Non parlerò soltanto di quanto ho già avuto modo di dirle in un dibattito preventivo alla Camera e che le ho detto anche informalmente più volte. Personalmente condivido totalmente l'impostazione che lei ha dato al modo innovativo di affrontare non solo la questione del G8 ma, in generale, i problemi che riguardano l'ambiente, la povertà, la sanità, e così via. Credo che, per quanto il presente Comitato non sia stato istituito per questo motivo (dato che lei ha come referenti il Parlamento e le Commissioni affari esteri di Camera e Senato), sia opportuno che, anche in questa sede, tale aspetto venga rimarcato. Ripeto, ritengo che l'impostazione da lei data nel breve periodo trascorso dal momento in cui ha assunto la responsabilità del Ministero degli affari esteri (come lei ha detto, e le riconosco anche questa correttezza, in continuità con quanto era stato fatto dai Governi precedenti) sia pienamente condivisibile. Le do anche atto della grande mole di lavoro che ha svolto e dello spirito con cui ha lavorato. Ovviamente, la finalità di questo Comitato è, in questo quadro generale, più specifica e per certi aspetti più complessa. Tale complessità deriva dal tipo di problemi che si sono verificati, non solo in Italia ma, come lei giustamente ha ricordato, da circa tre anni in quasi tutte le sedi ed occasioni internazionali.
Qualcuna di esse si è anche conclusa anticipatamente;
qualcuna, come Barcellona, è stata annullata; qualcun'altra è
stata spostata nel Qatar e così via.
Vorrei rivolgerle tre
domande. Innanzitutto, vorrei sapere cosa è cambiato, per la
sua esperienza e la sua conoscenza, nell'affrontare questi problemi
(mi riferisco all'intreccio tra gli aspetti istituzionali, il dialogo
con la società civile ed il modo di organizzare i vertici),
prima e dopo l'esperienza di Göteborg. Mi pare, infatti, sia il
primo vertice che lei (così come il Presidente del Consiglio)
affronti in qualità di ministro degli affari esteri del
Governo italiano. Mi riferisco, dunque, al prima e al dopo Göteborg.
La seconda domanda che le rivolgo è volta a conoscere il
modo in cui si è sviluppato il rapporto sia con il Genoa
social forum (lei ha citato in modo particolare la riunione del
28 giugno alla Farnesina e credo sia molto utile che consegni il
testo che ha letto al Comitato) sia con le altre ONG. Alcune di
queste ultime - come lei ha detto giustamente - fanno anche parte del
Genoa social forum, altre, invece, hanno una storia più
lunga. In particolare, le chiedo se può dirci qualcosa in più
sulla riunione che si è svolta alla Farnesina il 14 luglio con
le ONG. Più volte, infatti, il collega Sinisi ha chiesto ai
vari interlocutori approfondimenti su questa fantomatica riunione e
non si è riusciti a capire esattamente che tipo di riunione
fosse.
Vorrei rivolgerle un'ultima domanda, connessa alle
finalità di questo Comitato. Lei ha ricordato giustamente, e
si tratta di finalità sostanzialmente condivisibili, che vi
erano tre obiettivi: la piena realizzazione del G8; il dialogo con la
società civile e il diritto al dissenso pacifico; il contrasto
alle forme di violenza a tutela dei cittadini, degli stessi
manifestanti pacifici e dei beni pubblici e privati. Il primo di tali
obiettivi è stato
conseguito, al contrario del secondo e del terzo. Vorrei sapere
se, da parte sua, vi sia stata una riflessione a tale proposito anche
per il futuro (che non riguarderà, nell'immediato, l'Italia,
salvo altri vertici).
Lei ha parlato di un avvio della riforma
dei vertici e di una riflessione sulla natura e sull'organizzazione
dei vertici per il futuro anche finalizzato ad un miglioramento della
governabilità del sistema, e questo è l'aspetto
istituzionale. Vi è, però, anche un problema di
modalità di organizzazione dei vertici, sia per la loro
funzionalità istituzionale sia anche per come si rappresentano
all'opinione pubblica. L'interrogativo è: perché tanto
divario? Le chiedo di fornirci qualche riflessione al riguardo.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor
ministro, desidero ringraziarla per quanto ci ha detto questa mattina
ed anche per l'azione che lei ha svolto in preparazione dei lavori
del G8. Purtroppo - e si tratta di una riflessione già
affrontata in sede di Comitato - i temi veri di quel confronto
internazionale sono in qualche modo stati offuscati dalla tragicità
degli avvenimenti di quei giorni. Questo, però, nulla toglie
al significato importante dell'inizio di un nuovo cammino da parte
degli otto paesi più potenti della terra in una direzione da
noi tutti auspicata. Non le rivolgerò, pertanto, domande
relativamente a tutte queste cose che - ripeto - condivido
pienamente. Le porrò due questioni, apparentemente laterali ma
che, invece, ci servono per comprendere alcune cose importanti.
Innanzitutto, vorrei sapere quali sono state le sue valutazioni
personali e, più in generale, le valutazioni del Governo (se
ci sono state) all'indomani del vertice di Göteborg e della
situazione che si era verificata per quanto riguarda la questione
dell'ordine pubblico. Vorrei sapere, cioè, se vi è
stata da parte vostra una preoccupazione aggiuntiva rispetto a
precedenti
vertici in relazione al tipo di escalation verificatasi. Vi
è stata una preoccupazione supplementare, da parte sua e del
Governo, rispetto alle questioni riguardanti la gestione dell'ordine
pubblico all'indomani di Göteborg?
L'altra domanda che
intendo rivolgerle è la seguente. Abbiamo ascoltato dal dottor
Agnoletto il racconto dell'incontro del 28 giugno tenutosi, alla
presenza sua e del ministro Scajola, alla Farnesina. Il dottor
Agnoletto ha riferito della circostanza che lei aveva presentato una
sorta di documento, invitando in qualche modo il Genoa social
forum a farlo proprio. Il dottor Agnoletto ha riferito che il
movimento non vi si poteva riconoscere, in quanto alcune questioni,
considerate fondamentali - quali, ad esempio, la Tobin tax e
la riduzione drastica della durata dei diritti di esclusiva dei
brevetti per i medicinali - non erano trattate; pertanto, non
potevano riconoscersi in simile documento. Ebbene, la circostanza per
cui il Genoa social forum non poteva convenire sui contenuti
del documento perché mancavano, in esso, quelli da lei
proposti - da me, ad ogni modo, ritenuti molto importanti ed avanzati
- ha costituito per voi una preoccupazione? Oppure avete considerato
l'evenienza normale, nell'ambito di una logica e naturale dialettica?
Specifico meglio la domanda: lei ha avuto la percezione che tale
divergenza di opinioni sui contenuti potesse avere conseguenze
pratiche, poi, durante i giorni del G8? Se sì, all'interno del
Governo se ne è discusso? E in quali termini?
GRAZIELLA MASCIA. Signor ministro, lei ha svolto, nella odierna occasione, considerazioni con le quali ha tracciato la linea politica già più volte illustrata in Parlamento. Io, a ragione dell'esiguo tempo a disposizione, non posso, e spiegare da parte mia, non sarebbe corretto, perché abbiamo contestato la legittimità dei vertici, le ragioni che mi portano a non
condividere per nulla detta linea. Tuttavia, abbiamo apprezzato il
dialogo; dialogo che, quale scelta di fondo, continuo ad apprezzare.
Però, vorrei chiederle se, dopo le vicende di Genova, non
ritenga opportuno che tale scelta debba essere ponderata anche sulla
base di quanto avvenuto. Voglio dire che il dialogo ha un senso se
compiuto non solamente allo scopo di intervenire nel merito delle
questioni che debbono essere affrontate, ma anche in vista di una sua
traduzione vera in diritto a manifestare appieno. Ciò mi
sembra evidente dalle testimonianze raccolte in questa sede; certo,
le valutazioni, alla fine, saranno anche diverse, ma sostenere che
debba essere riconosciuto il diritto a manifestare significa dire che
si tratta di un diritto effettivo. A Genova ciò non si è
verificato; infatti, al diritto a manifestare non ha corrisposto la
difesa dei manifestanti (e si trattava di manifestanti pacifici).
Le
vorrei chiedere se quanto avveniva a Genova in quelle ore non abbia
influito sul dibattito. Ormai, in questa sede, abbiamo ascoltato
diverse relazioni - non so se lei voglia aggiungere altro - rispetto
ai rapporti intrattenuti con gli altri paesi; al di là del
merito dei vertici di cui lei è responsabile e titolare,
vorrei chiederle se quegli avvenimenti non abbiano interferito con il
dibattito che voi avevate in corso.
Infine, e devo dire che ciò
mi ha molto impressionato la sera del 20 luglio, io mi aspettavo - ma
era l'aspettativa di migliaia di ragazzi in quel momento - che voi
interrompeste o almeno sospendeste il vertice dopo la morte di Carlo
Giuliani. Nessuno di voi, nessuno dei capi di Governo ha evidenziato
tale opportunità?
ROBERTO MENIA. Ringrazio il ministro degli affari esteri, anche per la relazione approfondita, densa di contenuti, assolutamente positiva, in particolare per ciò che ha significato o ha voluto significare in ordine all'atteggiamento tenuto sul
vertice dal nostro ministero, e dal nostro Governo. Ho apprezzato,
per esempio, gli aspetti che il ministro ha voluto sottolineare,
aspetti che hanno determinato comunque - nonostante il fatto che
quanto è accaduto abbia conferito un contorno negativo il
vertice - passi in avanti verso un mondo più giusto, come lei,
signor ministro, ha detto.
Desidero, soffermarmi tuttavia, anche
su altre circostanze, che interessano più da vicino la materia
trattata dal Comitato. Il Governo, e lei in particolare, aveva
auspicato una politica del dialogo; aveva affermato l'esigenza che si
esprimesse il dissenso, purché, evidentemente, in forme
accettabili. Abbiamo saputo che il Governo ha previsto, attraverso un
decreto-legge, lo stanziamento di una somma non irrilevante, per
andare incontro alle esigenze dei manifestanti (almeno di quelli
«civili»). Ma, per quanto di competenza del Ministero
degli esteri, cosa si è fatto ai fini della prevenzione,
attesa la previsione dell'arrivo, da paesi esteri, di persone già
note come artefici di episodi di violenza in manifestazioni analoghe?
Le chiedo, in particolare, come si siano attivate le nostre
ambasciate; le chiedo - tralasciando il lavoro di intelligence
e quello svolto dall'Interpol - di riferirci sul lavoro compiuto
dalle nostre ambasciate nell'acquisizione preventiva di segnalazioni
per quanto riguardava la presumibile presenza di cittadini stranieri
pericolosi, che avrebbero potuto turbare lo svolgimento del vertice.
Le chiedo ciò anche in considerazione di quanto abbiamo
sentito, per esempio, ieri, dal portavoce del Genoa social forum
Agnoletto, con dichiarazioni, a mio modo di vedere, assai
contraddittorie. Da un lato, infatti, diceva che il Genoa social
forum chiedeva libertà assoluta alle frontiere;
dall'altro, sosteneva che non fosse stato fatto abbastanza perché
non erano stati fermati i violenti alle frontiere. Allora, le chiedo,
quale azione preventiva, da parte delle nostre
ambasciate, sia stata svolta e quali risultati abbia sortito. In particolare, a proposito del nucleo tedesco - che poi più drammaticamente degli altri ha infierito su Genova, le chiedo se risulti, dai rapporti della nostra ambasciata a Berlino, che tutti i manifestanti tedeschi, fermati poi a Genova, erano già stati raggiunti da misure giudiziarie per atti violenti compiuti in manifestazioni svoltesi in Germania o in altri paesi.
KATIA ZANOTTI. Signor ministro,
la mia è una domanda molto breve. I colleghi si sono già
soffermati nell'apprezzare la sua importante opera, consistita in
un'azione di dialogo condotta su diversi piani; penso anche a quella
sua valorizzazione dei «fermenti», sui quali ha insistito
e dei quali ha detto che erano spesso condivisibili.
Volevo
chiederle - alla luce anche di considerazioni di merito svolte da
altri colleghi, sulle quali lei si soffermerà al momento della
replica - se, dopo le sue riflessioni sull'incomprensione delle
istanze dei vertici e dopo le pietre delle piazze, insomma, lei
pensi, nella sua riflessione politica e persino nella sua agenda di
ministro, di proseguire il dialogo con il Genoa social forum.
LUCIANO FALCIER. Signor
ministro, la ringrazio, non solo per i contenuti della sua
esposizione, ma anche per la passione che emerge dall'esercizio del
suo gravoso impegno di ministro, nell'occasione presente e per
l'impegno nel «relazionarci» sugli eventi del G8 e di
Genova.
Le rivolgo una domanda analoga - per non dire la stessa -
a quella che ho già rivolto al precedente audito di
stamattina, il senatore Dini. Alcuni passaggi ed alcuni contenuti
della sua relazione me ne danno particolare motivo, visto che ho
colto, in essa, sottolineature di aspetti che, almeno a me, erano
sfuggiti in passato. Conseguentemente le do atto -
e sarò subito più chiaro - che l'averli lei posti
all'attenzione è servito, almeno a me, per ripristinare e
ricercare meglio la verità dei fatti.
Faccio riferimento,
in particolare, al fatto che le vicende di Genova e l'informazione
fornita sui relativi avvenimenti avevano suscitato in me - ma ritengo
anche ad altri - la sensazione che il Genoa social forum ed i
suoi rappresentanti avessero la rappresentanza effettiva e quasi
esclusiva di un mondo associativo che è interessato ad eventi,
a summit, a manifestazioni, come quelle che si sono svolte a
Genova e che da molti anni si svolgono in altre parti del mondo,
magari con temi diversi.
Invece, mi risulta - il riferimento ai
contenuti della sua relazione - che prima di ogni summit da
decenni le organizzazioni non governative, le associazioni -
soprattutto quelle del mondo cattolico e a quelle che gravitano
intorno alla cooperazione internazionale - si incontrano, discutono,
avanzano delle proposte che pervengono al tavolo dei Capi di Stato in
modo che se ne possa tenere conto, nel limite del possibile, per le
decisioni da assumere.
Le chiedo se lei sapesse che, proprio in
prossimità della scadenza del G8 di Genova, il 2-3 aprile a
Firenze, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei
ministri, vi era stato un importante forum, nel corso del
quale tali associazioni e significativi centri studi che si
interessano del problema avevano svolto il loro forum,
predisposto delle relazioni e - credo - tentato di farle pervenire ai
rappresentanti dei Governi che stavano per assumere le decisioni di
loro competenza a Genova.
Le chiedo, quindi, se fosse a
conoscenza di tale iniziativa, se siano pervenute al suo tavolo o al
suo Dicastero proposte da quel mondo, se sia stato possibile tenerne
conto e se, invece,
da parte del Genoa social forum siano pervenute proposte
relative ai temi che il G8 stava per affrontare, oltre a quelli
dell'ordine pubblico, delle manifestazioni, delle piazze tematiche od
altre questioni collaterali.
Vorrei chiederle se, in preparazione
di altri futuri vertici, vista l'esperienza di Genova, gli
interlocutori sono o saranno gli stessi, se quel mondo molto attivo -
da sempre attento e presente nelle manifestazioni relative alla
povertà, alla miseria, all'associazionismo, alla cooperazione
internazionale e le cui attività risultano un po' offuscate da
ciò che è successo, se non addirittura demonizzate per
essersi trovato involontariamente coinvolto in tante violenze, almeno
verbali, a Genova - le sia presente e se per i futuri impegni lo
riconosca ancora come un interlocutore valido e capace di contribuire
agli esiti e dalle proposte dei vari summit.
GIANNICOLA SINISI. Signor
ministro, la ringrazio per la sua relazione e per il modo in cui l'ha
illustrata in quest'aula. Le pongo molto rapidamente sei questioni.
La prima è più da lettore di giornali che non da
uomo politico. Nel periodo che ha preceduto il vertice dalla lettura
dei giornali emergeva una sorta di distinzione fra la sua posizione,
largamente condivisibile, favorevole al dialogo sulle manifestazioni
di dissenso - che poi, in buona sostanza, sono anch'esse
un'espressione della globalizzazione - la posizione di altri che, pur
appartenendo alla stessa compagine governativa, reputavano questa
linea, in qualche misura, imprudente. Le chiedo se la linea del
dialogo, che lei ha portato avanti in quel mese - largamente
condivisibile, almeno nelle intenzioni, e che certamente condivise il
ministro Scajola - fu condivisa e discussa dal Governo nella sua
collegialità.
Seconda questione: lei era a Genova con il
Presidente Berlusconi a guidare una difficilissima quanto
importantissima
missione; a distanza di poche centinaia di metri da voi si
trovavano anche il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e il
ministro della giustizia: voi foste informati della loro presenza a
Genova ? In che modo?
Terza questione, fermo restando che,
secondo me, discutere di manifestazioni di dissenso significa
discutere di globalizzazione: anche alla luce delle informazioni che
via via pervenivano e dei fatti di Göteborg lei reputa che quel
dialogo fu condotto e concluso in maniera prudente o se da ciò
che poi è accaduto ha tratto qualche insegnamento che vuole
consegnare agli atti di questo Comitato e che in futuro, che possa
essere utile a noi e al nostro paese?
La quarta questione che
vorrei porle, in base alla sua esperienza è la seguente: lei
non reputa che, quando ci si occupa di povertà, malattie e
disuguaglianze, gli stessi vertici debbano in qualche modo svolgersi
con una maggiore sobrietà? Credo che uno degli elementi - è
una mia opinione, ma chiedo anche la sua perché è
importante ed utile per il futuro -, una delle ragioni della mancanza
di credibilità dei contenuti politici che lei ha mirabilmente
espresso è che essi confliggono con la manifestazione
esteriore: discutere di povertà su una nave lussuosissima, a
cinque stelle, crea una certa caduta di credibilità. Non è
un'accusa che rivolgo né a questo Governo a lei personalmente
(ho apprezzato molto quello che lei ha riferito), ma ritengo possa
servire per il futuro, visto che lei ha avuto l'abilità e la
capacità di introdurre questi temi nell'agenda del G8.
Quinta
questione: noi ci siamo affannati a comprendere una sorta di
cronologia degli eventi organizzativi. Abbiamo appreso che le tre
questioni che hanno determinato la pianificazione della sicurezza
erano l'ubicazione degli eventi, l'allocazione delle delegazioni
ufficiali e l'autorizzazione delle
manifestazioni. Quando le delegazioni ufficiali sciolsero
ufficialmente la riserva sulla loro allocazione e, segnatamente,
quando decisero l'ubicazione sulla European Vision la
delegazione francese del Presidente Chirac e quella degli Stati
Uniti?
Sesta questione: come fu il rapporto di collaborazione con
il Ministero dell'interno ? Le strutture dello stesso le garantirono,
come io credo, tutta la collaborazione necessaria per realizzare nel
migliore dei modi l'evento?
FABRIZIO CICCHITTO. Poiché
apprezzo i contenuti della sua relazione, per l'impegno e anche per i
risultati del Governo sul nodo del G8, in parte offuscati dal fatto
che, come lei ha riferito, fuori da quel palazzo succedeva quello che
conosciamo, vorrei porle una domanda specifica e di basso profilo che
si riallaccia ad un'osservazione già avanzata da un altro
collega.
Il Governo tedesco ha criticato il nostro paese con
riferimento al trattamento di alcune persone e così via. A
parte il fatto che - come è stato già detto
dall'onorevole Menia - emerge che il nucleo fondamentale del black
bloc era costituito per metà da tedeschi, dalla
documentazione che ci è stata fornita dai Servizi e anche da
una riflessione del dottor La Barbera si evince che il paese che ha
meno collaborato con noi nella fase, diciamo così,
pregiudiziale su tali temi è stato proprio la Germania. Tale
riflessione, fatta a livello dell'intelligence o della
Polizia, è conforme a quanto risulta al Ministero degli
esteri?
ANTONIO IOVENE. Signor ministro, questo Comitato ha ovviamente un campo d'azione molto limitato, relativo a
quanto avvenne attorno al G8 e, dunque, non ha la possibilità
di discutere o di entrare nel merito di quanto nel G8 si decise e si
fece.
Lei è stato, nei giorni che precedettero il vertice,
comunque, il protagonista della ripresa del dialogo tra il Governo e
il Genoa social forum, che si era interrotto per la vicenda
elettorale. Vorrei, dunque, porle tre brevissime domande. La prima è
la seguente: ieri il dottor Agnoletto, nella sua audizione e nel
materiale che ci ha consegnato, ha ricordato l'incontro del 28 giugno
2001 presso la Farnesina e, all'interno della sua ricostruzione, ha
fatto riferimento ad un passaggio della riunione, in cui - dice
Agnoletto - si arrivò a discutere dei problemi dell'ordine
pubblico e anche della sicurezza delle manifestazioni e il ministro
Scajola, in qualche modo, sconfessò le dichiarazioni che, il
giorno prima, aveva fatto il Vicepresidente del Consiglio Fini,
relativamente all'uso dell'esercito in piazza per fronteggiare i
manifestanti. Vorrei avere da lei una conferma della circostanza: se
di questo si discusse, se ci fu questa smentita.
La seconda
domanda è direttamente collegata alla precedente. Da quanto da
lei affermato in questa sede, da quanto fatto prima di Genova e che
ho avuto modo di seguire, non le pare che nei confronti delle
manifestazioni e dello stesso GSF ci fosse, da parte dei diversi
esponenti del Governo, un atteggiamento diverso? Che, in qualche
modo, lei fosse paragonabile ad una sorta di Penelope che tesseva una
tela che la notte veniva disfatta? Io ho avuto questa impressione;
una serie di interventi, di interviste, alimentavano, in qualche
modo, un clima di tensione, mentre lei ed altri si facevano carico di
tenere aperto questo dialogo. Questa impressione in me è stata
fortissima, vorrei sapere che idea ha lei in proposito.
Infine, sempre nello stesso ambito: nei giorni del vertice lei
e il Presidente Berlusconi eravate lì a Genova, impegnati nei
lavori del G8 e credo che foste continuamente informati di quanto
avveniva fuori dalla zona rossa; vi rendevate conto che non c'era
solo la zona rossa nella sua pacifica - per fortuna - sistemazione, e
anche di quanto accadeva fuori, nella zona gialla? Avevate modo di
seguire e di intervenire rispetto a quanto stava avvenendo, oppure
questa attività era delegata ad altri (ad esempio, al
Vicepresidente Fini, che era lì presente a Genova in altro
ambito?
SAURO TURRONI. Ringrazio il
ministro Ruggiero, il quale con sincerità e impegno ha inteso
operare per il dialogo, il confronto, adoperandosi anche affinché
l'agenda del G8 contenesse i temi proposti dalla molteplicità
delle organizzazioni non governative e dalle associazioni del
dissenso.
Ho avuto modo di proporle tali decisioni e di
incoraggiarla in questo senso. Ricordo ancora le sue parole per le
quali la ringrazio. Credo però sia successo qualcosa, signor
ministro e che questo qualcosa - come nei fossi che non hanno una
riva sola - non sia addebitabile ad un destino cinico e baro, ma
possa derivare da talune scelte, da talune decisioni che credo non
l'abbiano riguardata. Non credo che ciò sia dipeso
esclusivamente dai violenti, mi sono fatto idee diverse e vorrei
conoscere la sua, se è possibile.
La seconda domanda
riguarda le espulsioni. Abbiamo potuto vedere come taluni
provvedimenti di arresto siano stati annullati dall'autorità
giudiziaria, sulla base dell'insussistenza dei motivi che avevano
portato all'adozione degli stessi. Contemporaneamente, però,
sono state disposte dall'autorità di pubblica sicurezza molte
espulsioni di cittadini stranieri. Certo si può ricorrere con
un provvedimento di carattere amministrativo entro 30 giorni, al TAR
del Lazio oppure, nel caso di
cittadini europei, questi ultimi possono presentare una semplice
domanda.
Tuttavia, signor ministro - visto che in relazione a
taluni provvedimenti di espulsione e di arresto, che hanno riguardato
alcuni cittadini stranieri, è stata dimostrata l'insussistenza
delle motivazioni - non ritiene, alla luce di quanto sta emergendo
(cioè delle modalità di questi arresti), di doversi far
carico, sulla base delle richieste che provengono da taluni paesi
stranieri, delle espulsioni sbagliate che sono state compiute sulla
base di erronee valutazioni? Le dico questo, signor ministro, in
quanto in un paese democratico spetta all'accusa l'onere della prova.
Terza domanda. Questa mattina ho letto la descrizione delle
condizioni fisiche di molti cittadini stranieri arrestati in varie
circostanze. La vicenda più significativa e dolorosa credo
riguardi quelli colpiti nella cosiddetta perquisizione; ci sono
descrizioni che a me impressionano moltissimo (non avrei mai potuto
fare il medico).
Vorrei sapere se ci sono state domande di
chiarimento, da parte dei paesi stranieri, in merito alle ferite,
alla gravità delle stesse e alle circostanze in cui tali
soggetti sono stati colpiti. Se vi è stata una risposta da
parte sua e se, infine, sia a conoscenza di un'iniziativa, in sede
internazionale, volta a condannare l'Italia per quanto è
avvenuto nelle circostanze che hanno riguardato la scuola Diaz e il
cosiddetto carcere di Bolzaneto.
Inoltre, vorrei chiedere al
ministro se il vertice abbia concluso i suoi lavori con un documento
e, in caso affermativo, se questo documento possa essere messo a
disposizione del Comitato.
MARIA CLAUDIA IOANNUCCI. Signor ministro, la ringrazio non soltanto per essere qui presente e per la sua relazione,
ma anche per tutto quello che sta facendo per il nostro paese, non
solo per il G8.
Sono state indicate date diverse per quanto
riguarda la determinazione dell'allocazione da parte delle
delegazioni straniere. L'ex ministro Dini ha detto che, in realtà,
alla fine di maggio, anche se non formalmente, tutte le indicazioni
in merito alle allocazioni erano state comunicate dai vari paesi.
Riallacciandomi anche alla domanda dell'onorevole Sinisi, vorrei
sapere se alla fine di maggio, sostanzialmente, anche se non
formalmente, questa allocazione fosse definita, se, per caso, vi
siano state indicazioni successive e se tutto questo abbia influito
sul piano della sicurezza.
Un altro elemento che vorrei conoscere
riguarda lo svolgimento dell'iter per la preparazione del G8.
Il Governo Berlusconi e il suo Ministero si sono insediati in un
periodo molto vicino al vertice e, quindi, necessariamente hanno
dovuto riprendere quanto era stato fatto dal precedente Governo.
Vorrei sapere se vi sia stato uno stravolgimento della linea del
precedente Governo, oltre al fatto che, al fine di prestare volendo
dare maggiore attenzione alla povertà, alle malattie e alla
necessità di collaborazione, sono stati cancellati tutti
quegli impegni mondani già indicati dal precedente Governo
della sinistra e, per la prima volta, non sono state invitate le
signore.
Inoltre, poiché mi sembra che durante il
precedente Governo fosse emersa una scarsa collaborazione - se non un
contrasto - fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno
e il ministro degli affari esteri - tanto è vero che, a un
certo punto, il Presidente Amato è stato costretto ad
attribuire ogni competenza al Ministero degli affari esteri -,
vorremmo sapere se nell'ambito del nuovo Governo siano mai sorti contrasti fra la Presidenza del Consiglio, il ministro dell'interno e il ministro degli affari esteri.
PRESIDENTE. Credo che il ministro
abbia bisogno di un po' di tempo per riordinare le domande e
procedere, quindi, alle risposte.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,55, è ripresa alle 13,05.
PRESIDENTE. Do la parola al ministro degli affari esteri per la replica ai quesiti formulati dal colleghi.
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Vorrei iniziare dall'onorevole Saponara il quale, in particolare, mi ha chiesto se durante la riunione del 28 giugno con il Genoa social forum avessimo avuto l'impressione che Agnoletto offrisse delle garanzie e se questi elementi ci inducessero ad essere tranquilli. Ho riassunto la domanda. In realtà, non ci fu una discussione - per quanto mi ricordo, perché la stessa fu tra il ministro Scajola e Agnoletto - sulle garanzie o meno. La discussione fu sulla zona gialla e sulla possibilità di disporre di mezzi di trasporto che potessero condurre i dimostranti a Genova, quindi su una serie di questioni organizzative. Fu convenuto - se non erro - che la discussione sarebbe stata approfondita nel corso di un incontro successivo che Agnoletto e il GSF avrebbero avuto con il Capo della Polizia.
MARCO BOATO. E che si tenne due giorni dopo...
RENATO RUGGIERO, Ministro degli affari esteri. Esattamente. Credo che due giorni dopo si siano incontrati e che, in quella sede, abbiano preso una serie di decisioni. Quindi, con
tutta onestà, non posso dire che vi fossero elementi di
tranquillità né di preoccupazione. Fu un dibattito nei
limiti entro i quali possono avvenire dibattiti di questo genere: si
svolgono tra due parti che certamente non vogliono scambiarsi dei
segni di cordialità ma neppure segni di particolare rottura.
L'onorevole Labate - mi spiace che non sia presente in questo
momento - mi ha rivolto una domanda fondamentale: il problema dei
meccanismi regolatori mondiali. In realtà, uno dei maggiori
problemi che produce la globalizzazione è che cittadini di
qualunque Stato sentono che vi sono delle realtà le quali
vengono determinate senza un reale controllo. Chi vive in un paese
democratico sa che un provvedimento viene adottato dal Governo e
discusso in Parlamento; se poi il cittadino non è contento sa
che vi sono le elezioni alle quali può votare contro e
scegliere chi preferisce. Quando oggi passiamo al fenomeno della
globalizzazione, abbiamo una serie di ricadute perché la
globalizzazione è interdipendenza e quest'ultima fa sì
che ciò che accade in un paese abbia ripercussioni in un altro
o che delle decisioni, prese in un settore, si ripercuotano in altri
paesi. Tutto questo però non avviene con un meccanismo che sia
chiaro. Quindi, uno dei maggiori problemi, quando parlo di
miglioramento della governabilità del sistema, è di
introdurre nel sistema internazionale dei meccanismi che consentano
l'individuazione di responsabilità. Tali meccanismi devono poi
riferire ad altri organi. Non possono prendere decisioni senza che vi
sia un controllo, così come avviene in tutti i regimi
democratici.
Ma ancora di più. Questo non è
sufficiente, perché uno dei problemi dell'insicurezza che
l'interdipendenza e la globalizzazione hanno provocato è che i
centri decisionali si allontanano molto dalla possibilità del
cittadino di esercitare il controllo. Quindi, bisognerà sempre
fare in modo che tali
processi possano riferirsi anche agli altri Stati nazionali, ad
altri tipi di organizzazioni. Quando parliamo di meccanismi
regolatori, parliamo di un problema di grandissima complessità
istituzionale e che incide sul rapporto tra il cittadino e le
istituzioni. Si tratta di una delle grandi riflessioni che bisogna
fare.
Mi è stato chiesto se il dialogo con il Ministero
dell'interno fosse per ragioni di politica interna. No. Onestamente
all'inizio - anche per ragioni di buonsenso - il ministro
dell'interno ed io ci siamo detti: è inutile che faccia io un
incontro con il Genoa social forum e lo faccia tu il giorno
dopo. Facciamolo insieme: tu ti occupi di discutere sugli aspetti di
ordine pubblico, io su quello che maggiormente mi interessa, cioè
il dialogo sull'agenda e possibilmente sui modi con i quali risolvere
i problemi. Non abbiamo stabilito un legame tra il dialogo e le
questioni dell'ordine pubblico, anche perché ciò non
era possibile e l'altra parte non lo avrebbe accettato. Ognuno
svolgeva la propria azione senza interferire sull'azione degli altri.
Per quanto riguarda l'intelligence, vi posso dire, con
assoluta onestà, che non ho letto un solo rapporto; anzi,
quando ho visto il comandante dei carabinieri - ero appena stato
nominato ministro - ho domandato se avessero delle informazioni. Mi
si rispondeva vagamente; mai un elemento di chiarezza, come se si
trattasse di una materia ancora molto labile o magmatica (come mi
suggerisce l'onorevole Boato). A ciò non attribuisco alcun
motivo legato ad una particolare riservatezza nei miei confronti.
Probabilmente non c'erano questi elementi di grande importanza.
L'onorevole Boato mi ha rivolto un'altra domanda molto importante
su cosa sia cambiato nell'affrontare questi temi prima e dopo
Göteborg. Rispondo con una sola parola: la
consapevolezza. Fino a Göteborg, non so per quale motivo, non
vi era la consapevolezza dell'importanza di questa protesta, la
consapevolezza che tale protesta conteneva elementi che
rappresentavano valori nuovi e vecchi ma che nessuno poteva mettere
in discussione, come i diritti umani, i diritti dei lavoratori, la
protezione dei bambini, l'ecologia, la protezione dell'ambiente, la
lotta alla povertà, eccetera; questi temi non dico che fossero
visti burocraticamente, ma non erano entrati nella coscienza e nel
dibattito. Direi che dopo Göteborg tali argomenti sono entrati
nel dibattito, tanto è vero che Göteborg ha avuto, forse,
un'influenza positiva nel convincere tutte le delegazioni che questi
dovevano essere i temi del vertice di Genova e che, in effetti, ciò
che noi cercavamo di fare - cioè portare i rappresentanti di
molti paesi in via di sviluppo al vertice di Genova - era necessario
perché non potevamo più pretendere di vivere da soli.
Dunque il problema della riforma del vertice - questione che lei,
onorevole Boato, pone nell'ultima domanda, ma alla quale risponderò
ora - è un punto attualmente in discussione e lo sarà
anche a New York. Non che siamo tutti d'accordo, affatto, però
già, ad esempio, il Presidente Chirac ha annunciato che nel
2003, quando sarà la Francia ad organizzare il vertice,
tenterà un'apertura ai paesi in via di sviluppo ed alle
organizzazioni internazionali che sia più istituzionale di
quanto sia stato fatto a Genova.
Appare evidente che il
meccanismo si è innescato e si capisce che, al di fuori e al
di sopra del G8, è necessario creare qualcosa di diverso.
Questo elemento non è sicuramente sufficiente a risolvere i
problemi di cui discutevamo prima - cioè il rapporto del
cittadino con le realtà della globalizzazione
o con le decisioni - ma certamente rappresenta un raccordo di
coordinamento, al più alto livello internazionale, che segna
un progresso nella giusta direzione.
Già da molto tempo
sto proponendo la creazione, oltre al G8, di un G25 che secondo certi
calcoli potrebbe racchiudere i rappresentanti di tutte le categorie
dello sviluppo, dai più poveri del mondo ai più ricchi,
ed anche i rappresentanti di tutte le grandi regioni del mondo che
potrebbero, con delle constituency interne, a rotazione,
partecipare ai vertici, in modo tale che ognuno abbia il diritto di
partecipare, ammettendo, però, alla discussione un numero
limitato di rappresentanti per volta. Sarebbe infatti impossibile
ottenere una discussione proficua riunendo contemporaneamente 178
rappresentanti (poiché tanti sono, attualmente, gli Stati del
mondo).
Può darsi che questa idea abbia un seguito; se ne
inizia a parlare adesso, mentre in passato era considerata soltanto
una stranezza. In ogni caso non so affatto se il prossimo vertice,
quello canadese, andrà in questa direzione. Per il momento è
stata scelta l'opzione di un vertice molto sobrio, molto ristretto,
in una località di montagna isolata, accessibile soltanto da
una strada, dunque facilmente difendibile dal punto di vista
dell'ordine pubblico. Mi sembra, dunque, che sia stata fatta una
scelta più attenta all'ordine pubblico che non all'apertura.
Si tratta di problemi che dovranno essere affrontati e discussi.
Per
quanto riguarda il rapporto con il Genoa social forum, devo
dire onestamente che non è stato uno dei rapporti più
proficui. C'era, chiaramente, una certa diffidenza da parte di
Agnoletto; ricorderete che ad un certo momento mi aveva definito «il
peggior nemico», anche se non capisco per quale motivo avrei
potuto essere il peggior nemico!
Attribuisco una grande importanza alla «Dichiarazione
del millennio» sottoscritta da 178 Capi di Stato e di Governo:
o siamo seri o non lo siamo! Se una dichiarazione, cui si arriva, non
a caso, ma con una negoziazione, è stata sottoscritta da 178
Capi di Stato e fissa determinati obiettivi, credo che sia nostro
interesse creare un monitoraggio strettissimo per verificare chi
persegue gli obiettivi e chi no. Avevo, pertanto, proposto al Genoa
social forum, quale rappresentante delle organizzazioni non
governative, di condurre un monitoraggio severo che sottoponesse poi
i problemi all'opinione pubblica, verificando se gli impegni
sottoscritti dagli Stati siano realizzati o meno o, perlomeno, ci si
avvicini alla loro realizzazione, perché molte volte gli
impegni sono stati sottoscritti e poi non è successo nulla!
Quando ho tentato, non di far sottoscrivere un documento (documento
che consegnerò e che leggerete) ma di definire questa
funzione, che ritengo importantissima per le organizzazioni non
governative, ho avuto una reazione piuttosto...così...
Rispetto chi ha opinioni diverse e non voglio assolutamente
polemizzare, ma non posso certo dire che ci fossimo ben capiti su ciò
che io consideravo non un documento da sottoscrivere ma una proposta,
per affidare al Genoa social forum un ruolo che a me sembra
importantissimo. Proporrò, infatti, quando mi recherò
alle Nazioni Unite, un monitoraggio continuo e severissimo, perché
altrimenti le dichiarazioni che sottoscriviamo finiscono per fare più
male che bene in quanto i paesi poveri, la gente che ha fame, ne sono
a conoscenza; tutti sanno che noi ci impegniamo a ridurre la fame nel
mondo del 50 per cento in un certo numero di anni e, dunque, credo
che questi impegni non si possano ignorare completamente.
Per quanto riguarda la riunione del 14 luglio, andò
molto bene (così com'era andata bene la riunione con i tre
rappresentanti dei sindacati), si trattò di vero dialogo. Io
illustrai l'agenda...
MARCO BOATO. Può spiegare chi fossero gli interlocutori?
RENATO RUGGIERO, Ministro
degli affari esteri. Sì, le leggo la lista.
Con i
rappresentanti delle 165 ONG italiane erano presenti: Antonio
Patriarca (portavoce forum permanente del Terzo settore e Presidente
AGESCI); Sergio Marelli (presidente associazione ONG italiane e
membro Coordinamento nazionale forum permanente del Terzo settore);
Mario Gay (membro esecutivo associazione ONG italiane e presidente
COCIS); Giampaolo Gualaccini (membro Coordinamento nazionale
associazione ONG italiane e vicepresidente della Compagnia delle
Opere); Agostino Mantovani (membro del Consiglio nazionale
associazione ONG italiane e presidente dei volontari nel mondo
FOCSIV); Fabio Protasoni (segretario del forum permanente del Terzo
settore e membro della presidenza ACLI); Luigi Bobba (presidente
ACLI) e Mario Giro (responsabile relazioni internazionali della
Comunità di S. Egidio).
L'incontro che andò molto
bene, fu un vero e proprio scambio di vedute e, naturalmente, la
conclusione di questo scambio, che fu ripetuta nella trasmissione
televisiva Porta a porta, sfociò in una legittima
richiesta di consultazioni continue e non soltanto in occasione di
vertici; una consultazione permanente, cosa che, peraltro, già
avviene perché - questo è uno dei punti - il dialogo è
continuo, non si interrompe soltanto perché non c'è un
vertice.
Di recente mi sono recato a Durban, dove ho avuto una
riunione con tutte le organizzazioni non governative in cui