Raggiungiamo
Gino Strada ad Islamabad. In quest'ultimo periodo si sono fatte
da più parti molte polemiche sul suo nome e su Emergency,
molte sono le illazioni riguardo a un suo diretto impegno in
politica a fianco di questa o quella formazione o addirittura
come promotore di un nuovo schieramento.
Allora Gino,
sto intervistando un chirurgo, uno dei fondatori di una
organizzazione umanitaria, oppure il leader politico di un nuovo
schieramento?
Non scherziamo, io faccio il chirurgo, e
intendo continuare a farlo. D'altra parte non c'è alcuna
legge, almeno per ora, che impedisca a un medico di pensare, e di
esprimere le proprie opinioni, anche riguardo a questioni
fondamentali come la pace e la guerra. Faccio questo mestiere da
quindici anni, e mi sono trovato ad operare a più riprese
in almeno dieci conflitti: ho visto la stessa cosa ovunque, il
massacro dei civili a causa di guerre dichiarate per ragioni
diverse. Le opinioni che noi di Emergency abbiamo sulla guerra
nascono dall'aver conosciuto le sue vittime, dal vederle ogni
giorno nei nostri ospedali, dal vivere la guerra da vicino. Chi
giustifica la guerra, chi esalta le belle cose
prodotte dalla guerra mente spudoratamente.
Un
esempio?
Prendiamo la guerra in Afghanistan. Adesso
le donne sono libere dalla schiavitù del burqa ha
sentenziato qualcuno. E' per questo che è stata fatta la
guerra? Si bombarda un Paese perché il burqa diventi una
libera scelta anziché un obbligo o una tradizione? In ogni
caso, ti assicuro che molte più donne sono state ferite o
uccise dalle bombe americane in Afganistan, di quante si siano
tolte il burqa dopo l'arrivo dei marines, semplicemente perché
il 99 percento delle donne afgane pensa che quella del burqa sia
una ossessione occidentale. Adesso, almeno, le bambine
possono studiare pontificano molti che in Afganistan non
hanno mai messo piede. L'istruzione femminile è un
problema che non nasce con l'11 settembre, né con i
talebani. Emergency sta costruendo scuole femminili in alcune
zone rurali dove le bambine non sono mai andate a scuola, e
ancora oggi non tutti i genitori sono d'accordo che ci vadano.
Che cosa si dovrebbe fare, mandare altri B-52 per convincerli?
Qualcuno non crede che sia così? Prenda un aereo e venga a
vedere: possiamo anche fornirgli supporto logistico e
ospitalità.
Credo che le illazioni sul fatto che
Emergency sia una organizzazione politica siano iniziate
all'indomani della vostra scelta di rifiutare il denaro
della guerra cioè i finanziamenti del governo che
aveva deciso, forte di una larga e trasversale maggioranza
parlamentare, la partecipazione italiana alla guerra in
Afghanistan. In effetti non si può dire che quel rifiuto
non fosse una scelta politica. O sbaglio?
Direi
piuttosto che é stata una scelta etica. Emergency non
accetta di fare il reparto cosmesi della guerra, non
accetta il danaro offerto con una mano sinistra da chi spara con
l'altra. Per gli stessi motivi, rifiuteremmo i soldi della Fiat
per curare le vittime delle mine antiuomo da loro prodotte, o
quelli della Nestlé per curare i neonati che rischiano di
morire per il suo latte in polvere. Se può tranquillizzare
qualcuno, vorrei aggiungere anche che Emergency ha mantenuto la
stessa posizione nel caso della guerra in Kosovo, rifiutandosi di
partecipare al banchetto della famosa Missione Arcobaleno.
Va
bene, però c'è chi dice che quelli che voi avete
rifiutato erano soldi dei contribuenti, non del governo...
So
che su questo problema ci sono opinioni diverse. L'Afghanistan è
pieno di organizzazioni pronte ad accettare i soldi della guerra:
se ne sono andate dopo l'11 settembre, per rientrare
qualche mese dopo nella Kabul liberata, e molte altre
sono arrivate per la prima volta nel paese solo dopo i marines.
E' un loro problema, noi abbiamo la nostra etica, e abbiamo il
diritto di averla. Peraltro, crediamo sia largamente condivisa,
visto il crescente sostegno, anche economico, ad Emergency.
Inoltre, non si può dimenticare che sono nostri anche i
soldi per fare partecipare i nostri alpini a Enduring Freedom,
che potrebbe trasformarsi in una operazione di caccia all'uomo.
Anche i soldi per le operazioni belliche che uccidono esseri
umani sono danaro dei contribuenti: questo li rende forse
puliti?
Emergency è stata praticamente l'unica
organizzazione sanitaria presente in Afghanistan durante la
guerra, e questo ha indubbiamente favorito la sua visibilità.
Non credi che il grande consenso che è cresciuto e sta
crescendo intorno alla vostra sigla sia anche determinato dalle
posizioni di denuncia contro la guerra che avete preso e che
quindi lo si possa considerare un consenso politico?
E'
probabile, se si restituisce alla parola politica il
suo significato originario di ricerca di principi e regole del
nostro stare insieme collettivo. E non mi sorprende: la grande
maggioranza degli italiani è contraria alla guerra. Questo
non vuol dire che Emergency sia una organizzazione schierata con
qualche partito o coalizione. Abbiamo sempre denunciato la guerra
come una barbarie, sia quando è stata voluta da governi di
centro-sinistra sia quando a proporla sono stati governi di
centro-destra.
Non ha forse un valore politico la
campagna Fuori l'Italia dalla guerra che avete
lanciato con un appello via Internet sul quale avete già
raccolto 300mila firme? Se sì, quale?
In
Italia, anche se molti sembrano averlo scordato, esiste una
Costituzione, è stata scritta con l'idea di garantire un
mondo più giusto alle generazioni future. L'articolo 11
inizia con L'Italia ripudia la guerra. È tra i
princìpi fondamentali. Che cosa vuol dire?
Semplicemente che la pace è un bene che ci appartiene in
quanto comunità, è un valore di tutti e di ciascuno
di noi. E questo va rispettato. Quando siamo andati a votare,
nessuna coalizione o partito hanno detto di essere pronti a
toglierci il bene della pace: comunque ciascuno di noi abbia
votato, questo non era in gioco. E invece, in poco più di
un decennio, il nostro paese è stato portato in guerra per
ben tre volte, da governi di colore politico diverso. Noi
vogliamo che sulla questione fondamentale della guerra siano
consultati i cittadini, perché non siamo pronti a farci
togliere da nessuno il bene della pace. Non si tratta solo, anche
se la cosa è estremamente importante, di non renderci
corresponsabili di nuovi lutti e di nuovi crimini. Bisogna anche
capire che o si riesce a tenere l'Italia fuori dalla guerra, o
non si riuscirà a tenere la guerra fuori dall'Italia. E i
cittadini italiani questo non lo vogliono, ne siamo assolutamente
certi. Per questo è nata la campagna Fuori l'Italia
dalla guerra, promossa, oltre che da Emergency, da Libera,
da Rete Lilliput e dalla Tavola della Pace. Come vedi, un grande
schieramento di realtà con culture diverse: vi sono laici
e cattolici, senza connotazioni "di partito". L'appello
su Internet é stato firmato da molti che non avevano mai
firmato alcun appello prima di questo. Perché? Per
l'importanza della posta in gioco. C'è chi ha detto che
la guerra é una cosa troppo seria per lasciarla in
mano ai militari. Crediamo che la pace sia una cosa troppo
importante per lasciarla in mano ai politici. Bisogna sentire
l'opinione dei cittadini, e rispettarla.
Nella
conferenza stampa al Campidoglio che annunciava questa campagna
insieme a te ed ad altri esponenti del mondo umanitario, del
volontariato e della cultura, da padre Zanotelli a don Ciotti, a
Terzani, c'era anche Sergio Cofferati che scelse proprio quella
sede per la sua prima apparizione pubblica dopo avere lasciato la
segreteria della Cgil. Molti hanno voluto vedere, nella presenza
di chi viene considerato come un prossimo possibile leader della
sinistra, una conferma del delinearsi di una nuova organizzazione
politica. Che rapporto c'è tra Cofferati ed Emergency?
La
carta stampata, di questi tempi, non mi sembra lo specchio della
verità. Hanno scritto che io avrei proposto a Cofferati la
vicepresidenza di Emergency - un modo di procedere tipico di una
certa politica che non ci appartiene per nulla . Poi hanno dato
lo scoop del rifiuto da parte di Cofferati,
precisando però che siamo rimasti amici. C' è a chi
piace lavorare di fantasia, a meno che non abbia altre finalità.
Pazienza. Emergency non é un partito, né una setta:
Sergio condivide questa battaglia per la pace e la porta avanti
insieme con noi e con tanti altri. Mi fa molto piacere, perché
gli sono amico e lo stimo molto, per la sua attenzione all'etica
e ai diritti.
Molti giornalisti, dalla Mafai a Pirani,
da Sofri a Sartori, fino ad Ostellino si impegnano a fondo ad
argomentare la tesi che il pacifismo è rispettabile (a
volte) sul piano morale, ma che non ha nessun valore sul piano
politico. Anzi, sostengono, può addirittura essere
complice del terrorismo. Non esitano ad accusarti di strabordare
dal tuo ruolo di chirurgo di una organizzazione umanitaria. Stai
strabordando?
C'è chi ritiene l'etica
separabile dalla politica, e non mi sorprende visto che é
proprio quello che sta succedendo, e in misura sempre crescente.
Ci sono migliaia di bambini iracheni ammalati di tumori e
leucemie, molti di più di quanti sarebbe prevedibile in
base a considerazioni epidemiologiche, perché il loro
territorio é stato bombardato a lungo con armi inquinanti.
E' un fatto, una tragedia facilmente verificabile, non una
speculazione ideologica. Basterebbe, anche in questo caso come
per l'Afganistan, prendere un aereo e andare a visitare qualche
ospedale di Baghdad o di Bassora. Che cosa diciamo a quei
bambini, e ai loro genitori? Che non è per ragioni etiche
che neghiamo loro la possibilità di essere curati?
Dovremmo spiegare loro - secondo molti "opinionisti" e
politici - che se i farmaci non gli possono arrivare è per
ragioni politiche, cioè per l'embargo imposto da più
di un decennio. Tutto a posto? E se fossero i figli degli
opinionisti a morire perché qualcuno non consente l'arrivo
delle medicine, che articoli di fuoco scriverebbero sui loro
giornali? E se qualcuno, sulla porta di casa di qualche politico,
impedisse di far entrare morfina per lenire il dolore delle loro
madri morenti di cancro? Non ho dubbi, accuserebbero
immediatamente quel 'qualcuno' di essere un criminale e un
terrorista. I risultati della politica separata dall'etica sono
questi, sotto i nostri occhi, se vogliamo tenerli aperti: un mare
di ingiustizie e di atrocità che attraversano il pianeta,
al solo fine di far guadagnare miliardi (di dollari e di euro) a
qualche migliaio di persone. Il pacifismo complice del
terrorismo? Smettiamola con queste stupide provocazioni. Il
terrorismo - l'uso sistematico della violenza su popolazioni
inermi - non é altro che la forma moderna della guerra,
delle guerre degli ultimi decenni, ed é stato praticato su
larga scala. Non solo a New York. E non solo da individui o
gruppi armati. E' stato ed é praticato anche, anzi
principalmente, da stati. Chi ne é stato complice? i
missionari comboniani o le multinazionali del petrolio? le
industrie belliche o i frati francescani? Nei decenni scorsi, non
sono stati i movimenti per la pace a far andare al potere le
decine di dittatori che hanno massacrato popolazioni in Africa e
in Asia e in America latina. E Hitler? E' tornato di moda
citarlo: chi l'ha aiutato a salire al potere? Pacifisti non
meglio identificati oppure gli Junker feudali, i magnati dei
grandi trust industriali tedeschi e la casta militare del Kaiser?
Ci si riferisce alla capitolazione anglo-francese a Monaco che
acconsentì alla invasione della Cecoslovacchia? Si vuol
far passare don Ciotti per Daladier, e padre Zanotelli per
Chamberlain. Quanto siano strumentali queste accuse, lo si
capisce ponendoci una semplice domanda: quali sono le analogie
con la situazione attuale? Si critica chi vuole che l'Italia non
partecipi ad una aggressione contro l'Iraq, rievocando la guerra
al nazifascismo. E chi sarebbe, oggi, l'uomo forte che vuole
conquistare il mondo? Già, proviamo a chiederlo ai
cittadini del mondo: "Chi pensate si consideri al di sopra
della legge? Chi secondo voi teorizza il diritto a bombardare
chiunque altro per proteggere i propri interessi nazionali?"
Un bel sondaggio nel pianeta, i risultati sarebbero davvero
interessanti...
Politici assertori della necessità
di guerre umanitarie come quella in Kosovo (D'Alema)
o pronti a combattere quella in Iraq se l'Onu da il proprio
consenso (Fassino) ribadiscono l'importanza di distinguere tra
ragioni morali e politiche, optando - ovviamente con
sofferenza - per le seconde. Ti considerano un moralistica
utopico ma poi ti trattano da avversario politico, arrivando a
coniare definizioni dispregiative come pacifismo alla Gino
Strada (ancora Fassino). Non ti sembra una contraddizione?
Come te la spieghi?
Non so se ci sia contraddizione, e
mi interessa poco. "Si decise - scrive D'Alema nel suo libro
Kosovo - di continuare con l'azione aerea integrata
dall'intervento umanitario" Il problema è in buona
parte qui. C'è chi pensa che i bombardamenti possano
andare a braccetto con gli aiuti umanitari, che addirittura
possano integrarsi. Per Emergency, organizzazione laica, questa è
una bestemmia. Non vogliamo aver nulla a che fare con chi
bombarda, né siamo disposti a lavare loro la coscienza
partecipando ai loro "interventi umanitari". Per quanto
riguarda l'Onu, vorrei solo dire che le Nazioni unite nascono con
l'obiettivo primario di mantenere la pace mondiale. Più di
trenta conflitti insanguinano oggi il pianeta. Macellai e
dittatori, e dittatori trasformatisi in presidenti, e presidenti
macellai massacrano con i loro eserciti milioni di esseri umani
ogni anno. Almeno tre quarti delle loro armi provengono dai
cinque paesi membri permanenti del consiglio di sicurezza
dell'Onu, Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna.
Sono davvero neutrali, super partes, credibili nel promuovere la
pace?
Il percorso della pace deve essere intrapreso
anche con le gambe della politica? Di quale politica?
La
pace si può costruire, la si può praticare. Per
esempio promuovendo la giustizia. E' giusto un mondo dove il 20
percento degli uomini possiede e consuma l'83 percento delle
risorse di tutti? Incominciamo a leggere (per molti politici
sarebbe la prima volta) la Dichiarazione universale dei diritti
umani del 1948. Diritti, prinicipi, valori sottoscritti e poi
gettati nell'immondizia. Chiediamoci come praticarli, come
tradurli in "politica". Finché non sarà
vero che "Tutti gli uomini nascono liberi e eguali in
dignità e diritti..", finché individui e
comunità non agiranno "gli uni verso gli altri in
spirito di fratellanza", come proclama il primo articolo
della Dichiarazione, continueremo a vivere in un mondo pieno di
guerre, e ci sarà spazio per chi, con l'arroganza tipica
del più ricco e del più forte, e servendosi della
"libera" informazione, continuerà a chiamare
pace le bombe, a chiamare giustizia Guantanamo, a chiamare
"vittime del fuoco amico" o semplici effetti
collaterali i bambini afgani bombardati durante un matrimonio. A
proposito, secondo uno studio sulla libertà di stampa nei
vari Paesi condotto da Reporters Without Borders e ripreso
dall'Economist, l'Italia figura al quarantesimo posto, appena
sopra il Mali. Sono utopie i diritti dell'uomo esposti nella
Dichiarazione universale? Assolutamente no, se ci si impegna a
trasformarli in progetti, e nel nostro Paese sono in molti a
volerlo fare.
Vauro IL
MANIFESTO 30/10/2002
|