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“Va sempre peggio ma è azzardato pronosticare una deriva di tipo iracheno”

Secondo Gino Strada, fondatore di Emergency, l’organizzazione umanitaria italiana più massicciamente presente in Afghanistan, non è da ieri che la situazione nel paese sta peggiorando. La radice del problema sta nell’occupazione straniera. Ma i paragoni con l’Iraq rischiano di essere azzardati.

Voi di Emergency non siete sorpresi dall’incremento di violenza in Afghanistan, è vero?


Sì, è un progressivo deterioramento, e non da mesi, ma da anni. Un fenomeno legato al fatto che il paese è sotto occupazione straniera. Temo che noi qui in Occidente abbiamo perso il senso di cosa significhino certe cose. Non riusciamo a metterci dal punto di vista degli altri, e non riusciamo a immaginare le reazioni che proveremmo noi se un esercito straniero occupasse l’Italia, piazzasse le sue basi, bombardasse certi siti, deportasse all’estero gente imprigionata e incappucciata. La verità è che in Afghanistan la guerra non è mai finita, e purtroppo il mostro della guerra ospita anche orrori come il sequestro dell’operatrice di Care.


Il rapimento di lunedì sera è un episodio ancora oscuro. Parliamo più in generale della ripresa di attività militare da parte dei ribelli. Chi sono? I resti dei Talebani, o altri?


Parlare di resti credo sia riduttivo, considerato che i Talebani controllano porzioni di territorio afghano più grandi che non Karzai. C’è insoddisfazione crescente in tutte le componenti etniche, politiche, religiose, e la radice sta nell’insofferenza verso una dipendenza di tipo coloniale dagli Usa. È sintomatico che Karzai sia l’unico presidente al mondo ad andare in giro con una guardia del corpo composta unicamente da elementi stranieri: tutti marines americani, non c’è un afghano. Del resto viene ancora sarcasticamente chiamato il sindaco di Kabul, con riferimento all’unica città del paese in cui davvero governa. Cinque volte è uscito dalla capitale, cinque volte hanno tentato di ammazzarlo.


Qualche miglioramento però la caduta del regime teocratico l’ha portato?


Ah sì, ci siamo inventati la liberazione delle donne. Come se bastasse il fatto che a Kabul trecento donne non portano più il burqa. Purtroppo l’Afghanistan è stato divorato mediaticamente dall’Iraq, e sono passati inosservati alcuni gravi sviluppi. La produzione di oppio è cresciuta di otto, dieci volte rispetto all’epoca in cui governavano i mullah. Si diffonde la prostituzione, con tutte le conseguenze sociali, culturali, mediche che si possono immaginare, ed è significativo che coinvolga prevalentemente donne venute dall’estero, come parte del corredo delle democrazie made in Usa formato esportazione. Grazie alla massiccia presenza straniera, si comincia per la prima volta a parlare di sieropositività e di Aids, cosa che può avere effetti catastrofici in una paese dalla struttura sanitaria inesistente. Veniamo all’economia. I prezzi sono saliti di dieci, quindici volte. Una casa nel centro di Kabul costa più che a Park Avenue a New York. Kabul è oggi una città inquinatissima. Mi chiedo quanti tumori scopriremo nel giro di qualche anno.


Si tracciano paralleli con Baghdad. E tuttavia, a parte il fatto che il caos e la dimensione dei massacri in Afghanistan non sono a livelli iracheni, una differenza importante non sta proprio nell’atteggiamento verso gli stranieri? Salvo episodi sporadici, l’equazione occidentale uguale nemico non trova verifiche nella prassi dei gruppi armati.


Sì, bisogna essere prudenti, evitare generalizzazioni fuorvianti. In Afghanistan le forze presenti sul campo sono più variegate rispetto all’Iraq. Le forze di occupazione normalmente stanno nelle loro basi, salvo mandare ogni tanto elicotteri, aerei, o velivoli senza pilota a bombardare questo o quel presunto covo dei ribelli. Ma non c’è un’attività militare diffusa volta a prendere il controllo del territorio. Inoltre gli americani sono appoggiati da qualche signore della guerra con le loro bande. Appoggio interessato, perché alcuni hanno realizzato grossi profitti partecipando alla costruzione di infrastrutture militari, che non significa necessariamente fedeltà. Puoi affittare un afghano, ma non lo compri, recita un detto locale.


I Talebani negano ogni responsabilità nel sequestro di Clementina Cantoni. Queste cose non le facciamo, dice un portavoce. È credibile?


Penso di sì. Aggiungo che in Afghanistan non ci sono più guerriglieri jihadisti stranieri. Quando i Talebani erano al potere, ospitavano miliziani di ben 22 diversi paesi. Ora non più, e molti di loro si sono spostati proprio in Iraq. La rivolta afghana è di marca locale.


Intervista di - L'UNITA' - 18/05/2005

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