Il capitano Achab racconta

A cura di Emanuele Mignone


Il giardino di carta



Stasera il mondo è più scolorito del solito. L'intonaco è scrostato, si vedono le pietre. Sì, sarebbe proprio l'ora di dare una bella mano di vernice nuova a tutto quanto. Ma non ho né pennello, né vernice. Bisognerebbe farli saltar fuori da un cilindro magico. Magari da questo cilindro o dal prossimo che Moe riempirà nel suo bar. Ma non salta fuori niente, e poi non avrei voglia di mettermi a verniciare neppure la più piccola delle pietre di cui è fatto questo schifoso mondo. Che rimanga scrostato! Mica è uno scherzo. E' tridimensionale il mondo. Altezza, larghezza, lunghezza e tutto il resto. Un sacco di lavoro. E si è così maledettamente pigri certe sere. Le sere in cui ti ritrovi a pensare che il tuo bicchiere è più piccolo del solito. Lo svuoti senza accorgertene. Dovrebbero fabbricare bicchieri apposta per quelle sere.

Più passa il tempo, più il vecchio Bollinger assomiglia ad un San Bernardo. Un giorno o l'altro bisognerà legargli sotto il mento una fiaschetta di brandy. Del migliore naturalmente.

Bolly guardò l'orologio e iniziò a tossire. Non gliene fregava nulla delle macerie del Bronx, dei discorsi di Joe Magliano e dei miei. In generale non gliene fregava niente di questa valle di lacrime. Era solo un cane poliziotto.

Arrivai alla villa dei Magliano. C'era un chilometro di prato verde intorno o poco più.

Gli occhi della signora Magliano erano grigio ardesia, assolutamente privi di espressione, due pezzetti di porcellana su una faccia di cera. La voce era controllata e sembrava un 78 giri messo sui 33.

La stanza di una ragazza è quasi sempre una specie di museo dei buoni sentimenti. Un giorno arrederò così la mia tana nel Bronx, metterò su un disco dei Bee Gees e aspetterò la fine succhiandomi il pollice.

Sul muro era appeso un poster de "Il giardino di carta", l'ultima storia d'amore formato celluloide per adolescenti.

Diedi un'occhiata al suo diario. "Oggi ho visto "Il giardino di carta". E' un film divino, super romantico!!! Mi sono anche messa a piangere. Dovremmo essere tutti come loro. Ho comprato la cassetta e il poster".

Me ne andai, voltando le spalle al suo vestito violetto e ai suoi occhi inespressivi.

Il "Roller" era un locale dove i ragazzetti andavano a ballare. Sui pattini. La musica era assordante.

Urlai ancora un paio di domande, ma mi accorsi che era fiato sprecato. Non mi restava che osservare la bella gioventù divertirsi. Però a ben guardare, non mi sembrava che si divertissero tanto. Facce dure, ferme, senza sorrisi, bruciate, si muovevano come pezzi di un motore. Avevano l'aria di chi facesse un lavoro. Un lavoro di essere come gli altri. Perfettamente identici. Guai a chi si fermava. Poi andavano al cinema e piangevano. Boh!

Telefonai a Bollinger.

Riappese. Bolly non aveva il senso dell'umorismo, ma senza di lui mi sarei annoiato. Per due giorni collezionai una bella serie di buchi nell'acqua. C'era una quantità di sordomuti con problemi di vista in questo mondo. Nessuno sapeva niente.

Andai nell'ufficio di Bollinger per sapere se lui avesse novità.

Il telefono squillò imperiosamente.

Volammo, o quasi. Un individuo, in grigio, ci porse una lettera, sulla quale erano incollare lettere ritagliate da un giornale: "Tua figlia sta bene e presto avrai sue notizie". Mi bastò guardarla per capire quasi tutto.

.- Testo sintetico, eh?

Uscimmo in fretta, fuori all'aria aperta.

Una voce, seguita dal proprietario, si materializzò da dietro un albero. Bel ragazzo, con la tuta da giardiniere, capelli biondi e occhi azzurri.

Se ne andò dondolando la sua bella testolina bionda come se facesse fatica a portarla in giro. Eppure dal suo sguardo avrei detto che non avrebbe dovuto pesare molto.

Strano, ma avevo la sensazione di aver già visto la sua bella faccia da qualche parte, sarà che questi ragazzi sono tutti uguali. La caccia ricominciò. A dir la verità mi sentii un po’ ridicolo ad occupare la mia eccelsa mente in quel genere di cose. Da piccolo avevo una foto di Einstein sul comodino. L'obiettivo era quello. Pazienza. Uhm! A proposito di gente seria…Non ricordo più quale filosofo diceva che il mondo è regolato dal caso. Guardavo l'insegna di un cinema e la locandina del film. Ora sapevo dove avevo visto il giardiniere: il poster in camera di Judy. Vuoi vedere che…

Non vado spesso al cinema, costa caro, ma dicono che questo film ne valga la pena. Bel lavoro, complimenti! Roba da cavalieri della tavola rotonda in pieno ventesimo secolo. Una spruzzatina di sesso e di borotalco. Alla gente piace sognare. I produttori lo sanno, bravi.

" Ti amo, Burt…sono disposta a fare qualunque cosa per te." "Anche a scappare di casa?" "Sì, certo…I miei se ne fregano di me…Mio padre pensa solo alla politica, mia madre alle sue feste. A volte penso che siano solo dei robot."

Sì, un bel minestrone con tutti gli ingredienti giusti. A lieto fine, naturalmente. Peccato che certa gente non si accontenti di vederle al cinema, le favole. Pretende di viverle. Ora forse sapevo dove si erra cacciata la ragazzina.

La dependence. Mi avvicinai senza far rumore. Aprii la porta. La ragazzina stava stesa sul letto e leggeva un libro, Occhi Azzurri, invece, stava trafficando ai fornelli.

E' bello come quello del film, ma ha due occhi enormi di vetro spesso un palmo. Deve essere dura avere un esatto senso delle proporzioni guardando il mondo da là dietro.

Judy si era avvicinata e sembrava spaventata.

Non so perché, ma avrei avuto una gran voglia di spaccare la testa al regista del film. Del resto che ha fatto di male? Ha solo dato una verniciatina di rosa all'ambiente, ma giuro, se succede qualcosa a quel ragazzo io…

Rientrammo nella casa senatoriale. Il vecchio faceva fuoco e fiamme.

La gente importante di solito fa un sacco di baccano. Se si ricordasse della sacra liturgia "siamo cenere…" con tutto quel che segue. Macchè, non se ne ricorda mai!

Si avvicinò minaccioso alla ragazza.

Anche le favole finiscono. E non sempre bene.

Bolly mi guardò. Ricambiai lo sguardo ma non servì a niente.

C'è solo una cosa che avrei potuto fare per fermarli, sparare a Bolly. Sparare ai suoi piedipiatti e a tutti i vermi di questo schifoso mondo, sempre a caccia di qualcuno su cui sgogarsi…Sparare anche a me. Forse un giorno lo farò. E farla finita con questo spettacolo di pietre grezze, senza intonaco, crepate.

Stavano portando via il ragazzo.

Il suo urlo mi entro dentro come un colpo di pistola. Cercai qualcosa per cancellarlo. Mi aggrappai al rumore delle portiere che sbattevano e sperai che Bolly azionasse la sirena. Ma niente. L'unico eco fù lo straziante miagolio di Galattico. Dio mio, ora sapevo perché i giovani si ubriacavano di musica. Il silenzio fa paura, è un'assurda luce viola che illumina senza pietà le crepe della vita, fino alle ultime connessioni. Ti prego, Galattico, dì qualcosa almeno tu, fai ron-ron, perdonami se puoi.

Ma Galattico saltò giù e se ne andò senza rispondermi, offeso. E ancora l'urlo echeggiava nei meandri della mente, rimbombava fino alle bolge più oscure senza spegnersi. Chissà per quanto tempo avrebbe continuat a rimbalzare, diventando una parte di me, una fibra. Un'altra delle cento maledette fibre che il passato ha segnato e che la vita si divertirà a far vibrare. Aspettami Moe, sto arrivando. Avrò un bisogno dei tuoi cilindri magici stasera. Addio Galattico, addio.

(1982)

last modify 29/05/01