L'attrice
debutta con i Licks e pubblica il disco You're Speaking My
Language. Sarà domani al concertone di San Giovanni.
Questo è il mio futuro. Al momento preferisco la
musica
Juliette Lewis parla come
canta. Con una bocca che sembra una pista da sci, tra sillabe e
vocali che saltano, che sgambano da una parte all'altra della
lingua, che si avvitano su se stesse, baaabyyy,
rokken-a-roulin' e giù così.. Giusto.
Mi piace molto. Mi piace giocare con le frasi, è parte del
mio stile, ride. L'attrice, 31 anni, è al
telefono dal suo tourbus. Adesso fa la cantante, da assassina
nata si è rinventata rocker nata, e ci
crede. È da un po' che ci prova. Cantava in Assassini
nati, rieseguiva due pezzi di Pj Harvey in Strange Days,
ha cantato in Un amore speciale, in Kalifornia, Il
corvo ecc. Addirittura è presente nel nuovo disco dei
Prodigy. Nelle canzoni, spesso poco concilianti, ha sublimato le
tensioni di Hollywood, i coltelli, le accuse di attrice
irrisolta, la Jodie Foster mancata, quella che ancora non ce l'ha
fatta nonostante la nomination a 18 anni per Cape Fear in
cui si intratteneva oralmente con il pollice di De Niro. Lei è
sempre andata avanti, in missione per conto del rock anche quando
recitava. Per tutta la vita ho sognato di fare la
cantante, sospira. Al punto che in Assassini nati,
Mallory Knox, il suo personaggio, quasi sembrava un'emanazione
mefistofelica di Johnny Rotten. E poi tutto nella sua vita ha
sempre ricondotto a immaginari di dannazione/redenzione così
interni a tanta mitologia rock. In particolare le droghe, le
riabilitazioni, la conversione (scientology, la religione delle
star), i ruoli da pazza scatenata. Ma non si vede -
sbotta - è drammaticamente ovvio che dovevo fare la
cantante, peccato che l'ho capito adesso e non a vent'anni.
Nel corso dell'intervista Juliette Lewis, che domani sarà
al concertone del primo maggio, bypassa le domande sul cinema,
sul fidanzamento/rottura con Brad Pitt e vira quasi sempre sulla
musica. È un modo deliberato e conscio di dimostrare che
non ci fa, c'è; che è tutto vero. E anche in musica
Juliette è come Mallory. Anticipato dai cinque pezzi del
singolo (...Like a Bolt of Lightning), il cdYou're
Speaking My Language - nei negozi dal 17 maggio - è un
tritatutto. Un po' punk e un po' declamazioni alla Patti Smith
(che adoro per il suo rigore e il suo attivismo, di
sicuro è un'influenza, anche se inconscia); un
po' Iggy Pop e un po' Pat Benatar, un po' Guns n' Roses e un po'
David Lee Roth, molto Hole (peraltro sul primo singolo suonava
Patty Schemel, la batterista del gruppo di Coutney Love) e molto
anni Ottanta. Pezzo dopo pezzo, Lewis entra nel personaggio; è
estrema, con un vulcano in gola, talmente incardinata nel nuovo
ruolo che a volte rasenta la parodia, quella del rocker a
tutti i costi, sporco, roboante, sempre in posa. Con le smorfie
allo specchio, le gambe divaricate e il dito medio in bella
vista.
Nelle canzoni Juliette se la prende con il maschio
capitalista bianco americano zeppo di privilegi (American Boy
vol. 2), altrove, in Got Love to Kill, racconta di
amori impossibili, nel pezzo che dà il titolo al disco, il
più bello, parla invece al mondo e chiama a raccolta,
sarò io a nutrirvi. Come?
Ma che
differenza c'è tra cinema e musica?
Con la
musica fai tutto tu, nessuno ti guida, per farti un film da solo
hai bisogno di almeno un milione di dollari; con la musica basta
scrivere buoni pezzi, puoi contare su Internet, sui concerti; è
tutto su scala più piccola ma può soddisfarti in
maniera completa, totale.
Offre anche un controllo
diverso.
Assolutamente. Quando ho cantato in Strange
Days era bello ma faceva parte del copione. Queste sono le
mie canzoni. Brucio di creatività, posso scrivere
qualsiasi cosa. Ho sempre avuto un rapporto emotivo fortissimo
con la musica. La somiglianza tra un film e una canzone, è
che con il primo mi vedi e posso emozionarti, con la musica posso
arrivare direttamente al cuore, è un'esperienza più
viscerale.
Adesso hai anche un gruppo...
Più
di due anni fa avevo composto alcune cose con Linda Perry
(Christina Aguilera, Pink) che mi ha fatto conoscere Patty
Schemel. Ho capito che non volevo essere una solista con un
produttore alle spalle; voglio un pubblico, voglio imparare a
essere una buona performer e scrivere musica. Così sono
arrivati Paul III, Todd Morse, ex H20, Kemble Walters e Jason
Morris. Patty è avanti con gli anni, ha mollato, non se la
sentiva di venire in tour.
Che pubblico hai?
Da
chi segue Avril Lavigne a gente più cresciuta. Oggi
suoniamo in un college a Manchester e ci saranno molti studenti;
in America, al festival Vans Warped Tour, c'era un pubblico dai
12 ai 18 anni. Abbiamo notato che c'è gente che torna a
vederci, è molto importante.
Con quale musica
sei cresciuta?
Sono passata attraverso molti fasi, il
primo disco comprato è stato People Are People dei
Depeche Mode. Sono una donna con molte identità. Mi
piacevano i Cure, gli anni Sessanta, Jimi Hendrix, Janis Joplin,
anche il jazz che viene sicuramente dagli ascolti di mio
padre.
Cosa spinge un attore a fare un disco?
Conosco
solo la mia esperienza. Ci sono persone che sanno fare una sola
cosa, altri che riescono in più ambiti; per me è
una questione più semplice, leggera; è
assolutamente e dolorosamente ovvio che la musica è la mia
strada, peccato non aver iniziato prima.
Magari è
solo un hobby. Un modo per evadere da quei ruoli estremi, da
pazza, che ti hanno cucito addosso... L'hai dichiarato tu
stessa.
Prima di tutto non ho mai detto una cosa del
genere, è chi ti fa l'intervista che interpreta male; io
amo l'industria per cui lavoro da 15 anni, penso di aver fatto
bene finora e penso che i registi rispettino il mio modo di
lavorare. Non ho risentimenti nei confronti di nessuno. Penso che
la prova di quello che sto facendo sia la longevità; puoi
essere cinico quanto vuoi e vedere questa mia cosa come un hobby,
bene, io so che dentro il disco c'è una quantità di
energia così elevata che non può essere un
passatempo, tutto va avanti da oltre due anni; ora ad esempio
sono su un bus, poi i tour, non dormiamo, facciamo concerti,
faccio interviste tutti i giorni. Per fare questa vita devi
essere in grande forma, avere passione; non mi interessa quello
che si dice, venite a vedermi.
O forse potrebbe essere
un modo sottile di vendicarsi di Hollywood che da Assassini
nati non ti ha più offerto grossi ruoli. Magari
rientri dalla finestra come rockstar.
Quello che dici
mi fa ridere, e a dirti la verità se la strada fosse tutta
in discesa, nemmeno mi ci sarei impegnata. Sarebbe troppo noioso.
E se anche fossi una star del cinema mi annoierei lo stesso; fare
film è una forma d'arte molto specifica che non mi
soddisfa appieno. E ai detrattori dico, `Scusate, non ho mai
pensato a me stessa come a una star di Hollywood e di sicuro non
lo sono'. Tutto quello che sono stata è un'attrice che
lavora e questo mi va stretto, quindi faccio una cosa che al
momento mi realizza. Hai mai sentito parlare degli MC5? Volevano
vendicarsi secondo te? No, stavano cercando di cambiare la
società, sollevare il pubblico, dar vita a un live show
eccitante. Ecco quello che voglio. E poi ci sono altri aspetti
nella mia vita oltre al cinema, la musica è uno ed è
quello che al momento mi tiene più impegnata; spero che
vada tutto bene perché voglio preparare il prossimo disco,
voglio esplorare altri suoni, altri tipi di canzoni; questo è
solo l'inizio.
C'è un filo che lega le
canzoni?
Non seguo temi specifici, mi interessa
elevare lo spirito delle persone, condividere un punto di vista
comune; essere catartica, perché così è
stata la musica per me. Ora ho modo di farlo e lo devo anche a
scientology. Da ragazzina ero un po' introversa e tagliata fuori
dal mondo, non riuscivo a relazionarmi agli altri. A 20 anni non
sarei mai stata in grado di suonare dal vivo.
Anche se
Oliver Stone ti ha definito giovane, spietata, affamata e
con un grande istinto?
Devo ammettere che ho
sempre creduto in me come attrice, ma non dal punto di vista
delle relazioni sociali.
Intervista di Francesco Adinolfi IL
MANIFESTO 30/04/2005
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