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"Laggiù molti hanno sete di democrazia. Le bombe non la insegnano, sono un errore" |
Hanif Kureishi è un londinese di seconda generazione: suo padre, pakistano, arrivò in Gran Bretagna dallIndia, dove risiedeva, nei primi anni Cinquanta. Kureishi, classe 1954, autore di racconti e romanzi e sceneggiatore, da sempre narra la Londra dellincontro e scontro tra culture: lha fatto in film di culto come My beautiful laundrette e Sammy e Rosie vanno a letto, lha fatto nel romanzo, poi film, Il Budda delle periferie, lha fatto in quello straordinario racconto, anchesso diventato un film, Mio figlio, il fanatico, storia di un tassinaro londinese di origine indiana che vede il suo ragazzo diventare un musulmano fondamentalista, e cade perciò nel panico. Un racconto - contenuto nella raccolta Love in a blue time - che oggi dovremmo tenere tutti sul comodino, come un viatico allindagine sul mistero dellintegralismo. Kureishi è stato a Roma in questi giorni per presentare il suo nuovo romanzo Il dono di Gabriel, edito - come tutte le sue opere - in Italia da Bompiani. Il dono di Gabriel racconta di un ragazzo che vuole fare il regista, del talento magico che allimprovviso scopre di avere, cioè quello di riuscire a trasformare in realtà ciò che immagina, e dei suoi genitori, un padre musicista pop e una madre costumista, che si lasciano. Un romanzo chiuso da un inconsueto lieto fine. Sembra - scritto da lui - un libro che, ora che il fondamentalismo esplode, arriva singolarmente «fuori tempo». Non trova Kureishi? Lo scrittore sorride e risponde: «Ha ragione, ma noi tutti dipendiamo anche dal nostro umore. Daltronde, Mio figlio, il fanatico era invece arrivato in apparente anticipo. Ho scritto sul fondamentalismo a inizio degli anni Novanta, dopo che ero stato per la prima volta in Pakistan, la terra della mia famiglia, e dopo che dallIran era stata lanciata la fatwa su Salman Rushdie. In realtà questa roba, il fondamentalismo, fermenta da tempo e ha radici molto profonde. Ha radici anche nel colonialismo. Cè un lungo contesto storico che, avendone la pazienza, potrebbe essere dipanato». Lei rivendica
dessere un londinese, prima di ogni altra appartenenza. Le
è facile identificarsi, in questo momento, con la politica
di Tony Blair? Ma lei è
anche un anglo-pakistano. Da questo punto di vista si sente in
difficoltà in Gran Bretagna? Lei è pro
o contro lintervento armato? Però Alì,
il giovane neo-fondamentalista che lei dipinge nel suo racconto
«Mio figlio il fanatico», non è affatto
povero. Anzi, è un ragazzo cui il padre ha donato ogni
diavoleria tecnologica, per renderlo uguale agli altri giovani
londinesi. Dovera l11
settembre, e come ha saputo della strage delle Twin Towers? Ha amici, legami
a New York? Oppure ci è andato perché era il luogo
in cui regnava la Storia in quel momento? Ha avuto paura a
New York? Ha paura adesso? Lei pensa che dal
caos e il terrore di questi giorni possa uscire qualcosa di
buono? Intervista di Maria Serena Palieri L'UNITA' 19/10/2001
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