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L'atroce risveglio

Quando il pallone nasconde la fame

I Mondiali di calcio del 1978, svoltisi a Buenos Aires, coincisero col periodo di maggior durezza della dittatura argentina; e,nonostante la repressione in atto, la festa del Mundial fu un momento chiave per la Giunta Militare, al fine di impressionare il mondo con immagini di tranquillizzante normalità: quasi una campagna pubblicitaria con lo slogan “Los argentinos somos derechos y humanos”.

Nei giorni scorsi mi è sembrato di rivivere quell'atmosfera: perché l'economia argentina è al disastro, ma la gente pareva disattenta, con la testa “nel pallone” per una squadra di calcio intenzionata a diventare nuovamente “campeón del mundo”. Ovunque, nei negozi e nei bar, vicino alle foto della famosa partita del 1978 – la coppa innalzata sulle teste dei giocatori, le tribune esultanti, un tripudio di bandiere biancazzurre -, troneggiava la scritta “Necesitamos esto”, abbiamo bisogno di questo. Come se l'euforia calcistica avesse cancellato l'iperinflazione, la disoccupazione crescente, gli scioperi e i blocchi stradali.

Passata sotto silenzio la notizia che un gruppo di Madres ha occupato pacificamente la Cattedrale di Plaza de Mayo, per protestare “a causa della fame che stanno patendo i bambini di questo paese”. E così pure non è circolata la dichiarazione di Hebe de Bonafini che le capeggiava: “Non può continuare questa situazione, ho voglia di piangere, i bambini stanno mangiando rospi e topi, è una pazzia”. Rospi? Topi? Si chiederà qualcuno, sbigottito. Eppure è vero, l'Argentina è alla fame: su 36 milioni di abitanti, 24 milioni vivono sotto la soglia della povertà, 6 milioni nell'indigenza più completa. Una situazione da Terzo Mondo. Per verificarla, basta andare in periferia, in uno di quei barrios operai sorti all'epoca di Perón, quando fabbriche e frigoríficos lavoravano a pieno ritmo e da questa parte del Riachuelo si costruivano case senza nessun piano regolatore. Ora, per esempio, lo IAPI (a solo dodici chilometri dalla Casa Rosada) è uno dei quartieri più poveri del distretto di Quilmes, a sud della capitale: un mare di fango in questo inverno argentino freddo e piovoso. Alla scuola dello IAPI, Escuela 65, per quasi tutti gli alunni la porzione di pane e latte, che viene distribuita a merenda, è l'unico pasto quotidiano; e va tenuto presente che la quota di 25 centavos che lo stato pagava giornalmente per alunno è rimasta invariata, mentre la moneta argentina è scesa a un quarto del suo valore rispetto a sei mesi fa. Nel quartiere il 90% della popolazione è disoccupato; il mestiere più diffuso è quello dei raccoglitori di spazzatura (bottiglie e cartoni).

Da parecchie settimane i gatti sono scomparsi; topi, rane e rospi vengono cacciati da bambini e arrostiti su spiedi di legno; perfino i cavalli, animali intoccabili in Argentina, da tempo sono finiti al macello perché il prezzo della carne bovina è salito alle stelle, diventando inaccessibile per la gente del quartiere. Più di una sessantina sono i ladruncoli bambini uccisi dalla polizia negli ultimi mesi. E mentre queste notizie scomparivano dalla pagine dei giornali per far posto all'evasione calcistica, il presidente Duhalde affrontava al Senato il dibattito sulla legge di “subversión economica”, con cui intendeva mettere sotto accusa banchieri e finanzieri che nei mesi passati avevano colpevolmente affossato l'economia argentina. Ora Duhalde non sa più che pesci pigliare perché il Fondo Monetario Internazionale, come condizione per aprire le trattative con l'Argentina, chiede il veto su uno degli articoli della legge, per assicurarsi che nessuna banca possa essere perseguitata penalmente. Ma è un braccio di ferro dall'esito scontato: Duhalde cederà, crescerà l'ostilità popolare contro gli Usa, la collera del grido “Que se vayan todos” diventerà incontenibile. E a proposito di cose scontate, bisognerebbe fare attenzione a quel settore del governo argentino che sta rafforzando i meccanismi della rappresaglia e del controllo sociale, per timore di disordini. Jaunarena, ministro della Difesa, e Brinzoni, capo dell'Esercito, stanno pianificando una militarizzazione della Seguridad Interior, con la creazione di un superministero che comprenderebbe gli Interni e la Difesa, in nome della lotta contro la criminalità “di strada”. Comunque, ora il Mundial è finito. E, spente le luci della festa che occultavano le ombre, i nodi verranno al pettine.

Laura Pariani – IL SECOLO XIX – 13/06/2002

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