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| IL PORTO DEI RAGAZZI |

DARIO FO e FRANCA RAME
7 aprile
2002

DARIO FO RECITA UBU ROI
INTRODUZIONE ALLO SPETTACOLO TENUTO IL 28 MARZO 2002
AL TEATRO STREHLER DI MILANO

Qualche giorno fa, a Parigi c'e' stato un grosso dibattito a proposito di quanto ha dichiarato il nostro Presidente del Consiglio. Gli intellettuali italiani ed anche alcuni francesi avevano rilasciato dichiarazioni piuttosto dure sull'atteggiamento del nostro Governo. Il Premier per commentare queste loro esternazioni ha detto con disprezzo che sono tutti clown.
Ora, la cosa veramente straordinaria e' il semplicismo con cui il nostro rappresentante del Governo usa questo termine. Io che modestamente credo di essere un vero clown, non mi sento per niente offeso, anche perche' da quasi cinquant'anni a questa parte mi sono letto qualcosa su queste figure e sulle loro origini e ho scoperto che questi personaggi, queste maschere, hanno ricoperto un ruolo davvero importante nella storia del teatro e della cultura, non solo europea, ma di tutto il mondo. Tanto per cominciare, ricordiamo che in India ancora oggi viene rispettata l'antica tradizione per cui quando si e' deciso che in un certo luogo si debba innalzare o costruire un edificio sacro o importante per la comunita', ecco che si fanno arrivare dei clown seguiti da una marea di ragazzini che si sistemano nello spazio dove si poseranno le fondamenta. I clown si esibiscono in lazzi, acrobazie e giochi comici. I bambini cominciano a ridere...il riso cresce sempre piu'. Quando si arriva allo "sganascio", quello e' il segnale che il luogo si e' liberato da ogni possibile clima malefico: lo spazio e' purificato.
I clown sono quindi coloro che riportano l'equilibrio, la logica attiva e non passiva delle cose e degli avvenimenti.
Ma proviamo a considerare la figura dei clown, o meglio dei giullari, nei riti religiosi della nostra cultura. Nelle rappresentazioni sacre del Medioevo ci capita spesso di incontrare un giullare che nelle vesti di "Matto" gioca a carte sotto la croce con i crociatori. All'inizio il Matto perde, ma poi, grazie all'aiuto di Cristo, comincia a vincere e, partita dopo partita, spoglia letteralmente i compari. Il Matto a 'sto punto contratta la restituzione di tutti i denari guadagnati in cambio della vita di Gesu'. Cioe' a dire, pretende di tirarlo giu' dalla croce ancora vivo. I crociatori accettano. Il Matto afferra una scala, l'appoggia alla croce, monta fino al Cristo e cerca di convincerlo a scendere di li' e rinunciare al "sacrificio" per la salvezza dell'umanita'. Il Cristo non ne vuol sapere: "Per favore, lascia stare i chiodi... lasciami dove sono, grazie!" "Ma sei fuori... dicono che io sia un pazzo... sei tu qui, il pazzo. Ora dimmi le ragioni chiare del perche' e chi vuoi salvare! Guardatela bene questa umanita'... gente che si scanna, che truffa e inganna; ognuno che pensa ai propri interessi, che arraffa denari e potere... e tu davvero vuoi ancora sacrificarti per loro!"
Esplode un serrato diverbio. Alla fine Cristo si tace. Il Matto inizia un soliloquio rivolto al pubblico e si intuisce che e' il Figlio di Dio a dettargli i propri pensieri perche' giungano chiari e definitivi al popolo dei fedeli.
Questo vi fa capire quanta importanza abbia la figura del giullare, del clown, nell'antico rito popolare cristiano. Non parliamo poi della sua importanza durante i riti della Pasqua: il cosiddetto "risus pascalis" era tenuto proprio dai clown, dai giullari i quali entravano in chiesa e cominciavano a danzare, a ballare festosamente. Il loro compito era quello di portare festosita' ai fedeli, coinvolgerli nella risata, condurli verso un'allegria collettiva, all'abbracciarsi e volersi bene: la liberazione attraverso il rito del riso. Il tutto per esaltare insieme la felicita' per la Resurrezione di Cristo.
Tutto questo accadeva ancora quattro o cinque secoli fa.
Anche nel teatro shakesperiano troviamo i clown come personaggi di contrappunto scenico. Nell'Amleto i becchini sono infatti due clown che discutono della morte e della sua imponderabilita', della paura e del condizionamento che la morte porta con se', arrivando ad "investire" gli uomini all'improvviso, piu' veloce della follia. Shakesperare offre ai suoi clown la possibilita' di dettare l'umore, il gioco di paradosso che emerge dalla tragedia.
Anche in Molie're ritroviamo la chiave del pazzo, del pagliaccio e cosi' nelle commedie dei nostri autori del Cinquecento. Ruzzante e' gia' di per se' un clown... pensiamo ai suoi discorsi sulla guerra... e se vogliamo fare un salto mortale sempre parlando di guerra, torniamo sino agli autori delle commedie greche letteralmente invase di clown. Pensiamo alla "Pace" di Aristofane: il clown protagonista conduce gli spettatori alla ricerca della dea della Pace volando su un possente scarabeo-stercorario. Danzando nell'aria, issato su una specie di immaginaria gru, si getta quasi a capofitto sulla platea terrorizzando gli spettatori e provocandoli con insulti e minacce: "Bastardi, cacasotto, che vi fate quattrini e provviste sul sangue e le interiora scaraventate qua e la' a ingrassare i vostri campi!" Insomma, sviluppa una situazione paradossale di accusa: una collana di lazzi provocatori alla volta di personaggi di potere, contornati da ruffiani, poeti d'accatto, intellettuali leccapiedi, cioe' tutta la massa di "paraculi" che portano avanti la logica della vita con ipocrisia da spacciatori di truffalderie.
Tutto questo ci dice che il nostro Presidente e' un profondo ignorante, con tutto che, fatto incredibile, si ritrovi ad essere il piu' importante editore italiano. Nella sua produzione di testi puo' vantare collane ricchissime di opere che trattano del teatro satirico e in particolare proprio dei clown.
A proposito di paradossi, voglio segnalavi il di Franca e mio: i nostri testi da oltre quarant'anni sono editi da Einaudi. Quando abbiamo scoperto che Berlusconi si era comprato la maggioranza delle azioni della nostra Casa Editrice, potete ben immaginare come siamo rimasti.
Berlusconi nostro padrone?! Abbiamo pianto.
L'unica era andarsene, lasciando purtroppo tutti i testi, piu' di cinquanta commedie, nelle sue mani.






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