|
BIBLIOTECA
| |
EDICOLA | |
TEATRO | | CINEMA
| | IL
MUSEO | | Il
BAR DI MOE | | LA
CASA DELLA MUSICA |
|
LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
| LA
STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI
LUOGHI | | ARSENALE
| |
L'OSTERIA | | LA
GATTERIA | |
IL PORTO DEI RAGAZZI |
DARIO
FO e FRANCA RAME |
||
Le prime pagine dell'autobiografia di Dario Fo a cura di Franca Rame
I MIEI PRIMI DIECI ANNI DI VITA 12 APRILE 2002 |
Prologo
Quella
che vi propongo non e' la storia della mia vita di attore, autore e
capocomico, ma piuttosto un frammento della mia infanzia. Anzi e'
solo l'inizio, il prologo della mia avventura a partire dal tempo in
cui mai mi sarebbe passato per il cervello che quello del teatrante
sarebbe stato il mio mestiere definitivo.
Ricordo che Bettelheim
pediatra, autore di una rivoluzionaria teoria sulla formazione
caratteriale ed intellettiva degli individui, diceva: "Di un
uomo basta che mi diate i primi sette anni della sua vita, li' c'e'
tutto, il resto tenetevelo pure".
Io ho voluto esagerare: ve
ne offro dieci piu' qualche puntata verso la maturita'... credetemi,
e' gia' fin troppo!
Dio:
capo dei Capostazione.
Tutto dipende da dove sei nato, diceva un grande saggio. E, per
quanto mi riguarda, forse il saggio ci ha proprio azzeccato.
Tanto
per cominciare, io devo dire grazie a mia madre, che ha scelto di
partorirmi a San Giano, quasi a ridosso del Lago Maggiore. Sotto la
rocca si son scoperti reperti di un tempio romano dedicato a Giano
bifronte, dio della guerra, ma guarda caso grande protettore dei
fabulatores comicos. In verita' non e' stata mia madre a scegliere,
ma le Ferrovie dello Stato che hanno deciso di spedire mio padre a
prestare servizio in quella stazione. Si', mio padre era un
capostazione, se pure avventizio. La fermata di San Giano era cosi'
poco importante che spesso i macchinisti la sorpassavano senza manco
accorgersene. Tanto che un giorno un viaggiatore, stanco di
ritrovarsi scaricato alla fermata seguente, ha tirato il segnale
d'allarme. Il treno si e' ingrippato dopo una lunga frenata
arrestandosi nel bel mezzo di una galleria. Un "merci" che
lo seguiva e' franato addosso al treno bloccato. Non ci sono stati
morti, per miracolo. Solo un ferito grave: il passeggero che aveva
tirato l'allarme; infatti il disgraziato e' stato picchiato da tutti
gli altri viaggiatori, compresa una suora.
Ma con l'arrivo di mio
padre le cose alla stazione di San Giano sono cambiate all'istante.
Felice Fo era uno che destava rispetto e soggezione. Quando si
piazzava con il suo cappello rosso calcato fino agli occhi, ritto
sulla rotaia, brandendo la bandiera da segnale, rossa anche quella, i
treni si fermavano tutti... Tutti gli accelerati, s'intende, e anche
gli omnibus... che poi in totale erano quattro.
Io sono venuto al
mondo fra un omnibus ed un "merci", in quella fermata
sussidiaria a quattro passi dal lago (Antelacus, e' scritto su un
reperto romano). Erano le sette del mattino quando mi sono deciso a
far capolino fra le gambe di mia madre. La donna che fungeva da
levatrice mi ha tirato fuori e sollevato come fossi un pollo, per i
piedi. Poi velocissima, mi ha assestato una gran pacca sulle
natiche... ho urlato come un segnale d'allarme. In quell'istante
transitava l'omnibus delle sei e mezza... che era naturalmente in
ritardo. Mia madre ha sempre giurato che il mio vagito aveva superato
di gran lunga il fischio della locomotiva.
Dunque io ho visto la
luce a San Giano per decisione unica delle Ferrovie dello Stato, ma
li' son nato solo per l'anagrafe.
In verita', per quanto mi
riguarda sono venuto al mondo e ho preso coscienza a 30-40 chilometri
un po' piu' in su, lungo la costa del Lago, a Pino Tronzano e qualche
anno dopo a Porto Valtravaglia, sulla sponda magra del lago Maggiore.
Entrambi sono stati i miei "paesi delle meraviglie". I
luoghi che mi hanno scatenato le fantasie piu' pazze e hanno
determinato ogni mia scelta futura. Il trasloco di tutta la famiglia
era stato un'altra volta deciso dalla direzione delle
EFFE-EFFE-ESSE-ESSE, compartimento di Milano.
Milano! Mi ricordo
che la prima volta che ci sono andato e' stato con mio padre. Ero
molto piccolo e lui doveva andarci per sostenere un esame da
movimentista, sperava di venir promosso capostazione di seconda
classe, livello C. Ma perche' farsi accompagnare in quel viaggio da
me, un bambino cosi' piccolo? Ho sempre sospettato che mi volesse con
se' per scaramanzia. Tutti in casa, compresi i parenti acquisiti,
erano convinti che io portassi una fortuna sfacciata. Infatti io ero
nato con la camicia, come si dice, cioe' ero uscito tutto avvolto
nella placenta di mia madre. Un segnale mitico di buon
auspicio.
Arrivati a Milano, poco prima di entrare nel grande
hangar della Stazione Centrale, il treno ha cominciato a rallentare
vistosamente... procedeva a passo d'uomo. Papa' Felice - pa' Fo, come
lo chiamava mia madre - ha abbassato il finestrino e mi ha fatto
sporgere fino a mezzo busto "Guarda lassu'" e mi indicava
un ponte altissimo issato su centine d'acciaio, sotto il quale
transitavano tutti i convogli. Una enorme passerella zeppa di fari
puntati in ogni direzione. Una serie di cabine di vetro, illuminate
da lampade fortissime e colorate. Quella macchina fantastica era
sorretta da piloni giganteschi.
"Cos'e'?""E' il
centro operativo da dove si comanda il movimento di tutti i treni,
compresi gli scambi e i semafori."
In quel momento ero
convinto: dentro quelle cabine di vetro, splendenti di luci, ci
doveva essere di sicuro Dio, con tutti i Santi dei capostazione. Non
avevo dubbi: il Padreterno non era altro che il direttore generale
delle FF.SS. Era lui che organizzava tutto il movimento dei
ferrovieri, lo spostarsi dei treni, progettava macchine e la nascita
dei figli dei capostazione!
Ma torniamo al nostro trasloco da San
Giano a Pino Tronzano.
Nel primo trasloco dalla stazione di San
Giano a quella di Pino, alla frontiera con la Svizzera, tutti i
mobili della famiglia erano stati caricati su un vagone merci. Il
viaggio non durava piu' di un'ora e mezza. Mi aveva fatto molta
impressione veder smontare i letti e gli armadi. Credevo li stessero
spaccando a pezzi e cosi' sono scoppiato in un pianto disperato. Mio
padre mi aveva subito tranquillizzato: "Vedrai che appena
arrivati, li rimetteremo insieme!"
Ahime', nel caricare "la
roba", la stufa di ghisa si era rovesciata dal vagone e si era
sfasciata... mia madre ha mandato un urlo straziante. Io l'ho presa
per mano e l'ho confortata: "Tranquilla, come arriviamo, il
papa' ri-incolla tutto!"
Oh, antica fiducia nei padri!
Il
vagone era stato agganciato al treno sul quale anche noi si era
saliti. Quindi, come siamo arrivati a Pino Tronzano, hanno staccato
il nostro vagone merci e aiutati da due facchini, mio padre e mia
madre hanno cominciato a scaricare i pezzi da rimontare.
Io ero
letteralmente affascinato da quel posto: la stazione era piu' grande
di quella dov'ero nato... noi si abitava sopra, al primo piano.
Un
centinaio di metri piu' sotto, a picco, c'era il lago.
Alle
spalle montava una parete rocciosa, dentro la quale era scavata una
strada che, disegnando un gran numero di tourniche', saliva fino al
paese: una cinquantina di case abbarbicate quasi una sull'altra come
in un bassorilievo della Colonna Traiana. C'era una torre antica, un
campanile con sotto la pieve e un gran palazzo che ospitava il
Municipio, la scuola e pure il pronto soccorso.
I facchini
e i miei non avevano ancora terminato lo scarico ed ecco che arriva
il prete: veniva a darci il benvenuto e a benedire la casa con le
pareti intonacate di fresco. Con lui c'era un chierichetto che mi ha
portato subito a vedere dove, dietro la stazione, si trovava un gran
recinto con alberi da frutto e molto terreno coltivato; c'era anche
un pollaio con un fracco di galline e delle gabbie basse con dentro i
conigli. Il capostazione che c'era prima di noi, non potendo
portarseli tutti con se', ne aveva lasciati gran parte in regalo ai
nuovi arrivati che eravamo proprio noi... oh, grazie!
Il
cantoniere guardia scambi, cioe' l'assistente di mio padre, ci
avvertiva che purtroppo galline e conigli ogni tanto riuscivano a
scappare fuori dal recinto, cosicche' immancabilmente qualcuno di
loro finiva sulle rotaie, proprio mentre arrivavano i treni. Ad ogni
modo, le povere vittime ferroviarie - o almeno le loro appetitose
spoglie - erano quasi sempre "recuperabili": bastava
decidere per lo spezzatino in umido, cosi' nessuno s'accorgeva della
gran tranciata. Devo dire che raramente in casa nostra si riusciva a
cucinare un pollo o un coniglio intero!
|
MOTORI
DI RICERCA | UFFICIO
INFORMAZIONI | LA
POSTA | CHAT
| SMS
gratis | LINK
TO LINK!
|
LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing
List | Forum | Newsletter | Il
libro degli ospiti | ARCHIVIO
| LA
POESIA DEL FARO|