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La crisi Fiat e la sindrome dalla macchina da scrivere |
Pare che
l'azienda del signor Agnelli sia in crisi. Diciamo pare perche' il
vecchio Re non e' nuovo al piagnisteo. C'e' chi sospetta che la sua
strategia sia di assumere quando il mercato e' eccitato e usare i
fondi pubblici della cassa integrazione appena le vendite calano.
Ma
c'e' chi sostiene che questa volta la Fiat si trovi in una seria
crisi reale.
In effetti il signor Agnelli potrebbe essere
l'ennesima vittima della sindrome delle macchine da scrivere. Anni fa
se ne vendevano a milioni. Poi sono arrivati i computer e tutte le
aziende che non si sono adeguate in tempo sono scomparse. Milioni di
macchine da scrivere buttate nella pattumiera del mercato. Anche
volendo comprarne una oggi avreste dei problemi a trovarla.
La
politica commerciale della Fiat, in questi 50 anni, e' stata piu'
conservatrice dei governi democristiani che l'Avvocato appoggiava.
Ad
esempio da 30 anni la Fiat vende in Brasile auto che vanno a alcol
metilico ma si e' guardata bene dall'importare l'uso di questo
carburante economico e molto meno inquinante, in Italia. L'Avvocato
non ha a cuore la salute degli italiani?
Gia' negli anni '80 Fiat
aveva in mano il Totem, una fantastica invenzione. Si tratta di un
motore, che si puo' alimentare anche a alcol metilico, che produce
elettricita' e calore. D'estate si puo' collegare a un refrigeratore
per produrre freddo. Un marchingegno in grado di far risparmiare
almeno il 30% delle spese per il combustibile e di salvaguardare
l'ambiente (oltretutto se si usa il gas per produrre elettricita' si
paga l'Iva al 10%, se si produce solo calore l'Iva e' al 20%).
Ma
assurdamente non e' stato fatto quasi nulla per imporre questo
prodotto innovativo sul mercato. Il management Fiat aveva progettato
l'auto elettrica annunciando grandi investimenti all'Alfa Romeo di
Arese ma poi tutto fu lasciato cadere. Intanto Volkswagen ha
sperimentato il riciclaggio delle auto demolite (cioe' il totale
recupero di tutti i materiali utilizzati per costruire l'auto) e
motori a basso consumo alimentati con biodiesel, Mercedes e Ford
hanno cominciato a costruire su larga scala l'auto a idrogeno (che
esisteva gia' negli anni '70), Toyota ha sviluppato la produzione di
auto ibride benzina-elettricita' in catena di montaggio, imballaggi
riutilizzabili in alluminio e carrozzerie super semplificate, la
francese Mdi ha realizzato il motore a aria compressa. Al salone di
Chicago del '96 veniva presentata la AFS-20 una berlina a batterie
cinetiche (dischi di metallo che ruotano a altissima velocita' dentro
cilindri sottovuoto, senza toccarsi tra di loro e senza toccare il
cilindro, grazie alla forza respingente di particolari magneti). Ma
certe diavolerie non hanno mai scalfito la titanica prudenza
dell'Avvocato. Fiat, religiosamente fedele al petrolio e ai motori ad
alto consumo, restava cosi' indietro con investimenti limitati nella
ricerca, pur incassando sovvenzioni statali di centinaia di miliardi
per sviluppare le innovazioni. Il dibattito che si sta svolgendo in
questi giorni sulla crisi della Fiat e di altre case
automobilistiche, e' tutto incentrato sul marketing: la capacita' di
cogliere i gusti e le mode, azzeccando il modello piu' gradevole per
la clientela. Ma e' un falso problema. Se ricerchiamo ragioni piu'
allargate ecco che rispunta la cosiddetta sindrome delle macchine da
scrivere. Gia' cinque anni fa alcuni ricercatori fecero previsioni a
breve termine tragiche sul destino dei motori diesel e a benzina,
vaticinando, appunto, per le auto tradizionali, un disastro del tutto
analogo a quello che cancello' dal mercato l'esistenza della macchine
da scrivere. Ancora molti non si rendono conto che milioni di persone
non trovano piu' accettabile il traffico convulso, l'inquinamento,
l'aumento dell'anidride carbonica, l'effetto serra, le guerre e le
dittature legate al potere del petrolio. Non riescono a immaginare
che queste auto pesanti, difficilmente riciclabili, poco sicure e
molto rumorose possano diventare rapidamente una curiosita' del
passato.
Dario Fo, Franca Rame, Jacopo Fo
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