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Il nuovo pacifismo puo' farsi capire |
Repubblica,
che e' un giornale progressista, ha realizzato un sondaggio
dal quale risulta che il 48% dei lettori dell'edizione telematica
sono
sempre stati contrari ai bombardamenti, il 48% sono sempre
stati
favorevoli, il 4% erano favorevoli ma, visto quel che sta
succedendo,
hanno cambiato idea. Come risultato non e'
eccezionale.
Chiunque si sia trovato a discutere sulla guerra ha
sperimentato quanto
sia difficile spiegare le ragioni del
pacifismo. Ci siamo trovati a Firenze,
alla presentazione del
libro "Operazione Pace" a intavolare una
discussione
con alcuni sostenitori dell'intervento. La discussione ha
rischiato
di degenerare in una rissa verbale ma, alla fine, siamo riusciti a
trovare con questi interlocutori un accordo.
E' stata
un'esperienza molto interessante, ci ha permesso di comprendere
perche' le posizioni pacifiste, cosi' come normalmente vengono
espresse,
risultino incomprensibili a molte persone. Vogliamo
parlarvene perche'
oggi molto dipende dalla capacita' di
intavolare un dialogo con chi
sostiene la politica dei
bombardamenti di Bush.
C'e'
una profonda incomprensione di fondo.
Il rifiuto delle nostre
posizioni e' a priore e ha una ragione storica.
In Italia le
ragioni della pace sono state troppo spesso usate in maniera
utilitaristica e a senso unico, dalla sinistra.
E'
indiscutibile il fatto che si organizzarono molte piu' manifestazioni
per
il Vietnam che per la Cecoslovacchia. Cosi' come si
protestava con
veemenza contro le violazioni dei diritti umani in
Grecia, molto meno per
quelle in Unione
Sovietica.
Automaticamente si accomunano le nostre posizioni di
oggi con
l'antiamericanismo atavico della sinistra di ieri.
Al
tempo dell'invasione della Cecoslovacchia ci furono molti
intellettuali
di sinistra che protestarono, noi ad esempio
ritirammo il diritto di
rappresentare i nostri testi in Urss ma
sono iniziative che quasi nessuno
conosce. Quindi e' importante
chiarire innanzi tutto che non abbiamo
contro gli Stati Uniti ma
con chiunque pratichi la filosofia del fine che
giustifica i
mezzi.
Ed e' importante chiarire che la nostra opposizione a
questa filosofia si
basa su esperienze concrete. Il potere di
criminali
come Saddam o Bin Laden e' proprio l'effetto collaterale
di questo modo
di pensare.
Anni fa gli Stati Uniti usarono e
finanziarono Saddam e i Talebani per
combattere i propri nemici,
oggi, con la stessa spregiudicatezza, ci si allea
con alcuni
signori della guerra e regimi criminali pur di abbattere i
Talebani.
Questa e' la classica politica che determina
immancabilmente un
irreversibile clima di instabilita' e alimenta
il terrorismo di domani.
Perche' l'Occidente non sostiene con
forza i diritti umani nei paesi arabi?
Perche' invece di condurre
una battaglia per la democrazia in Cina ci si
va a tenere la' le
Olimpiadi?
Siamo coscienti che questo nostro modo di pensare e'
relativamente
nuovo. Ma gia' il rifiuto del fine che giustifica i
mezzi ha creato una
piccola rivoluzione. Durante le giornate di
Genova e' successo qualche
cosa che mai era accaduto prima. Piu'
volte alcuni agenti isolati e
circondati da Black Block e
violenti sono stati salvati dall'intervento di
gruppi di
manifestanti pacifisti che hanno fatto muro per proteggerli. E
piu'
volte gruppi di agenti sono arrivati a scontrarsi con loro colleghi
per
impedire che continuassero i pestaggi isterici sui
dimostranti arrestati. Di
questi episodi si e' parlato pochissimo
ma questo non diminuisce la loro
importanza. Segnalano
l'esistenza di una cultura della pace che nega nei
fatti, nel
fuoco dello scontro, di accettare che non vengano rispettati i
fondamenti della morale e della pieta'.
Non si picchiano i
prigionieri!
E' stata, da entrambe le parte una rottura della
logica del fine che
giustifica i mezzi, del "Il nemico del
mio nemico e' mio amico". La
sostituzione con un'altra
logica che tende a superare le contrapposizioni:
sono alleato di
tutti coloro che non vogliono che persone ridotte
all'impotenza
vengano massacrate di botte. Il fatto che un pugno di
persone
dotate di senso morale siano riuscite ad arginare la brutalita' a
Genova, seppur in casi circoscritti, ha segnato la nascita di un
patto di
civilta' che non potra' che crescere in futuro.
E
questo patto di civilta' dovrebbe essere esteso alla politica
internazionale. Non si possono fare alleanze di nessun tipo con
chi uccide
e tortura gli oppositori politici. Solo se la
democrazia e i diritti umani e
sociali saranno considerati una
pregiudiziale assoluta di qualsiasi rapporto
internazionale
potremo sperare in futuro di cancellare il terrorismo.
Chiarita
questa questione pregiudiziale, e' poi indispensabile chiedere se
si
ritenga veramente efficace la tecnica dei bombardamenti.
Crediamo
che qualsiasi persona di buon senso possa immaginare che un
miliardario come Bin Laden in questo momento se ne stia il piu'
lontano
possibile dagli scontri.
Il terrorismo non e'
costituito da forze regolari, chiaramente individuabili.
Dobbiamo
battere singoli gruppi composti di 2-3 persone che agiscono
clandestinamente. Il grosso dei terroristi e' da tempo nascosto
in Usa e in
Europa. Possiamo sterminare tutti gli Afgani e tutti
gli uomini di Bin
Laden in Afghanistan senza incidere minimamente
sulla capacita'
offensiva di questa organizzazione. Da quel che
si sa, non c'era neppure
un afgano tra i dirottatori degli aerei,
l'11 settembre.
I piu' quotati teorici della guerra al terrorismo
insistono nell'avvertire che
non ha senso mettersi a menare colpi
all'impazzata. Agendo cosi' l'unico
risultato che si ottiene e'
quello di creare altre vittime innocenti e di dare
forza alle
teorie pazzesche di Bin Laden che teorizza una grande dittatura
fondamentalista planetaria.
Si arriva a questo punto a una
domanda: "Ma allora voi che soluzioni
proponete?"
Il
movimento pacifista alcune iniziative urgenti in effetti le ha
proposte.
Prima di tutte l'abolizione di ogni segreto bancario e
dei paradisi fiscali
che garantiscono ai terroristi finanziamenti
occulti e la possibilita' di
ottenere enormi cifre di denaro
utilizzando il terrore per drogare le
quotazioni azionarie e
speculare in borsa.
Agire sul segreto bancario avrebbe permesso
anche di colpire realmente il
traffico di oppio afgano che
garantisce ai Talebani enormi mezzi
economici grazie al
riciclaggio dei narcodollari.
Si sarebbe ottenuto un risultato
certamente concreto mentre con i
bombardamenti non si risolve
niente e, anzi, si rischia di innescare
reazioni a catena
imprevedibili e pericolosissime. Non dimentichiamo che
l'Onu ha
avvertito che 7 milioni di profughi rischiano di morire di fame e
malattie nei prossimi mesi.
Ma
non possiamo certo dire che l'abolizione del segreto bancario
stroncherebbe il terrorismo in 30 giorni. Ma di certo produrrebbe
un
colpo di gran lunga piu' efficace dei bombardamenti
intelligenti di questa
guerra che si ha la sfacciataggine
grottesca di chiamare "umanitaria"
perche' insieme alle
bombe si lanciano pacchi di cibo e medicinali.
Il problema
terrorismo ha proporzioni enormi.
E bisogna iniziare a comprendere
profondamente da dove nasce e cos'e'.
Leggete le lettere di Bin
Laden: parla delle sofferenze dei poveri, delle
violenze subite
dal popolo irakeno e palestinese per reclutare kamikaze
ma ha
tutto l'interesse a provocare maggiori sofferenze al popolo. Lui
pensa che piu' il popolo soffre e piu' kamikaze trovera', magari
tra i
giovani annoiati dell'aristocrazia mussulmana in cerca di
redenzione.
Nel 1977 ci fu a Roma un corteo con 100 mila persone.
In piazza Venezia
il corteo sfilava e sul lato, tra la polizia
schierata e il corteo, una decina di
giovani stavano in
ginocchio, ad alcuni metri di distanza l'uno dall'altro.
Tenevano
con ostentazione la mano sotto la giacca per segnalare che
erano
pronti a estrarre le pistole.
Chiaramente se la polizia avesse
cercato di colpirli avrebbe fatto una
strage di manifestanti
pacifici che sfilavano dietro alla linea dei terroristi.
E le
forze dell'ordine quel giorno dimostrarono grande buon senso
rinunciando a ingaggiare una sparatoria.
Questa e' la
strategia dei terroristi: farsi scudo della gente. Dicono di
lottare
per il benessere del popolo ma tanta piu' gente muore tanto piu' i
loro affari vanno bene.
E per questo la politica dei
bombardamenti e del creare disperati e
terrorizzati che fuggono a
milioni verso una quasi certa morte per inedia,
e' un errore
madornale: non colpisce i terroristi, li aiuta.
Se vogliamo
sgominare il terrorismo dobbiamo ingaggiare una lotta senza
quartiere contro le ingiustizie delle quali il terrorismo si
alimenta. Il
terrorismo non e' una minaccia ineluttabile che non
ha cause. In Irlanda
la miseria degli inizi del secolo, che
porto' milioni di irlandesi a emigrare,
permise al germe del
terrorismo di insediarsi nel tessuto sociale. Nei paesi
Baschi
furono i decenni della dittatura franchista a creare la piaga della
violenza che nutri' il terrore.
Fino a che i 500 uomini piu'
ricchi del mondo possiederanno quanto un
miliardo e mezzo di
pezzenti e fino a che 36 mila bambini continueranno
a morire ogni
giorno per mancanza di cibo e medicine, il terrorismo avra'
piaghe
da infettare.
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