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Il mio primo maggio |
Sul Primo Maggio il Liga c'ha scritto su un intero capitolo compreso nel suo libro Fuori e dentro al borgo, memorie in forma di racconto popolare, storie del paesino in cui il rocker da stadi in delirio è nato e cresciuto. Quella Correggio della festa dell'Unità, da cui il nostro ci parla da fratello maggiore, anche oggi dopo i milioni di dischi venduti, con la stessa capacità, volutamente adolescenziale, di metterci una mano sulla spalla, narrarci i bei tempi che furono e sperare nel futuro. Ho la fortuna ci dice al telefono di poter raccontare le cose che mi stanno a cuore. C'è una canzone in particolare nel mio nuovo disco dove auspico un mondo nuovo, pur in un momento come questo dove di motivi per ridere ce ne sono davvero pochi. Parla del fatto che crescere troppo ti porta via la possibilità di fare grandi sogni. Preferisco passare come uno che indulge sull'adolescenza, proprio perché voglio ancora pensare alla possibilità di un mondo migliore, basato sugli ideali politici con i quali sono cresciuto. Nel film (Da zero a dieci, ndr), lo faccio anche dire ad uno dei ragazzi citando Oscar Wilde: essere immaturi significa essere perfetti. Non credo ad una visione così estrema, ma voglio la possibilità di poter sperare. Stavolta, quel palco che dalla sua prima volta nel 1991 l'ha visto protagonista per ben quattro anni, sentirà la sua mancanza, ma con il cuore ci sarà: E' una festa che onoro sempre e conosco bene, come conosco bene il lavoro. Oggi faccio un po' fatica a definire il mio un lavoro, fare musica e girare i film è qualcosa che va oltre. Ma la pagnotta me la sono dovuta guadagnare anch'io in passato: ho fatto il metalmeccanico, il ragioniere, il bracciante in campagna. Oggi per me questa rimane una festa importante. Importante come la speranza, che è uno dei temi di Fuori come va?, l'ultima fatica di Ligabue, e anche del suo ultimo film che sta per volare a Cannes, fuori concorso, e la speranza è anche quella che così tante persone ripongono in lui, o almeno nel simbolo che rappresenta. Una bella responsabilità: Diciamocelo chiaramente: è una bella rogna. Fare il cantante non significa avere delle risposte per la vita degli altri. Quando ho scritto il mio primo disco l'ho fatto in maniera del tutto incosciente, senza pensare a quello che poteva capitare. Subito dopo ho visto gli effetti che producono le canzoni. Ma ho anche capito che se dovessi scrivere pensandoci non ci riuscirei. Allora mi limito a fare in modo che il mio messaggio non susciti ambiguità. Già, ma qual è il messaggio di Ligabue? Che la vita non è una festa tutti i giorni, tutto il giorno come ti promettono da bambini e che nel tempo bisogna imparare a godere dei momenti che la vita riesce a godere dei momenti che la vita riesce a regalarci piuttosto che distrarsi continuamente pensando con ansia al futuro. Questa è la nostra più grossa fregatura, l'ha detto anche anche Lennon: la vita è quella cosa che ti scappa dalle mani mentre la stai progettando. Io sono che ha capito per esperienza, per quello che mi è capitato e perché non sono più giovanissimo, che è importante riuscire a ricordarsi dei doni che abbiamo a disposizione, e non lamentarsi mai troppo del brodo grasso. Ma le aspettative che crea un personaggio come Ligabue sono tante (La popolarità ti isola, racconta), e le mistificazioni altrettanto, proprio per questo non ama parlare di politica: Quando realizzammo Il mio nome è mai più con Jovanotti e Pelù, vennero fuori varie polemiche, anche da certa sinistra. Credo che far polemiche faccia vendere più copie. Eppure quello era un progetto chiarissimo: tutti i fondi andarono a progetti ben precisi, anche i diritti Siae, e non era mai successo. Era una cosa destinata a far chiasso, l'ho capito facendolo. In quel caso feci una scelta molto chiara perché si sa, voto a sinistra da sempre, dunque il pacifismo nel mio mondo è un valore assoluto. Ho sempre pensato che quando non si riesce a risolvere un problema con il dialogo, dobbiamo renderci conto che siamo di fronte all'ennesima sconfitta umana. C'è stato un momento in cui avevamo una guerra a 300 chilometri da noi e dissi: scusate io sono un pacifista e non accetto l'idea che volete far passare i pacifisti come dei coglioni con la scusa che non sono in contatto con la realtà. E invece no, sono uno che adesso vi dice che come questa ce ne sono altre 51 di guerre in giro, ve le metto tutte nel libretto allegato al cd e realizzo progetti concreti, come è stato quello di far costruire un ospedale in Afghanistan. Da allora non ha più fatto canzoni politiche, almeno non così esplicite, ed è stata una scelta: Lo scorso anno ho letto un'intervista al papà di tutti noi, che è Dylan. Diceva che oggi non ha più senso scrivere di sociale o di politica per un motivo molto semplice: tutti oggi lo fanno, giornali, Internet, televisioni. E' il punto di vista di chi fa musica perde di forza e significato. Personalmente credo che con la canzone si possano fare tantissime cose, è difficile però rendere interessante la tua opinione sull'Afghanistan fatta dal salotto di casa tua. Devi essere là, vivere quelle cose e poi raccontarle con cognizione di causa. Non farle passare attraverso il filtro di un servizio televisivo che non è sempre oggettivo, e destinarle a chi è seduto in poltrona. La stessa Il mio nome è mai più, cominciava con l'esposizione di alcuni dubbi. Era una canzone che parlava delle sensazioni di una persona che non capisce come stanno andando le cose, diceva: non so se è una questione di etnia, economia o solo pazzia, Per me è difficile sapere quali sono le logiche dietro a ogni guerra, quello che so è che non c'è mai nessuno che abbia ragione. Eppure anche questo disco parla di temi forti, pur facendolo nella forma della ballata di cui è ormai diventato esperto, ma anche su canzoni rock più tirate: Per me è importante che le canzoni abbiano la loro leggerezza, e altrettanto importante che riescano a trasmettere un senso di speranza. C'è un pezzo nuovo dove si dice una cosa forte, la mia idea che ognuno di noi sia un tossico, che viva una forma di dipendenza pesante non meno della droga. Dipendenza da sogni, idee, amore, sesso, affetto. Ma parla anche di argomenti legati ad un disagio spirituale, credo comune a molti. In Tu che conosci il cielo, ad esempio, parlo di quanto sia difficile potersi sentire rappresentati da una religione basata sul timore di Dio, sul senso di espiazione e di colpa. Silvia Boschero L'UNITA' - 01/05/2002 |
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