Tanti
lo ricordano dagli anni 70 per canzoni come Vecchia
piccola borghesia, Michelle, Ho visto anche
degli zingari felici. Però non si è mai fermato
e ora un piccolo libro, un centinaio di pagine, uscito nella
collana Eretica di Stampa Alternativa,
ci propone una nuova visuale su un cantautore come Claudio Lolli,
che venerdì sera era in concerto a Roma: quello della
poesia. Il titolo Rumore rosa si riferisce alle frequenze
artificiali che i tecnici del suono usano per equalizzare gli
impianti prima dei concerti. È un silenzio-non silenzio,
un fruscìo che sta fra il suono e il suo opposto, tema che
si affaccia spesso nelle poesie di questo libro. Il
silenzio - ci spiega l'autore - è
autoconsapevolezza quando tutto il resto intorno è fruscio
disturbante. Si può leggere anche come una forma di
antagonismo, in un mondo assai rumoroso come il nostro. Il rumore
rosa invece è un fruscio che serve a creare ordine nei
suoni e mi sembrava una metafora interessante.
Il
libro è di poesie, ma c'è anche il cd allegato che
trasforma alcune in quasi canzoni...
Proprio
canzoni no, ce ne sono una decina tratte dal libro con un
sottofondo musicale originale curato da Paolo Capodacqua, il
chitarrista con cui lavoro. La musica è più che
altro un'ambientazione sonora sulla quale leggo. Stampa
Alternativa voleva un supporto fonografico ed è stata
l'occasione per divertirsi e fare un esperimento, ma i testi
nascono come poesie.
Che
tipo di sensazione dà affrontare le parole senza pensarle
in funzione delle canzoni?
La
prima sensazione è di irresponsabilità, l'altra è
di grande libertà e piacevolezza. È stato molto
bello scrivere senza dover pensare a nessun arrangiamento,
nessuna melodia o modulazione armonica. Comunque nei testi rimane
una musicalità naturale.
Claudio
Lolli cantautore, poeta, ma anche professore di liceo: come vede
i giovanissimi da dietro la cattedra, uno le cui canzoni hanno
accompagnato la giovinezza di un'altra generazione, molto
diversa?
Paragonare
generazioni diverse è un errore in cui non bisogna cadere;
cerco di osservare il loro modo di stare al mondo che spesso è
molto acquiescente, ma nasconde un disagio profondo che i ragazzi
hanno difficoltà ad esprimere per mancanza di strumenti
adeguati. C'è un certo straniamento, una tendenza a non
considerare valido il messaggio culturale perché negato da
altri agenti formativi con cui i ragazzi sono in contatto. Non
hanno abitudini di collettività, di istruzione, di studio
che a me hanno dato molto, però avranno altri linguaggi
che io forse non conosco. Li osservo con partecipazione e
tenerezza, anche come padre, benché i miei figli siano
anche troppo vivaci.
Essere
un cantautore fornisce qualche punto in più con i ragazzi
rispetto ai colleghi?
Di
sicuro il fatto che io non sia solo il professore,
che loro sappiano che esisto anche fuori dalla scuola, aiuta.
Così come io, a mia volta, so che loro non sono solo gli
studenti e questo ci accomuna. Ho persino qualche pazzo che
ascolta la mia musica e mi segue come artista.
Attualmente
lei sta portando in giro un recital nel quale viene presentato il
libro, per poi proseguire con il concerto vero e proprio.
Sì,
ma ci sono anche degli spazi di improvvisazione, di racconto. Ci
sono canzoni vecchie e nuove, alcune inedite e altre molto
datate.
I
vecchi successi possono diventare una sorta di incubo per un
artista?
Un
incubo forse è troppo, ma cerco di non fare una cosa
canonica, una sorta di sacra rappresentazione, anche
perché ho continuato a scrivere e anche se sono conscio
che la gente conosce meno la mia produzione dopo il '76, io
quelle canzoni le canto lo stesso. Faccio alcuni vecchi brani
perché hanno attinenza con quello che sto cercando di
dire, di raccontare in quel momento. Però l'affetto del
pubblico ti fa capire che sei entrato in qualche modo nella loro
vita ed è gratificante.
Ci
sono canzoni nuove in lavorazione?
Un
album che dovrei registrare in estate.
Dal
2000 lei incide per una piccola etichetta indipendente, la
Storie di note, molto attenta alla musica d'autore.
L'indipendenza è anche uno stimolo artistico?
Ho
fatto moltissimi dischi con la Emi, poi ho trovato nella Storie
di note una passione e un coinvolgimento che con le major non
esistono. Sentire che quello che faccio viene realmente
apprezzato mi consente di essere più sereno, di lavorare
meglio.
Intervista
di Federico Fiume L'UNITA' 16/01/2005
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