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Il diritto all'aria fresca |
Si
muore di caldo. Io sto morendo di caldo. Avessi un ventilatore potrei
in qualche modo cavarmela, ma non ce l'ho. Lo sto cercando da un
mese, ma non se ne trovo; mi sono spinto fino al Mercatone di
Ventimiglia, fino al Discount di Castelnuovo Garfagnana. Avevo un
condizionatore, ma l'ho dato ai miei genitori; vado da loro e li
trovo lì, a leggere e a fare la maglia come davanti a un
caminetto alla rovescia.
La cosa peggiore è che non finisce mai, ne sei soverchiato come da un destino. Introietti l'idea che non ci sia scampo, e quello che hai sempre visto come un fatto fisico, uno svolgersi naturale, benigno o maligno che sia, della meteorologia, diventa un'entità metafisica. Cominci a pensare che sia un castigo, una condanna.
Ritorni l'uomo delle caverne, inerme di fronte alla natura, abbacinato dalla tua impotenza. Guardi il cielo e vedi passare da giorni, da settimane, nuvole nere che hai sempre visto scaricare pioggia e che ora non lo faranno. Lo sai già: passano e se ne vanno lasciando una calura ancora più maligna. E' questo quello che ti fiacca di più: l'idea che forse finirai prima tu dell'estate; che tutto questo durerà in eterno. Che quel romanzo di fantascienza che ti ha fatto rabbrividire di sgomento piacere adesso è la tua realtà: ci sei finito dentro. E non provi alcun piacere. Come non trovi nessun conforto quando pensi che sapevi. Che sono dieci anni che ti stanno spiegando come si sono messe le cose sul pianeta Terra; che ti raccontano cosa sarebbe successo, cosa succederà. E ti sei pure infuriato con chi non firma il protocollo di Kyoto.
Sto morendo di caldo, ma so che alla fine mi salverò. Non ho un ventilatore, ma ho altre risorse. Fra tre giorni me ne andrò in montagna, a duemila metri, e da lì mi sarà più facile pensare che alla fine arriveranno i temporali, e poi l'autunno, e l'inverno. O quello che stanno per diventare le stagioni. Mai quando le cose si mettono davvero male capisci cosa significa avere delle risorse: chi ce le ha si salva, chi non ce le ha crepa. Questa è la differenza, semplice.
Mio padre non lo sa; mio padre borbotta attorno al condizionatore che ha fatto la guerra d'Africa, che lui si sente umiliato a stare appresso a quella macchina. Ma se non ce l'avesse sarebbe già finito all'ospedale. Una crisi come il vicino, come la madre di Elisa, come migliaia di suoi coetanei. E se al pronto soccorso avessero deciso per neurologia, facile che sarebbe già morto. A neurologia alla Spezia per venti giorni i condizionatori sono stati in panne. Venti giorni per una riparazione; quanti moduli sono stati riempiti, quante pratiche avviate alla firma, lasciate a riposare e poi inoltrate a chi di dovere, per far aggiustare un condizionatore? Per quello che ne so negli altri reparti magari non c'è nemmeno l'aria condizionata, ma sono pronto a scommetterci che non manca negli uffici dei direttori, dei manager, di quelli che ci hanno lasciato la pelle in quei giorni potrebbero essere vivi? E chi lo sa? Ci si mette un secondo a fare la cartellina di un vecchio che è morto. Quanti ne sono morti in questi giorni negli ospedali, negli ospizi, di uomini e di donne senza risorse? Come fai a dirlo, chi è vecchio muore già di suo. Sì, ma prova a dargli un po' d'aria fresca e vediamo se non ce la fa a superare la crisi d'asma. Solo che sono pochi i vecchi che hanno risorse, che possono permettersi un po' d'aria fresca. Non certo quelli affidati alla pubblica carità, lasciati a soffocare nei lazzaretti. Aria fresca capite? Manteniamo un sistema assistenziale che non può o non sa garantire aria respirabile agli assistiti. Ti dicono che il caldo è eccezionale e non potevano prevederlo. Bugiardi, lo sapevo io da un anno, per questo ho comprato un condizionatore, perché non lo sanno loro? In ministro Sirchia è d'accordo con me: era prevedibile, chi di dovere poteva pensarci per tempo. Mi chiedo se ha pensato questa primavera il ministro a sincerarsi se chi di dovere aveva provveduto. Immagino che non fosse obbligato a farlo, ma come sarebbe bello, un giorno, sapere che chi ne ha la responsabilità si cura di noi. In Francia, dove l'idea di cura dei cittadini deve essere più sviluppata, il governo rischia di cadere per i morti negli ospedali. Voglio vedere da noi quanti direttori sanitari e amministratori cadranno per i nostri morti. Che sono stati vivi fino a ieri, ma senza risorse per salvarsi da un'ondata di caldo. Tale e quale centomila anni or sono.
E' un paese con troppi vecchi il nostro, ma se l'effetto serra farà bene il suo lavoro, tra pochi anni non saranno poi così troppi. E non si muore solo di caldo. E' prevedibile un autunno di sconvolgimenti e un inverno con agghiaccianti sbalzi di temperatura. Come ci stiamo organizzando per chi non ha risorse? Non è detto che siamo obbligati a farlo.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 14/08/2003
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