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Ragazza, non regalare quei tre punti a Mancio |
Una delle peggio cose che possa capitare a un popolo è di trovarsi a scegliere un primo ministro pazzo; la peggio cosa in assoluto è che se ne trovi uno che finga di essere pazzo.
Siccome per grazia di Iddio ci è stata risparmiata sia la prima che la seconda tragedia, possiamo oggi votarci con un po' di serenità all'unica questione veramente drammatica che siamo chiamati ad affrontare. E' una roba pesante, pesante davvero, e se pare che non riguardi tutto il Paese, è perché il Paese non è ancora giunto al grado giusto di maturazione. E comunque, se al momento non ne è coinvolta la nazione intera, lo è una delle sue più importanti comunità: questa. E nel cuore della comunità, la parte a me più cara: la parte doriana.
Per farla breve, domani torna a Genova Mancini. Ahi, che dolore! Mannaggia, quante volte nell'epoca triste avrei voluto avercelo tra ile mani. Con i piedi ben legati, si intende. Mancini mio, l'avessi solo potuto, t'avrei mangiato vivo. Segato i piedi, ficcato nel water. L'epoca triste, mannaggia ancora. Quando il Doria si è squagliato, quando ha rifornito il campionato intero del meglio che aveva. Tu quoque, in primis. Ahi, che dolore. Mi ricordo il '99, che peggio non son mai stato. Disgrazia delle disgrazie, stavo a fare l'emigrante a Roma. Veniva a prendermi un vetturino tutte le mattine per portarmi in una landa di periferia dal nome equivoco di Rai. Il vetturino era laziale, ma laziale che più non si poteva, monomaniacale. Per mesi e mesi, ogni mattina, l'autoradio blindata su una stazione di quelle laziali, che più laziali non si poteva. Speaker e dj con la voce arrocchita dagli slogan disumani, dalle urla belluine, già alle nove di mattina, la famosa alba romana. La Lazio calda di scudetto in gennaio, figuriamoci a marzo, a maggio. Fino all'ultima partita che lo scudetto se l'è cuccato il Milan, per i suoi ben noti meriti sportivi.
Era l'anno di Mancini quello, quello il suo scudetto. Perfetto in campo, ideale nello spogliatoio; come no, a me lo venite a dire? E non c'era mattina che non me lo sentivo sbraitare sul collo nella calda e dolce inflessione laziale della nobile lingua romana. Era l'anno che ce ne siamo andati ai piani di sotto, noi. Ahi, come fa male. E ricordare, allora ricordare il Buonanima che li chiama sul letto di morte. Loro due, i gioielli, i suoi Gracchi, i nostri Gracchi. E dice: prendetevela, fatemi questo piacere, risparmiatemi questo piacere, risparmiatemi l'ultimo dolore. E loro due, loro due...L'altro almeno se n'è andato di là dall'orizzonte, mentre lui invece qui, a farsi gli scudetti a Roma. Capitale infetta, Paese malato. E adesso torna, a prendersi i suoi tre punti, qui.
Che fare? Ci devo pensare. Forse astenermi dalla vista? Forse mettermi in posizione adatta a fargli vedere che piango ancora adesso di rabbia e di dolore? Ci devo pensare ancora un po'. Mah, a dire la verità non è che sono afflitto da tutto questo dolore, adesso che ci penso. E nemmeno, ad essere onesto, che la memoria sia proprio così viva. Ho dovuto telefonare per sapere se era davvero il '99. La vita è grande, succedono le cose, la storia non finisce mai. Posso ricordarmi di avergli voluto bene, ma bene davvero, a Mancini? Perché no? C'è forse qualcosa che non va nel Doria? Visto così non mi pare. C'è qualche rete a Marassi che fa paura a Bazzani? Mi pare proprio di no. Gioca la mia ragazza e la mia ragazza è bella. E è tornata a trovarmi quell'antica, quella delle gioie e dei dolori. Capita nella vita, se la vita non si ferma. Capita, quando si fa viva lei, che se le cose ti si sono messe bene, ti viene naturale di volerle bene. Dì, ti ricordi? Mi ricordo. Era bello, vero? Sì, era bello. E non tocca a te, ma alla tua nuova ragazza farle capire che la storia è lontana, lontana una vita. Che, nel caso, non c'è trippa per gatti, come diceva il mio elegante vetturino laziale. Allora, bambina mia, mi raccomando, mia dolcezza, mi raccomando: vedi di non regalargli quei tre punti, casomai fosse tornato per quelli.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 13/09/2003
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