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MAURIZIO MAGGIANI

L'inganno super partes

Una delle parole più cariche di ipocrisia, più inutili e apatiche di senso che si è inventato l'apparato politico di questo paese per sigillare sotto vuoto spinto la propria inettitudine, è: super partes. L'hanno fabbricata in un afflato bipartisan - altra straordinaria pillolina semantica che in un paio di generazioni, non di più, ci farà tutti più buoni - per proclamare al popolo che c'è dentro la politica un luogo nobile e alto, mondo dalla spazzatura che il volgo subodora ovunque.


Un luogo nobile dove al supremo bene del paese e dell'Universo intero tutto si piega e si conforma. Intendendo che le parti sono ignobili e sopra di esse è necessario ergersi per purificarle e domarle alla ragione suprema. Naturalmente è una presa per i fondelli, anche se fondelli è una parola scialba e desueta che poco rende della forza dell'altra, al momento impronunciabile, parola. Una comunità, qualunque comunità, è fatta di parti che solidarizzano e si contendono. Lo possono fare in modo civile, e la comunità prospera, o incivile e delittuoso e la comunità tracolla e si estingue. Le parti di una comunità sono la sua essenza e ragione. È così dal sesto giorno della Creazione. Chi si erge super partes o si esclude dalle parti, e dunque dalla comunità, o mente. Mente perché il suo disegno è quello di creare una parte, una gilda, una casta, un potere superiore. Da questo punto di vista "super partes" è un concetto squisitamente fascista. Infatti il cavalier Benito Mussolini abrogò le libertà civili in nome di un interesse nazionale super partes. Qui e ora sono i ragionevoli, i moderati, a sviolinarla con il super partes. Non hanno pulsioni orgasmiche fasciste, ma, semplicemente, decretano la loro estraneità dalla comunità. Qualunque sia la vostra opinione sulle ragioni dello sciopero generale di venerdì, è bene accettare il fatto che ha avuto un notevole successo. Ve lo dice uno che ha cercato, inutilmente, di attraversare mezza Italia. Quello sciopero è stato organizzato dalle parti, da alcune assai significative parti della comunità. In contesa, civile, con altre. I lavoratori che hanno scioperato sono stati milioni, tra loro le opinioni sulla politica e su ogni altra cosa della vita sono molteplici. Uniti nello sciopero si divideranno altre volte; ciò che conta, per loro e per la storia, è che hanno saputo trovarsi insieme al momento giusto per cose che ritengono giuste. Questa volta, altre volte in passato e altre in futuro. Il milione di persone che era alla manifestazione contro la guerra di Roma era composto da parti, anche queste assai significative, della comunità. Qualunque sia la vostra opinione in merito alla guerra, non serve negare il successo di quella manifestazione, nemmeno annegandolo nel mesto sguardo di Fassino. Il milione di Roma è composto di molte parti e vale per loro quello che vale per gli scioperanti. Gli uni e gli altri si sono uniti su temi che ritengono fondamentali - c'è qualcosa di più importante della pace e della tutela del lavoro?- e su questi conducono la loro battaglia. Civile. Succederà ancora per altri fondamentali temi della vita comunitaria. Una settimana fa -chi se lo ricorda?- c'è stata una manifestazione a Roma coronata da un tragico colossale insuccesso. Quella contro il terrorismo, organizzata super partes dall'associazione dei comuni d'Italia, la bella associazione super partes universalmente conosciuta e stimata dai cittadini. Quello straordinario insuccesso deve dirci che il paese si sente estraneo alla lotta al terrorismo? No, si sente estraneo alla logica super partes, perché quella logica è estranea alla comunità e alle sue parti. In altri tempi in questo paese si sono tenute molte manifestazioni contro il terrorismo, tutte di grande partecipazione. Ma a organizzarle e dirigerle sono sempre, sempre, state le parti. Le parti più significative, almeno nell'opinione allora universale della società: i sindacati. I sindacati invitavano tutta la comunità a farsi carico del problema del terrorismo e a manifestare, e la comunità ha sempre accettato. Il fallimento dell'ultima manifestazione è il fallimento di un'idea della politica e della comunità e sancisce l'estraneità dell'una dall'altra. Non fossero bastate le loro altre prove, basterebbe questa a costringere all'esilio dalla vita politica gli astuti organizzatori. Che in esilio non andranno perché si sono proclamati esenti dal giudizio del popolo, convinti che la loro missione sia quella di piegarlo alle loro superiori idee circa la vita e la morte e tutto il resto. E non mi sfugge che questa sia soprattutto roba della sinistra, dei suoi alti strateghi, che inter partes non riescono più a sentirsi a loro agio, abbacinati dall'inesprimibile piacere di un paio di anni di potere e di governo che hanno a suo tempo proclamato super partes. Ma di quello nessuno ne ha bisogno: la comunità ha invece bisogno di riconoscersi, di accordarsi se è possibile e di governare le contese, di rendere giusta la convivenza. Ha bisogno che siano innalzate le sue parti migliori e progressive, depresse le peggiori. Questo che la guardiate da sinistra o da destra, ma non sopra le parti.


Maurizio Maggiani- Il Secolo XIX - 28/03/2004


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