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GUARDANDO LE BALENE |
Giuro che non avrei mai
pensato, neppure nei miei sogni adolescenziali, che un giorno avrei
potuto vedere, abbastanza da vicino da poterle solleticare, lo
spettacolo di vere balene selvatiche in mare aperto per 30 euro, meno
di quanto mi costerà oggi vedere una stanca replica di uno
stanco spettacolo in una qualunque delle arene estive posticce.
Naturalmente questo è possibile perché questi grandi
esseri boreali e atlantici, tropicali e oceanici, ce li ho
praticamente sotto casa. Riccardo è un bambino che cresce in
un placido mare casereccio inaspettatamente popolato di balene. E
vuoto di acciughe, e di pesci spada e di molti altri esseri marini a
suo zio assai familiari e domestici. Già, così è
la vita, che non è mai gratis, anche quando gratis
erroneamente, momentaneamente, appare. Nel mare dove le balene hanno
trovato momentaneo rifugio e cibo, le acciughe hanno trovato
l'opportunità della quasi estinzione. Mentre Riccardo ammirava
i giganti marini, il 90 per cento dei pesci di grossa taglia dei mari
del mondo è sparito, annientato dalla pesca selvaggia e dagli
effetti collaterali dello sviluppo economico del pianeta. E così
via. Nessuno ci deve aver fatto caso, ma secondo i dati dell'istituto
di meteorologia di Boston, il più qualificato al mondo, quello
che per noi liguri è stato un aprile mite di una primavera
piuttosto tardiva, per la parte meridionale del globo è stato
l'aprile più caldo della storia. E il magnifico maggio di
incredibili fioriture che abbiamo avuto nel nostro Appennino, è
costato la fame nera per il Madagascar, dove l'intera produzione di
ananas, prima risorsa dell'isola, è andata distrutta da tifoni
e da piogge mai viste in questa stagione di raccolti.
Capricci
dell'effetto serra. Del resto la scorsa estate era toccato a noi
patire l'inferno. Mentre Riccardo si estasiava con le sue balene,
cento ragazzini sono morti bruciati in un qualche stato dell'India,
in una scuola di frasche e cartoni incendiata dal focolare della
mensa scolastica. Questo non certo a causa dell'effetto serra, ma
dell'effetto miseria nera. Per ogni euro speso in interessanti
passatempi, ci sono mille rupje che mancano a qualche altro bambino
per comprarsi un pane. Niente è gratis nella vita del vasto
mondo. c'è sempre qualcuno che paga la felicità di
qualcun altro. Che questo sia chiaro.
Non abbiamo acciughe in
tavola quest'anno, e questo ci rende tristi, ma c'è chi a suo
tempo si è arricchito distruggendo il loro habitat, razziando
i loro sciami e adesso se la spassa. Questa è la dura, o
perversa, legge del nostro mondo. l'importante è che non si
usi, per decenza e dignità, la parola "calamità
naturale". A meno che non si reputi naturale il modo in cui
abbiamo scelto di vivere e possedere il mondo. E, lo giuro, nessun
Dio è disposto ad avvallare questa suggestiva tesi.
È
vero che a suo tempo siamo quasi riusciti a far passare per calamità
naturale il Vajont, ma questa è la nostra vergogna, non il
nostro orgoglio. Ci saranno, ahimé, molte famiglie di
pescatori che soffriranno per la penuria dell'acciuga, ma mai quante
stanno facendo la fame per la distruzione degli ananas malgasci. Così
va il mondo, devastato dalle calamità artificiali. Che portano
le balene a un palmo da Riccardo e la rovina tutto intorno.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 18/07/2004
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