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LA CIVILTÀ DELLE IMMAGINI |
Ho
guardato a lungo in questi giorni le facce che il più grande
partito della sinistra pubblica di se stesso sui muri di Genova in
occasione della sua festa nazionale. Sono immagini che raccontano
molto, forti di una sincerità che va oltre l'intenzione che le
ha concepite.
C'è l'Immagine del Candidato, l'Uomo delle
prossime elezioni regionali. È qualcosa di più di una
fotografia, è un dipinto digitale. Ciò che l'immagine
comunica nella sua vivida presenza è lo spirito di un uomo nei
tratti del suo volto: nobiltà, altera bellezza, consapevole
distacco, braci di un mite fuoco interiore. E, pur essendovi
regalmente insediato, sideralmente distante dagli scialbi muri
cittadini. Se c'è uno spazio adeguato alla bellezza di quel
ritratto, è nella biblioteca di un palazzo dogale, non certo
sul cartongesso di una recinzione suburbana. Ho riflettuto a lungo
sugli elettori che potranno apprezzarla. Dove volge lo sguardo del
Candidato? Tra i molti target sociologici che andranno a votare solo
uno a mio parere è elettivamente e pienamente consonante: le
signore della borghesia imprenditoriale e produttiva metropolitana.
Che sono meravigliose e più che sufficienti ad eleggere un
presidente di regione.
L'altra immagine che mi ha molo colpito è
un ritratto collettivo. Riproduce il famoso quadro di Pellizza da
Volpedo, Il Quarto Stato. Il proletariato che, emancipato dalle
catene, avanza fiducioso e determinato verso il sole dell'avvenire.
Una delle immagini "politiche" più belle e
convincenti mai realizzate. Nell'aggiornarlo alla contemporaneità
il fotografo (collettivo anch'esso, la Fabrica di Oliviero Toscani)
non saprei se per sua sensibilità o per ordine del committente
(il Festival Nazionale de l'Unità) ne ha stravolto il
messaggio fondamentale. Mentre nel dipinto del Pellizza la folla che
avanza ha lo sguardo limpido e determinato fisso sulla meta -un'unica
meta per i proletari di tutto il mondo- nel rifacimento il
proletariato del terzo millennio si guarda intorno smarrito. Chi
cerca di qui chi di là qualcosa che gli pare sfuggire. Chi si
volta indietro con l'espressione sorpresa di chi ha appena subito
una, modesta, molestia sessuale, chi osserva turbato la suola della
scarpa come avesse appena pestato una deiezione canina. Solo il
giovinotto in testa al corteo pare certissimo di ciò che
l'attende, ma più del sole dell'avvenire dà
l'impressione di aver appena visto, più modestamente, il posto
di ristoro della marcia. La deliziosa ragazza che gli sta al fianco
lo sprona a non perdere l'occasione. È scalza, ma a differenza
della sua antenata, non perché ridotta in miseria dallo
sfruttamento, ma perchè seguace di una nuova, fichissima
teoria salutistica. Il suo bambino, avvolto nella bandiera della pace
meriterebbe per sé fibre naturali come il modesto cotone,
piuttosto dell'indegradabile, impermeabile nylon. Non so se quello
rappresentato è davvero il popolo della sinistra. Francamente
spero di no, spero che non sia soltanto quello. Tanto per cominciare
perché io lì in mezzo non mi ci vedo, e ancora non ho
perso la vaghezza di sentirmi parte del popolo e della sinistra. Ma
foss'anche così, quella immagine dice qualcosa di molto
importante, e drammatico. Dovrebbe dirlo all'onorevole Fassino che
proprio oggi parlerà alla gente che quella fotografia vorrebbe
contenere. È gente che cammina perché desidera
ardentemente andare da qualche parte, vorrebbe il suo avvenire, lo
vorrebbe soleggiato. Lo sta cercando quel posto e sarebbe contenta se
qualcuno le risparmiasse la frustrante sensazione di essere a un
incrocio senza segnalazioni. Nessuna nostalgia tra quella gente per
il Grande Timoniere, ma se gli scouts, le vedette, quelli che si
ritengono più avanti, le avanguardie al comando, facessero il
loro lavoro e si degnassero, previa concorde decifrazione delle
tracce e del moto degli astri, di dare una dritta... Una sola,
inequivoca, attendibile dritta....
Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 19/09/2004
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