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IL SECOLO XIX - 19/11/2001 |
Solo due voci vanno davvero oltre |
Questa mattina il nobile tassista da Montefeltro vorrebbe entrare al Palas, ambirebbe ascoltare il discorso di Cofferati, verificare se la natura nobile del suo lavoro sarà raccolta con giusto riverbero nelle parole del comandante dei lavoratori. No, non è possibile accreditare un tassista così, all'ultimo momento, a riformismo ormai avviato; mi incarico di fargli da talpa, riceverà gli echi delle sue attese via etere, in diretta. E gli regalo tre tacche di batteria, perché ho cura di offrirgli per le sue riflessioni operaie, oltre a Cofferati anche Giuliano Amato.
Se la gente di questo congresso potesse godersi il lusso della libertà di giudizio, se non fosse prigioniera e glielo si vede in faccia, purtroppo delle frustrazioni e dei rancori generati dalla rovinosa autocrazia e dalla vertiginosa supponenza dei dirigenti che a suo tempo si è scelta, ammetterebbe all'unanimità che questo congresso ha visto due soli uomini che hanno saputo collocarsi oltre la banalità. Stratosfericamente oltre.
Nel luogo dove le idee hanno qualche ragionevole e concreta possibilità di essere progetti, politica, governo della realtà così come è nell'oggi, così come è umanamente possibile disegnarla per il futuro. E nessuno dei due uomini si è alzato a parlare dal tavolo della presidenza, avendo occupato per tutto il tempo del congresso due sedie, a dire il vero piuttosto distanti, in settori assai defilati. A titolo diverso esterni e avversati dai supponenti e dagli autocrati.
Il punto è: a cosa servono le parole? Cofferati e Amato hanno usato parole, nient'altro che parole, l'unica merce disponibile al Palas. E' il peso, la materia delle parole che fa la differenza tra loro e gli altri. I due raccontano della realtà, non di un'illusione ideologica, o mediatica, e della realtà forniscono un'interpretazione compiuta e coerente, non immaginette e sottotitoli di editoriali. Non sono qui per difendersi dal mondo, ma sono qui per raccontare come intendono conquistarlo. Il loro mondo, che non è lo stesso. Questo partito ha paura del mondo, loro no. Questo partito partito ha paura perché si è trovato senza strumenti adatti per comprenderlo e governarlo, finendo per andarseli a cercare gli strumenti dove erano il liquidazione per fine serie. I due hanno cercato roba buona, roba costosa, roba fine.
Cofferati, pensate un po', è l'uomo che in questi tre giorni ha pronunciato più volte la parola riformismo. Solo che l'ha riempita di realtà, di ciò che per lui è una realtà riformata per i soggetti vivi e vili che abitano il mondo. Amato, unico, ha citato e lo ha fatto ben due volte, Karl Marx. Oh, poveri noi, a sentire quel nome. Ma Karl Marx non gli è servito per provocare scandalo e sogghigni, bensì per la stessa ragione per cui è utilizzato dai giovani analisti di Wall Street: perché ha avuto un paio di ottime idee per la comprensione delle cose del mondo, idee non ancora superate dall'arguzia del talk show.
Lucidi e coraggiosi non li puoi fregare dicendo che hanno parlato al cuore, né che il cuore se lo sono venduto all'ammasso. Certo, non è un dettaglio minore, l'uomo che oggi è così sorprendentemente dettagliato nel proporre un progetto di riformismo socialista, ha governato fino a ieri senza volere o potere o sapere metterne in pratica neppure un articolo. Così come l'altro si è ben guardato dal provarcisi a governare. Cionondimeno, oggi qui, ciascuno di loro dà l'oggettiva misura di come potrebbe salvare la sinistra dalla nullità del non -luogo dove si è andata a cacciare. Due professionisti a contratto che potrebbero perfino salvare dalla nullità questo paese. Scegliere a chi dei due affidarsi per farlo non è in nessuno orizzonte visibile, né al Palas né altrove. Loro sanno e lo sa il congresso.
Se ne vanno nella bufera di un applauso strepitoso. Come è possibile raccogliere la stessa messe di applausi avendo detto cose così diverse alle stesse persone nell'arco di un unico mattino? Immagino perché questa gente è cosciente di aver avuto la grazia di poter scegliere tra due vere, radicali, concrete possibilità di futuro. Ora come ora non se le può permettere, questo è il suo dramma di oggi, e saluta le due navi che salpano con la disperata foga di chi è rimasto sul molo.
Poi parla Walter Veltroni, e per il suo discorso hanno approntato il podio sulla Collina dei Conigli.
Ascolto il discorso conclusivo di Fassino che me ne sto già tornando a casa, scroccando tre tacche di telefonino al tassista che non si sa come è riuscito ad entrare. I due un miracolo lo hanno comunque compiuto. Il neo segretario parla per due ore a braccio, una cosa che, avrei giurato, fino a ieri non avrebbe neppure immaginato di fare. Si può cambiare anche in fretta, ottimo segnale. Sento che finisce citando le parole dell'Internazionale e della canzone di Lennon che dice più o meno così: Immagino un mondo senza Dio, dove gli uomini non hanno più bisogno di religioni. Mah, per l'Internazionale problemi non ce ne dovrebbero essere, dice cose sensate e un po' all'antica, ma lo voglio vedere andare dal segretario dei popolari a concordare il programma di governo dicendogli che immagina un mondo senza Dio.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 19/11/2001
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