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Le leggi di Dio e la rivoluzione di Ratzinger |
Il papa Benedetto XVI passerà alla storia, e non solo a quella della sua Chiesa, per molte buone ragioni e certamente per il suo coraggio. E un uomo coraggioso, un papa coraggioso, un teologo coraggioso. E un uomo coraggioso. In pochi mesi di cattedra ha detto e scritto abbastanza per dare contenuto a una rivoluzione. Non sono un teologo, ma egli parla con tale chiarezza e semplicità, che non è necessario esserlo per capire limportanza di quello che dice e la sua forza dirompente.
Ieri ha indirizzato una lettera a Marcello Pera, nella sua duplice e originale substantia di presidente del Senato della Repubblica e camerlengo in pectore del Pontefice. Non è una lettera di generici convenevoli ma una straordinaria epistola su alcuni dei fondanti principi della teologia e della politica. Anzi, mi pare che in questa si sia compiuto un disegno del pensiero papale che fino ad oggi era solo tracciato per elementi particolari. Se non fosse che è davvero passato così poco tempo dalla sua elezione, si potrebbe pensare che lopera intellettuale del pontefice è completata.
Cosa scrive in sostanza Benedetto XVI al signor Marcello Pera? La frase più importante, più rivoluzionaria, è la seguente: Formulato lauspicio che la riflessione che si farà tenga conto della dignità delluomo e dei suoi diritti fondamentali, che rappresentano valori previi a qualsiasi giurisdizione statale. Questi diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono inscritti nella natura stessa della persona umana, e non sono pertanto rinviabili ultimamente al Creatore.
Nella teologia politica di Benedetto XVI, dunque, non è luomo, attraverso le sue leggi e la sua storia, ad essere giunto attraverso immani sommovimenti intellettuali e sociali nel corso delle epoche a una coscienza universale dei diritti delluomo, ma quei diritti sono stati inscritti nella persona umana dal segno divino. E Dio che ha sancito dei diritti per luomo, non le leggi umane. Spero che vi rendiate conto dellimportanza di una tale affermazione.
Vuol dire, innanzitutto, che i diritti non si costruiscono con il procedere dello sviluppo sociale e umano, ma sono immutabili e incorreggibili. Bene, quali sono, allora questi diritti, innati? Non conosciamo Dio il nostro Dio, per la verità attraverso la voce dei suoi profeti. Ma il fatto è che Mosé, luomo che, unico, ha tradotto con sé dalla vicinanza con Dio, dei segni chiari e in equivoci, addirittura ignei, della sua volontà, non è sceso dal monte con una dichiarazione dei diritti, ma, assai più pertinentemente, con le Tavole dei doveri. I dieci comandamenti sono appunto lelenco dei doveri dei credenti di fronte a Dio e agli uomini.
Dai doveri che Dio ci impone possiamo dedurre i diritti? No, se non in modo assai parziale e insoddisfacente per la nostra sensibilità. Infatti, lidea dei diritti, la parola stessa diritto è ignota al pensiero teologico tradizionale. Cristiano e non. I diritti delluomo sono un concetto che si fa faticosamente avanti nel corso dei secoli e quasi sempre in opposizione alla Chiesa, alle Chiese. E quando le teologie affrontano il problema nel modo che noi possiamo ritenere ragionevole e condivisibile, lo fanno solo dopo che gli uomini e gli Stati lo hanno da tempo affrontato e superato. Lidea stessa di diritto alla libertà e alla vita. Le teologie si sono occupate di salvezza delle anime e non delle vite. Per salvare unanima può essere bene uccidere il corpo che la imprigiona: è unidea superata solo in tempi piuttosto recenti.
Se nella dichiarazione universale dei diritti delluomo si fa affidamento unicamente sulluomo, non è perché è stata scritta e approvata da un branco di atei, non perché Dio sia estraneo o indifferente ai diritti umani, ma perché le voci dei suoi profeti e dei custodi delle loro voci sono troppo discordanti e contraddittorie. Se oggi possiamo considerarci uomini colmi della dignità della libertà, lo dobbiamo allumanesimo di Erasmo e allilluminismo di Rosseau, tanto per fare due nomi ciascuno credente del suo Dio, e non al diuturno lavoro dei Sinodi, con tutto il rispetto.
Lidea stessa di diritto naturale è contraddittoria e equivoca, come lo è quella di diritto divino, termini ambedue in disuso se non tra i fondamentalisti di diverse fedi e chiese. Chi parla di diritto naturale e diritto divino esclude che la società, che la comunità degli umani, possa stabilirne alcuno che gli si opponga. Mi piacerebbe sapere se cè un solo teologo di qualunque fede al mondo disposto a sostenere lidea del nostro primo ministro secondo il quale evadere onerosi tributi sia un diritto naturale. Se sia disposta a rintracciarvi il segno di Dio.
Leggete attentamente cari lettori, lepistola a Pera. Essa enuncia un pensiero con cui faremo i conti per i prossimi decenni. Non cè giusta ragione che non sia nella fede, non cè positiva scienza che non sia cristiana, non cè efficace politica che non sia teologia. Se cinque secoli fa era dottrina acquisita, oggi è rivoluzione.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 16/10/2005
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