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C'è Margaret nel mio presepe spezzino |
Dalla mia casa di Spezia vedo il mare. Vedo il mare che entra nel fiordo del golfo e si fa laguna risalendo nel cuore della città. Non un mare di orizzonti ma di cortine, di quinte, di piani che separano e congiungono colline, dighe, cantieri, moli, borghi e isole. E' un mare domestico e ferroso, ingombro e rumoroso, arginato e arruolato per il lavoro degli uomini, non certo per il loro svago. Guardo questo mare e vedo gli uomini, ciò che la loro vita va incessantemente depositando sulla sua superficie.
Da qualche settimana c'è qualcosa di nuovo che ingombra sottocosta il golfo sulla linea di ponente. E' il grande corpaccione di Margaret, è il relitto di una nave addormentato, poggiato sbandato di una quarantina di gradi su un basso fondale. Sono un grande consumatore di immagini; sono quasi del tutto privo di intelligenza astratta, concettuale, e ho necessità di appoggiarmi a un'immagine, sempre quando ho bisogno di riflettere e di capire, quando voglio appartenere ad un avvenimento, immergermi in una relazione, vivere un'atmosfera. Così per il Natale e quest'anno ho scelto Margaret quello che vedo di lei da casa mia, quello che so di lei.
Era una vecchia carretta che lavorava per un armatore straccione, forse russo, forse turco, portata per mare da un dozzina di marinai. Non c'era porto che la volesse, disgraziata com'era, zeppa di ogni genere di fuori norma, e si è fermata qui da noi, a ripararsi nel fiordo, quasi certa che non l'avremmo cacciata. E poi è venuta la tempesta, una rara tempesta nel golfo così ben protetto, e i marinai non hanno saputo o potuto governarla la Margaret, che si è messa a scarrocciare furiosa di pazzia senile, decisa al naufragio. Cionondimeno avrebbe potuto essere salvata, i marinai mettersi al sicuro. Bastava lanciare una cima dalla murata, dare il segnale ai rimorchiatori avrebbero la cima, rimorchiarla al traino in un molo sicuro.
Non è successo perché non c'è stato accordo sul prezzo del salvataggio. Una trattativa via radio nell'inglese bastardo dei marinai di tutto il mondo. Così è la vita, così è la regola: hai i soldi o non li hai? L'armatore non li aveva o non li voleva spendere; probabilmente Margaret e i suoi marinai non valevano quanto la società dei rimorchiatori pensava che potessero valere. E la nave ha proseguito la sua deriva fino al sollievo di uno schianto, alla misericordia di una falla. E gli uomini a mare nella tempesta. E allora sì che si sono potuti salvare, perché la regola è anche questa. Un naufrago ha diritto alla vita. Basta che non abbia più niente.
E ora Margaret è lì, abbandonata riversa nel suo duro sonno senile, non vita, non morte, in attesa di niente, se non che la si faccia finita e la si tolga di mezzo. La vedrò ancora per un bel pezzo, ben oltre le feste, fin dopo la primavera e l'estate, chissà per quanto tempo ancora. Per nessuno osa toccarla. La regola è questa: Margaret sarà del primo che ci salirà a bordo. Solo che chi se la piglia si prende un debito: Margaret vale meno del ferro che pesa, impestata com'è di olio, vernici, amianto; molto, molto meno di quello che costerebbe sanarla. Margaret finirà di esistere solo quando i contribuenti pagheranno i suoi funerali. E lì, corpo immenso e complicato, pieno di una vita sospesa nel nulla fatta di macchine e cose, di organi e funzioni che non hanno più senso.
E questo Natale, mentre pateticamente ci riproponiamo per l'ennesima volta di essere buoni, di avere bontà sufficiente alla vita, la mia cartolina per voi è Margaret. E' tutto quello che abbiamo costruito e ora è relitto proprio qui sotto casa, ciò che abbiamo fatto e siamo stati, e ora non vale il denaro che costa salvarlo. Tutti i naufragi di cui ci siamo attorniati nel ristretto golfo dove costringiamo la nostra vita nella folle vita che abbia ogni cosa il suo giusto prezzo e dunque il suo giusto valore.
Margaret è un pezzo perfetto per il nostro presepe, come lo sono i marinai e i rimorchiatori: statuine immobili posate in uno scenario. Lo scenario lo costruiamo noi, un anno via l'altro, scoprendo ogni volta che qualcosa si è guastato; perché siamo maldestri, perché quando si sciupa una statuina possiamo metterla da parte sapendo che in fondo non è successo niente. Almeno fin quando avremo soldi per comprarne una nuova. Buon Natale Margaret.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 24/12/2005
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