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MAURIZIO MAGGIANI

IL SECOLO XIX – 25/01/2002



Quelle facce da gregari senza un leader

Innanzi tutto, se i lettori consentono, vorrei farmi una cantatina. A me piace cantare e non ho neppure una brutta voce. Mi esibirò in una vecchia canzone della gloriosa tradizione socialista toscana, una canzone che ha ormai cent'anni, e non dovrebbe essere ignora neppure al presidente Ciampi, che forse l'avrà ascoltata cantare ai tempi della sua prima giovinezza nelle aie della campagna livornese.

La canzone è molto commevente ed esprime con forza il dolore di una giovane donna per la partenza del marito alla volta del fronte di Caporetto; siamo nel 1917. Per non tediarvi troppo canterò a squarciagola solo la seguente potente strofa. “Che me n'emporta della tu' vittoria perché ci sputo sopra la bandiera, sputo sopra tutta l'Italia 'ntera e vada 'n culo al re con la su' boria”.

E dopo che mi sono fatto la mia bella cantata, attendo con fiducia che le autorità competenti mi riconoscano l'insindacabile diritto ad esprimere le mie opinioni nell'esercizio canoro del libero pensiero di cittadino. Ammetterò, se necessario, che, in effetti, i versi sono di una crudezza esagerata, ma di fronte all'orribile dramma di Caporetto, chi se la sentirebbe di condannare l'eccesso espressivo? Qualcuno se l'è sentita, perché – ci credereste? - proprio per aver cantato questa canzone un gruppo di giovani studenti è stato denunciato e condannato per oltraggio alla bandiera e a diverse altre sacre cose.

Nell'anno 1968, al tempo dell'orrido regime della prima Repubblica, quel regime illiberale e corrotto la cui cancellazione era al punto uno del programma dell'attuale maggioranza di governo.

E adesso che ci siamo sfogati, passiamo alle cose serie. Le cose serie sarebbero che, così si riferisce da più parti nel mondo dei media, la sinistra sta litigando. Mi giunge nuova. Sprovveduto come sono mi sarebbe risultato più probabile che la sinistra stesse discutendo. C'è un enorme differenza tra discutere e litigare: si litiga per spartirsi il bottino, per chi lava i piatti stasera, per il posto al parcheggio; si discute per fondare un mondo nuovo, aggiornare una scienza, inventare una macchina.

E' così appropriato al momento storico che la sinistra discuta! Che paese vuole costruire quando vincerà le elezioni, cosa dovrà innanzitutto ricostruire di quanto distrutto, come formerà una generazione di cittadini nuovi, come ripulire le città dai veleni che le stanno ammorbando, che fare di buono per il trionfo della giustizia e il buon funzionamento delle ferrovie. Ci sono decine di cose che è necessario discutere nel periodo gravoso ma fecondo dell'opposizione; una montagna di buone occasioni per discutere e per fare; già, perché se c'è una cosa che con la discussione ci sta proprio come il cacio sui maccheroni è l'azione.

Penso così e mi dico: tutta questa discussione e tutto questo fare non mi giunge all'orecchio perché si svolge nelle sedi appropriate, e io quelle sedi, per neghittosa indifferenza, le diserto. E le disertano pure i media, a cui deve ripugnare anche il frutto della discussione, visto che non se trova che miserevole traccia sia su supporto elettronico che cartaceo. I litigi della sinistra altro non sono che proditoria distorsione della realtà. Oppure c'è in giro per giornali e tivù un esercito di sosia pagati dal nemico con l'incarico di denigrare gli originali piantando caciare e baruffe. Può darsi, ma comunque sia è messa proprio male.

Perché, ad esempio, il sottoscritto non sa più a che santo votarsi, e siccome il sottoscritto è un cittadino del tutto normale, è assai probabile che non sia l'unico in così fatte ambasce. Il sottoscritto non ama questo governo e in particolare non ama la filosofia del suo governare. Fa parte dell'attuale minoranza dei cittadini che crede che un paese democratico e liberale si fondi su altri principi, e soffre la quotidiana, e a volte feroce, pratica di un'idea della politica che aborre.

Il sottoscritto è costretto a fare i conti con qualcosa che c'è, che c'è davvero, concreto e reale, e non dimentica che durante il passato governo, che lui pure ha votato, faceva invece quotidianamente i conti con la frustrante sensazione che non ci fosse un granché, mai niente di veramente concreto, nuovo, risolutivo, e la disarmante constatazione che ciò era dovuto ai continui litigi di chi governava.

Il sottoscritto avrebbe bisogno, oggi, adesso, di un punto di riferimento chiaro, semplice, ragionevolmente concreto; avrebbe bisogno di identificarsi in un progetto e in un'azione. Vorrebbe sapere con certezza cos'è la giustizia, cos'è la solidarietà, cos'è il benessere, cos'è la libertà, le ferrovie e la cultura per quelli a cui desidererebbe rivolgere le proprie speranze. Avrebbe bisogno di sapee che forse ce la faranno visto che stanno lavorando bene. Non sa a che santo votarsi perché non c'è modo che riceva una risposta rassicurante, lineare, chiara.

Il sottoscritto, che essendo normale è anche primitivo, avrebbe bisogno anche e semplicemente di riconoscersi in una persona, in un leader – che orrore! - che rappresenti e sia garante di quanto sopra detto. E non sa a che santo votarsi perché non lo vede, e quelli che si candidano a farsi vedere lo fanno piangere di commiserazione e tristezza con quell'espressione perenne che hanno i gregari a metà giro d'Italia.

L'altro giorno, l'onorevole D'Alema, ex primo ministro, ha pubblicamente ribattuto all'alleato Parisi, in una di quelle occasioni in cui la sinistra dovrebbe discutere e non litigare, che “se volete farmi tacere io me ne vado a lavorare nella mia prestigiosa associazione culturale”. In questa frase c'è dentro tutta la tragedia mia e tutta la sua, tutta la sfiga della sinistra. Quell'uomo è così privo del senso della realtà e delle proporzioni, che non si rende conto che il sottoscritto e almeno altri 55 milioni di italiani manco lo sappiamo cos'è questa sua associazione e da dive ricavi il suo prestigio e a cosa serva il suo prestigio. E se lui ci lavorerà, buon pro gli faccia, che a noi non risulta.

Mentre al sottoscritto, e agli altri 55 milioni, basta accendere il televisore per conoscere e far parte di un'altra associazione culturale, quella sì di enorme prestigio popolare, il cui presidente non litiga mai con nessuno, e quasi certamente manco discute, se è per questo. Ma governa. E sotto il tallone di ferro del suo governo io sono costretto a vivere, e prima o poi dovrò farmene una ragione. E allora sarò disperato anch'io, e altro non mi resterà da fare che litigare. Se non per il parcheggio, per spartirmi le briciole di qualcosa con la maggioranza dei miei connazionali, a cui parrebbe che questo interessi più della dignità di uno Stato democratico e liberale davvero.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 25/01/2002

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