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MAURIZIO MAGGIANI

IL SECOLO XIX 20/08/2001

Via dell'Amore col ticket? Il bello si paga



Mi hanno dato la notizia ieri pomeriggio. Per la precisione è la prima notizia che ho ricevuto sullo stato del Paese non appena sbarcato sul suolo patrio dopo sette giorni di non reperibilità. Sette giorni bastano per una crisi di governo, per la fine di un matrimonio, per la firma di una pace. Ma la notizia era un'altra: “Fanno pagare la Via dell'Amore. 5000 a passaggio”. Chi mi telefonava si aspettava indignazione civile e rammarico sentimentale, ma non è riuscito a coglierlo nel mio commento misurato e distaccato. Ne è rimasto profondamente deluso. Lui non poteva sapere che solo un giorno prima avevo pagato 20 US dollar per vedere coralli e pesciolini “così vicini che sembra di essere a Quark” né che, due giorni prima avevo pagato 40 US dollar per vedere l'indimenticabile spettacolo del tramonto tropicale e il giorno prima ancora altri 40 dollarazzi per cogliere i multicolori bagliori dell'alba. O viceversa, che, inebetito com'ero dagli anti infiammatori intestinali e dalla disidratazione, non potevo aver ben chiaro se quello che vedevo era l'inizio di un altro giorno di pene o l'annunciarsi di un'altra notte di tormenti. Aggiungerò che per ulteriori 50 miseri dollari sono stato portato sull'orlo di un buco per terra rappresentante non una discarica abusiva come avevo immaginato, ma niente di meno che l'Ombelico del Mondo.

E' solo per non indurre erronei sospetti nel mio compagno di viaggio non mi sono immerso per altre 30 svanziche nel Lago Magico che garantisce gravidanze felici ancorché inattese. Tutto ciò non è accaduto nell'ambito di uno stage specialistico sugli orrori del consumismo turistico, ma perché di mia spontanea volontà ho voluto finalmente provare l'ebbrezza di una vacanza di quelle normali, accompagnandomi con un notevole numero di miei connazionali. Tutta brava gente, tutte persone normali, nessuno propenso allo sperpero e alla dilapidazione delle proprie risorse, essendo perlopiù impiegati dallo stipendio asfittico, piccoli artigiani stretti nella morsa della globalizzazione, operai in attesa di brutte notizie autunnali. Tutti felici della loro settimana di diarrea a 50 gradi all'ombra, tutti entusiasti di scucire cash valuta pregiata per ammirare buchi, albe e pesciolini. Tutti desiderosi di ammassarsi al cospetto della natura immacolata per poter spintonare e sgomitare onde cogliere lo spettacolo dell'attimo fuggente. Che senza folla è come se non fosse, e senza presentatore non sarebbe spettacolo. A tal proposito aggiungerò che la guida-presentatore era nel mio caso uno psicopatico locale con manie di grandezza, soprannominato affettuosamente Hitler, avvezzo a costringere i paganti all'abiezione di una sottomissione totale. Strisciate nella melma, tuonava, e i paganti strisciavano gaudenti. Dite che è molto, mooolto bello, e i paganti acclamavano. L'Hitler sa bene che uno spettacolo va condotto con pugno di ferro e sa altrettanto bene che il pubblico accetta come “naturale” sottomettersi alle sue leggi. La natura è uno spettacolo e uno spettacolo che non si paghi non vale niente. Vale per i Tropici e vale per la Via dell'Amore. Che grazie alle 5000 lirette di ticket avrà un successo mondiale forse superiore ai pesciolini tropicali, visto che l'amore tira più di Quark. Per quanto mi riguarda è un pezzo che non vado sulla Via dell'Amore, e precisamente da quando lì l'amore non ci si può più fare. Da un pezzo appunto; da quando notte e giorno è un incessante va e vieni di turisti occhiuti e sospettosi che si guatano intorno per scoprire cos'è 'sto amore per cui la via è così famosa. Da quando è diventato più che probabile, volendo attardarsi su una di quelle panchine naturali così romantiche, beccarsi un sasso in testa a causa di frane e smottamenti che hanno reso negli anni il sentiero la Via del Brivido.

Non ci vado più da quando ho visto quel severo sentiero di contadini di mare addobbato con schifezze figurative tardo naif. Mi dicono che adesso ci vendono addirittura le bibite lì. Non voglio crederci, ma comunque non importa. Le Cinque terre sono diventate lo spettacolo di gran moda ed è naturale che chi può ci si faccia sopra il business. Trovo di cattivo gusto, ma solo un po', sostenere che l'obolo serve a conservare un patrimonio dell'umanità. Come contribuente della provincia e della regione pago di tasca mia già da parecchi anni la sua conservazione, così come per la stessa ragione pago il vino lì intorno prodotto e da me non bevuto. Questo è giusto, lo è se la Via dell'Amore è davvero ben conservata e il vino è davvero buono.

E' giusto anche se io non ci vado e il vino non lo bevo: sono un cittadino solidale. Ma mi piacerebbe allora sapere come e perché i contributi all'uopo siano stati spesi. Mi piacerebbe sapere perché, nel caso, si siano dimostrati insufficienti. Mi piacerebbe sapere se i molti coinvolti nel business delle Cinque terre pagano le giuste tasse sui loro lauti guadagni e come queste tasse vengono utilizzate. Troverei di buon gusto la trasparenza. Che nel ramo dello spettacolo è perlomeno fuori luogo. La Via dell'Amore sta cadendo a pezzi ormai da molti anni. La ragione è naturale: è nata sostenuta dai muri a secco dei vigneti, e quando questi sono stati abbandonati tutto è tornato ad essere quello che era in natura, una frana. Tenere in esercizio la via è possibile solo con grandi opere di cemento e sostegni artificiali che stravolgono il suo carattere e la sua funzione. In questo modo il suo valore, come opera e come paesaggio, diventa pari a zero. Tele e quale il delfino ammaestrato, il Lago Magico, il tramonto con la Palma e la bella, l'ideale per farci ancora un bel po' di soldi. Buon pro vi faccia.

Maurizio Maggiani

IL SECOLO XIX – 20/08/2001

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