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MAURIZIO MAGGIANI

IL SECOLO XIX – 25/01/2002



Perlasca, ovvero quando il popolo ama e premia la bella tv

Sapete perché non ci tengo a demonizzare l'onorevole Silvio Berlusconi, nonostante un'indubbia propensione del Presidente ad estrinsecare un certo qual temperamento luciferino? Perché, seguendo le orme di molti accorti e pii teologi cristiani, credo che il demonio non esista, e qualora esistesse sarebbe, come diceva pure il filosofo ateo J.P. Sartre, dentro ciascuno di noi. Se Berlusconi è il demonio, a generarlo è stata la parte oscura della mia anima, accatastata, fino a formare un altissimo podio, con il corrispettivo satanico della popolazione attiva del paese. Responsabilità che gradirei non mi fosse rinfacciata. Resta purtroppo il fatto che nessuno, neppure un santo, è esente dall'essere assieme buono e cattivo, intelligente e stupido, generoso e malvagio. E' per via di questa certezza che abbiamo creato le religioni, le civiltà, gli stati, le culture: perché fosse il più possibile esaltata la parte migliore e depressa la peggiore di ciascun umano. La cosa ha funzionato per millenni, e lo ha fatto talmente bene che, nonostante la cocente presenza di malefatte di ogni genere, abbiamo complessivamente un atteggiamento ottimistico circa il genere umano, e continuiamo a riprodurci sperando nel meglio e a inventarci ogni sorta di cose perché il meglio non sia soltanto speranza, ma addirittura certezza. Ovviamente la realtà non funziona a tutto tondo. Molti sono gli uomini e le associazioni di uomini che prosperano fidando e sfruttando la parte peggiore di noi tutti. Tanto per dire ai fabbricanti di armi e gli spacciatori di unguenti miracolosi, ma anche i pubblicitari, i gestori delle lotterie, i venditori di indulgenze e persino i politici, quando sono satanici, appunto. Chi più ne ha più ne metta. Io ad esempio ci metto la televisione. E in primis la Rai, che è mia, pagata con il sudore della mia fronte. Sono furioso con la Rai, e lo sono perché ha un'opinione talmente bassa di me da prostrarmi in un cronico disgusto di me stesso. Provate a togliere dal suo palinsesto i programmi confezionati in base all'assunto che lo spettatore, io e voi, siamo stupidi, ignoranti, volgari, sessualmente maniacali, indifferenti, smemorati e plagiabili.

Provate a togliere tutto ciò che titilla e promuove la parte peggiore di noi, cosa resta? L'uno per cento? Sì, forse, all'ora dei lupi mannari e dei tinelli deserti. Chi gli ha messo in testa che siamo un branco di deficienti instabili? I pubblicitari? I politici? Si sono fatti questa opinione perché siamo proprio così o perché sarebbe vantaggioso per pubblicitari e politici che lo fossimo? Non so, deciderete voi, e chiedetevi se un servizio pubblico debba erogare cultura, spettacolo e informazione su specifiche di pubblicitari e politici. La televisione è potere e la Rai è creatura di un potere che mi spaventa e mi inorridisce né più né meno di qualunque altra impresa privata del ramo.

Solo che la Rai è mia, è nostra, è del pubblico. Succede a volte, ogni tot di mesi, che qualcosa di bello e interessante salpi dal fondo della notte e si affacci alla prima serata. Oh, che strano: piace al pubblico! Com'è possibile? Come è successo che la fiction sulla storia di Perlasca abbia ieri l'altro totalizzato un indice di ascolto da mondiale di calcio, da finale di Sanremo? Forse perché gli idioti hanno la grazia da Domeneddio di diventare savi per due ore all'anno? O forse perché sono i satanici dirigenti della Rai che si concedono due ore all'anno per regalare qualcosa alla parte migliore di noi? Pura regalia a fondo perduto, perle ai porci. Solo che noi non siamo dei porci e, se mai, la nostra porcellitudine è solo la parte meno bella di noi. Perlasca non è stato un mattone noioso e tristo fabbricato per i gusti di quattro intellettualoidi. E' stato spettacolo bello, intelligente, interessante e ben fatto. Un programma squisitamente popolare per un popolo che gradisce il buono e il bello. Una buona idea che dimostra come le buone idee possiamo addirittura aspettarcele dal servizio pubblico. Se solo si applica, se recede dall'idea demoniaca di essere al mondo per favorire la vendita di automobili, liquori, biscotti e facili verità ai gonzi. Io non sgancerò mai una lira per questo servizio pubblico, per la montagna della sua paccottiglia.

Ritengo, contro una legge dello Stato, che il canone è una tassa iniqua e truffaldina. Ritengo che, stando così le cose, un principio decente sarebbe quello di pagare, se mai, quello che voglio vedere. Come potrei fare con una pay tv. Ma soprattutto penso che non ci possa essere confusione tra servizio pubblico e impresa commerciale. Che la cultura, l'informazione e lo spettacolo che la comunità dispensa a se stessa non può avere fini di lucro. E non penso nemmeno che i fini di lucro si possano perseguire solo offrendo prodotti ignobili. Penso addirittura che con la fiction su Perlasca ci si possa pure guadagnare, se guadagnare è la missione da compiere. Penso che è ora di finirla ma penso che non finirà. Per la ragione perversa che è più facile e redditizio farci stupidi e superficiali che intelligenti e attenti. Esattamente l'opposto di quello che sarebbe naturalmente aspettarsi.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 31/01/2002

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