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MAURIZIO MAGGIANI

– IL SECOLO XIX – 17/02/2002

C'era una volta il servizio pubblico


Quando qualche sera fa l'onorevole Gianfranco Fini ha detto al Presidente Berlusconi – a voce alta da poter essere ben sentito ovunque – “No!”, giuro che sono stato tutto pervaso da un fremito di commozione. Ecco, ho giuggiolato tra me e me, ecco: almeno lui non se l'è venduto, il senso dello Stato.

Perché, insomma, l'immagine di un dipendente della Finivest che presiede la Rai è così forte, ma così forte. Che non potrebbe che essere una barzelletta, naturalmente, una roba del tipo: c'è un contadino che ha messo la volpe a guardia del pollaio.

Solo che non si tratta di barzelletta, ma della realtà, l'unica realtà possibile in un paese – grande produttore di barzellette, oltreché di reggipetti e schede telefoniche – governato da un uomo secondo cui lo Stato liberale si declina nel seguente modo: libera volpe in libero pollaio. Un incubo notturno del conte di Cavour che i destini d'Italia hanno voluto trasformare in filosofia della Vittoria.

Ma il giovane e il coraggioso Fini ha detto No. Vero uomo di destra e dunque sincero culture dello stato, cresciuto nell'ideale fascista, che è idea di Stato, non di pollaio, avendo abbozzato a lungo pur di governare, alla fine ha trovato il vallo da cui impedire alla volpe di scorrazzare oltre: il servizio pubblico radiotelevisivo. Servizio essenziale, da salvaguardare almeno dalle peggiori bassezze, dall'onta della barzelletta.

Così mi sono abbandonato alla placida incoscienza della febbre influenzale non privo di una certa fiducia e di una qualche speranza. In tempi come questi è bene imparare ad apprezzare gli uomini pubblici semplicemente in base alla loro dirittura e coerenza. Sono tempi questi che, tra procacciatori d'affari, fiscalisti e avvocati del seguito che si proclamano statisti, un libertario impara a stimare uomini come Tremaglia e Alemanno, preferendo essere governato rettamente da sinceri fascisti che essere preso per i fondelli da dei volpacchiotti mascherati.

Peccato che al risveglio dalle febbre vengo a sapere che il No del coraggioso Fini non è affatto ideale, ma questione di ciccia: No, perché voglio la mia parte, perché la volpe sappia che c'è anche il lupo. Un mito appena nato e già sfiorito.

Così, crollato questo esilissimo riparo, so che la Rai è morta, o, meglio, è morto il servizio pubblico radiotelevisivo come principio. Se è vero, poi, che anche le opposizioni si sono affacciate alla stanza della spartizione munite di foglietti con scritto dentro i loro nomi. Come a dire: sì, c'è la volpe, c'è il lupo, ma ci stanno pure le galline, eccole qua.

Sono nato e cresciuto al cospetto della lottizzazione del servizio pubblico. Ciò non ha impedito che quello rimanesse per decenni un servizio dignitoso. C'è stata una buona radio e anche una buona televisione pubblica in questo paese, e questo è accaduto perché i politici che se la spartivano avevano due principi e delle idee dignitose riguardo alla cultura popolare.

Non esiste più una buona televisione pubblica da quando hanno smesso di esistere dei politici con buoni principi. Ivi compresi quelli della sinistra, che, sì, hanno occupato, e spartito, con non distinguibile stile, ma non certo per fare una buona televisione. E nemmeno di sinistra, se è per questo. Nemmeno in campagna elettorale quando l'informazione del servizio pubblico è stata, se possibile, ancora più superficiale, insulsa e inutile della sua media.

Vorrei porre una domanda ai lettori: credete che sia giusto di principio e utile al pubblico che si compiano ad opera dei mezzi di informazione ampie e coraggiose inchieste sulla vita morale e politica, imprenditoriale e personale dei due candidati che si contendono il governo del Paese? Pensate che facciano bene i media americani a frugare nei tribunali, nei conti correnti, addirittura nei letti, dei duellanti, in modo che nulla venga celato, che nessuna bugia possa essere detta da chi avrà le redini della nazione?

Ditemi, ora, vi risulta che questo sia stato fatto nelle ultime elezioni e in qualsiasi altra occasione elettorale qui da noi? Da parte dei media privati, da parte di quelli pubblici? Se fosse stato fatto, se coraggiose e veritiere e impietose inchieste fossero state compiute, pensate che sarebbero state evocate da uno o da ambedue i contendenti come gesto doveroso di informazione democratica o come tentativo di linciaggio, di complotto, di oltraggio?

E voi? Voi come la pensate al riguardo? Cos'è per voi una corretta informazione? Pensate di averne bisogno? L'idea di correttezza e equità che ha il primo ministro, corrisponde a quella dei media americani? E quella dell'opposizione?

Pensateci su con calma. Avete anni a disposizione per capire se vi manca qualcosa, se qualcosa vi è sempre mancato. Se avete voglia di essere davvero informati o se preferite pensare ad altro. La Rai che verrà non sarà, da molti punti di vista, molto diversa da quella che se n'è andata. A sentire quelli che se la stanno spartendo sarà solo un po' più stupida, più inutile, più dannosa di questa. Si può vivere bene anche con una tivù così. Come i romanzi di fantascienza sul tema ci stanno già raccontando da cinquant'anni, si può addirittura vivere benissimo in un mondo dove l'informazione ha un solo padrone e una sola verità, dove il il padrone di questa è il padrone di tutto quanto il resto. Ci dicono quei romanzi che è, quello, a modo suo un mondo perfetto. Che rimane perfetto finché dei rompiscatole non iniziano a farsi delle domande inutili, e lì inizia tutta una storia dove alla fine chissà, a volte la fine è a sorpresa.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 17/02/2002

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